mercoledì 21 settembre 2016

Riforma della pubblica amministrazione 2016



La principale novità è l’istituzione del RUOLO UNICO DEI DIRIGENTI PUBBLICI cioè l’unificazione dei ruoli dei dirigenti delle tre aree (corrispondenti alle aree di contrattazione collettiva nazionale: Stato, Regioni, Enti locali). Vengono eliminati i ruoli specifici risalenti a ciascuna Amministrazione Ministeriale e agli altri enti pubblici.

Restano fuori dal ruolo unico i magistrati, gli avvocati, Il personale militare, delle forze di Polizia, della carriera diplomatica e prefettizia, professori e ricercatori universitari e dirigenza scolastica.

Per accedere alla dirigenza bisogna superare un corso-concorso annuale per ciascuno dei tre ruoli (Stato, Regioni e Enti locali), per un numero fisso di posti definito in relazione al fabbisogno minimo annuale del sistema amministrativo; immissione dei soli vincitori come funzionari per i primi tre anni (salvo riduzione per le esperienze pregresse) e successiva immissione nel ruolo unico da parte delle Commissioni per la dirigenza Statale. Le graduatorie finali comprenderanno soltanto i vincitori e non gli idonei.

La formazione e la valutazione dipenderanno dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione, che diventerà Agenzia ed avrà il compito di garantire la formazione omogenea dei dirigenti. Per ottenere l’incarico bisognerà passare attraverso una selezione, vigilata da un’apposita commissione per ogni livello (statale, regionale, locale), per qualsiasi posizione dirigenziale, eccezion fatta per quelle di vertice, come quella di segretario generale ministeriale, e prima della conferma del ruolo si dovrà superare un periodo di tre anni di prova. Per non rischiare di rimanere estromessi dalla carica, si può scegliere di retrocedere a funzionario.

Gli incarichi avranno la durata massima di 4 anni, con la possibilità di rinnovo per successivi 2 anni; questo limite temporale è stato introdotto per permettere la rotazione e il ricambio dirigenziale.

Quindi incarichi a tempo, deroghe parziali per i dirigenti di prima fascia e valutazione più puntuale. Nel nuovo disegno del decreto i dirigenti pubblici, e gli aspiranti dopo aver superato un corso o un corso concorso annuale, saranno inquadrati nei ruoli unici, dedicati a Stato, regioni, enti locali e autorità indipendenti. Le pubbliche amministrazioni sceglieranno i loro dirigenti da questi ruoli, con selezioni pubbliche, per incarichi quadriennali, rinnovabili una volta sola se il dirigente in questione ha ottenuto una valutazione positiva nello svolgimento del proprio compito.

La retribuzione per i dirigenti pubblici sarà collegata almeno per il 30% al risultato, creando un sistema dirigenziale probabilmente più competitivo e meno legato all'autorevolezza del ruolo. Saranno premiati i dirigenti meritevoli. Penalizzazioni, invece, per coloro che non riusciranno a raggiungere i risultati stabiliti: chi viene revocato dal proprio mandato dirigenziale a seguito di una brutta pagella ha un anno di tempo per procurarsi un nuovo mandato, pena la decadenza dal ruolo, ovvero la licenziabilità, ovvero per chi non ottiene incarichi avrà diritto alla sola retribuzione di base (senza quindi il trattamento accessorio, che vale dal 40 al 70% dello stipendio a seconda dei casi) e che può portare addirittura all’uscita dal ruolo se il dirigente in fermo momentaneo non partecipa a un numero minimo di selezioni oppure rimane senza incarico per sei anni.

Per evitare di uscire dalla Pubblica amministrazione, il dirigente potrà però rinunciare alle proprie funzioni e farsi inquadrare nel ruolo di funzionario. Oltre a cancellare le quote variabili della busta paga, il fermo momentaneo di chi è privo di incarichi limerà nel tempo anche lo stipendio base, che sarà tagliato del 10% per ogni anno nel quale il dirigente resta privo di incarico. A frenare il decollo del decreto è stata la levata di scudi dei dirigenti di prima fascia, e in particolare dei direttori generali di alcuni ministeri, ostili all’idea di partecipare, a partire dai prossimi incarichi, a un “mercato” che li metterebbe alla pari di tutti gli altri aspiranti, perché nei ruoli unici non sono più presenti le due fasce in cui oggi è articolata la dirigenza statale (non quella di regioni ed enti locali).

