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domenica 17 luglio 2016
Illegittimi i contratti a termine nella scuola
Illegittimità costituzionale delle supplenze ripetute per il personale della scuola. In mancanza di assunzione previsto il risarcimento. La Corte Costituzionale quindi si allinea a quanto statuito nella sentenza Mascolo, dal nome della prima ricorrente. Quella pronuncia bacchettava l'Italia per l'assenza di limiti nella successione dei contratti a tempo utilizzati per coprire una "mancanza strutturale di personale di ruolo", chiedeva di garantire i concorsi, affermava che l'accordo quadro per evitare i contratti a ripetizione vale anche per la scuola.
La Corte Costituzionale, con comunicato 12 luglio 2016, ha reso noto di aver stabilito l'illegittimità costituzionale della normativa che disciplina le supplenze del personale docente e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (art. 4, commi 1 e 11 della legge 3 maggio 1999, n. 124) nella parte in cui autorizza, in violazione della normativa comunitaria, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino.
Tuttavia la pronuncia di illegittimità costituzionale é stata limitata poiché l'illecito comunitario è stato cancellato, come da decisione della Corte di giustizia dell'Unione europea che ha interpretato la normativa comunitaria in materia di contratti a tempo determinato.
Difatti, per quanto riguarda il personale docente la normativa sulla "buona scuola" prevede la misura riparatoria del piano straordinario di assunzioni, mentre per quanto riguarda il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario prevede, in mancanza di analoga procedura di assunzione, il risarcimento del danno.
I contratti di supplenza nella scuola non possono essere riprodotti all'infinito e quello che è ha sancito la Corte che mette un punto a una vicenda che si trascina dal 2012. I giudici hanno riconosciuto, tuttavia, che la Legge 107, la cosiddetta "Buona scuola", ha già consentito di superare i problemi in materia. Sul fronte docenti, infatti, "La buona scuola" ha offerto contratti stabili a diversi supplenti. Il principio -già sancito dalla Corte europea- resiste: limitare le assunzioni a tempo determinato nell'istruzione, soprattutto non andare oltre i 36 mesi. Ma, afferma la Consulta, il piano straordinario di assunzioni della "107" è intervenuto in tempo per sanare in parte le anomalie italiane. Ha aggiunto: per quanto riguarda il personale docente la normativa sulla "Buona scuola" prevede "la misura riparatoria del piano straordinario di assunzioni, mentre per quanto riguarda il personale amministrativo, tecnico e ausiliario prevede, in mancanza di analoga procedura di assunzione, il risarcimento del danno". Sì. Il comma 131 della legge 107 stabilisce, infatti, che dal primo settembre 2016 i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente e Ata per la copertura di posti vacanti e disponibili non possono superare la durata complessiva di 36 mesi.
All'origine della questione ci sono sei ordinanze giunte alla Corte dai Tribunali di Trento, Vibo Valenzia e Roma. In discussione norme nazionali, provinciali, ma anche l'accordo sul lavoro a tempo determinato legato alla direttiva europea del 1999. Chiedevano i tribunali alla Consulta: sono legittimi i reiterati contratti a termine per le supplenze in attesa di bandire concorsi? E ancora, la disciplina per reclutare i docenti a tempo determinato è in contrasto con le regole europee? Era stata la stessa Consulta nel luglio 2013 a sottoporre in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea alcune questioni interpretative. Una richiesta simile fu rivolta dal Tribunale di Napoli.
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domenica 20 luglio 2014
Scuola per il prossimo settembre almeno 32.500 assunzioni. Secondo il piano MIUR
Il Miur ha pubblicato il piano di immissioni in ruolo 2014 per 15 mila professori “su posti comuni” per coprire il turn over, altri 13 mila per il sostegno, la seconda tranche del piano triennale di stabilizzazioni varato lo scorso anno dal decreto Carrozza. Più 4.500 Ata (il personale tecnico amministrativo) per un totale di 32.500 assunzioni che potrebbero scattare a settembre. In questo modo il Miur preme per far scattare almeno 28 mila assunzioni di docenti (oltre ai 4.500 Ata) e il loro reclutamento avverrà secondo il criterio introdotto 15 anni fa: il 50% dei posti sarà attribuito sulla base delle graduatorie a esaurimento (dove stazionano ancora circa 155 mila precari “storici”). Il ministero dell'Istruzione ha inviato a Mef e Funzione pubblica il piano di immissioni in ruolo 2014.
Sintetizzando le assunzioni dei nuovi docenti avverrà secondo regole ormai più che decennali: il 50 per cento dei posti sarà attribuito sulla base delle graduatorie a esaurimento e il restante 50 per cento attraverso i concorsi: tramite l’ultimo, bandito nel 2012 dall’ex ministro Profumo, dovrebbero entrare in ruolo già a settembre una buona parte degli oltre 8 mila idonei ancora in attesa di assunzione.
Le stabilizzazioni sul sostegno sono finanziate direttamente dalla legge 104 (sono previsti stanziamenti ad hoc per circa 108 milioni di euro l'anno). Gli altri 15mila docenti previsti copriranno i pensionamenti che «quest'anno hanno risentito meno degli effetti della legge Monti-Fornero», ha spiegato il capo dipartimento per l'Istruzione del Miur, Luciano Chiappetta in un colloquio con "Il Sole 24 Ore". Le prime stime di gennaio sul turn over indicavano cifre minori (poco più di 8mila posti) ma poi sono cresciute. Una possibile spiegazione, ha detto Chiappetta, «è che nella scuola, in passato, si entrava dopo aver svolto altri impieghi e quindi l'eventuale ricongiungimento, a fini pensionistici, dei questi periodi contributivi può aver agevolato le fuoriuscite. Negli anni 70 e 80, per esempio, sono stati assorbiti molti lavoratori che provenivano dalle Poste o dalle Ferrovie dello Stato».
I criteri per le assunzioni e il nodo Quota 96. Per settembre, quindi, il Miur preme per far scattare almeno 28mila assunzioni di docenti (oltre ai 4.500 Ata) e il loro reclutamento avverrà secondo il criterio introdotto 15 anni fa: il 50% dei posti sarà attribuito sulla base delle graduatorie a esaurimento (dove stazionano ancora circa 155mila precari "storici") e il restante 50% sulla base dei concorsi. In primis, quello bandito nel 2012 dall'ex ministro, Francesco Profumo. Degli 11.542 posti messi a selezione sono stati assunti 3.527 docenti nel corso dell'anno scolastico in corso, mentre a settembre si procederà quindi all'immissione degli ulteriori vincitori, probabilmente una buona fetta dei restanti 8.015 (in ogni caso le graduatorie concorsuali sono valide tre anni). Questi numeri non tengono conto dei circa 4mila docenti (cosiddetti "Quota 96") che potrebbero andare in pensione con i requisiti pre-Fornero, la cui discussione è legata alle sorti del decreto-legge Pa (e soprattutto all'onerosità della misura, su cui in passato c'è sempre stato il veto del Mef).
Ma la partita sulle immissioni in ruolo del prossimo settembre potrebbe comunque portare a un bottino di posti più cospicuo. Il Miur infatti, ha annunciato Chiappetta, vuole dar seguito al piano triennale di assunzioni su tutti i posti oggi liberi e disponibili previsto dal decreto Carrozza: «Parliamo, per gli insegnamenti, di 14mila posti vacanti, ma a cui il ministero dell'Economia sottrae i circa 6mila soprannumerari non riassorbibili perché titolari di classi di concorso desuete o comunque superate dalla riforma degli ordinamenti». Insomma, si potrebbero liberare altri 8mila posti. Per gli Ata si parla di altri 4.500 posti. La strada «è in salita - ha ammesso Chiappetta - ma puntiamo a convincere Mef e Funzione pubblica». Dopo di che si dovrà aprire una sessione negoziale all'Aran con i sindacati perché il piano triennale è «a invarianza finanziaria» per lo Stato. L'atto d'indirizzo è pronto. La strada per garantire i saldi di bilancio dovrebbe essere quella già sperimentata con il precedente piano triennale di assunzioni Tremonti-Gelmini, ovvero l'allungamento della maturazione dello scatto d'anzianità (il cosiddetto "gradone") per tutti i neo-assunti. Tutto ciò ovviamente previo assenso delle organizzazioni sindacali.
Per quanto riguarda il restante 50% delle assunzioni verrà reclutato sulla base dei concorsi. In primis, quello bandito nel 2012 dall’ex Ministro, Francesco Profumo. Degli 11.542 posti messi a selezione sono stati assunti 3.527 docenti nel corso dell’anno scolastico in corso, mentre a settembre si procederà quindi all’immissione degli ulteriori vincitori, probabilmente una buona fetta dei restanti 8.015 (in ogni caso le graduatorie concorsuali sono valide tre anni). Questi numeri non tengono conto dei circa 4 mila docenti (cosiddetti “Quota 96″) che potrebbero andare in pensione con i requisiti pre-Fornero, la cui discussione è legata alle sorti del decreto-legge Pa (e soprattutto all’onerosità della misura, su cui in passato c’è sempre stato il veto del Mef).
Quindi per la scuola, sono in vista assunzioni, argomento già trattato, soprattutto dopo il piano triennale varato lo scorso anno grazie al cosiddetto “Decreto Carrozza” Le prospettive, però, potrebbero essere più rosee di quanto previsto, almeno nel breve periodo, con una massiccia infornata di nuove assunzioni già a partire dal prossimo mese di settembre.
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domenica 6 luglio 2014
Pensioni per la scuola si avvicina la quota 96
Quota 96 con almeno 60 anni di età. Ovvero ci vogliono 60 anni di età e 36 di contributi ma salgono a 61 se gli anni di contributi sono solo 35. Una volta raggiunti i requisiti per avere l'assegno bisogna aspettare ancora 12 mesi previsti dalla nuova finestra mobile arrivando quindi almeno a 61 anni.
I lavoratori autonomi andranno in pensione di anzianità con quota 97 e almeno 61 anni di età. A questi requisiti va aggiunta un'attesa di 18 mesi previsti dalla finestra mobile prevista dalla manovra di luglio. Quindi per i lavoratori autonomi sono necessari almeno 62 anni e mezzo (regola che vale anche per i collaboratori a progetto).
