L'Istat ha comunicato che il tasso di disoccupazione è salito ancora dello 0,2% rispetto a dicembre, portandosi così a gennaio 2012 al 9,2%.
Il 2012 inizia in modo negativo sul fronte lavoro, con la disoccupazione che tocca nuovi record: il tasso dei senza posto raggiunge quota 9,2%, il valore massimo dall'inizio del 2004, ovvero da quando sono cominciate le serie statistiche storiche mensili. Lo stesso vale per il numero dei disoccupati, un esercito di oltre 2,3 milioni di persone, che, guardando ancora più indietro, risulta essere il livello maggiore dal terzo trimestre del 2000. A pagare il prezzo più alto sono ancora una volta i giovani, per loro il tasso di disoccupazione è pari al 31,1%.
Ha riportato l’Istat: che il tasso di occupazione è pari al 57,0%, in aumento nel confronto congiunturale di 0,1 punti percentuali e di 0,2 punti in termini tendenziali. Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuiscono dello 0,4% (-63 mila unità) rispetto al mese precedente. Il tasso di inattività si posiziona al 37,3%, con una flessione di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,8 punti su base annua.
Tuttavia a gennaio, insieme alla cifra di chi è alla ricerca di un impiego, sale anche il numero degli occupati. Un recupero dietro a cui, con tutta probabilità, si nasconde la mancata uscita degli over 55, che, soprattutto a causa del cosiddetto effetto finestra, sono costretti a restare più a lungo sul posto di lavoro. Insomma, a fronte di un sensibile aumento della disoccupati (in crescita del 2,8%, ovvero di 64 mila unità, su dicembre e del 14,1%, ovvero di ben 286 mila persone, su base annua) c'é stato un modesto rialzo dell'occupazione (in aumento dello 0,1%, circa 18 mila lavoratori, e di 40 mila rispetto a gennaio 2011).
Quindi, il quadro è sicuramente peggiorato; l'unica nota positiva potrebbe essere rappresentata dal calo dell'inattività, cioè di coloro che né hanno né cercano un impiego (-63 mila in un mese). Mentre il tasto più dolente riguarda le nuove generazioni, il tasso di disoccupazione tra gli sotto i 25 anni ormai si colloca sopra quota 30% da 5 mesi, ovvero da settembre. E a gennaio ha di poco sfiorato il record raggiunto a novembre 2011 (31,2%). Oltre che per i giovani gennaio risulta un mese cupo anche per la componente maschile, con il tasso degli uomini senza lavoro che tocca una quota record (8,7%). Nonostante i continui rialzi il tasso di disoccupazione in Italia si mantiene sotto la media del Vecchio continente, pari al 10,7% nella zona euro, dove tocca la percentuale più alta dall'ottobre del 1997, e al 10,1% nell'Intera Ue. Il presidente della Commissione Ue José Barroso ha asserito di livelli altamente drammatici, sottolineando come ora la priorità "sia creare occupazione". Il quadro, però, cambia se si restringe il campo ai soli giovani: la quota dei senza lavoro sotto i 25 anni nella Penisola è ampiamente al di sopra del dato medio registrato sia per l'area euro (21,6%) che per l'Ue a 27 (22,4%).
Tra i sindacati e le associazioni del mondo imprenditoriale i nuovi dati dell'Istat non fanno che riaccendere i timori per l'emergenza lavoro. Per la Cgil i numeri sui senza posto mostrano "che il problema dovrebbe essere fermare i licenziamenti e non facilitare la flessibilità in uscita". I dati sulla disoccupazione diffusi dall'Istat «sono preoccupanti, ma non basta preoccuparsi con le chiacchiere, bisogna reagire». Lo sottolinea il leader della Cisl, Raffaele Bonanni a margine della chiusura della campagna elettorale per il rinnovo delle Rsu funzione pubblica della Cisl Lombardia.
Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha espresso molta preoccupazione: "Siamo al 9,2% è il peggior dato dal 2004. Certo dobbiamo fare equilibrio di bilancio ma se non ricominciamo a crescere i problemi saranno molto forti".
sabato 3 marzo 2012
martedì 28 febbraio 2012
Università La Sapienza: nuova frontiera tecnologica per gli studenti
Email e documenti che passano tra le “nuvole” dell’universo Web. Google e l'Università La Sapienza di Roma hanno comunicato il progetto che metterà a disposizione di 165mila studenti dell'ateneo, inclusi i laureati negli ultimi due anni, i servizi cloud interamente utilizzabili via Internet Google Apps for Education. Con questo progetto, ogni studente avrà da subito una propria casella email accessibile da qualsiasi dispositivo fisso o mobile connesso a Internet, oltre a servizi che consentiranno la condivisione via web di ogni documento a supporto dello studio.
Con questo servizio è possibile svolgere, lavori di gruppo, realizzare un piccolo sito web con il contenuto di una ricerca corredandola di immagini e contributi video. “Uno studente – ha sostenuto William Florance, responsabile di Google Apps for Education per Europa, Medio Oriente e Africa - non dovrà mai cancellare le informazioni che ha raccolto nell'arco dell'intera carriera universitaria”. L’iniziativa è già partita in altri atenei italiani, da Pavia a Ferrara, a Firenze e negli Stati Uniti, 66 dei 100 più prestigiosi atenei (inclusi Berkeley e Harvard) hanno già adottato da tempo la tecnologia Google Apps for Education. Non sono solo gli studenti i beneficiare del nuovo servizio: le applicazioni integrate in Google Apps for Education (quali Google Docs) favoriscono una completa interazione online tra insegnanti e studenti; mentre funzioni quali Google Calendar consentono di gestire l’organizzazione interna di aule, eventi, sessioni d’esame.
È nuova piattaforma gratuita dedicata agli studenti che prevede servizi per la comunicazione e la collaborazione. Il sistema è messo a disposizione da Google in base a una convenzione con l’Ateneo, a seguito di un bando di gara a titolo gratuito.
Studenti e professori hanno inoltre la possibilità, con il servizio Google Sites e in piena autonomia, creare un minisito web condiviso (ad accesso privato o pubblico) dove inserire tutta la documentazione relativa a una ricerca o a una tesi. I professori, inoltre, potranno preparare sul loro Pc di casa slide a supporto delle lezioni. “Siamo molto contenti – conclude Luca Giuratrabocchetta, Country Manager Google Enterprise Italia – che anche La Sapienza, la più grande università in Europa per numero di studenti su questa piattaforma, abbia scelto di innovare”.
La nuova piattaforma sarà un nuovo per lavorare e studiare ed interagire fra studenti e docenti. In modo gratuito.
Con questo servizio è possibile svolgere, lavori di gruppo, realizzare un piccolo sito web con il contenuto di una ricerca corredandola di immagini e contributi video. “Uno studente – ha sostenuto William Florance, responsabile di Google Apps for Education per Europa, Medio Oriente e Africa - non dovrà mai cancellare le informazioni che ha raccolto nell'arco dell'intera carriera universitaria”. L’iniziativa è già partita in altri atenei italiani, da Pavia a Ferrara, a Firenze e negli Stati Uniti, 66 dei 100 più prestigiosi atenei (inclusi Berkeley e Harvard) hanno già adottato da tempo la tecnologia Google Apps for Education. Non sono solo gli studenti i beneficiare del nuovo servizio: le applicazioni integrate in Google Apps for Education (quali Google Docs) favoriscono una completa interazione online tra insegnanti e studenti; mentre funzioni quali Google Calendar consentono di gestire l’organizzazione interna di aule, eventi, sessioni d’esame.
È nuova piattaforma gratuita dedicata agli studenti che prevede servizi per la comunicazione e la collaborazione. Il sistema è messo a disposizione da Google in base a una convenzione con l’Ateneo, a seguito di un bando di gara a titolo gratuito.
Studenti e professori hanno inoltre la possibilità, con il servizio Google Sites e in piena autonomia, creare un minisito web condiviso (ad accesso privato o pubblico) dove inserire tutta la documentazione relativa a una ricerca o a una tesi. I professori, inoltre, potranno preparare sul loro Pc di casa slide a supporto delle lezioni. “Siamo molto contenti – conclude Luca Giuratrabocchetta, Country Manager Google Enterprise Italia – che anche La Sapienza, la più grande università in Europa per numero di studenti su questa piattaforma, abbia scelto di innovare”.