La versione definitiva di questo meccanismo prevede che le amministrazioni, quando metteranno a bando gli incarichi secondo il nuovo regime, dovranno riservare almeno il 30% dei posti a chi ha già ricoperto nell’amministrazione un ruolo di prima fascia. L’altro 70% dovrà invece partecipare ai bandi senza riserva del posto, ma potrà comunque contare sul proprio curriculum per spuntarla nella selezione.

I principi e i nodi del riordino della dirigenza

I dirigenti della Pa saranno inseriti in «ruoli unici» dedicati a Stato, Regioni ed enti locali, e autorità indipendenti. Da questi ruoli, in cui gli aspiranti dirigenti entreranno tramite concorso o corso-concorso, le amministrazioni dovranno pescare per affidare gli incarichi.

Gli incarichi saranno a tempo, di quattro anni rinnovabili una volta sola nel caso di valutazione positiva dell’interessato. Per chi resta privo d’incarico cadono tutte le voci accessorie della retribuzione e lo stipendio di base viene tagliato del 10% per ogni anno di fermo momentaneo. Definizione di presupposti oggettivi per la revoca, anche in relazione al mancato raggiungimento degli obiettivi, e della procedura di revoca. equilibrio di genere nel conferimento degli incarichi.

Se il dirigente non ha incarichi per sei anni, la prospettiva è il licenziamento, previsto anche per chi durante lo stop non partecipa a un numero minimo di selezioni: per evitare l’uscita, l’interessato potrà scegliere di essere inquadrato come funzionario.

Sulla controversa questione del fatto che i manager pubblici di prima fascia partecipino allo stesso meccanismo dei bandi come gli altri dirigenti, l’ipotesi è aprire una corsia preferenziale per i bandi delle amministrazioni di provenienza.

Dovrebbe trovare spazio un sistema di valutazione delle prestazioni dei dirigenti basato non solo sui risultati ma su una griglia di indicatori relativa a tutti gli aspetti dell’attività del dirigente declinati a seconda dell’amministrazione.

Verso il rinvio l’aspetto della delega che chiede di distinguere la responsabilità per danno erariale dei politici e dei dirigenti, chiedendo alla Corte dei conti di perseguire solo gli ultimi quando il danno nasce dall’attività gestionale.



Chi ha diritto alla qualifica di dirigente?



È dirigente chi può influenzare la gestione d’impresa. La Corte di cassazione ha affermato con la sentenza 18165/2015 che il riconoscimento della qualifica dirigenziale a un funzionario che abbia svolto, in concreto, mansioni di contenuto apicale non può essere condizionato a una formale investitura da parte dei vertici aziendali. Una conclusione differente, infatti, comporterebbe violazione del principio per cui deve esservi corrispondenza tra le mansioni effettivamente svolte dal dipendente e la categoria di inquadramento.

Ha precisato la Corte che, ai fini del riconoscimento della qualifica dirigenziale, deve essere dimostrato, da parte del lavoratore, lo svolgimento di mansioni caratterizzate dalla preposizione, con ampia autonomia decisionale, a uno o più servizi che pongono il dirigente in condizione di influenzare l’attività dell’intera impresa o di una sua area rilevante. Aggiungendo che la qualifica di dirigente compete al lavoratore che, come «alter ego» dell’imprenditore, viene preposto alla direzione dell’intera organizzazione aziendale o, quantomeno, a una branca o settore autonomo di essa ed è investito di responsabilità che, in ragione dei poteri di iniziativa e discrezionalità che ne discendono, gli consente di imprimere un orientamento alla gestione complessiva dell’impresa, sia pure nell'ambito delle direttive programmatiche definite dal datore di lavoro.

In questo contesto, aggiunge la Cassazione, la figura del dirigente si differenzia dalla posizione dell’impiegato con funzioni direttive, in quanto quest’ultimo è preposto a un singolo ramo di servizio, ufficio o reparto, con poteri di iniziativa circoscritti e più limitati, dai quali derivano un corrispondente minor grado di responsabilità e la soggezione al potere di controllo del datore stesso o di un dirigente aziendale.

In tema di riconoscimento di mansioni superiori e in particolare ai fini del riconoscimento della qualifica dirigenziale, è necessario e sufficiente che sia dimostrato lo svolgimento di fatto delle relative mansioni, caratterizzate dalla preposizione ad uno o più servizi con ampia autonomia decisionale, senza che occorra una formale investitura trasfusa in una procura speciale: la richiesta di tale requisito significherebbe subordinare il riconoscimento della qualifica ad un atto discrezionale del datore di lavoro, di per sé insindacabile, con conseguente violazione del principio della corrispondenza della qualifica alle mansioni svolte.