Sale il numero degli esodati, salvaguardati e si prospettano soluzioni anche i Quota 96 della scuola: novità approvate e cosa potrebbe arrivare nei prossimi giorni.
Anche se non si può parlare di una riforma delle pensioni Renzi in senso strutturale, gli interventi in materia previdenziale sono stati parecchi, dall'abolizione del trattenimento in servizio alla sesta salvaguardia per gli esodati. E il caso delle pensioni Quota 96 scuola? In effetti sembra essere l'ultimo tema "caldo" lasciato completamente senza soluzione ma la notizia è che sembra che il governo abbia intenzione di discutere in tempi brevi e probabilmente risolvere anche la loro vertenza. Buone notizie? Forse è ancora presto per dirlo, ma analizziamo quali sono state le dichiarazioni.
Ad intervenire sul caso delle pensioni Quota 96 scuola è stato Francesco Boccia del PD che ha dichiarato di avere l'intenzione di inserire come emendamento al DL sulla Pubblica Amministrazione alcuni elementi del disegno di legge Ghizzoni/Marzana, fermo da mesi in Parlamento per mancanza di copertura economica.
Nell'ambito di quella che possiamo definire riforma delle pensioni Renzi, un primo tentativo di inserire un emendamento a favore delle pensioni Quota 96 scuola c'era stato nella discussione parlamentare sulla misura per gli esodati. In quel caso era arrivata la bocciatura da parte della maggioranza parlamentare, la motivazione era l'estraneità della materia.
Come ben sapranno tutti i docenti e il personale ATA coinvolto nel caso delle pensioni Quota 96 scuola, la Marzana del M5S è stata una delle più attive in Parlamento in vista della risoluzione. In un intervento di questi ultimi giorni, i deputati M5S, dopo che l'emendamento è stato ammesso alla discussione, hanno dichiarato: 'Grazie a un ordine del giorno della deputata Maria Marzana il tema dei Quota 96, e la risoluzione di questa travagliata vicenda, verrà affrontato nel decreto Pa, prossimo ad arrivare alla Camera. Siamo soddisfatti ed ora aspettiamo il governo alla prova dei fatti'.
Insomma, si respira un'aria di cauto ottimismo per una vicenda, quella dei Quota 96, che assomiglia sempre di più ad un paradosso tutto italiano. E intanto sembra sempre di più che si stia formando un cantiere per una riforma delle pensioni Renzi complessiva e strutturale.
E’ salito a 170.230 unità, dal 160mila, il numero degli esodati salvaguardati grazie all’approvazione del nuovo emendamento nato dall’accordo tra Cesare Damiano e ministro del Lavoro Poletti. In tutto sono 32mila lavoratori esodati: 24 mila posizioni sono state recuperate dai provvedimenti precedenti e 8 mila sono del tutto nuove.
Il nuovo emendamento propone una soluzione, più contenuta nei numeri rispetto alla proposta della Commissione Lavoro, che permette di allungare di un anno, cioè al 6 gennaio 2016, la tutela pensionistico per accedere alle regole vigenti prima dell’arrivo della legge Fornero. A questa nuova platea di lavoratori si aggiunge anche quella dei ‘cessati’, coloro che sono stati i licenziati da un lavoro a tempo determinato.
Per definire questa salvaguardia è stata utilizzata una parte dei risparmi, avanzati, della seconda e della quarta salvaguardia, cui saranno aggiunte altre risorse che deriveranno dal Fondo per l’occupazione. In tutto le risorse ammontano ad 11 miliardi di euro. E si tratta di soldi che dovranno essere utilizzati esclusivamente per i lavoratori rimasti senza reddito dopo l’entrata in vigore della legge Fornero che ha decisamente commesso gravi errori.
Una soluzione dovrebbe arrivare presto anche per i quota 96 della scuola, visto che il presidente della commissione Bilancio della Camera Boccia ha annunciato parla di un emendamento già pronto al dl sulla Pa, che riporta anche le necessarie coperture, novità che consentirebbe di risolvere la situazione per 4 mila insegnanti in attesa della pensione.
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mercoledì 7 maggio 2014
Scuola: si riaprono le graduatorie supplenti in cattedra già a settembre
Si riaprono le graduatorie per i precari della scuola, con il rischio di conflittualità tra i docenti non stabilizzati che hanno seguito percorsi diversi.
Ricordiamo che le graduatorie dei docenti precari si aggiornano ogni tre anni. L'ultimo aggiornamento risale al 2011 (per il triennio 2011-14), quindi da maggio in poi si aggiorna, ci si inserisce o reinserisce nelle graduatorie per il triennio 2014-2017. «I docenti precari sono suddivisi in tre graduatorie: a esaurimento (detta anche prima fascia o permanente), seconda e terza fascia. La graduatoria della prima fascia è chiusa, aggiornano solo coloro che sono già dentro. È composta da docenti abilitati, in genere i cosiddetti "precari storici" che insegnano da molti anni. Spazio a 55mila diplomati magistrali nelle graduatorie d'istituto. È una delle principali novità contenute nel decreto che il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, ha firmato ieri. Il provvedimento, che interessa circa 8mila scuole e 500mila docenti, punta a fare assegnare le cattedre ai supplenti già a settembre. Nel frattempo slitta dal 10 al 17 maggio il termine per l'aggiornamento delle graduatorie a esaurimento.
L'obiettivo esplicito del decreto che riapre le graduatorie è quello di consentire ai presidi di chiamare subito i supplenti evitando così cattedre vuote. Ragion per cui i nuovi elenchi dovranno essere pronti entro l'inizio dell'anno scolastico. Stando a quanto filtra da viale Trastevere i tempi infatti dovrebbero essere i seguenti: domande dal 10 maggio al 15 giugno; graduatorie provvisorie entro luglio, graduatorie definitive entro agosto. Nell'aggiornamento verranno attribuiti punteggi differenziati in base ai diversi titoli di abilitazione conseguiti. Ad esempio i laureati in Scienze della formazione primaria avranno fra i 48 e i 60 punti sulla base della durata del percorso di laurea (vecchio e nuovo ordinamento) e 12 punti legati alla selettività dell'accesso al percorso. Gli abilitati all'insegnamento nella scuola secondaria attraverso i Tfa, i Tirocini formativi attivi, avranno 12 punti sulla base della durata del percorso e 30 sulla base della selettività dell'accesso al percorso di abilitazione. Tra le novità di quest'anno va segnalato l'inserimento in II fascia, fra gli abilitati, di 55.000 diplomati magistrali a cui fino ad oggi non era stato dato questo riconoscimento. Dando seguito a una recente sentenza del Consiglio di Stato.
Le graduatorie di istituto continueranno a essere aggiornate ogni tre anni per tutti gli iscritti. Ogni anno si apriranno però due "finestre", una a giugno e l'altra a dicembre, per l'inserimento in II fascia (quella riservata a chi è abilitato) di chi ha acquisito nel frattempo l'abilitazione attraverso i Tfa, i Percorsi abilitanti speciali (Pas) riservati a chi aveva già alcuni anni di servizio alle spalle, i corsi di laurea in Scienze della formazione primaria. In attesa di una delle due finestre i nuovi abilitati restano in III fascia ma con una differenza: a seguito dell'abilitazione viene loro riservata la precedenza assoluta nell'attribuzione delle supplenze.
Le novità in arrivo dal Miur non si fermano qui. Sono stati allungati di una settimana i termini per l'aggiornamento delle graduatorie a esaurimento. Gli insegnanti che vogliono cambiare o confermare la provincia di appartenenza avranno tempo fino alle ore 14 del 17 maggio.
Dalla prima fascia si attingono i docenti per le supplenze annuali (da settembre a giugno o agosto) e per le immissioni in ruolo». La seconda fascia è composta da docenti abilitati ma che, per vari motivi, non sono entrati in prima fascia. Fino a ora questa graduatoria era quasi vuota. Poiché tra il 2012 e il 2014 sono state attivate nuove abilitazioni (sia ordinarie, dette "tfa ordinario", sia riservate a chi aveva almeno 360 giorni di supplenza dette Pas, che sta per Percorsi abilitanti speciali), la seconda fascia potrebbe riempirsi, con problemi di varia natura in quanto questi docenti chiedono di andare nella graduatoria a esaurimento che, lo ricordiamo, è chiusa». Poi c'è la terza fascia, composta da coloro che hanno il titolo (cioè la laurea), ma non l'abilitazione. Per costoro non esiste una graduatoria unica, perché questi docenti presentano domanda di supplenza ed entrano in graduatoria nelle scuole che richiedono con una apposita procedura; il numero di scuole nelle quali i supplenti possono chiedere di andare in graduatoria è stabilito dall'ordinanza ministeriale che uscirà presumibilmente verso giugno.
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sabato 9 novembre 2013
Ministro Carrozza sull’Università: in pensione i professori di settant’anni
«A 70 anni i professori universitari, se fossero generosi e onesti, dovrebbero andare in pensione, e offrirsi di fare gratuitamente seminari, seguire laureandi, o offrire le proprie biblioteche all’università», con queste parole il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza ha sentenziato la situazione della docenza universitaria.
Risultato: fuga dei cervelli e baronie universitarie al centro di un’intervista a Radio24. Il ministro ha usato toni aspri con i «baroni»: «chi vuole rimanere in ruolo oltre i 70 anni offende la propria università e offende i giovani. Sono sempre stata per un pensionamento rapido, magari non uguale per tutti. Ma non si può tenere il posto e pretendere di rimanere, solo perché è un diritto. Prima di tutto bisogna pensare ai propri doveri. In un momento di sacrifici per tutti, a maggior ragione li devono fare le persone che hanno 70 anni, e che hanno avuto tanto da questo mondo».
Il ministro ha attaccato anche il blocco del turnover negli atenei: «abbiamo pensato di risparmiare, bloccando il turnover per anni, il che significa la morte nell’università e nella ricerca», ha poi continuato, spiegando che «risparmiare sul turnover significa chiudere le porte a ciò che è fondamentale per l’università: il ricambio generazionale».
Quindi le parole d’ordine del ministro sono: pensionamento rapido, blocco del turnover, provvedimenti per invogliare i talenti in fuga all'estero a rientrare in Italia, offrendo loro una cattedra "da professori". E non un contratto da semplici ricercatori.
