domenica 24 febbraio 2013

Motivazione del personale e l’aspetto retributivo


I lavoratori devono essere motivati per fornire buone prestazioni. Una retribuzione appropriata, oltre a valori immateriali quali le possibilità di formazione e di sviluppo nonché impegni accattivanti, sono fondamentali.
Non esistono regolamentazioni circa gli stipendi minimi nell'ambito dei rapporti di lavoro privati, a meno che non sussista un contratto collettivo di lavoro (CCNL) che lo preveda. Lo stipendio è dunque soprattutto una questione che va negoziata.

Un stipendio corretto dovrebbe almeno:
corrispondere alle prestazioni del collaboratore
considerare gli sforzi richiesti dalla posizione
essere in conformità col mercato
rientrare nell'ambito delle possibilità dell'impresa
rispettare diritto ed etica (ad es. stipendi minimi che assicurino l'esistenza)

Il sistema salariale inoltre dovrebbe essere privo di contraddizioni e apparire corretto.
Mentre molti lavoratori in passato erano suddivisi per classi salariali fisse, oggi vengono impiegate sempre di più fasce salariali individuali. Questo significa che il stipendio iniziale e lo stipendio massimo sono definiti per ciascuna fascia. Lo stipendio viene stabilito individualmente entro queste fasce.

Sempre più datori di lavoro versano inoltre quote salariali variabili e questo non solo ai dirigenti. Una determinata parte del stipendio dipende dunque dal successo dell'impresa, del team o del singolo collaboratore.

Se un datore di lavoro decide di versare i bonus deve prestare particolare attenzione ai seguenti punti:

a quanto ammonta l'importo complessivo da versare?

qual è la base di valutazione? (utile, soddisfazione dei clienti ecc.)

com'è la chiave di distribuzione? (anzianità di servizio, scala gerarchica, sistema a punti ecc.)

cosa comprende il bonus? (denaro contante, azioni ecc.)

Lo stipendio di base deve garantire una retribuzione commisurata agli impegni. A questo si aggiunge l'esperienza con cui si premia il collaboratore o la collaboratrice. La parte relativa alla prestazione viene valutata con la qualifica e una retribuzione corrispondente.

Un'ulteriore parte del stipendio è quella sociale che comprende assegni per i figli, assegni familiari e contributi alle assicurazioni sociali. Infine, vi si possono aggiungere anche gratifiche, provvigioni o prestazioni accessorie al stipendio, i cosiddetti fringe benefits (ad es. ferie gratuite nella casa di vacanza della ditta).

Lo stipendio a tempo è la forma più frequente di retribuzione. Altre forme sono il stipendio a cottimo o il stipendio a premi. Indipendentemente dalla forma scelta, per ogni versamento va sempre allestito un conteggio del stipendio che indichi:
stipendio e eventuali provvigioni (ad es. stipendio mensile, da cui risulta il stipendio lordo)
deduzioni sociali (AVS, AD, cassa pensioni, assicurazione contro gli infortuni non professionali ecc., da cui risulta il stipendio netto)
spese (secondo conteggio o forfait)
assegni (ad es. assegni per figli)
saldo ferie
eventuali prestazioni pro rata (ad es. 13esima mensilità in caso di partenza nel corso dell'anno)
importo da versare e conto

Le spese sono una questione che riguarda il datore di lavoro. Stando alla legge, i lavoratori hanno diritto al rimborso di tutte le spese, al più tardi col versamento del stipendio.

Tuttavia, sussiste una certa libertà d'interpretazione circa cosa si possa definire come spese e cosa no. Le spese di tragitto casa-lavoro e viceversa ad esempio sono a carico del collaboratore, a condizione che non sia stato stabilito diversamente. Se un dipendente deve utilizzare la propria automobile durante il lavoro, ha diritto a un risarcimento, a patto che l'uso dell'automobile privata sia stato discusso prima col datore di lavoro. Il datore di lavoro può anche versare ai lavoratori un importo forfetario per le spese, il quale dovrà coprire mediamente le spese.

I bonus e le gratificazioni si differenziano nel modo seguente: i bonus (e anche la 13ma mensilità) sono componenti salariali stabiliti da un contratto, le gratificazioni invece no. Quindi le imprese devono definire in maniera corretta il tipo di gratificazione al momento di redigere il contratto di lavoro.

