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sabato 14 maggio 2016
Quando può essere disposta la cassa integrazione e come è retribuita
Il datore di lavoro, quando intende sospendere propri dipendenti in CIG, deve preventivamente comunicare alle RSA, nonché alle organizzazioni sindacali di categoria più rappresentative operanti nella provincia, le cause di sospensione, l’entità e la durata prevedibile della stessa, nonché il numero dei lavoratori interessati. Ricevuta la comunicazione, le organizzazioni sindacali possono eventualmente chiedere un esame congiunto, il datore di lavoro deve comunicare anche i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, nonché le modalità della rotazione. E’ anche previsto che il datore di lavoro, se ritiene per ragioni tecnico – organizzative di non adottare meccanismi di rotazione, debba indicarne le ragioni nel programma da predisporre all’atto della presentazione della domanda di CIG.
Vediamo quando può essere disposta la cassa integrazione. La legge prevede due tipi di cassa integrazione, quella ordinaria e quella straordinaria.
La prima riguarda i lavoratori dell'industria (esclusi i dirigenti) e può essere disposta nel caso di contrazione o sospensione dell’attività produttiva, derivante o da eventi aziendali transitori, non imputabili al datore di lavoro né ai lavoratori, o da situazioni temporanee di mercato. In presenza di un caso come quelli indicati, il datore di lavoro può decidere di sospendere in tutto o in parte l’attività lavorativa, rivolgendo un'istanza all'INPS al fine di ottenere l’ammissione alla cassa integrazione ordinaria.
Quest’ultima può essere concessa per un periodo massimo di 3 mesi continuativi, eccezionalmente prorogabili trimestralmente fino a un limite massimo complessivo di 1 anno. In ogni caso, la sospensione, anche se non consecutiva, non può superare i 12 mesi in un biennio.
La cassa integrazione salariale straordinaria viene invece concessa nei casi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale; di crisi aziendale di grande rilevanza sociale; di fallimento o altre procedure concorsuali, purché non continui l’attività. Come si vede, in questo caso – e a differenza della cassa ordinaria – il provvedimento può essere adottato a fronte di situazioni di crisi di presumibile durata anche lunga, ma anche nel caso in cui la contrazione dell’attività dipenda dalla semplice decisione del datore di lavoro di riorganizzare o ristrutturare la propria attività, a prescindere dal fatto che ciò sia imposto da una crisi.
Qualora ricorra un’ipotesi come quelle sopra descritte, dunque, il datore di lavoro può sospendere in tutto o in parte l’attività lavorativa, previa autorizzazione del ministro del lavoro.
La sospensione straordinaria può essere disposta entro limiti temporali diversi a seconda della causa che l’ha determinata: 2 anni, prorogabili per altri 2, per le ristrutturazioni e le riconversioni aziendali; 12 mesi in caso di crisi aziendale; 12 mesi, prorogabili per altri 6, quando sussistano fondate prospettive di continuazione o ripresa dell'attività, in caso di procedure concorsuali. La Cassa integrazione guadagni non può comunque protrarsi complessivamente per più di 36 mesi nel quinquennio.
La cassa integrazione straordinaria si applica ai lavoratori (esclusi i dirigenti) che abbiano maturato un'anzianità aziendale di almeno 90 giorni. L’integrazione salariale straordinaria è stata estesa, talvolta con modalità peculiari, ad altri settori: innanzi tutto, alle imprese commerciali con più di 200 dipendenti e alle imprese giornalistiche. Oltre a queste, si possono ricordare le aziende addette alla commercializzazione dei prodotti delle aziende industriali in crisi; le imprese artigiane collegate alle aziende industriali in crisi; le imprese appaltatrici dei servizi di mensa o ristorazione delle medesime imprese industriali. In ogni caso l'impresa deve avere più di 15 dipendenti da almeno 6 mesi.
Il Ministero del Lavoro nella circolare n. 24 del 2015 ha precisato che per giornate di “effettivo lavoro” si intendono le giornate di effettiva presenza al lavoro, a prescindere dalla loro durata oraria (quindi si conteggia anche il part-time), ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività e infortuni.
Vediamo quindi come si calcola l’importo mensile della cassa integrazione.
Misura CIGO e CIGS: “Il trattamento di integrazione salariale ammonta all'80 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le ore zero e il limite dell'orario contrattuale”. Il trattamento si calcola tenendo conto dell'orario di ciascuna settimana indipendentemente dal periodo di paga.
L’orario contrattuale può dunque essere anche superiore a 40 ore settimanali, fermi restando ovviamente i relativi limiti di legge.
Nel caso in cui la riduzione dell'orario di lavoro sia effettuata con ripartizione dell'orario su periodi ultra settimanali predeterminati, l'integrazione è dovuta, nei limiti di cui ai periodi precedenti, sulla base della durata media settimanale dell'orario nel periodo ultra settimanale considerato.
Ai lavoratori con retribuzione fissa periodica, la cui retribuzione sia ridotta in conformità di norme contrattuali per effetto di una contrazione di attività, l'integrazione è dovuta entro i limiti dell’80% ragguagliando ad ora la retribuzione fissa goduta in rapporto all'orario normalmente praticato.
Agli effetti dell'integrazione le indennità accessorie alla retribuzione base, corrisposte con riferimento alla giornata lavorativa, sono computate secondo i criteri stabiliti dalle disposizioni di legge e di contratto collettivo che regolano le indennità.
L’Inps ogni anno comunica gli importi massimi dei trattamenti di integrazione salariale. L’importo della cassa integrazione ordinaria o straordinaria percepita dipende dalla retribuzione percepita dal lavoratore.
Ora vediamo quali sono gli importi massimi della cassa integrazione per l’anno 2016. A prevederli è la circolare Inps n. 48 del 14 marzo 2016. Si riportano gli importi massimi mensili dei trattamenti di integrazione salariale di cui al citato art. 3, comma 5, del Decreto Legislativo n. 148/15, la retribuzione lorda mensile, maggiorata dei ratei relativi alle mensilità aggiuntive, oltre la quale è possibile attribuire il massimale più alto. Gli importi sono indicati, rispettivamente, al lordo ed al netto della riduzione prevista dall’art. 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, che attualmente è pari al 5,84 per cento:
a) euro 971,71 quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è pari o inferiore a euro 2.102,24;
b) euro 167,91 quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è superiore a euro 2.102,24.
Gli importi massimi mensili sono comunque rapportati alle ore di integrazione salariale autorizzate e per un massimo di dodici mensilità, comprensive dei ratei di mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima mensilità).
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