domenica 21 settembre 2025

Dimissioni nel periodo di prova sono revocabili





Come è noto, nei contratti di lavoro sia a tempo determinato che a tempo indeterminato può essere previsto il periodo di prova, ossia quel lasso di tempo individuato dalle parti in cui ciascuna valuta la convenienza del rapporto instaurato con il patto di prova.


Nel periodo di prova vale il principio di libero recesso, perché sia il datore che il lavoratore possono immediatamente interrompere il rapporto, senza dare alcun preavviso e senza alcuna sanzione o indennità (art. 2096 del Codice Civile).


Coerentemente, le dimissioni possono essere rassegnate sia quando la prova è in corso, sia alla sua fine.


Per legge, la comunicazione telematica per le dimissioni nel periodo di prova non è obbligatoria, ma il lavoratore dovrà consegnare la lettera di dimissioni al datore.


Quest’ultimo dovrà firmarla e consegnarla al lavoratore, e di seguito comunicare entro 5 giorni la cessazione del rapporto al locale Centro per l’impiego, attraverso il Modello Unificato UniLav.


Legittimo revocare le dimissioni rassegnate durante il periodo di prova: la Cassazione contraddice il Ministero del Lavoro.


Un lavoratore in prova che rassegna le dimissioni ha il diritto di tornare sui suoi passi e di annullare la sua decisione, ottenendo la riammissione in servizio senza se e senza ma.


Lo ha ribadito la Corte di cassazione, che con l’ordinanza n. 24991/2025 pubblicata l’11 settembre si è espressa in merito al caso di un lavoratore che aveva dato le dimissioni dopo un solo giorno di lavoro, richiedendo poi la revoca telematica rispettando la tempistica prevista, vale a dire entro 7 giorni.


L’azienda, in casi come questo, è tenuta a reintegrare il lavoratore. A nulla vale quanto riportato nella circolare n. 12/2016 del Ministero del Lavoro, che negherebbe la possibilità di revoca delle dimissioni durante il periodo di prova.


Secondo i giudici, infatti, si tratta di un documento di prassi interno all’Amministrazione che in nessun caso può avere più valore di una legge: in questo caso, infatti, a dettare regole è il Jobs Act, con l’articolo 26.


La disciplina relativa alle dimissioni telematiche prevista dall’art. 26 d.lgs. 151/2015 si applica anche alle dimissioni rassegnate durante il periodo di prova.


La Cassazione ha confermato tale soluzione in una recente ordinanza (n. 24991 dell’11 settembre 2025).


La pronuncia ha dunque affrontato la questione relativa all’interpretazione dell'art. 26 del D. Lgs. n. 151/2015[1] che disciplina, appunto, le dimissioni telematiche e la facoltà di revoca entro sette giorni delle medesime.


La ratio della norma, come chiarito dai lavori preparatori, è quella di garantire l'autenticità della manifestazione di volontà del lavoratore e di contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco.


Con particolare riguardo all’esclusione del periodo di prova dall'ambito di applicazione dell'art. 26 D. Lgs. n. 151/2015, la Cassazione ha osservato che il giudice d’appello aveva ritenuto non applicabile al caso di specie la Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 12 del 4 marzo 2016 che aveva introdotto un'ipotesi derogatoria non prevista dalla norma primaria, rivestita di carattere eccezionale e, pertanto, secondo il giudice di secondo grado, insuscettibile di applicazione oltre i limiti in essa considerati.


Inoltre, la Corte territoriale aveva rilevato che la ratio del patto di prova e quella dell'art. 26 D. Lgs. n. 151/2015 sono differenti e non interferiscono reciprocamente: la prima mira a tutelare l'interesse comune di verifica del contratto, la seconda ad evitare abusi datoriali.


Su tali premesse, la revoca delle dimissioni dichiarate dal lavoratore durante il periodo di prova era stata ritenuta pienamente valida ed efficace in quanto avvenuta nel legittimo esercizio del potere unilaterale di revoca previsto dalla norma sopra citata.





sabato 30 agosto 2025

Ferie non godute: pagamento contributi INPS ai dipendenti entro il 20 agosto





Il datore di lavoro è obbligato a versare i contributi INPS sulle ferie maturate e non godute dai lavoratori, entro termini specifici (ad esempio, il 20 agosto 2025 per le ferie 2023). Tale obbligo nasce dal mancato godimento delle ferie entro il periodo di legge.