Il ministro, potrebbe proporre una disciplina delle pensioni dei professori universitari diversa dall'attuale. "Sono stata sempre per un pensionamento rapido - prosegue la Carrozza - magari non uguale per tutti. Ma non si può tenere il posto e pretendere di rimanere solo perché è un diritto".
Piano d'azione generale per contrastare la fuga dei cervelli all'estero. Un progetto in tre punti: portare il turnover oltre il 50% (proposito già avviato nei primi mesi di governo), utilizzare le poche risorse a disposizione tutte su un programma per giovani ricercatori, premiare gli atenei che scelgano giovani ricercatori come responsabili dei team.
Il lavoro preparatorio ruota attorno a quali incentivi introdurre per favorire il rientro dei ricercatori italiani dall'estero. "Non si può fare l'attrazione con i contratti a termine – ha sottolineato Carrozza - ma occorre rendere 'professore' chi rientra, con una posizione decorosa e degna dello sforzo che ha fatto per tornare in Italia". Portando, come esempio, la sua esperienza di giovane ricercatrice: "Io ho potuto fare la carriera che ho fatto solo perché mi trovavo in un luogo dove si privilegiava l'indipendenza, l'autonomia e la capacità di leadership".
Sul recente varo dell'aggiornamento del programma di rientro dei cervelli 'Rita Levi Montalcini', il ministro ha dichiarato: ''A differenza del passato, stavolta garantiremo il consolidamento dei ricercatori in arrivo dall'estero all'interno del sistema universitario. Non si può fare l'attrazione con i contratti a termine, occorre rendere chi rientra professore, con una posizione decorosa e degna dello sforzo che ha fatto per tornare in Italia''.
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domenica 15 settembre 2013
Scuola orientamento per gli studenti e nuove linee guida
Contro i fenomeni di dispersione scolastica, soprattutto nelle aree a maggior rischio di evasione dell'obbligo, nell'anno scolastico 2013-2014 è previsto un Programma sperimentale di didattica integrativa. Per la sua realizzazione, il dl stanzia 3,6 milioni di euro per l'anno 2013 e 11,4 milioni per il 2014.
Altri fondi, 1,6 milioni per l'anno 2013 e 5 milioni a decorrere dall'anno 2014, sono invece destinati alla realizzazione di percorsi di orientamento per gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado.
Quindi orientare gli studenti nelle proprie scelte scolastiche è diventato un obbligo di legge: è una delle novità contenute nel decreto scuola approvato lunedì scorso dal Consiglio dei ministri. All’articolo 8 si legge infatti che «le attività inerenti ai percorsi di orientamento sono ricomprese tra le attività funzionali all’insegnamento non aggiuntive e riguardano l’intero corpo docente». Come dire, consigliare i ragazzi e aiutarli nel seguire le proprie inclinazioni sulle scelte del futuro, fa parte dell’attività didattica, non è un extra.
Questa disposizione non toglie che possano essere programmate “attività ulteriori che eccedano l’orario d’obbligo”, che potranno essere finanziate con il Fondo delle istituzioni scolastiche. Ma è fondamentale che sia chiaro a tutti, in un Paese in cui il 20% degli studenti lascia l’università a distanza di un anno dall’iscrizione, che «favorire la conoscenza delle opportunità e degli sbocchi occupazionali per gli studenti iscritti alle scuole secondarie di secondo grado» rappresenta un punto di forza per la crescita del nostro sistema educativo. E non solo.
E’ per questo che sul piatto vengono messi 6,6 milioni, di cui 1,6 per il resto dei mesi del 2013, e gli altri 5 strutturali dal 2014 , per estendere la legge Fioroni – che risale al 2008-su due fronti: da una parte la platea dei ragazzi coinvolti, che comprenderà anche quelli di quarta superiore; dall’altra, quella dei soggetti chiamati a fare consulenza, che includerà non solo il mondo accademico, ma le Camere di commercio e le Agenzie di lavoro, che più di tante altre istituzioni sanno quali sono le vere disponibilità di posti e posizioni. A chi andranno questi fondi? Proporzionalmente al numero degli studenti, andranno direttamente alle scuole, che in base alle proprie caratteristiche e agli orientamenti degli indirizzi potranno gestirli e utilizzarli per tenere aperte le scuole di pomeriggio, organizzare eventi, pagare docenti coinvolti, aprire sportelli ad hoc o stipulare convenzioni con associazioni ed enti. Ogni istituzione scolastica sarà obbligata a specificare nell’offerta formativa i programmi di orientamento, e a pubblicizzare le attività sul sito internet, per garantire la trasparenza dell’uso dei fondi pubblici, e arricchire il proprio curriculum.
Le linee guida del piano nazionale di orientamento risalgono al 2009, l’orientamento – si stabilì –è la strategia vincente che può mettere in grado i ragazzi di scoprire le proprie potenzialità e proseguire in maniera proficua gli studi. Da quell’evento partirono una serie di progetti di formazione, dedicati agli studenti ma soprattutto ai docenti, attraverso contributi agli uffici regionali dove vennero formate task force da dieci persone in grado di coordinare i processi.
Bisogna mostrare la capacità di indirizzare i propri studenti verso le scelte giuste che varia attualmente di scuola in scuola, e di regione in regione. Riuscire ad alternare la scuola con il lavoro deve essere la fonte dell’orientamento, e infatti viene finanziato indirettamente attraverso il sostegno economico ai docenti perché si preparino accuratamente sui modi per attuarla. Fare in modo che i ragazzi possano passare dalle teoriche lezioni sui banchi alle pratiche esperienze di azienda per facilitare i loro percorsi formativi.
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Rapporto studenti e stage aziendale
Lo stage, o tirocinio formativo e di orientamento, è un periodo di formazione rivolto a studenti e specializzandi durante il percorso di studi e ai neolaureati entro 12 mesi dal conseguimento del titolo, presso aziende, enti pubblici e professionisti. Può essere previsto obbligatoriamente dal regolamento del corso di laurea, oppure essere svolto facoltativamente.
Il tema del collegamento tra scuola e lavoro è prioritario per un Paese con una disoccupazione giovanile al 39 per cento. D'accordo gli studenti: il 96% dei 2.200 ragazzi intervistati via web dal portale Skuola.net ritiene utile svolgere uno stage in azienda durante il percorso scolastico e uno su quattro giudica l'introduzione di percorsi lavorativi in azienda durante gli studi come una priorità per la scuola del futuro. Vogliono (almeno il 39%) «comprendere meglio il funzionamento del mondo del lavoro». Per un terzo di loro il tirocinio è l'opportunità per effettuare la prima esperienza lavorativa, per entrare in quel «mondo dei grandi» che richiede per lo più figure già esperte. Quasi altrettanti lo giudicano fondamentale per orientarsi alle scelte formative e professionali.
E se si pensa che tra il 2010 e il 2013 è crollato il numero degli under 35 al lavoro, passati da 6,3 a 5,3 milioni (-1 milione): è' quanto si legge sulle tabelle dell'Istat riferite al secondo trimestre dalle quali emerge la difficoltà nella quale si trova soprattutto la fascia tra i 25 e i 34 anni per la quale si e' registrato un calo di 750.000 unità.
In questo momento tutti devono mettersi in gioco. La scuola per prima è quanto ha sostenuto il sottosegretario all'istruzione, Gabriele Toccafondi: «Nonostante la crisi, in Italia ci sono 137 mila aziende che ricercano ma non trovano figure professionali qualificate - ha spiegato -. La scuola deve cambiare e formare sempre più giovani pronti per il mondo del lavoro». «Negli altri Paesi europei - ha ricordato il Sottosegretario - l’alternanza scuola-lavoro funziona; in Italia gli studenti in formazione e parallelamente occupati sono solo il 3,7%, dato più basso tra i Paesi del Vecchio Continente. In Germania, invece, si supera il 20% e la media europea tocca il 13%».
Inoltre ci sono 758mila i giovani tra i 18 e 24 anni, pari al 17,6%, che hanno abbandonato ogni percorso formativo con in tasca la sola licenza media; i disoccupati tra i 15 e i 24 anni hanno raggiunto il 40%; i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano, i cosiddetti NEET, oltre 2 milioni, il 22% di quella fascia di età. «A fronte di questo, Unioncamere registra decine di migliaia di posizioni lavorative che le imprese non riescono a coprire per la mancanza di professionalità specifiche. Perché ciò accada occorre reperire nuove idee, fondi e soprattutto cambiare la mentalità. Nessuno si vuole rassegnare ad essere un paese per vecchi».
Ricordiamo che il decreto del Fare ha introdotto i tirocini formativi da 400 euro al mese in azienda - metà a carico dello Stato, metà del privato - a partire dal 2014.
Tirocini e stage sono però in crescita tra gli universitari. Andrea Cammelli, direttore del consorzio interuniversitario AlmaLaurea non si ritrova nell'analisi fatta dal ministro Carrozza. Non sarebbero pochi, ma «tanti, tantissimi i ragazzi che lavorano, che magari non frequentano le lezioni perché impegnati in occupazioni che gli consentano di mantenersi agli studi», sostiene.
Nel 2012, dicono le rilevazioni di AlmaLaurea, 56 su cento (contro i 20 su 100 pre-riforma) hanno fatto stage e tirocini, con una punta del 68% tra i laureati triennali che non intendono iscriversi alla specialistica e del 72% tra quelli magistrali.
E’ importante che le esperienze di lavoro siano di qualità e impegnino i giovani in aziende che funzionano: infatti Non si può mettere un 17enne a fare fotocopie, o a contatto con dei fannulloni. Conta l'esempio e l'effettiva formazione che si riceve. Dove il binomio studio e lavoro funziona, la probabilità di trovare un’occupazione aumenta. Secondo Almalaurea, almeno del 12%.
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venerdì 23 agosto 2013
Lavoro incerto tuttavia l’acquisto dei libri scolastici salirà
Proponiamo in tempo in cui il mercato del lavoro sta vivendo momenti di alta difficoltà una guida per risparmiare sull'acquisto dei libri e corredo scolastico. Si parte dalla denuncia del Codacons: la spesa media per l'acquisto dei libri salirà del 5%.
In questo clima di congiuntura economica il costo dei libri non molla e per le famiglie sono previste spese fino a 1000€, infatti, secondo le stime di Federconsumatori, i genitori sborseranno, tra libri e materiale scolastico, quasi mille euro.
