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martedì 27 giugno 2017

Lavorare nelle risorse umane



Lavorare in questo settore non significa solo assumere e licenziare. Chi sceglie di specializzarsi nelle Human Resources deve adoperarsi per far sì che ogni singolo lavoratore dia sempre il meglio di sé e deve rapportarsi costantemente con i dipendenti intesi come capitale umano dell’azienda e accompagnare le risorse interne in ogni fase della loro vita lavorativa. Parliamo di un ruolo delicato e strategico, che non può prescindere dall'ingrediente principale: la passione per le persone.

Per risorse umane si deve intendere la gestione dei lavoratori che si trovano alle dipendenze di un'azienda, indipendentemente dalle mansioni ricoperte e dal settore di collocamento. Le figure che si occupano della gestione delle risorse umane hanno il compito di selezionare e di formare il nuovo personale da inserire, nonché di seguire e di valutare i lavoratori già in forza all'azienda, al fine di raggiungere gli obiettivi dell'impresa e di motivare i dipendenti, anche dal punto di vista economico.

Un aspetto rilevante è l'amministrazione del personale, che deve assicurare l'elaborazione delle spettanze e adempimenti di tutto il personale dell'azienda, nel rispetto delle norme del contratto e delle leggi in materia.

Le prime regole per l’amministrazione del personale devono essere: il verificare le aspettative, il saper animare con spirito di conoscenza i diversi aspetti strutturali, cercare di dare credito alle idee innovative e avere un modello di gestione che raggruppi tutti gli interessi sia tecnologici che scientifici dell'azienda.

Tra i requisiti fondamentali c'è sicuramente quello di possedere il titolo di studio idoneo. Preferibilmente una laurea in psicologia, o comunque una laurea umanistica, opportunamente corredata da un master specifico o corsi di specializzazione altamente professionalizzanti. I principali compiti di chi lavora nelle risorse umane consistono nella selezione del personale. Il personale che si sottopone a dei colloqui per occupare una specifica carica deve dimostrare di avere i requisiti richiesti dall'azienda che impartisce direttive precise per le professionalità specifiche di ogni candidato. Nel processo di selezione, il selettore deve carpire la reale motivazione del candidato a voler intraprendere quel particolare tipo di attività, e una volta individuata la risorsa da inserire nello staff aziendale, deve curarne la formazione e la gestione amministrativa.

Quella del manager delle risorse umane è una figura che diventa sempre più basilare nelle aziende. A seguito della formazione, l'esperto in risorse umane può assumere sia la funzione di human resource manager, ossia il ruolo di maggior prestigio e responsabilità, che svolgere altri delicati incarichi, come il responsabile dell'amministrazione del personale e come l'addetto alle risorse umane. Chi possiede una buona preparazione dal punto di vista giuridico può occuparsi delle questioni sindacali e dei relativi rapporti contrattuali con i lavoratori.

Trattandosi di un incarico dirigenziale, il lavoro risorse umane consente di guadagnare cifre importanti. Lo stipendio si differenzia, naturalmente, in base alla mansione che si svolge. Gli HR manager percepiscono retribuzioni medie che superano i 100 mila euro netti annui, mentre per quanto riguarda il ruolo di responsabile del personale gli stipendi si aggirano sui 50/60 mila euro netti all'anno.

Per lavorare in questo ambito bisogna inoltre disporre di competenze afferenti alla psicologia che permettono di andare oltre la superficie delle cose e di cogliere i segnali che le persone possono inviare in vario modo (i veri professionisti non fanno attenzione solo a quello che i loro interlocutori esprimono con le parole, ma anche a quello che comunicano con il corpo).

Di più: chi aspira a fare carriera in questo settore (i Direttori delle Risorse Umane delle grandi aziende, che sovrintendono al lavoro di un numero importante di persone, possono arrivare a guadagnare più che bene) deve dimostrare di avere buone doti organizzative e di pianificazione, spiccate competenze comunicative (deve saper ascoltare gli altri e porsi nel modo più empatico possibile) e buone capacità di negoziazione, dal momento che dovrà curare i rapporti sindacali e (se necessario) fare “da paciere” tra colleghi che battibeccano in continuazione. L’addetto alle Risorse Umane deve, in sintesi, fare in modo che le persone che lavorano in azienda siano messe nella condizione di dare sempre il meglio di sé. E deve accertarsi della qualità dei rapporti umani che – come sappiamo – possono fare la differenza in termini di motivazione e di produttività.

