domenica 15 settembre 2013

I corsi che garantiscono più tirocini e lavoro



Le esperienze di tirocinio aumentano del 12% la possibilità di assunzione come rivelato da Almalaurea. I tirocini aumentano le possibilità di assunzione. Il primato va ai corsi di laurea in medicina, chimica e farmacia: otto laureati su dieci, secondo lo studio, si sono sperimentati fuori dalle aule universitarie prima della discussione di tesi. In linea con l'appello del Ministro dell'Istruzione Carrozza a «non vedere mai più» 25enni con curriculum fitto di lodi e vuoto di esperienze professionali.

Nel 2012, il totale degli laureati con una esperienza di stage ha toccato il 56%, con punte del 68% fra coloro che hanno fatto un percorso di laurea triennale che non hanno intenzione di iscriversi al biennio di magistrale. Un balzo vertiginoso, rispetto al 20% che si registrava nel 2004. Tra i corsi più attivi nell'organizzazione di tirocini, svettano le discipline mediche: il 97% delle esperienze è gestito dalla facoltà, contro il 3% di opportunità attivate in altra sede. Seguono chimica e farmaceutica (94%), geologia e biologia (92%), agraria e psicologia (90%).

Certo: un conto sono le posizioni aperte, un conto il feedback. I tirocini funzionano? Il rapporto tra laureati e stage svolti sembra dire di sì. Tra i gruppi disciplinari che producono più stagisti, non a caso, spiccano medicina (84 laureati su 100), chimica e farmacia (81%), agraria (77%) e discipline di area geo-biologica (73%). Con due (prevedibili) new entry: insegnamento, 83%, ed educazione fisica (78%). Da un lato, la percentuale è resa ovvia dall'obbligatorietà dei periodi di formazione su campo: a Medicina, il tirocinio specializzato dura tre mesi e si svolge a seguito della laurea magistrale. Dall'altro, la diffusione di stage nei corsi più tecnici apre sviluppi sul mercato delle professioni più qualificate.

E chi ha hanno meno occasione sono gli studenti di giurisprudenza, ultimi per percentuali di stage effettuati (13 su 100), sono i terzi per intraprendenza: un laureato su quattro, il 27%, ha trovato e svolto un'attività lavorativa esterna alle offerte universitarie. E si viaggia su medie simili nei settori linguistico ed economico (28%), letterario (24%).

Scuola orientamento per gli studenti e nuove linee guida



Contro i fenomeni di dispersione scolastica, soprattutto nelle aree a maggior rischio di evasione dell'obbligo, nell'anno scolastico 2013-2014 è previsto un Programma sperimentale di didattica integrativa. Per la sua realizzazione, il dl stanzia 3,6 milioni di euro per l'anno 2013 e 11,4 milioni per il 2014.

Altri fondi, 1,6 milioni per l'anno 2013 e 5 milioni a decorrere dall'anno 2014, sono invece destinati alla realizzazione di percorsi di orientamento per gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado.

Quindi orientare gli studenti nelle proprie scelte scolastiche  è diventato un obbligo di legge: è una delle novità contenute nel decreto scuola approvato lunedì scorso dal Consiglio dei ministri. All’articolo 8 si legge infatti che «le attività inerenti ai percorsi di orientamento sono ricomprese tra le attività funzionali all’insegnamento non aggiuntive e riguardano l’intero corpo docente». Come dire, consigliare i ragazzi e aiutarli nel seguire le proprie inclinazioni sulle scelte del futuro, fa parte dell’attività didattica, non è un extra.

Questa disposizione non toglie che possano essere programmate “attività ulteriori che eccedano l’orario d’obbligo”, che potranno essere finanziate con il Fondo delle istituzioni scolastiche. Ma è fondamentale che sia chiaro a tutti, in un Paese in cui il 20% degli studenti lascia l’università a distanza di un anno dall’iscrizione, che «favorire la conoscenza delle opportunità e degli sbocchi occupazionali per gli studenti iscritti alle scuole secondarie di secondo grado» rappresenta un punto di forza per la crescita del nostro sistema educativo. E non solo.

E’ per questo che sul piatto vengono messi 6,6 milioni, di cui 1,6 per il resto dei mesi del 2013, e gli altri 5 strutturali dal 2014 , per estendere la legge Fioroni – che risale al 2008-su due fronti: da una parte la platea dei ragazzi coinvolti, che comprenderà anche quelli di quarta superiore; dall’altra, quella dei soggetti chiamati a fare consulenza, che includerà non solo il mondo accademico, ma le Camere di commercio e le Agenzie di lavoro, che più di tante altre istituzioni sanno quali sono le vere disponibilità di posti e posizioni. A chi andranno questi fondi? Proporzionalmente al numero degli studenti, andranno direttamente alle scuole, che in base alle proprie caratteristiche e agli orientamenti degli indirizzi potranno gestirli e utilizzarli per tenere aperte le scuole di pomeriggio, organizzare eventi, pagare docenti coinvolti, aprire sportelli ad hoc o stipulare convenzioni con associazioni ed enti. Ogni istituzione scolastica sarà obbligata a specificare nell’offerta formativa i programmi di orientamento, e a pubblicizzare le attività sul sito internet, per garantire la trasparenza dell’uso dei fondi pubblici, e arricchire il proprio curriculum.