Quest’anno mediamente per i libri + 2 dizionari si spenderanno 521,00 € per ogni ragazzo, il +2,8% rispetto allo scorso anno (calcolo effettuato prendendo in considerazione scuole medie inferiori, licei ed istituti tecnici). Per alcune classi gli aumenti sono però più marcati rispetto alla media, è questo il caso, ad esempio, degli alunni della prima media e del primo liceo, i quali, per l’acquisto dei libri, dovranno far fronte ad aumenti del 5-6%. Secondo i dati dell'osservatorio un ragazzo di un liceo spenderà per i libri di testo + 4 dizionari 787,05 € (il 6% in più rispetto allo scorso anno) +499,50 € per il corredo scolastico ed i ricambi, per un totale di ben 1.286,55 €.
Il Codacons ha messo in cattiva luce la scelta del Ministero che, ritenendo “di dover tutelare i diritti patrimoniali dell’autore e dell’editore”, invece degli stipendi dei dipendenti statali che non sono più indicizzati da oltre 3 anni, ha pensato bene di aumentare “i prezzi di copertina in misura pari al tasso di inflazione programmata”. In pratica, dell’1,5%. In realtà, la crescita del 5% – emersa dalle prime stime del Codacons – non si riferisce al prezzo di copertina del singolo libro, ma all’aumento di spesa previsto per le famiglie italiane. Nel totale delle uscite sono previsti sia i volumi obbligatori, che quelli consigliati. Questi ultimi, precisa l’associazione, non dovrebbero prevedere alcun obbligo di acquisto: eppure, spesso diventano a tutti gli effetti indispensabili, utilizzati e richiesti dai docenti nel loro programma.
Fortunatamente è possibile risparmiare, sia sull’acquisto del corredo scolastico che dei libri, voce dell’elenco della spesa per il rientro a scuola che grava di più sui bilanci delle famiglie. Un aiuto arriva dalla Grande Distribuzione Organizzata che mette a disposizione sconti interessanti per le famiglie alle prese con l’acquisto dei libri.
Per risparmiare sull'acquisto di libri e corredo scolastico, le associazioni dei consumatori suggeriscono come.
Per quanto riguarda astucci, zaini, quaderni ecc.., il primo consiglio del Codacons è quello di non inseguire le mode: se si riesce a non farsi condizionare dal mercato pubblicitario, si può spendere per il corredo scolastico - assicura - il 40% in meno, acquistando prodotti di identica qualità. Nei supermercati poi si può arrivare a risparmiare fino al 30% rispetto alla cartolibreria.
In questo periodo alcune catene di supermercati vendono i prodotti scolastici addirittura a prezzi stracciati: sono i cosiddetti prodotti "civetta"; vengono venduti anche sottocosto, contando sul fatto che poi le famiglie finiranno comunque per acquistare anche tutto il resto.
E invece - è la dritta che arriva dall'associazione di consumatori - si sfruttino le offerte acquistando solo i prodotti civetta e poi si cambi supermercato. Altro suggerimento è quello di rinviare alcuni acquisti: le scorte di quaderni e penne si possono anche comprare in un momento successivo e, spesso, aspettando, si risparmia. Sconti, in alcuni punti vendita, si possono ottenere "rottamando" lo zaino vecchio mentre per le cose più tecniche (tipo il compasso) è bene attendere le indicazioni dei professori, onde evitare acquisti superflui.
Ben vengano i kit a prezzo calmierato. Quanto ai libri, Federconsumatori invita ad approfittare delle bacheche (fisiche o online, specialmente sui social network) che consentono lo scambio di libri usati; a ricercare le promozioni messe in campo da librerie, punti vendita e ipermercati che, ad esempio, offrono buoni sconto anche del 20% e un dizionario in omaggio; ad acquistare i testi presso i numerosi mercatini dell'usato, che dilagano anche su internet; a prendere libri e dizionari in prestito presso biblioteche, associazioni o conoscenti e ad acquistare la versione elettronica dei libri di narrativa, risparmiando fortemente sul prezzo.
I ritardi sul digitale comporteranno per gli italiani altri costi aggiuntivi: lo scorso anno era entrato in vigore il divieto di utilizzare testi esclusivamente a stampa, con un aumento ulteriore dei costi di circa 80 euro per il Codacons. Il motivo? L’adozione dei libri multimediali, che avevano sostituito quelli cartacei, aveva impedito, per esempio, il passaggio dei testi dal figlio maggiore al minore.
Senza considerare come non tutte le case editrici si fossero adattate alle nuove regole, costringendo di fatto gli insegnanti a cambiare libri. Certo, il passaggio al digitale era inevitabile, anche se erano stati commessi errori sulla tempistica, secondo le associazioni che tutelano i consumatori. Il ministero, invece, nel tentativo di risolvere i problemi, ha preferito tornare al passato, togliendo per quest’anno l’obbligo del digitale (o del formato misto). In pratica, per il Codacons si tratta di “un vero pasticcio”, oltre che “un regalo alla lobby degli editori che rischia di causare per l’anno scolastico 2014/2015 una vera e propria scoppola per le famiglie”.
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martedì 2 aprile 2013
Scuola, pensionamenti diminuiti addio ai precari
Assunzioni di precari a rischi. La legge di riforma Fornero riduce il turn over dei docenti del 50%
Invecchiano i docenti, ma invecchiano anche i precari in attesa di una occupazione che ritarda sempre di più. La legge Fornero che allunga l’età lavorativa sia per gli uomini che per le donne riduce il turn-over degli insegnanti del cinquanta per cento nelle classi italiane. E secondo i sindacati, a questo punto, sono a rischio anche tutte le 11.542 assunzioni del concorso dei docenti bandito lo scorso autunno.
L’allarme dei sindacati è scattato di fronte ai dati sulle domande di pensionamento del personale della scuola, diffusi dal Ministero dell’Istruzione. Dati provvisori (ciascuna domanda è al vaglio ministeriale) e che potrebbero subire qualche, ma che comunque confermano che il quadro dell’occupazione si è ridotto drasticamente. I docenti che andranno in pensione da settembre sono 10.009, mentre nello scorso anno scolastico sono stati 21.112. Sono di 3.343 unità le uscite del personale Ata, contro i 5.336 dell’anno precedente. Il maggior numero di pensionamenti nelle scuole superiori dove sono state presentate 3.187 domande. Poco meno nella scuola primaria con 3.090 richieste. A seguire le richieste di riposo nella scuola media (2.439) e nella materna (1.293). Tra il personale tecnico ausiliario (gli Ata), a lasciare il posto sono soprattutto i collaboratori scolastici (2.180 domande) e gli assistenti amministrativi (756).
La Flc-Cgil, che accusa il ministero di aver dato i dati sui pensionamenti in ritardo per non aver avuto il coraggio di rivelare «gli effetti disastrosi della riforma Fornero», sostiene che non solo ci saranno meno assunzioni, ma che «perfino l’attuale concorso rischia di non avere posti sufficienti». E riguardo al concorso annunciato nelle scorse settimane dal ministro Francesco Profumo per questa primavera: «Altro che nuovo concorso!». Marcello Pacifico, presidente nazionale dell’Anife: «Sono dati così allarmanti da poter pregiudicare persino le assunzioni del concorso in fase di espletamento. E meglio non parlare del nuovo! Questi dati aumentano il precariato, allontanano le nuove generazioni degli insegnanti e allontanano l’Italia dalla media Ocse».
Tra le conseguenze della riforma Fornero non ci sarebbe solo l’aumento del precariato storico della scuola (160mila stando agli ultimi dati della Funzione Pubblica). Ma anche quella inevitabile di alzare l’età media del personale. Esasperando una caratteristica della scuola italiana che è stata già stigmatizzata dal rapporto Ocse sull’Educazione del 2012. In 19 su 32 dei Paesi dell’Ocse il 60% dei docenti di scuola secondaria ha almeno 40 anni, mentre in Italia sono oltre il 70% (ma anche Germania e Austria superano questa soglia). I giovanissimi, i docenti sotto i 30, in Italia sono solo lo 0,5%, mentre la media Ocse nella primaria arriva al 14%.
Invecchiano i docenti, ma invecchiano anche i precari in attesa di una occupazione che ritarda sempre di più. La legge Fornero che allunga l’età lavorativa sia per gli uomini che per le donne riduce il turn-over degli insegnanti del cinquanta per cento nelle classi italiane. E secondo i sindacati, a questo punto, sono a rischio anche tutte le 11.542 assunzioni del concorso dei docenti bandito lo scorso autunno.
L’allarme dei sindacati è scattato di fronte ai dati sulle domande di pensionamento del personale della scuola, diffusi dal Ministero dell’Istruzione. Dati provvisori (ciascuna domanda è al vaglio ministeriale) e che potrebbero subire qualche, ma che comunque confermano che il quadro dell’occupazione si è ridotto drasticamente. I docenti che andranno in pensione da settembre sono 10.009, mentre nello scorso anno scolastico sono stati 21.112. Sono di 3.343 unità le uscite del personale Ata, contro i 5.336 dell’anno precedente. Il maggior numero di pensionamenti nelle scuole superiori dove sono state presentate 3.187 domande. Poco meno nella scuola primaria con 3.090 richieste. A seguire le richieste di riposo nella scuola media (2.439) e nella materna (1.293). Tra il personale tecnico ausiliario (gli Ata), a lasciare il posto sono soprattutto i collaboratori scolastici (2.180 domande) e gli assistenti amministrativi (756).
La Flc-Cgil, che accusa il ministero di aver dato i dati sui pensionamenti in ritardo per non aver avuto il coraggio di rivelare «gli effetti disastrosi della riforma Fornero», sostiene che non solo ci saranno meno assunzioni, ma che «perfino l’attuale concorso rischia di non avere posti sufficienti». E riguardo al concorso annunciato nelle scorse settimane dal ministro Francesco Profumo per questa primavera: «Altro che nuovo concorso!». Marcello Pacifico, presidente nazionale dell’Anife: «Sono dati così allarmanti da poter pregiudicare persino le assunzioni del concorso in fase di espletamento. E meglio non parlare del nuovo! Questi dati aumentano il precariato, allontanano le nuove generazioni degli insegnanti e allontanano l’Italia dalla media Ocse».