L’addetto alle risorse umane ha il compito di gestire – anche sotto il profilo amministrativo – tutto il personale dell’azienda. Ma cosa fa esattamente?

individua le risorse da assumere (sulla scorta delle esigenze dell’azienda che deve, dunque, conoscere bene);
ricerca e seleziona le risorse più appetibili (valutandole sia sulla base del curriculum vitae che del colloquio di lavoro);

assume i candidati che hanno superato con successo la selezione;

si occupa della formazione del personale;

analizza e valuta il lavoro delle risorse (pianifica carriere nel tentativo di incentivare i talenti a rimanere) e definisce le politiche retributive (tara gli aumenti sulle capacità dimostrate dal dipendente, secondo un criterio di mera meritocrazia);

comunica costantemente col personale e agevola l’interazione tra le risorse interne all’azienda
cura le relazioni sindacali;

si occupa degli eventuali licenziamenti.

Quella dell’addetto alle risorse umane è una professione importantissima. La scelta dei candidati migliori può, infatti, fare la differenza. Ma è solo il primo passaggio: una volta scovato e assunto il talento, l’azienda deve impegnarsi a non farselo scappare. E il contributo offerto dalle risorse umane (che deve rimanere in costante contatto coi dipendenti e accertarsi che ognuno di loro si senta sufficientemente apprezzato e valorizzato) può essere determinante. Si tratta di un compito delicatissimo, che non può essere svolto con leggerezza o approssimazione.

Altra funzione di questo settore e di analizzare le tecniche per misurare le performance dei collaboratori, le tecniche di motivazione per migliorarne le prestazioni e i risultati nell'impresa e/o organizzazioni.

Questi sono i principali canali di valutazione delle risorse umane.

Analisi della realtà e valutazione nelle organizzazione.

Sistemi di valutazione: complessità, problemi, orientamenti.

La valutazione delle risorse umane: contesti colturali e qualità del servizio.

La valutazione tra sistemi di gestione e pratiche empiriche.







mercoledì 21 settembre 2016

Riforma della pubblica amministrazione 2016



La principale novità è l’istituzione del RUOLO UNICO DEI DIRIGENTI PUBBLICI cioè l’unificazione dei ruoli dei dirigenti delle tre aree (corrispondenti alle aree di contrattazione collettiva nazionale: Stato, Regioni, Enti locali). Vengono eliminati i ruoli specifici risalenti a ciascuna Amministrazione Ministeriale e agli altri enti pubblici.

Restano fuori dal ruolo unico i magistrati, gli avvocati, Il personale militare, delle forze di Polizia, della carriera diplomatica e prefettizia, professori e ricercatori universitari e dirigenza scolastica.

Per accedere alla dirigenza bisogna superare un corso-concorso annuale per ciascuno dei tre ruoli (Stato, Regioni e Enti locali), per un numero fisso di posti definito in relazione al fabbisogno minimo annuale del sistema amministrativo; immissione dei soli vincitori come funzionari per i primi tre anni (salvo riduzione per le esperienze pregresse) e successiva immissione nel ruolo unico da parte delle Commissioni per la dirigenza Statale. Le graduatorie finali comprenderanno soltanto i vincitori e non gli idonei.

La formazione e la valutazione dipenderanno dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione, che diventerà Agenzia ed avrà il compito di garantire la formazione omogenea dei dirigenti. Per ottenere l’incarico bisognerà passare attraverso una selezione, vigilata da un’apposita commissione per ogni livello (statale, regionale, locale), per qualsiasi posizione dirigenziale, eccezion fatta per quelle di vertice, come quella di segretario generale ministeriale, e prima della conferma del ruolo si dovrà superare un periodo di tre anni di prova. Per non rischiare di rimanere estromessi dalla carica, si può scegliere di retrocedere a funzionario.

Gli incarichi avranno la durata massima di 4 anni, con la possibilità di rinnovo per successivi 2 anni; questo limite temporale è stato introdotto per permettere la rotazione e il ricambio dirigenziale.