In via teorica è valida la "clausola di riconoscimento formale" o di "investitura" aziendale, finalizzata da parte datoriale a far sì che il conferimento della qualifica di dirigente, a prescindere dalla qualità e responsabilità immanenti alle mansioni disimpegnate dal lavoratore, sia sottoposto al gradimento aziendale, infatti la qualifica non scatta se l'azienda non la riconosce all'aspirante alla categoria dirigenziale con un provvedimento formale (comunicazione, lettera o equipollente), come già sottolineato è necessario e sufficiente che sia dimostrato l'espletamento di fatto delle relative mansioni, caratterizzate dalla preposizione ad uno o più servizi con ampia autonomia decisionale e non occorre anche una formale investitura trasfusa in una procura speciale.

Il dirigente è il lavoratore che si configuri come alter ego dell'imprenditore e che sia preposto alla direzione dell'intera organizzazione aziendale, o di una branca o di un settore autonomo di essa. Inoltre, è necessario che, ai fini del riconoscimento della qualifica in questione, il lavoratore abbia in concreto una serie di attribuzioni che, per la loro ampiezza e per i conseguenti poteri di iniziativa e discrezionalità, gli consentano di imprimere un indirizzo e un orientamento al governo complessivo dell'azienda e alla scelta dei mezzi produttivi. In altre parole il dirigente ha una responsabilità ad alto livello, che gli deriva appunto da quel potere di indirizzo di cui si è appena detto, ed è unicamente sottoposto all'osservanza delle direttive programmatiche del datore di lavoro. Quindi un dirigente non può essere sottoposto a vincoli di subordinazione gerarchica nei confronti di altri dirigenti. Più precisamente, è stato affermato che vi è incompatibilità tra la qualifica di dirigente e l'esercizio di mansioni con vincolo di dipendenza gerarchica, e ciò anche nei casi di aziende caratterizzate da una complessa organizzazione e da una pluralità di dirigenti con graduazione di compiti: per la sussistenza di funzioni dirigenziali, occorre che le mansioni, per il loro corretto svolgimento, siano coordinate con quelle degli altri dirigenti e non già subordinate ad altre.

Tale affermazione preclude la strada a molti lavoratori che intendono ottenere la qualifica di dirigente, può tornare utile a quei lavoratori che, di fatto, hanno ottenuto la qualifica di dirigente, pur senza ricoprire un ruolo apicale nell'ambito della gerarchia aziendale. Infatti, costoro, in caso di licenziamento, potrebbero invocare il principio della incompatibilità tra la qualifica dirigenziale e la subordinazione ad altri dirigenti, e ciò al fine di rivendicare, nei propri confronti, l'applicabilità delle norme di legge che tutelano i licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo che, come è noto, non si applicano ai dirigenti. Oppure potrebbero lamentare una dequalificazione, con conseguente richiesta di risarcimento del danno professionale.


martedì 20 settembre 2016

Agenzia per l’Occupazione (ANPAL)



L’ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) è il nuovo ente che da giugno 2016 si occupa di predisporre nuove politiche di lavoro attivo per la collazione di lavoratori in cerca della prima occupazione e per la ricollocazione dei disoccupati in NASPI, in DIS-COLL per collaboratori e precari o in ASDI. link

In realtà l’Anpal gestirà il personale di Italia Lavoro e Isfol, mentre i Centri per l’impiego rimarranno assegnati alle Regioni. I programmi delle politiche attive saranno finanziati dall’FSE (Fondo Sociale Europeo). L’iscrizione all’Anpal verrà effettuata dai centri per l’impiego, durante un colloquio con il disoccupato durante il quale verrà sottoscritto anche il Patto di Servizio Personalizzato. A partire dalla data di licenziamento, o dimissioni per giusta causa, il Centro per l’Impiego ha 2 mesi di tempo per convocare il lavoratore, quindi il disoccupato ha tempo 15 giorni per presentarsi al centro per l’impiego, pena la perdita di un quarto dell’assegno di disoccupazione.

Italia Lavoro S.p.A. dovrà ora adottare il nuovo statuto che la porrà sotto il controllo dell’ANPAL quale “struttura in house” e inserirà a pieno titolo la società nella Rete nazionale dei servizi per le politiche attive del lavoro, istituita con i decreti attuativi del Jobs Act, quale suo braccio operativo a livello nazionale.

