Secondo la rilevazione Eurostat, Italia 12/a in area Euro. La classifica che emerge dai dati Eurostat, pubblicati nel relazione «Labour market statistics», che ha riportato l'elenco delle paghe lorde medie annue dei Paesi dell'Unione europea, ha preso come riferimento le aziende con almeno 10 persone ed ha dati riferiti al anno 2009. Dalle statistiche emerge che in media un lavoratore italiano ha guadagnato nell'anno di riferimento 23.406 euro lordi: circa la metà che in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100). Seguono Irlanda (39.858), Finlandia (39.197) Francia (33.574) e Austria (33.384) . Ma più sorprendente risulta il livello più elevato di due Paesi in grave difficoltà economica come la Grecia (29.160) e la Spagna (26.316) a cui fa seguito Cipro (24.775).
In Italia abbiamo "salari bassi e un costo del lavoro comparativamente elevato. Bisogna scardinare questa situazione, soprattutto aumentando la produttività". Così il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha commentato i dati di Eurostat secondo cui un lavoratore dipendente in media guadagna in Italia la metà che in Germania. La Fornero è "fiduciosa" sulla possibilità di un'ampia intesa sulla riforma del mercato del lavoro e sull'articolo 18, ma mette in guardia le parti sociali: "Il tema va affrontato in maniera laica, senza levate di scudi". E alla vigilia dell'incontro di giovedì incontrerà il premier Mario Monti.
L'Italia in Europa risulta tra i paesi con le retribuzioni lorde annue più basse, secondo una rilevazione di Eurostat, che fa riferimento a dati del 2009, la Penisola si piazza in dodicesima posizione nell'area euro, fanno meglio anche Irlanda, Grecia, Spagna e Cipro. Soprattutto il valore dello stipendio annuo per un lavoratore di un'azienda dell'industria o dei servizi (con almeno 10 dipendenti) è pari a 23.406 euro, ovvero la metà di quanto si guadagna in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100).
L'avanzamento per l'Italia risulta tra i più ridotti: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo. E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%). Una buona notizia per l'Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama "unadjusted gender pay gap", l'indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni (definito come la differenza relativa, espressa in percentuale, tra la media del salario grezzo orario di lavoratori e lavoratrici). Ma è solo un'illusione.
La Penisola, infatti, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia; ma, appunto, non è tutto oro quel che luccica. Perché a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fenomeni di cui non si può andare fieri, come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d'Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti stati con una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.