Quindi incarichi a tempo, deroghe parziali per i dirigenti di prima fascia e valutazione più puntuale. Nel nuovo disegno del decreto i dirigenti pubblici, e gli aspiranti dopo aver superato un corso o un corso concorso annuale, saranno inquadrati nei ruoli unici, dedicati a Stato, regioni, enti locali e autorità indipendenti. Le pubbliche amministrazioni sceglieranno i loro dirigenti da questi ruoli, con selezioni pubbliche, per incarichi quadriennali, rinnovabili una volta sola se il dirigente in questione ha ottenuto una valutazione positiva nello svolgimento del proprio compito.

La retribuzione per i dirigenti pubblici sarà collegata almeno per il 30% al risultato, creando un sistema dirigenziale probabilmente più competitivo e meno legato all'autorevolezza del ruolo. Saranno premiati i dirigenti meritevoli. Penalizzazioni, invece, per coloro che non riusciranno a raggiungere i risultati stabiliti: chi viene revocato dal proprio mandato dirigenziale a seguito di una brutta pagella ha un anno di tempo per procurarsi un nuovo mandato, pena la decadenza dal ruolo, ovvero la licenziabilità, ovvero per chi non ottiene incarichi avrà diritto alla sola retribuzione di base (senza quindi il trattamento accessorio, che vale dal 40 al 70% dello stipendio a seconda dei casi) e che può portare addirittura all’uscita dal ruolo se il dirigente in fermo momentaneo non partecipa a un numero minimo di selezioni oppure rimane senza incarico per sei anni.

Per evitare di uscire dalla Pubblica amministrazione, il dirigente potrà però rinunciare alle proprie funzioni e farsi inquadrare nel ruolo di funzionario. Oltre a cancellare le quote variabili della busta paga, il fermo momentaneo di chi è privo di incarichi limerà nel tempo anche lo stipendio base, che sarà tagliato del 10% per ogni anno nel quale il dirigente resta privo di incarico. A frenare il decollo del decreto è stata la levata di scudi dei dirigenti di prima fascia, e in particolare dei direttori generali di alcuni ministeri, ostili all’idea di partecipare, a partire dai prossimi incarichi, a un “mercato” che li metterebbe alla pari di tutti gli altri aspiranti, perché nei ruoli unici non sono più presenti le due fasce in cui oggi è articolata la dirigenza statale (non quella di regioni ed enti locali).

La versione definitiva di questo meccanismo prevede che le amministrazioni, quando metteranno a bando gli incarichi secondo il nuovo regime, dovranno riservare almeno il 30% dei posti a chi ha già ricoperto nell’amministrazione un ruolo di prima fascia. L’altro 70% dovrà invece partecipare ai bandi senza riserva del posto, ma potrà comunque contare sul proprio curriculum per spuntarla nella selezione.

I principi e i nodi del riordino della dirigenza

I dirigenti della Pa saranno inseriti in «ruoli unici» dedicati a Stato, Regioni ed enti locali, e autorità indipendenti. Da questi ruoli, in cui gli aspiranti dirigenti entreranno tramite concorso o corso-concorso, le amministrazioni dovranno pescare per affidare gli incarichi.

Gli incarichi saranno a tempo, di quattro anni rinnovabili una volta sola nel caso di valutazione positiva dell’interessato. Per chi resta privo d’incarico cadono tutte le voci accessorie della retribuzione e lo stipendio di base viene tagliato del 10% per ogni anno di fermo momentaneo. Definizione di presupposti oggettivi per la revoca, anche in relazione al mancato raggiungimento degli obiettivi, e della procedura di revoca. equilibrio di genere nel conferimento degli incarichi.

Se il dirigente non ha incarichi per sei anni, la prospettiva è il licenziamento, previsto anche per chi durante lo stop non partecipa a un numero minimo di selezioni: per evitare l’uscita, l’interessato potrà scegliere di essere inquadrato come funzionario.

Sulla controversa questione del fatto che i manager pubblici di prima fascia partecipino allo stesso meccanismo dei bandi come gli altri dirigenti, l’ipotesi è aprire una corsia preferenziale per i bandi delle amministrazioni di provenienza.