Le linee guida del piano nazionale di orientamento risalgono al 2009, l’orientamento – si stabilì –è la strategia vincente che può mettere in grado i ragazzi di scoprire le proprie potenzialità e proseguire in maniera proficua gli studi. Da quell’evento partirono una serie di progetti di formazione, dedicati agli studenti ma soprattutto ai docenti, attraverso contributi agli uffici regionali dove vennero formate task force da dieci persone in grado di coordinare i processi.

Bisogna mostrare la capacità di indirizzare i propri studenti verso le scelte giuste che varia attualmente di scuola in scuola, e di regione in regione. Riuscire ad alternare la scuola con il lavoro deve essere la fonte dell’orientamento, e infatti viene finanziato indirettamente attraverso il sostegno economico ai docenti perché si preparino accuratamente sui modi per attuarla. Fare in modo che i ragazzi possano passare dalle teoriche lezioni sui banchi alle pratiche esperienze di azienda per facilitare i loro percorsi formativi.

Rapporto studenti e stage aziendale



Lo stage, o tirocinio formativo e di orientamento, è un periodo di formazione rivolto a studenti e specializzandi durante il percorso di studi e ai neolaureati entro 12 mesi dal conseguimento del titolo, presso aziende, enti pubblici e professionisti. Può essere previsto obbligatoriamente dal regolamento del corso di laurea, oppure essere svolto facoltativamente.

Il tema del collegamento tra scuola e lavoro è prioritario per un Paese con una disoccupazione giovanile al 39 per cento. D'accordo gli studenti: il 96% dei 2.200 ragazzi intervistati via web dal portale Skuola.net ritiene utile svolgere uno stage in azienda durante il percorso scolastico e uno su quattro giudica l'introduzione di percorsi lavorativi in azienda durante gli studi come una priorità per la scuola del futuro. Vogliono (almeno il 39%) «comprendere meglio il funzionamento del mondo del lavoro». Per un terzo di loro il tirocinio è l'opportunità per effettuare la prima esperienza lavorativa, per entrare in quel «mondo dei grandi» che richiede per lo più figure già esperte. Quasi altrettanti lo giudicano fondamentale per orientarsi alle scelte formative e professionali.

E se si pensa che tra il 2010 e il 2013 è crollato il numero degli under 35 al lavoro, passati da 6,3 a 5,3 milioni (-1 milione): è' quanto si legge sulle tabelle dell'Istat riferite al secondo trimestre dalle quali emerge la difficoltà nella quale si trova soprattutto la fascia tra i 25 e i 34 anni per la quale si e' registrato un calo di 750.000 unità.

In questo momento tutti devono mettersi in gioco. La scuola per prima è quanto ha sostenuto il sottosegretario all'istruzione, Gabriele Toccafondi: «Nonostante la crisi, in Italia ci sono 137 mila aziende che ricercano ma non trovano figure professionali qualificate - ha spiegato -. La scuola deve cambiare e formare sempre più giovani pronti per il mondo del lavoro». «Negli altri Paesi europei - ha ricordato il Sottosegretario - l’alternanza scuola-lavoro funziona; in Italia gli studenti in formazione e parallelamente occupati sono solo il 3,7%, dato più basso tra i Paesi del Vecchio Continente. In Germania, invece, si supera il 20% e la media europea tocca il 13%».

Inoltre ci sono 758mila i giovani tra i 18 e 24 anni, pari al 17,6%, che hanno abbandonato ogni percorso formativo con in tasca la sola licenza media; i disoccupati tra i 15 e i 24 anni hanno raggiunto il 40%; i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano, i cosiddetti NEET, oltre 2 milioni, il 22% di quella fascia di età. «A fronte di questo, Unioncamere registra decine di migliaia di posizioni lavorative che le imprese non riescono a coprire per la mancanza di professionalità specifiche. Perché ciò accada occorre reperire nuove idee, fondi e soprattutto cambiare la mentalità. Nessuno si vuole rassegnare ad essere un paese per vecchi».

Ricordiamo che il decreto del Fare ha introdotto i tirocini formativi da 400 euro al mese in azienda - metà a carico dello Stato, metà del privato - a partire dal 2014.

Tirocini e stage sono però in crescita tra gli universitari. Andrea Cammelli, direttore del consorzio interuniversitario AlmaLaurea non si ritrova nell'analisi fatta dal ministro Carrozza. Non sarebbero pochi, ma «tanti, tantissimi i ragazzi che lavorano, che magari non frequentano le lezioni perché impegnati in occupazioni che gli consentano di mantenersi agli studi», sostiene.

Nel 2012, dicono le rilevazioni di AlmaLaurea, 56 su cento (contro i 20 su 100 pre-riforma) hanno fatto stage e tirocini, con una punta del 68% tra i laureati triennali che non intendono iscriversi alla specialistica e del 72% tra quelli magistrali.

E’ importante che le esperienze di lavoro siano di qualità e impegnino i giovani in aziende che funzionano:  infatti Non si può mettere un 17enne a fare fotocopie, o a contatto con dei fannulloni. Conta l'esempio e l'effettiva formazione che si riceve. Dove il binomio studio e lavoro funziona, la probabilità di trovare un’occupazione aumenta. Secondo Almalaurea, almeno del 12%.

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