Tra le conseguenze della riforma Fornero non ci sarebbe solo l’aumento del precariato storico della scuola (160mila stando agli ultimi dati della Funzione Pubblica). Ma anche quella inevitabile di alzare l’età media del personale. Esasperando una caratteristica della scuola italiana che è stata già stigmatizzata dal rapporto Ocse sull’Educazione del 2012. In 19 su 32 dei Paesi dell’Ocse il 60% dei docenti di scuola secondaria ha almeno 40 anni, mentre in Italia sono oltre il 70% (ma anche Germania e Austria superano questa soglia). I giovanissimi, i docenti sotto i 30, in Italia sono solo lo 0,5%, mentre la media Ocse nella primaria arriva al 14%.
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venerdì 9 novembre 2012
Studenti e lavoro: i giovani non sono "choosy" secondo un sondaggio Gfk Eurisko
I giovani italiani non sono "choosy".
“Gli studenti italiani hanno già capito che il mondo del lavoro è cambiato. Ed è per questo che quella frase del ministro del Lavoro Elsa Fornero — «Non bisogna essere mai troppo "choosy" (schizzinosi, ndr), meglio prendere la prima offerta e poi vedere da dentro e non aspettare il posto ideale» — quella frase, non ha scandalizzato più di tanto i ragazzi delle scuole secondarie superiori. Tanto che quasi sei su dieci (il 57%) si dichiarano «vicini» a quelle parole. La stessa percentuale sostiene «di essere disposto ad accettare qualsiasi tipo di lavoro». Almeno agli inizi. L’orientamento è quello del «buon senso: i giovani dicono che oggi non occorre essere idealisti, né troppo ancorati ai desideri».“
I giovani studenti delle superiori non sono "choosy", e quanto ha rilevato un sondaggio dell’Istituto GFK Eurisko, i cui risultati sono stati pubblicato dal Corriere della Sera e da Il Sole 24 Ore.
“
E dal sondaggio si evidenzia che non è un buon momento per essere schizzinosi: per iniziare a lavorare qualsiasi impiego andrebbe bene. La maggioranza degli studenti delle scuole superiori è d'accordo con il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, almeno stando a quello che dice il sondaggio curato da Gfk Eurisko per conto dell'Osservatorio Giovani Editori nell'ambito del progetto www.ilquotidianoinclasse.it. Da quest'anno i ragazzi, oltre a discutere in classe con i docenti possono anche discutere on line su diversi temi che coinvolgono la loro generazione. Il questionario on line settimanale nell'ultima edizione rivela che il 57 per cento dei ragazzi è pronto ad «accettare qualsiasi tipo di lavoro» per iniziare.
È, questo, uno dei risultati più significativi del primo sondaggio dell’Istituto GFK Eurisko a cui l’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, guidato dal presidente Andrea Ceccherini, ha affidato il compito di realizzare ogni settimana una ricerca sui grandi temi di attualità del momento. L’obiettivo: «Scattare una fotografia istantanea sull’opinione maturata dai ragazzi italiani sui grandi fatti e sulle grandi scelte al centro dell’agenda civile e politica nazionale».
Quasi nove alunni su dieci sono intenzionati a iscriversi all’università prima di entrare nel mondo del lavoro. Mondo che sentono ancora lontano.
Ricordiamo, inoltre, che dal 29 ottobre sul portale www.ilquotidianoinclasse.it — in collaborazione con i siti internet di Corriere della Sera (corriere.it), Il Sole 24 ore (ilsole24ore.com) e quotidiano.net — i giovani possono dire la loro. Perché si tratta di una generazione, secondo il presidente Andrea Ceccherini, «che nel nostro Paese non ha mai avuto voce e che si sente fuori da tutto». Oltre alla lettura in classe di più giornali, quindi, il confronto continua sul web: sul portale i ragazzi — «stuzzicati» da giornalisti-blogger delle tre testate — possono rendere pubblica la propria opinione e metterla a confronto con quella dei coetanei.
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domenica 16 settembre 2012
Lavoro e formazione nella scuola e nelle aziende
Gli ultimi dati pervenuti registrano che solo il 5% degli studenti delle scuole superiori (Istituti tecnici e professionali) hanno partecipato, nell’ultimo anno scolastico, a progetti che prevedevano alternanza di scuola lavoro. Questo accade nonostante un altro dato: il 2012 ha dimostrato che sono circa 22mila le assunzioni, che prevedono personale tecnico specializzato, ad essere considerate di difficile reperimento.
Nel mese di luglio è stato attivato il Comitato nazionale per l’alternanza scuola lavoro. Questo fa si che finalmente vengano attivati i DL n. 77 del 2005 e n. 22 del 2008, fino ad ora rimasti a bloccati e solo sulla carta; devono in pratica essere rimossi tutti gli ostacoli che vengono ad interrompere lungo il cammino dei giovani verso il lavoro. Unitamente a ciò devono essere definiti i modelli di certificazione delle competenze che gli studenti avranno modo di acquistare durante le loro esperienze di scuola/lavoro, esperienze che andranno a figurare sul loro curriculum.
Con l’anno scolastico 2012 – 2013 arriverà un nuovo organismo: il Politecnico professionale, esso rappresenta un modello di scuola superiore utile a cercare di colmare ulteriormente il divario presente tra scuola e lavoro e tra domanda e offerta d’impiego. I poli in questione saranno collegati direttamente con le zone produttive presenti sul territorio così che i loro studenti possano avere il modo di ricevere una formazione e delle esperienze lavorative a tutti gli effetti, sarà così facilitata la loro graduale entrata nel mondo del lavoro.
Vediamo le linee guida interpretative degli accordi di formazione, che sono molto vaste, ma i punti di maggior interesse riguardano sicuramente la formazione online, erogata cioè con il sistema di e-learning, e il regime transitorio degli accordi, che disciplina la validità della formazione già ricevuta e gli obblighi derivanti per le aziende dall'applicazione delle intese.
Quanto all'e-learning, le linee guida confermano che questa nuova tipologia di insegnamento è riferita a parti limitate della formazione obbligatoria e dunque non può essere utilizzata per l'intero percorso formativo di tutti i soggetti interessati.
Ai fini della validità della formazione deve essere possibile memorizzare le ore di collegamento, ovvero dare prova che l'intero percorso sia stato realizzato e deve essere garantita la possibilità di ripetere parti del percorso di apprendimento secondo gli obiettivi formativi, purché rimanga traccia delle ripetizioni in modo da tenerne conto in sede di valutazione finale.
Deve anche essere possibile stampare il materiale utilizzato per le attività formative. L’accesso ai contenuti successivi ai moduli iniziali «deve avvenire secondo un percorso obbligato (che non consenta di evitare una parte del percorso)».
La formazione online non è ritenuta correttamente rispettata se è erogata per mezzo della semplice trasmissione di lezioni "frontali" a distanza: è richiesta, al contrario, la presenza dei requisiti di interattività della formazione e di soggetti (tutor e/o docenti) che possiedano determinate caratteristiche.
Per quanto riguarda la disciplina transitoria, ci sono alcune importanti precisazioni: il termine per completare il percorso formativo per dirigenti è di 18 mesi (si veda lo schema in alto), a meno che le modalità della formazione dei dirigenti non siano individuate da accordi aziendali. In questo caso, il termine entro cui programmare e completare l'attività è di 12 mesi a partire dall'11 gennaio 2012, data di pubblicazione degli accordi (dunque entro l'11 gennaio 2013).
Gli accordi individuano solo per il futuro la disciplina della formazione e pertanto sono esonerate le aziende che abbiano già pienamente rispettato le precedenti disposizioni in materia ed effettuato la formazione in base alle "vecchie" disposizioni degli articoli 37 e 38 del Dlgs 81 del 2008, che non prevedevano un monte ore minimo per ritenere valida la formazione.
Se la formazione è stata svolta da più di cinque anni prima della pubblicazione dell'accordo, prima dell'11 gennaio 2007, l'aggiornamento andrà realizzato secondo le nuove modalità entro 12 mesi dall'11 gennaio 2012. La validità dei corsi pregressi solo se il datore di lavoro riesce a dimostrare - con documenti o con qualunque altro mezzo idoneo - l'effettiva partecipazione dei lavoratori ai corsi. Diversamente tutto il percorso formativo non potrà essere ritenuto valido e l'imprenditore soggiacerà ai nuovi obblighi imposti dagli accordi.
Nel mese di luglio è stato attivato il Comitato nazionale per l’alternanza scuola lavoro. Questo fa si che finalmente vengano attivati i DL n. 77 del 2005 e n. 22 del 2008, fino ad ora rimasti a bloccati e solo sulla carta; devono in pratica essere rimossi tutti gli ostacoli che vengono ad interrompere lungo il cammino dei giovani verso il lavoro. Unitamente a ciò devono essere definiti i modelli di certificazione delle competenze che gli studenti avranno modo di acquistare durante le loro esperienze di scuola/lavoro, esperienze che andranno a figurare sul loro curriculum.
Con l’anno scolastico 2012 – 2013 arriverà un nuovo organismo: il Politecnico professionale, esso rappresenta un modello di scuola superiore utile a cercare di colmare ulteriormente il divario presente tra scuola e lavoro e tra domanda e offerta d’impiego. I poli in questione saranno collegati direttamente con le zone produttive presenti sul territorio così che i loro studenti possano avere il modo di ricevere una formazione e delle esperienze lavorative a tutti gli effetti, sarà così facilitata la loro graduale entrata nel mondo del lavoro.
Vediamo le linee guida interpretative degli accordi di formazione, che sono molto vaste, ma i punti di maggior interesse riguardano sicuramente la formazione online, erogata cioè con il sistema di e-learning, e il regime transitorio degli accordi, che disciplina la validità della formazione già ricevuta e gli obblighi derivanti per le aziende dall'applicazione delle intese.
Quanto all'e-learning, le linee guida confermano che questa nuova tipologia di insegnamento è riferita a parti limitate della formazione obbligatoria e dunque non può essere utilizzata per l'intero percorso formativo di tutti i soggetti interessati.
Ai fini della validità della formazione deve essere possibile memorizzare le ore di collegamento, ovvero dare prova che l'intero percorso sia stato realizzato e deve essere garantita la possibilità di ripetere parti del percorso di apprendimento secondo gli obiettivi formativi, purché rimanga traccia delle ripetizioni in modo da tenerne conto in sede di valutazione finale.