La nuova piattaforma sarà un nuovo per lavorare e studiare ed interagire fra studenti e docenti. In modo gratuito.
domenica 26 febbraio 2012
Stipendi tra più bassi in Eurozona dove ? In Italia.
Secondo la rilevazione Eurostat, Italia 12/a in area Euro. La classifica che emerge dai dati Eurostat, pubblicati nel relazione «Labour market statistics», che ha riportato l'elenco delle paghe lorde medie annue dei Paesi dell'Unione europea, ha preso come riferimento le aziende con almeno 10 persone ed ha dati riferiti al anno 2009. Dalle statistiche emerge che in media un lavoratore italiano ha guadagnato nell'anno di riferimento 23.406 euro lordi: circa la metà che in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100). Seguono Irlanda (39.858), Finlandia (39.197) Francia (33.574) e Austria (33.384) . Ma più sorprendente risulta il livello più elevato di due Paesi in grave difficoltà economica come la Grecia (29.160) e la Spagna (26.316) a cui fa seguito Cipro (24.775).
In Italia abbiamo "salari bassi e un costo del lavoro comparativamente elevato. Bisogna scardinare questa situazione, soprattutto aumentando la produttività". Così il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha commentato i dati di Eurostat secondo cui un lavoratore dipendente in media guadagna in Italia la metà che in Germania. La Fornero è "fiduciosa" sulla possibilità di un'ampia intesa sulla riforma del mercato del lavoro e sull'articolo 18, ma mette in guardia le parti sociali: "Il tema va affrontato in maniera laica, senza levate di scudi". E alla vigilia dell'incontro di giovedì incontrerà il premier Mario Monti.
L'Italia in Europa risulta tra i paesi con le retribuzioni lorde annue più basse, secondo una rilevazione di Eurostat, che fa riferimento a dati del 2009, la Penisola si piazza in dodicesima posizione nell'area euro, fanno meglio anche Irlanda, Grecia, Spagna e Cipro. Soprattutto il valore dello stipendio annuo per un lavoratore di un'azienda dell'industria o dei servizi (con almeno 10 dipendenti) è pari a 23.406 euro, ovvero la metà di quanto si guadagna in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100).
L'avanzamento per l'Italia risulta tra i più ridotti: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo. E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%). Una buona notizia per l'Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama "unadjusted gender pay gap", l'indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni (definito come la differenza relativa, espressa in percentuale, tra la media del salario grezzo orario di lavoratori e lavoratrici). Ma è solo un'illusione.
La Penisola, infatti, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia; ma, appunto, non è tutto oro quel che luccica. Perché a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fenomeni di cui non si può andare fieri, come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d'Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti stati con una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
In Italia abbiamo "salari bassi e un costo del lavoro comparativamente elevato. Bisogna scardinare questa situazione, soprattutto aumentando la produttività". Così il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha commentato i dati di Eurostat secondo cui un lavoratore dipendente in media guadagna in Italia la metà che in Germania. La Fornero è "fiduciosa" sulla possibilità di un'ampia intesa sulla riforma del mercato del lavoro e sull'articolo 18, ma mette in guardia le parti sociali: "Il tema va affrontato in maniera laica, senza levate di scudi". E alla vigilia dell'incontro di giovedì incontrerà il premier Mario Monti.
L'Italia in Europa risulta tra i paesi con le retribuzioni lorde annue più basse, secondo una rilevazione di Eurostat, che fa riferimento a dati del 2009, la Penisola si piazza in dodicesima posizione nell'area euro, fanno meglio anche Irlanda, Grecia, Spagna e Cipro. Soprattutto il valore dello stipendio annuo per un lavoratore di un'azienda dell'industria o dei servizi (con almeno 10 dipendenti) è pari a 23.406 euro, ovvero la metà di quanto si guadagna in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100).
L'avanzamento per l'Italia risulta tra i più ridotti: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo. E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%). Una buona notizia per l'Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama "unadjusted gender pay gap", l'indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni (definito come la differenza relativa, espressa in percentuale, tra la media del salario grezzo orario di lavoratori e lavoratrici). Ma è solo un'illusione.
La Penisola, infatti, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia; ma, appunto, non è tutto oro quel che luccica. Perché a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fenomeni di cui non si può andare fieri, come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d'Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti stati con una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
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