Il D.Lgs. 150/15 attuativo del Jobs Act, ha istituito, con il suo articolo 1, comma 2, la “Rete dei servizi per le politiche del lavoro” composta dai seguenti soggetti, pubblici o privati:

l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) costituita dal decreto stesso;

le strutture regionali per le Politiche Attive del Lavoro (anch’esse istituite dal D.Lgs. 150/15);

l'INPS (relativamente alle sue competenze in materia di incentivi e strumenti a sostegno del reddito);

l’INAIL, per quanto attiene alle sue competenze in materia di reinserimento ed integrazione lavorativa dei disabili;

le Agenzie per il lavoro e gli altri soggetti autorizzati all'attività di intermediazione ne mercato del lavoro;

i fondi interprofessionali per la formazione continua;

i fondi bilaterali;

l'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL) e Italia Lavoro

L’ANPAL ha le seguenti funzioni:

a. Coordinamento della gestione dell'Assicurazione Sociale per l'Impiego: ciò significa che l’ANPAL avrà il compito di gestire i servizi per il lavoro, il collocamento dei disabili, le politiche di attivazione dei lavoratori disoccupati, in particolare di chi beneficia di indennità di prestazioni di sostegno del reddito erogate a seguito di licenziamento involontario;

b. Definire gli standard di servizio relative alle misure introdotte dall'articolo 18 del suddetto decreto;

c. Definire le modalità operative e la misura del nuova assegno di ricollocazione e di altre misure per coinvolgere i privati accreditati;
d. Coordinamento dell'attività della rete Eures;

e. Definire nuove modalità di profilazione dei lavoratori, al fine determinarne un profilo personale di occupabilità, più in linea agli standard internazionali, costi standard per i servizi e le misure offerti;

f. Promuovere e coordinare, con l’aiuto dell’Agenzia per la coesione territoriale, programmi del Fondo Sociale Europeo e i fondi nazionali;

g. Sviluppare e gestire il sistema informativo delle politiche del lavoro, anche attraverso nuovi strumenti tecnologici atti a favorire una maggiore attività di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro e comunicazione anche con gli altri soggetti pubblici e privati;

h. Gestire l'albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni in materia di politiche attive del lavoro;

i. Gestione dei programmi operativi nazionali e dei progetti cofinanziati dai Fondi comunitari;

j. Definire e gestire i programmi per riallineare, qualora non siano rispettati o siano a rischio, i livelli delle prestazioni in materia di politiche attive del lavoro;

k. Definire nuovi incentivi per la mobilità territoriale;

l. Vigilare sui fondi interprofessionali per la formazione continua e dei fondi bilaterali;

m. Assistere le imprese nella gestione delle crisi di aziende che hanno unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione o in più regioni;

n. Gestire programmi di reimpiego e ricollocazione di lavoratori alle dipendenze di aziende in crisi, attraverso programmi del Fondo Europeo o sperimentali di politica attiva del lavoro;

o. Gestire il Repertorio nazionale degli incentivi all'occupazione.

Ciò che rileva per i cittadini è che solo con l’iscrizione all’ANPAL il disoccupato (che sia stato licenziato o che abbia rassegnato le dimissioni per giusta causa) può aver diritto alla Naspi.

L’iscrizione all’ANPAL viene effettuata dai Centri per l’Impiego, durante un colloquio con il disoccupato : dalla data di licenziamento (o dimissioni per giusta causa) il Centro per l’Impiego ha 2 mesi di tempo per convocare il lavoratore, dalla convocazione il disoccupato ha tempo 15 giorni per presentarsi al Centro per l’Impiego, pena la perdita di un quarto dell’assegno di disoccupazione.

Nel corso del colloquio al Centro per l’Impiego, il disoccupato dovrà anche sottoscrivere un patto di servizio, cioè un programma che mira al ricollocamento dello stesso nel mondo del lavoro. Fino a che il disoccupato non troverà un nuovo impiego, il suo impegno nella formazione e ricollocazione professionale viene monitorato da un tutor.

Il presidente, Maurizio Del Conte, rivelando quelle che saranno a partire da giugno le strategie sulle politiche del lavoro della nuova agenzia, a partire dalla maggiore sinergia con l’INPS, che eroga e gestisce le informazioni relative alla NASpI. Del Conte spiega che l’Anpal di preoccuperà di verificare: «Che i servizi che vengono resi ai disoccupati rispettino gli standard. Abbiamo il potere di monitoraggio e valutazione. La nostra missione più importante comunque è quella sull’assegno di ricollocazione, una vera e propria presa in carico del disoccupato. Il nostro obiettivo è fare sì che le persone si rivolgano ai centri per l’impiego perché sono utili. Deve esserci un sistema che accolga il disoccupato e lo accompagni. Una delle prime cose da fare è mettere in funzione un sistema informativo per far incontrare domanda e offerta».



Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
BlogItalia - La directory italiana dei blog