Una gratificazione può diventare parte salariale fissa quando l'impresa retribuisce di sua spontanea volontà e senza riserve un importo sempre uguale nel corso di più anni. I tribunali del lavoro considerano questo tipo di retribuzione un "accordo contrattuale tacito" e quindi vincolante.

La valutazione e la motivazione delle risorse umane

Analizzare le tecniche per misurare le performance dei collaboratori, le tecniche di motivazione per migliorarne le prestazioni e i risultati nell’impresa e/o organizzazioni. Questi sono i principali canali di valutazione delle risorse umane.
Analisi della realtà e valutazione nelle organizzazione. Sistemi di valutazione: complessità, problemi, orientamenti. La valutazione delle risorse umane: contesti colturali e qualità del servizio. La valutazione tra sistemi di gestione e pratiche empiriche. La misura della personalità in ambito organizzativo: i big five (emergenza dei big five, definizione dei big five, gli strumenti di misura dei cinque fattori, il NEO-Personality Inventory, Il Big. Five Questionnaire. Strumenti di rilevazione: dall’analisi della posizione alla valutazione del potenziale. L’intervista di valutazione delle prestazioni. Gli Assessment Center.

Si trascorre una buona parte della vita lavorando. Diversi studi e ricerche evidenziano come non sia solo l'aspetto retributivo, per quanto importante, il solo parametro per rendere qualsiasi lavoro piacevole a priori.

Compito del management aziendale dovrebbe essere anche quello di migliorare gli aspetti sociali del lavoro, sempre finalizzato all'incremento della produttività e al raggiungimento degli obiettivi aziendali. Saper dirimere controversie e mediare tra situazioni e necessità diverse, caratteri differenti e differenti sensibilità - spesso causa di attriti che nulla hanno a che vedere con i progetti o il core business - è una delle caratteristiche più apprezzabili, considerate parte integrante della "capacità di gestione" di un'attività imprenditoriale. E più ancora la capacità di creare un ambiente di lavoro piacevole, quale che sia l'accezione che si vuole dare al termine.

In un interessante convegno è emerso che la capacità di gestire e motivare le risorse umane e l'importanza strategica per un'azienda di far emergere quelle competenze che spesso rimangono trascurate rimanendo un patrimonio non utilizzato ancorché sconosciuto. Tra gli interventi espressi da responsabili di HR provenienti da differenti realtà, è emerso come l'orientamento aziendale verso aspetti di "buon governo" non è non differibile, perchè rappresenta quel plus che può fare la differenza rispetto ai competitor.

Il ruolo del management diventa fondamentale in seno al tessuto culturale dell'azienda: quanto un'azienda sia attenta ai bisogni delle proprie risorse fa la differenza in termini di risultati.
Il dilemma emerso nel corso degli interventi è dicotomico: necessità di intervenire in tempi medio lunghi per riconoscere le capacità effettive delle risorse, oppure necessità aziendale di raggiungere standard di produttività coerente con i parametri di redditività propri? In questo senso i contratti a tempo determinato risultano negativi, perchè non consentono di acquisire sufficiente conoscenza delle risorse in organico.

Disporre di più tempo per farsi conoscere grazie ad un contratto a tempo indeterminato può portare a una brillante carriera in seno alla società, con soddisfazione da parte di entrambe le parti.
Per i responsabili di HR, il problema di conoscere, verificare e far crescere queste peculiarità insite in ciascuna risorsa si scontra con l'innegabile necessità di disporre di molto tempo per approfondire tali aspetti, onde poter definire il migliore utilizzo della risorsa per l'azienda stessa, massimizzando i risultati.

Questo si scontra con la realtà quotidiana per cui le competenze sono rigorosamente espresse dai curricula delle persone che interagiscono con l'azienda e che individuano rigidamente il reparto in cui la specifica risorsa verrà inserita. A questo si aggiunge la difficoltà ad accettare che il personale possa essere utilizzato in altri ruoli effettuando una sorta di rotazione che consentirebbe l'emergere di capacità differenti da quelle reimpostate, ad esempio, dalla carriera scolastica.