Deve anche essere possibile stampare il materiale utilizzato per le attività formative. L’accesso ai contenuti successivi ai moduli iniziali «deve avvenire secondo un percorso obbligato (che non consenta di evitare una parte del percorso)».
La formazione online non è ritenuta correttamente rispettata se è erogata per mezzo della semplice trasmissione di lezioni "frontali" a distanza: è richiesta, al contrario, la presenza dei requisiti di interattività della formazione e di soggetti (tutor e/o docenti) che possiedano determinate caratteristiche.
Per quanto riguarda la disciplina transitoria, ci sono alcune importanti precisazioni: il termine per completare il percorso formativo per dirigenti è di 18 mesi (si veda lo schema in alto), a meno che le modalità della formazione dei dirigenti non siano individuate da accordi aziendali. In questo caso, il termine entro cui programmare e completare l'attività è di 12 mesi a partire dall'11 gennaio 2012, data di pubblicazione degli accordi (dunque entro l'11 gennaio 2013).
Gli accordi individuano solo per il futuro la disciplina della formazione e pertanto sono esonerate le aziende che abbiano già pienamente rispettato le precedenti disposizioni in materia ed effettuato la formazione in base alle "vecchie" disposizioni degli articoli 37 e 38 del Dlgs 81 del 2008, che non prevedevano un monte ore minimo per ritenere valida la formazione.
Se la formazione è stata svolta da più di cinque anni prima della pubblicazione dell'accordo, prima dell'11 gennaio 2007, l'aggiornamento andrà realizzato secondo le nuove modalità entro 12 mesi dall'11 gennaio 2012. La validità dei corsi pregressi solo se il datore di lavoro riesce a dimostrare - con documenti o con qualunque altro mezzo idoneo - l'effettiva partecipazione dei lavoratori ai corsi. Diversamente tutto il percorso formativo non potrà essere ritenuto valido e l'imprenditore soggiacerà ai nuovi obblighi imposti dagli accordi.
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mercoledì 8 agosto 2012
Assunzioni scuola 2012: arrivano per 21 mila docenti
Il prossimo 1° settembre saranno assunti 21.112 docenti precari. La conferma è arrivata direttamente dal ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, a margine della firma di una convenzione con l'Inps per una banca dati unica con diplomati e laureati. Queste assunzioni si aggiungono alle 67mila dello scorso anno, riducendo così il numero dei docenti precari. L'annuncio dei sindacati è stato confermato dal ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo: "Siamo in fase di firma del decreto" per le immissioni in ruolo. "E' stato concluso il processo che coinvolgeva la Funzione Pubblica e il ministero dell'Economia e abbiamo tutti gli ok necessari. Ora stiamo concludendo il percorso", ha spiegato il titolare di Viale Trastevere, aggiungendo che entro il "31 agosto saranno fatte tutte le operazioni". In pratica le assunzioni potranno essere operative dal primo settembre.
Duri sono stati i commenti della Gilda sulla spending review: sono riconfermate "tutte le norme che penalizzano l'istruzione e i docenti". Per quanto riguarda, invece, il decreto per l'immissione in ruolo dei 21 mila docenti, il testo è stato predisposto, spiega la Uil, "in applicazione del piano triennale, definito grazie all'intesa tra il Governo e i sindacati Uil, Cisl, Snals e Gilda. Questo, in periodo di forte crisi economica, è il risultato di una azione sindacale concreta e utile". "Per il personale Ata non è ancora possibile ipotizzare un numero preciso di nomine in quanto non sono ancora stati pubblicati i movimenti del personale e, soprattutto, non è stato definito come verrà calcolata l'incidenza dei passaggi previsti dal Decreto Legge sulla revisione della spesa. Resta il nostro impegno per una soluzione equa anche per tale personale", precisa la Uil.
Con le assunzioni, ha affermato Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, "si dà continuità al piano triennale varato lo scorso anno grazie alle intese sindacali di cui la Cisl Scuola è stata protagonista determinante, insieme a Uil Scuola, Snals e Gilda. Con le nuove assunzioni si rafforza l'obiettivo, da noi tenacemente perseguito, di una stabilizzazione del lavoro nella scuola, che certamente va incontro agli interessi di tanti lavoratori, ma favorisce anche una più efficace organizzazione del lavoro e quindi la crescita di qualità del servizio scolastico". Anche l'Anief grida vittoria: "Non possiamo che essere soddisfatti: malgrado il blocco del turn over, i tagli agli organici e le riconversioni obbligatorie del personale inidoneo e soprannumerario, per il secondo anno consecutivo" ci sono delle assunzioni.
Le 21 mila assunzioni secondo una proiezione della Cisl saranno così divise: 1.493 per la scuola dell'infanzia; 3718 per la primaria; 8245 per la secondaria di primo grado e 5.416 per la secondaria di secondo grado; 1991 per il sostegno e 148 educatori.
Questi i dati per regione.
Abruzzo: 57 scuola infanzia; 46 primaria; 186 I grado; 128 II grado; 59 sostegno; 6 educatori; 482 totale.
Basilicata: 16 infanzia; 11 primaria; 78 I grado; 46 II grado; 30 sostegno; un educatore; 182 totale.
Calabria: 74 infanzia; 163 primaria; 350 I grado; 233 II grado; 86 sostegno; 9 educatori; 915 totale.
Campania: 196 infanzia; 170 primaria; 1096 I grado; 595 II grado; 190 sostegno; 6 educatori; 2253 totale.
Emilia Romagna: 76 infanzia; 521 primaria; 460 I grado; 403 II grado; 139 sostegno; 9 educatori; 1608 totale.
Friuli Venezia Giulia: 23 infanzia; 82 primaria; 163 I grado; 121 II grado; 37 sostegno; 22 educatori; 448 totale.
Lazio: 170 infanzia; 376 primaria; 1013 I grado; 559 II grado; 280 sostegno; 6 educatori; 2404 totale.
Liguria: 27 infanzia; 91 primaria; 151 I grado; 161 II grado; 61 sostegno; 0 educatori; 491 totale.
Lombardia: 147 infanzia; 890 primaria; 1077 I grado; 752 II grado; 276 sostegno; 16 educatori; 3158 totale.
Marche: 70 infanzia; 88 primaria; 197 I grado; 165 II grado; 40 sostegno; 9 educatori; 569 totale.
Molise: 12 infanzia; 14 primaria; 46 I grado; 38 II grado; 7 sostegno;0 educatori; 117 totale.
Piemonte: 119 infanzia; 313 primaria; 594 I grado; 363 II grado; 186 sostegno; 13 educatori; 1588 totale.
Puglia: 105 infanzia; 135 primaria; 584 I grado; 388 II grado; 163 sostegno; un educatore; 1376 totale.
Sardegna: 45 infanzia; 98 primaria; 187 I grado; 155 II grado; 50 sostegno; 11 educatori; 546 totale.
Sicilia: 105 infanzia; 21 primaria; 678 I grado; 375 II grado; 117 sostegno; 4 educatori; 1300 totale.
Toscana: 152 infanzia; 356 primaria; 602 I grado; 456 II grado; 106 sostegno; 11 educatori; 1683 totale.
Umbria: 24 infanzia; 104 primaria; 110 I grado; 90 II grado; 29 sostegno; 6 educatori; 363 totale.
Veneto: 25 infanzia; 239 primaria: 673 I grado; 388 II grado; 135 sostegno; 18 educatori; 1528 totale..
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domenica 13 maggio 2012
Scuola 2012: tirocini formativi attivi
In data 3 maggio 2012 è stato pubblicato il Bando relativo alle modalità di ammissione ai Corsi di Tirocinio Formativo Attivo (TFA) per l'insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado Anno Accademico 2011-2012.
Per candidarsi servono oltre la laurea e un piano di studi idoneo per insegnare. Le domande devono essere fatte online sui siti degli atenei a partire dal 4 maggio 2012. Il test sarà uguale per tutti gli atenei.
I candidati saranno distribuiti nei giorni compresi tra il 6 luglio ed il 31 luglio. Ai test seguiranno una prova scritta e un colloquio. Per presentare la domanda c’è tempo fino al 4 giugno. Nel Lazio, il maggior numero di tirocini. Aspiranti insegnanti negli istituti pubblici di primo e secondo grado.
Il tirocinio formativo attivo consiste in un corso di preparazione all'insegnamento, di durata annuale, riservato ai soggetti che abbiano conseguito la Laurea Magistrale di cui sopra. A conclusione del tirocinio formativo attivo, previo superamento di un esame finale, si consegue il titolo di abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo o di secondo grado in una delle classi di abilitazione previste dagli appositi decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Chi può accedere al TFA
Ai sensi dell'art. 15 del D.M. 249/2010 coloro i quali siano già in possesso della Laurea Magistrale, della Laurea Specialistica o di quella conseguita ai sensi dell'ordinamento previgente il D.M. 509/1999 (vecchio ordinamento) possono conseguire l'abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado mediante il compimento del solo tirocinio formativo attivo (TFA). Quindi, sia pure in via transitoria, in attesa dell'attivazione delle nuove lauree magistrali di cui all'art.4 del D.M. 249/2010, i candidati già in possesso di quei titoli che consentivano l'accesso alle SSIS potranno conseguire l'abilitazione mediante il compimento del solo TFA.
Per candidarsi servono oltre la laurea e un piano di studi idoneo per insegnare. Le domande devono essere fatte online sui siti degli atenei a partire dal 4 maggio 2012. Il test sarà uguale per tutti gli atenei.
I candidati saranno distribuiti nei giorni compresi tra il 6 luglio ed il 31 luglio. Ai test seguiranno una prova scritta e un colloquio. Per presentare la domanda c’è tempo fino al 4 giugno. Nel Lazio, il maggior numero di tirocini. Aspiranti insegnanti negli istituti pubblici di primo e secondo grado.
