domenica 13 marzo 2011

Curriculum vitae europeo, istruzioni

Un curriculum vitae europeo per facilitare la mobilità dei lavoratori tra i Paesi dell’Unione Europea.
Nonostante la libera circolazione, definita per legge e diritti, le persone (i lavoratori) non vedono riconosciute sia le qualifiche che le competenze in un paese che non sia quello in cui siano state maturate.
L’Unione Europea ha proposto, viste le difficoltà, vari strumenti per favorire la trasparenza e il riconoscimento delle qualifiche e dei titoli acquisiti, con lo scopo di consentire alle persone di poter presentare ed utilizzare le proprie competenze nei paesi dell’europei intesi come comunità, Unione Europea.

Cosa contiene il curriculum europeo?
Innanzitutto informazioni sulla esperienza professionale,  istruzione e formazione ossia qualifiche e titoli, competenze linguistiche. Il dato particolare consiste nella adozione di un formato standard per tutti i Paesi ,  che sia in grado di facilitare l’eliminazione delle barriere poste dai diversificati metodi istituzionali e nazionali di riconoscimento delle competenze, facendo in modo che la propria storia professionale sia comprensibile a 360 gradi, a tutti.

A chi può servire il curriculum europeo?
A tutti coloro che desiderano lavorare all’estero, in un paese diverso da quello di origine;, a coloro  che hanno competenze in ambiti diversi  da quello educativo formativo, non documentati da titoli; a coloro che hanno acquisito un titolo all’estero o esperienze di lavoro in diversi paesi europei.

Il Centro Nazionale Europass Italia, istituito presso l’Isfol, è la struttura incaricata dalla Commissione europea per fornire informazioni di carattere generale sull’ Europass curriculum vitae. L'Europass curriculum vitae è un modello standardizzato che consente di descrivere, sulla base di un formato condiviso e riconosciuto in tutta Europa, le esperienze di studio e di lavoro e le competenze sviluppate da un individuo, al momento della presentazione di una candidatura per un lavoro o per la prosecuzione di un percorso formativo. Questo strumento può essere utilizzato in tutti i casi di mobilità geografica e professionale. Informazioni dettagliate si trovano sul sito del Nec Italia http://www.europass-italia.it/scelta2.asp , dove è possibile prendere visione del modello proposto , il quale può essere scaricato e compilato.

giovedì 10 marzo 2011

Mobilità per gli studi professionali

Il parere del ministero del Lavoro sul quesito sollevato da Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e da Confprofessioni ha cambiato gli orientamenti dei centri per l'impiego che non vogliono iscrivere nelle liste di mobilità questa categoria di dipendenti, perché non licenziati da imprese.
Adesso con l'interpretazione del ministero del Lavoro i dipendenti degli studi professionali hanno diritto alla procedura della mobilità, come prevista dalla legge 223 del 91 in caso di licenziamento per riduzione di personale o per cessazione dell'attività.
L’interpello n 10 del 2011 ha risposto al quesito posto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, che era volto a chiarire la possibilità, per i dipendenti degli studi professionali di essere iscritti alla lista di mobilità.
Sicuramente risulta una vittoria “legale” da parete degli studi professionali o dei dipendenti che lavorano presso di loro.
Ricordiamo che secondo l'articolo 4 della legge n. 236 del 1991, possono essere iscritti nelle liste di mobilità i lavoratori licenziati da imprese, anche artigiane o cooperative di produzione e lavoro, che occupano anche meno di quindici dipendenti, licenziati per giustificato motivo oggettivo riconducibile a riduzione, trasformazione o cessazione dell’attività lavorativa.
Il ministero ha sottolineato che la Corte dell'Unione Europea ha esteso la nozione di datore di lavoro, affermando che bisogna applicare la dottrina ai licenziamenti collettivi effettuati da qualunque datore, persona fisica o giuridica. La possibilità di iscrivere nelle liste anche i dipendenti degli studi professionali, licenziati per riduzione di personale, va dunque nella linea delle direttive dell'Unione Europea. Oltre che essere iscritti alla lista, questi lavoratori potrebbero aver diritto anche all'indennità di mobilità in deroga, se possono vantare un'anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno sei di effettivo lavoro. Le leggi 203 del 2008 e 2 del 2009 hanno esteso alcune misure di sostegno, in deroga ai canonici ammortizzatori, a categorie di lavoratori che per il settore di attività o per le dimensioni aziendali ne sarebbero stati esclusi.
Pertanto, l’indennità di mobilità in deroga può essere erogata anche dai dipendenti licenziati da studi professionali a seguito della crisi, se posseggono i requisiti richiesti e dichiarano la loro immediata disponibilità al lavoro e a percorsi formativi, senza che rilevi la forma giuridica, individuale o associata, dello studio professionale di provenienza.
Si è trattato di un risultato importante perché il chiarimento del ministero ha posto sullo stesso livello i lavoratori degli studi professionali ai lavoratori degli altri settori, commercio, industria e servizi in cui la legge per la legislazione in materia di cassa integrazione, mobilità e trattamenti di disoccupazione era già in vigore.
Il ministero ha precisato che i lavoratori degli studi professionali, in presenza di almeno 12 mesi di anzianità lavorativa presso lo stesso studio (di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato) hanno diritto anche all'indennità di mobilità in deroga.