Dovrebbe trovare spazio un sistema di valutazione delle prestazioni dei dirigenti basato non solo sui risultati ma su una griglia di indicatori relativa a tutti gli aspetti dell’attività del dirigente declinati a seconda dell’amministrazione.

Verso il rinvio l’aspetto della delega che chiede di distinguere la responsabilità per danno erariale dei politici e dei dirigenti, chiedendo alla Corte dei conti di perseguire solo gli ultimi quando il danno nasce dall’attività gestionale.



domenica 24 febbraio 2013

La valutazione e la motivazione delle risorse umane

Analizzare le tecniche per misurare le performance dei collaboratori, le tecniche di motivazione per migliorarne le prestazioni e i risultati nell’impresa e/o organizzazioni. Questi sono i principali canali di valutazione delle risorse umane.
Analisi della realtà e valutazione nelle organizzazione. Sistemi di valutazione: complessità, problemi, orientamenti. La valutazione delle risorse umane: contesti colturali e qualità del servizio. La valutazione tra sistemi di gestione e pratiche empiriche. La misura della personalità in ambito organizzativo: i big five (emergenza dei big five, definizione dei big five, gli strumenti di misura dei cinque fattori, il NEO-Personality Inventory, Il Big. Five Questionnaire. Strumenti di rilevazione: dall’analisi della posizione alla valutazione del potenziale. L’intervista di valutazione delle prestazioni. Gli Assessment Center.

Si trascorre una buona parte della vita lavorando. Diversi studi e ricerche evidenziano come non sia solo l'aspetto retributivo, per quanto importante, il solo parametro per rendere qualsiasi lavoro piacevole a priori.

Compito del management aziendale dovrebbe essere anche quello di migliorare gli aspetti sociali del lavoro, sempre finalizzato all'incremento della produttività e al raggiungimento degli obiettivi aziendali. Saper dirimere controversie e mediare tra situazioni e necessità diverse, caratteri differenti e differenti sensibilità - spesso causa di attriti che nulla hanno a che vedere con i progetti o il core business - è una delle caratteristiche più apprezzabili, considerate parte integrante della "capacità di gestione" di un'attività imprenditoriale. E più ancora la capacità di creare un ambiente di lavoro piacevole, quale che sia l'accezione che si vuole dare al termine.

In un interessante convegno è emerso che la capacità di gestire e motivare le risorse umane e l'importanza strategica per un'azienda di far emergere quelle competenze che spesso rimangono trascurate rimanendo un patrimonio non utilizzato ancorché sconosciuto. Tra gli interventi espressi da responsabili di HR provenienti da differenti realtà, è emerso come l'orientamento aziendale verso aspetti di "buon governo" non è non differibile, perchè rappresenta quel plus che può fare la differenza rispetto ai competitor.

Il ruolo del management diventa fondamentale in seno al tessuto culturale dell'azienda: quanto un'azienda sia attenta ai bisogni delle proprie risorse fa la differenza in termini di risultati.
Il dilemma emerso nel corso degli interventi è dicotomico: necessità di intervenire in tempi medio lunghi per riconoscere le capacità effettive delle risorse, oppure necessità aziendale di raggiungere standard di produttività coerente con i parametri di redditività propri? In questo senso i contratti a tempo determinato risultano negativi, perchè non consentono di acquisire sufficiente conoscenza delle risorse in organico.

Disporre di più tempo per farsi conoscere grazie ad un contratto a tempo indeterminato può portare a una brillante carriera in seno alla società, con soddisfazione da parte di entrambe le parti.
Per i responsabili di HR, il problema di conoscere, verificare e far crescere queste peculiarità insite in ciascuna risorsa si scontra con l'innegabile necessità di disporre di molto tempo per approfondire tali aspetti, onde poter definire il migliore utilizzo della risorsa per l'azienda stessa, massimizzando i risultati.

Questo si scontra con la realtà quotidiana per cui le competenze sono rigorosamente espresse dai curricula delle persone che interagiscono con l'azienda e che individuano rigidamente il reparto in cui la specifica risorsa verrà inserita. A questo si aggiunge la difficoltà ad accettare che il personale possa essere utilizzato in altri ruoli effettuando una sorta di rotazione che consentirebbe l'emergere di capacità differenti da quelle reimpostate, ad esempio, dalla carriera scolastica.
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