Lavorare nella gestione risorse umane e il ruolo della motivazione



Quando l’entusiasmo e la motivazione calano, in ufficio si lavora male. E un collaboratore insoddisfatto è più pericoloso di un affare mancato. la mancanza di motivazione al lavoro è un fenomeno più frequente di quanto si immagini. Statistiche internazionali hanno rilevato che il 70% dei lavoratori è insoddisfatto del proprio lavoro.

In Italia sta emergendo un nuovo fenomeno: sempre più aziende si rivolgono a professionisti della motivazione e del benessere per risolvere conflittualità interna e mancanza di coinvolgimento. Si riconosce infatti che l’entusiasmo è una moneta a due facce, in quanto per le aziende è fondamentale annoverare nel proprio team persone coinvolte in un obiettivo comune, per un’equazione molto semplice: entusiasmo uguale a maggiore redditività. Tutto ciò ha a un ritorno di immagine sui dipendenti che vedono un’azienda interessarsi a loro sia come figure professionali sia come persone e quindi, sentendosi accuditi e curati, fanno qualcosa in più di ciò che stanno già facendo. Il risultato è a tutto vantaggio dell’azienda.

Un consulente esterno all’azienda esperto in benessere, motivazione e gestione delle risorse umane, riesce a riaccendere entusiasmo e motivazione anche negli individui apparentemente più spenti o che si lamentano maggiormente.

La presenza del consulente può essere inoltre importante in alcune situazioni critiche che si possono presentare nella vita di un lavoratore – dipendente, come ad esempio, quando viene richiesto un cambiamento di mansione, che potrebbe generare angoscia e resistenza con il rischio di non recepire la richiesta di crescita dell’azienda.

Tutto questo può sfociare in una considerazione di sé che provoca frustrazione e ferisce generando un senso di inadeguatezza, incapacità di reagire razionalmente di fronte alle difficoltà influenzando così la motivazione e l'interesse al lavoro. In questi casi non è sufficiente individuare l’inserimento del soggetto nelle giuste forme di orientamento formativo, ma è necessario richiamare una forte attenzione alla dimensione psicologica per poter coinvolgere il soggetto a prendere consapevolezza delle proprie risorse, individuarle e gestirle.

Il consulente può entrare in gioco con la sua professionalità stimolando la presa di coscienza delle proprie capacità e facendo emergere l’energia necessaria per affrontare il cambiamento con competenza e sicurezza.

Grazie alle tecniche di ascolto attivo e di autoesplorazione, il cliente arriva a valutare serenamente le proprie abilità, il proprio talento, le proprie motivazioni, i propri valori e a rispettare le proprie paure senza essere giudicato.

Occorre facilitare il passaggio da una possibile valutazione confusa di sé ad un’autoconoscenza consapevole verso la riattivazione della fiducia e di risorse.

Le aziende sono composte da persone con i loro sentimenti, le loro emozioni, le loro modalità comunicative, le loro aspirazioni, i loro bisogni. Tutto questo non emerge dai bilanci, dai budget, dalle relazioni mensili, eppure ne è la forza propulsiva, ne è l’essenza, l’anima.
Il consulente affronta le conoscenze e le dinamiche perché questa essenza, questo potenziale, possa esprimersi sempre di più verso l’eccellenza, in simbiosi con gli altri per realizzare team straordinari.

Il consulente aziendale ha un obiettivo primario: il potenziamento e lo sviluppo delle risorse dell’individuo, attivando le capacità latenti di ognuno e trasformandole in capacità reali, dando spazio all’efficacia relazionale e alla soddisfazione personale in rapporto al proprio vissuto professionale. E' necessario, quindi, migliorare il livello di competenze individuali e al tempo stesso improntare una relazione di aiuto che riveli motivazioni, ambizioni, e conflitti e incapacità di gestire le proprie frustrazioni.
Al consulente spetta il compito di mediare tra azienda e dipendente. L’azienda desidera migliorare il rendimento delle varie professionalità in termini quantitativi e qualitativi e in questo senso il benessere dei lavoratori è la più grande risorsa ed investimento. In questo senso è possibile immaginare nel ruolo del consulente, una figura che inizia con il lavoratore un percorso che va dall’acquisizione di una maggiore autonomia di sé all’apprezzamento verso il valore dell’interdipendenza, riuscendo a realizzare forme di relazioni positive e sinergie efficaci.
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