Il tirocinio formativo attivo consiste in un corso di preparazione all'insegnamento, di durata annuale, riservato ai soggetti che abbiano conseguito la Laurea Magistrale di cui sopra. A conclusione del tirocinio formativo attivo, previo superamento di un esame finale, si consegue il titolo di abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo o di secondo grado in una delle classi di abilitazione previste dagli appositi decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Chi può accedere al TFA
Ai sensi dell'art. 15 del D.M. 249/2010 coloro i quali siano già in possesso della Laurea Magistrale, della Laurea Specialistica o di quella conseguita ai sensi dell'ordinamento previgente il D.M. 509/1999 (vecchio ordinamento) possono conseguire l'abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado mediante il compimento del solo tirocinio formativo attivo (TFA). Quindi, sia pure in via transitoria, in attesa dell'attivazione delle nuove lauree magistrali di cui all'art.4 del D.M. 249/2010, i candidati già in possesso di quei titoli che consentivano l'accesso alle SSIS potranno conseguire l'abilitazione mediante il compimento del solo TFA.
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venerdì 3 febbraio 2012
Rapporto CENSIS 2011: imprese, internet, lavoro e scuola
Nel 45mo Rapporto sulla situazione sociale del Paese il Censis ha scattato una fotografia all'Italia. E noi evidenziamo l’aspetto delle imprese, il valore di internet, la difficoltà del mercato del lavoro, e le difficoltà della scuola. Dall'indagine esce il ritratto di un Paese dove la crisi non ha soltanto inciso sui fondamenti economici, ma anche sulla consapevolezza e sulle aspettative verso il proprio futuro.
Imprese
Economia in bilico tra creazione e distruzione di valore. Le forti tensioni sul mercato del debito pubblico pongono ormai da mesi il Paese lungo un sentiero ambiguo caratterizzato non solo dalla mancata crescita dei fondamentali, ma anche da uno scontro tra finanza ed economia reale. Nel primo semestre del 2011 le esportazioni italiane sono aumentate del 16%. Il saldo con l’estero del manifatturiero è in attivo per più di 34 miliardi di euro, mostrando una discreta capacità competitiva. Sebbene la quota italiana del commercio mondiale sia scesa nell’ultimo anno dal 3% al 2,9%, nei primi due trimestri del 2011 l’indice del fatturato dell’industria è aumentato del 7% trainato soprattutto dalle vendite all’estero.
Il fenomeno reti d’impresa: modello aperto e polifunzionale. Il 2011 si chiude con quasi 150 Contratti di rete attivi. Si tratta di uno dei pochi strumenti di innovazione nel campo delle politiche a sostegno del tessuto produttivo. Tra la fine del 2010 e il settembre del 2011 sono stati stipulanti, in media, 12 contratti al mese. Complessivamente, la parte più consistente (il 48%) riguarda aziende localizzate al Nord, ma anche al Sud esistono casi interessanti di collaborazione. L’elemento di maggiore rilievo è il carattere polifunzionale degli accordi e la molteplicità dei settori produttivi coinvolti. La maggior parte delle aziende opera nel manifatturiero (il 46%), ma le imprese dei servizi sono comunque più di un quarto, seguite dall’edilizia (il 14% delle imprese partecipanti).
Internet
Oltre la metà degli italiani naviga su Internet, 9 giovani su 10 sono collegati.
L`utenza del web in Italia nel 2011 ha superato la fatidica soglia del 50% della popolazione, attestandosi al 53,1%. Il dato complessivo si fraziona tra l`87,4% dei giovani e il 15,1% degli delle persone adulte (65-80 anni), tra il 72,2% dei soggetti più istruiti e il 37,7% di quelli meno scolarizzati. E’ quanto ha sostenuto il Censis nel 45mo Rapporto annuale (http://www.censis.it/22) sulla situazione sociale del Paese.
Vediamo i principali utilizzi di Internet.
Secondo l'indagine del Centro Studi Investimenti Sociali, nel 2011 i principali utilizzi di Internet in ordine di utilizzo sono trovare una strada o una località, ascoltare musica, svolgere operazioni bancarie, fare acquisti, prenotare un viaggio.
I giovani sottovalutano i tg, meglio Internet ed i Social Network (Facebook) Dal dossier del Censis emerge che gli italiani usano molte fonti informative, ma alcuni non si informano per niente (10,2%), ricorrono solo ai telegiornali (4,7%) o a un mix di media tutto affidato alla ricezione audiovisiva passiva (telegiornale, giornale radio, televideo: 10,1%).
Lavoro
Il futuro incerto della ripresa occupazionale e del tentativo di riforma del mercato del lavoro. La frenata della crisi nel 2010 (dissipati 153.000 posti di lavoro, contro i 380.000 del 2009) e i dati positivi per il 2011 (+0,4% gli occupati nel primo semestre) fanno sperare in una chiusura d’anno con segno positivo. Viene meno la capacità di tenuta dell’occupazione a tempo indeterminato. Dopo due anni di tendenziale stabilità, si riduce dell’1,3% nel 2010 e dello 0,1% nel primo semestre del 2011. Si segnala però una crescita significativa del lavoro a termine (+1,4% nel 2010 e +5,5% nei primi sei mesi del 2011) e del lavoro autonomo (dopo cinque anni di contrazione, nel 2010 c’è una prima tiepida crescita: +0,2%). Quindi la crisi ha colpito il mercato del lavoro, ma in modo molto diversificato. Tra il 2007 e il 2010 è aumentata l’occupazione straniera (quasi 580.000 lavoratori in più, di cui circa 200.000 nell’ultimo anno, con un incremento complessivo del 38,5%), mentre quella italiana ha registrato la perdita di 928.000 posti di lavoro (-4,3%), di cui 335.000 nell’ultimo anno.
I giovani al centro della crisi. In Italia l’11,2% dei giovani di 15-24 anni, e addirittura il 16,7% di quelli tra 25 e 29 anni, non è interessato né a lavorare né a studiare, mentre la media europea è pari rispettivamente al 3,4% e all’8,5%. Di contro, da noi risulta decisamente più bassa la percentuale di quanti lavorano: il 20,5% tra i 15-24enni (la media Ue è del 34,1%) e il 58,8% tra i 25-29enni (la media Ue è del 72,2%). A ciò si aggiunga che tra le nuove generazioni sta progressivamente perdendo appeal una delle figure centrali del nostro tessuto economico, quella dell’imprenditore. Solo il 32,5% dei giovani di 15-35 anni dichiara di voler mettere su un’attività in proprio, meno che in Spagna (56,3%), Francia (48,4%), Regno Unito (46,5%) e Germania (35,2%).
La mobilità che non c’è, questione di cultura e non di regole. I giovani sono oggi i lavoratori su cui grava di più il costo della mobilità in uscita. Nel 2010, su 100 licenziamenti che hanno determinato una condizione di inoccupazione, 38 hanno riguardato giovani con meno di 35 anni e 30 soggetti con 35-44 anni. Solo in 32 casi si è trattato di persone con 45 anni o più. L’Italia presenta un tasso di anzianità aziendale ben superiore a quello dei principali Paesi europei. Lavora nella stessa azienda da più di dieci anni il 50,7% dei lavoratori italiani, il 44,6% dei tedeschi, il 43,3% dei francesi, il 34,5% degli spagnoli e il 32,3% degli inglesi. Tuttavia, solo il 23,4% dei giovani risulta disponibile a trasferirsi in altre regioni o all’estero per trovare lavoro.
Scuola
Per la scuola siamo ancora lontani dall'obiettivo europeo di giungere entro il 2020 a una media del 10% degli abbandoni prematuri da scuola. Ma nel 2010 si è registrato un nuovo calo. La quota di giovani 18-24enni in possesso della sola licenza media e non più inseriti in percorsi formativi è scesa dal 19,2% del 2009 al 18,8 per cento. Il calo è stato in tutt'Italia, a eccezione del Centro che rimane l'area dove tale rilevatore ha registrato un aumento (14,8%, contro il 13,5% del 2009).
Il rapporto del Censis mostra poi come siano, ancora, discontinui gli interventi di prevenzione e contrasto al fenomeno della dispersione scolastica. Sono soprattutto gli studenti delle isole maggiori a distinguersi per una profonda trascuratezza ai percorsi scolastici e formativi.
Secondo gli oltre mille dirigenti scolastici di scuola secondaria di primo e secondo grado intervistati dal Censis infine l'apporto fornito da alcuni soggetti esterni al mondo della scuola appare molto differenziato. Il 57,4% dei dirigenti dichiara di contare molto o abbastanza sul supporto degli enti locali e un analogo 57% sul contributo delle famiglie. Seguono gli organismi del terzo settore (56%) e le parrocchie (54,1 per cento).
Imprese
Economia in bilico tra creazione e distruzione di valore. Le forti tensioni sul mercato del debito pubblico pongono ormai da mesi il Paese lungo un sentiero ambiguo caratterizzato non solo dalla mancata crescita dei fondamentali, ma anche da uno scontro tra finanza ed economia reale. Nel primo semestre del 2011 le esportazioni italiane sono aumentate del 16%. Il saldo con l’estero del manifatturiero è in attivo per più di 34 miliardi di euro, mostrando una discreta capacità competitiva. Sebbene la quota italiana del commercio mondiale sia scesa nell’ultimo anno dal 3% al 2,9%, nei primi due trimestri del 2011 l’indice del fatturato dell’industria è aumentato del 7% trainato soprattutto dalle vendite all’estero.
Il fenomeno reti d’impresa: modello aperto e polifunzionale. Il 2011 si chiude con quasi 150 Contratti di rete attivi. Si tratta di uno dei pochi strumenti di innovazione nel campo delle politiche a sostegno del tessuto produttivo. Tra la fine del 2010 e il settembre del 2011 sono stati stipulanti, in media, 12 contratti al mese. Complessivamente, la parte più consistente (il 48%) riguarda aziende localizzate al Nord, ma anche al Sud esistono casi interessanti di collaborazione. L’elemento di maggiore rilievo è il carattere polifunzionale degli accordi e la molteplicità dei settori produttivi coinvolti. La maggior parte delle aziende opera nel manifatturiero (il 46%), ma le imprese dei servizi sono comunque più di un quarto, seguite dall’edilizia (il 14% delle imprese partecipanti).
Internet
Oltre la metà degli italiani naviga su Internet, 9 giovani su 10 sono collegati.
L`utenza del web in Italia nel 2011 ha superato la fatidica soglia del 50% della popolazione, attestandosi al 53,1%. Il dato complessivo si fraziona tra l`87,4% dei giovani e il 15,1% degli delle persone adulte (65-80 anni), tra il 72,2% dei soggetti più istruiti e il 37,7% di quelli meno scolarizzati. E’ quanto ha sostenuto il Censis nel 45mo Rapporto annuale (http://www.censis.it/22) sulla situazione sociale del Paese.