domenica 6 marzo 2011

Gestione separata INPS

Come è nata?
La Gestione separata è un fondo pensionistico finanziato con i contributi previdenziali obbligatori dei lavoratori assicurati ed è nata con la legge n. 335 del 1995 di riforma del sistema pensionistico (riforma Dini).
Lo scopo è di assicurare la tutela previdenziale a categorie di lavoratori fino ad allora escluse e ciò è avvenuto essenzialmente in tre modi: disponendo la costituzione di nuovi fondi previdenziali e aggregando alcune categorie di professionisti a casse professionali già esistenti ed infine disponendo l'iscrizione alla Gestione separata di tutte le categorie residuali di liberi professionisti, per i quali non è stata prevista una specifica cassa previdenziale; nella fattispecie devono quindi essere ricompresi anche i professionisti con cassa previdenziale, nel caso in cui, ai sensi del suo regolamento, l'attività non sia iscrivibile; della quasi totalità delle forme di collaborazione a progetto), che fino ad allora non avevano mai beneficiato di alcuna disciplina specifica, né giuridica, né previdenziale.
Sono stati assicurati alla Gestione anche: gli spedizionieri doganali non dipendenti; gli assegni di ricerca; i beneficiari di borse di studio per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca; gli amministratori locali; i lavoratori autonomi occasionali; gli associati in partecipazione; i medici con contratto di formazione specialistica; i Volontari del Servizio Civile Nazionale; i prestatori di lavoro occasionale accessorio.
L’accertamento dei requisiti in caso di del congedo di maternità di madre lavoratrice iscritta alla Gestione Separata. È noto che, il congedo di maternità del D.Lgs.151 del 2001 è stato esteso anche in favore delle lavoratrici iscritte alla Gestione separata.
La lavoratrice iscritta alla Gestione separata INPS analogamente a quanto previsto per la lavoratrice dipendente, ha diritto all’indennità di maternità per il periodo di congedo obbligatorio ordinario e anticipato o prorogato eventualmente disposto dai servizi ispettivi delle DPL, a condizione che risultino accreditate in favore della lavoratrice stessa tre mensilità di contribuzione nei 12 mesi precedenti la data di inizio del periodo di congedo obbligatorio (ordinario e/o anticipato/prorogato) richiesto.
Ai fini della concessione dell’assegno di maternità dello Stato occorre accertare che la lavoratrice iscritta alla Gestione separata sia in possesso dei seguenti requisiti:
1) abbia diritto all’indennità di maternità a carico della Gestione Separata in quanto risultano accreditate in favore della stessa i 3 mesi di contribuzione effettiva nei 12 mesi precedenti l’inizio del congedo obbligatorio (ordinario e/o anticipato);
2) abbia 3 mesi di contribuzione per la maternità, maturati anche in gestioni diverse, nel periodo compreso tra i 18 ed i 9 mesi antecedenti la data dell’evento (parto o ingresso del minore adottato/affidato nella famiglia della richiedente).
Questo assegno di maternità spetta, a condizione che il trattamento economico per maternità (indennità o retribuzione), corrisposto o spettante alla lavoratrice, sia di importo inferiore rispetto all’importo dell’assegno medesimo.
Per il trattamento economico, dovrà includersi sia l’indennità spettante per il periodo ordinario di congedo obbligatorio di maternità sia l’indennità spettante per gli eventuali periodi di interdizione anticipata o prorogata disposti dal servizio ispezione della DPL. La misura della quota sarà ricavata sottraendo dal valore dell’assegno, vigente alla data del parto (o ingresso in famiglia), l’importo complessivo dei suddetti trattamenti economici.
Parliamo della riconoscibilità o meno del diritto all’indennità per congedo parentale in favore di lavoratori dipendenti che, durante la fruizione del congedo stesso, intraprendono una nuova attività lavorativa.
A tale riguardo il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali che, ha sottolineato che il congedo parentale risponde alla precisa funzione di assicurare al genitore lavoratore un periodo di assenza dal lavoro finalizzato alla cura del bambino e non può, quindi, essere utilizzato dal lavoratore stesso per intraprendere una nuova attività lavorativa che, ove consentita, finirebbe col sottrarre il lavoratore dalla specifica responsabilità familiare verso la quale il beneficio in esame è orientato. I lavoratori iscritti alla Gestione separata INPS aventi diritto al congedo parentale (lavoratori a progetto presso la pubblica amministrazione e titolari di assegno di ricerca) e le lavoratrici autonome non possono proseguire l’attività lavorativa nel periodo in cui fruiscono dell’indennità per congedo parentale, né possono intraprendere, durante il periodo medesimo, una nuova attività (sia essa dipendente, parasubordinata o autonoma); anche in tal caso, infatti, l’eventuale trattamento indebitamente concesso a titolo di congedo parentale dovrà essere recuperato.
Ovviamente il datore di lavoro dovrà accertarsi presso la sede INPS che i contributi versati risultano corretti e ripondano al effettivo servizio prestato dal lavoratore .
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