Vediamo i principali utilizzi di Internet.
Secondo l'indagine del Centro Studi Investimenti Sociali, nel 2011 i principali utilizzi di Internet in ordine di utilizzo sono trovare una strada o una località, ascoltare musica, svolgere operazioni bancarie, fare acquisti, prenotare un viaggio.
I giovani sottovalutano i tg, meglio Internet ed i Social Network (Facebook) Dal dossier del Censis emerge che gli italiani usano molte fonti informative, ma alcuni non si informano per niente (10,2%), ricorrono solo ai telegiornali (4,7%) o a un mix di media tutto affidato alla ricezione audiovisiva passiva (telegiornale, giornale radio, televideo: 10,1%).
Lavoro
Il futuro incerto della ripresa occupazionale e del tentativo di riforma del mercato del lavoro. La frenata della crisi nel 2010 (dissipati 153.000 posti di lavoro, contro i 380.000 del 2009) e i dati positivi per il 2011 (+0,4% gli occupati nel primo semestre) fanno sperare in una chiusura d’anno con segno positivo. Viene meno la capacità di tenuta dell’occupazione a tempo indeterminato. Dopo due anni di tendenziale stabilità, si riduce dell’1,3% nel 2010 e dello 0,1% nel primo semestre del 2011. Si segnala però una crescita significativa del lavoro a termine (+1,4% nel 2010 e +5,5% nei primi sei mesi del 2011) e del lavoro autonomo (dopo cinque anni di contrazione, nel 2010 c’è una prima tiepida crescita: +0,2%). Quindi la crisi ha colpito il mercato del lavoro, ma in modo molto diversificato. Tra il 2007 e il 2010 è aumentata l’occupazione straniera (quasi 580.000 lavoratori in più, di cui circa 200.000 nell’ultimo anno, con un incremento complessivo del 38,5%), mentre quella italiana ha registrato la perdita di 928.000 posti di lavoro (-4,3%), di cui 335.000 nell’ultimo anno.
I giovani al centro della crisi. In Italia l’11,2% dei giovani di 15-24 anni, e addirittura il 16,7% di quelli tra 25 e 29 anni, non è interessato né a lavorare né a studiare, mentre la media europea è pari rispettivamente al 3,4% e all’8,5%. Di contro, da noi risulta decisamente più bassa la percentuale di quanti lavorano: il 20,5% tra i 15-24enni (la media Ue è del 34,1%) e il 58,8% tra i 25-29enni (la media Ue è del 72,2%). A ciò si aggiunga che tra le nuove generazioni sta progressivamente perdendo appeal una delle figure centrali del nostro tessuto economico, quella dell’imprenditore. Solo il 32,5% dei giovani di 15-35 anni dichiara di voler mettere su un’attività in proprio, meno che in Spagna (56,3%), Francia (48,4%), Regno Unito (46,5%) e Germania (35,2%).
La mobilità che non c’è, questione di cultura e non di regole. I giovani sono oggi i lavoratori su cui grava di più il costo della mobilità in uscita. Nel 2010, su 100 licenziamenti che hanno determinato una condizione di inoccupazione, 38 hanno riguardato giovani con meno di 35 anni e 30 soggetti con 35-44 anni. Solo in 32 casi si è trattato di persone con 45 anni o più. L’Italia presenta un tasso di anzianità aziendale ben superiore a quello dei principali Paesi europei. Lavora nella stessa azienda da più di dieci anni il 50,7% dei lavoratori italiani, il 44,6% dei tedeschi, il 43,3% dei francesi, il 34,5% degli spagnoli e il 32,3% degli inglesi. Tuttavia, solo il 23,4% dei giovani risulta disponibile a trasferirsi in altre regioni o all’estero per trovare lavoro.
Scuola
Per la scuola siamo ancora lontani dall'obiettivo europeo di giungere entro il 2020 a una media del 10% degli abbandoni prematuri da scuola. Ma nel 2010 si è registrato un nuovo calo. La quota di giovani 18-24enni in possesso della sola licenza media e non più inseriti in percorsi formativi è scesa dal 19,2% del 2009 al 18,8 per cento. Il calo è stato in tutt'Italia, a eccezione del Centro che rimane l'area dove tale rilevatore ha registrato un aumento (14,8%, contro il 13,5% del 2009).
Il rapporto del Censis mostra poi come siano, ancora, discontinui gli interventi di prevenzione e contrasto al fenomeno della dispersione scolastica. Sono soprattutto gli studenti delle isole maggiori a distinguersi per una profonda trascuratezza ai percorsi scolastici e formativi.
Secondo gli oltre mille dirigenti scolastici di scuola secondaria di primo e secondo grado intervistati dal Censis infine l'apporto fornito da alcuni soggetti esterni al mondo della scuola appare molto differenziato. Il 57,4% dei dirigenti dichiara di contare molto o abbastanza sul supporto degli enti locali e un analogo 57% sul contributo delle famiglie. Seguono gli organismi del terzo settore (56%) e le parrocchie (54,1 per cento).
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venerdì 30 dicembre 2011
Scuola maxi concorso entro 2012
Il ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, ha confermato che saranno riaperti i concorsi nella scuola pubblica.
Da 13 anni non ci sono più concorsi pubblici, e questo è senz'altro un tema su cui bisogna lavorare. L'ultimo concorso per la scuola risale al lontano 1999. Secondo il ministro ''è ormai tempo di pubblicare entro il 2012 il bando per il maxi concorso, al quale potrebbero essere interessate 300.000 persone”, dalle scuole elementari, alle medie, alle superiori.
Ogni anno, hanno precisato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (Miur) circa 25mila docenti raggiungono la pensione. Di questi 25mila posti disponibili la metà verranno coperti attingendo dalle graduatorie permanenti ad esaurimento e l'altra metà, ovvero 12.500, saranno i posti che potranno essere messi a concorso. In questo modo sarà possibile da un lato smaltire il ''precariato storico'' e dall'altro dare una risposta ai giovani che non sono riusciti ad entrare nelle graduatorie.
I sindacati sembrano essere soddisfatti per l'annuncio del ministro ma bisogna verificare prima i posti realmente disponibili. Riaprire i concorsi nella scuola pubblica è sicuramente ''un fatto positivo'' ma prima ''occorre una ricognizione dei posti realmente disponibili, altrimenti si rischia di alimentare soltanto illusioni, ha sottolineato il segretario generale della Flc Cgil, Domenico Pantaleo.
Sulla stessa linea il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna, secondo cui la questione di un eventuale concorso per insegnanti va affrontata ''con trasparenza, con una quantificazione dei posti disponibili chiara e certa per non creare illusioni''. ''E' del tutto evidente - afferma - che per fare le cose bene occorre, sì fare presto ma non in solitudine. Ci auguriamo quindi una riunione con i sindacati per affrontare le varie questioni che sulla materia esistono''.
Quindi dopo 13 anni viene finalmente restituita la possibilità quantomeno di candidarsi all’assunzione di ruolo nell’insegnamento per gli aspiranti docenti. L’ultimo bando riservato al reclutamento di personale docente per la scuola elementare, media e superiore risale al lontano 1999.
Sarà doveroso riaprire la scuola ai docenti giovani ed evitare di bloccare una generazione di neolaureati che oggi non ha alcuna possibilità di ottenere una cattedra. Anche se bisogna fare attenzione ai veri numeri disponibili che sembrano di intorno ai 12.500 lontani da 300.000 annunciati. La riapertura dei concorsi nella scuola ha senso solo se insieme si affrontano altre questioni, in modo da invertire davvero la tendenza. Altrimenti si rischia di accrescere soltanto illusioni. Attenzione ai proclami.
Da 13 anni non ci sono più concorsi pubblici, e questo è senz'altro un tema su cui bisogna lavorare. L'ultimo concorso per la scuola risale al lontano 1999. Secondo il ministro ''è ormai tempo di pubblicare entro il 2012 il bando per il maxi concorso, al quale potrebbero essere interessate 300.000 persone”, dalle scuole elementari, alle medie, alle superiori.
Ogni anno, hanno precisato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (Miur) circa 25mila docenti raggiungono la pensione. Di questi 25mila posti disponibili la metà verranno coperti attingendo dalle graduatorie permanenti ad esaurimento e l'altra metà, ovvero 12.500, saranno i posti che potranno essere messi a concorso. In questo modo sarà possibile da un lato smaltire il ''precariato storico'' e dall'altro dare una risposta ai giovani che non sono riusciti ad entrare nelle graduatorie.
I sindacati sembrano essere soddisfatti per l'annuncio del ministro ma bisogna verificare prima i posti realmente disponibili. Riaprire i concorsi nella scuola pubblica è sicuramente ''un fatto positivo'' ma prima ''occorre una ricognizione dei posti realmente disponibili, altrimenti si rischia di alimentare soltanto illusioni, ha sottolineato il segretario generale della Flc Cgil, Domenico Pantaleo.
Sulla stessa linea il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna, secondo cui la questione di un eventuale concorso per insegnanti va affrontata ''con trasparenza, con una quantificazione dei posti disponibili chiara e certa per non creare illusioni''. ''E' del tutto evidente - afferma - che per fare le cose bene occorre, sì fare presto ma non in solitudine. Ci auguriamo quindi una riunione con i sindacati per affrontare le varie questioni che sulla materia esistono''.
Quindi dopo 13 anni viene finalmente restituita la possibilità quantomeno di candidarsi all’assunzione di ruolo nell’insegnamento per gli aspiranti docenti. L’ultimo bando riservato al reclutamento di personale docente per la scuola elementare, media e superiore risale al lontano 1999.
Sarà doveroso riaprire la scuola ai docenti giovani ed evitare di bloccare una generazione di neolaureati che oggi non ha alcuna possibilità di ottenere una cattedra. Anche se bisogna fare attenzione ai veri numeri disponibili che sembrano di intorno ai 12.500 lontani da 300.000 annunciati. La riapertura dei concorsi nella scuola ha senso solo se insieme si affrontano altre questioni, in modo da invertire davvero la tendenza. Altrimenti si rischia di accrescere soltanto illusioni. Attenzione ai proclami.
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