Il 20 agosto 2025 scade il termine per pagare i contributi sulle ferie non godute relative al secondo anno precedente (ossia nel 2023), che andavano fruite entro il 30 giugno 2025 ma che non sono state godute (compresi ex festività e ROL) per motivi imputabili all’azienda. Entro il 31 agosto dovrà poi essere trasmessa la denuncia Uniemens, con l’indicazione del relativo imponibile contributivo.


In merito all’obbligo di contribuzione INPS ai dipendenti, con riferimento ai periodi ferie non goduti in costanza di lavoro, la base di calcolo è data dall’importo corrispondente all’indennità sostitutiva delle ferie non godute una volta decorsi 18 mesi dalla maturazione, termine previsto dall’art. 10 d.lgs. n. 66 del 2003, a prescindere dalla cessazione del rapporto di lavoro.


La Corte di Cassazione (sentenza n. 26160/2020) prevede l’applicazione del principio generale in tema di finanziamento del sistema previdenziale. Se il lavoratore non ha fruito delle ferie maturate entro il termine indicato dall’art. 10 d.lgs. n. 66 del 2003 – decorsi diciotto mesi dalla maturazione – e cioè è stato impiegato anche mentre avrebbe dovuto riposare, è certamente integrato il presupposto dell’obbligo contributivo richiesto dall’art. 121. n. 153 del 1969, poiché la prestazione è stata resa in un periodo in cui la stessa non avrebbe dovuto esserlo.


In questa ipotesi si genera una maggiore capacità contributiva, quantificabile in termini economici quale indennità per le ferie non godute, che non può non incidere sugli oneri di finanziamento del sistema previdenziale posti a carico dell’impresa che di tale maggior produzione si è avvantaggiata.


Deroghe alle scadenze di agosto


Mancato godimento imputabile a prolungata assenza dovuta a causa legale di sospensione del rapporto di lavoro (malattia, infortunio, maternità etc.): il termine di 18 mesi è sospeso per un periodo di durata pari a quello del legittimo impedimento.


Sospensione attività lavorativa per cassa integrazione guadagni: il termine è sospeso per il periodo di impedimento e torna a decorrere dal giorno in cui il lavoratore riprende l’attività lavorativa.


Diversamente, in caso di ferie non godute per cause imputabili al datore di lavoro, scatta dunque entro il 20 agosto 2025 il termine entro il quale i datori di lavoro dovranno versare tramite modello F24, i contributi previdenziali sulle ferie maturate nel 2023 e non fruite entro il 30 giugno 2025.


Nella gestione ed organizzazione dei tempi di lavoro dei propri collaboratori con contratto di lavoro subordinato, l’imprenditore deve fare attenzione al diritto irrinunciabile degli stessi a fruire di periodi di riposo per reintegrare le energie psicofisiche spese durante l’attività lavorativa: le ferie. In ogni caso i contributi sulle ferie non godute vanno obbligatoriamente versati all’INPS.


La scadenza dell’obbligazione contributiva sul compenso per ferie maturate e non godute è quella individuata nei limiti fissati dalla Convenzione OIL n. 132/1970 (18 mesi dalla fine dell’anno che dà il diritto alle ferie, che possono essere prolungati, per un periodo limitato, con il consenso del lavoratore interessato).


Pertanto, in assenza di norme contrattuali, regolamenti aziendali o pattuizioni individuali, entro i 18 mesi alla fine dell’anno solare di maturazione delle ferie i contributi all’INPS si versano comunque e il termine rimane sospeso per un periodo di durata pari a quello del legittimo impedimento e riprende a decorrere dal giorno in cui il lavoratore riprende l’attività lavorativa.


Tecnicamente, quindi i datori di lavoro devono sommare alla retribuzione imponibile del mese successivo a quello di scadenza delle ferie anche l’importo corrispondente al compenso per ferie non godute; successivamente, quando le ferie verranno effettivamente fruite o alla cessazione del rapporto di lavoro, la retribuzione imponibile sarà sgravata dello stesso importo per non pagarci la contribuzione una seconda volta.




domenica 27 luglio 2025

Rinnovo Assegno di Inclusione: pagamento 500 euro




Arriva la conferma tanto attesa dalle famiglie che hanno esaurito le 18 mensilità dell’Assegno di Inclusione, beneficiarie di un bonus da 500 euro per coprire il vuoto di un mese prima dell’avvio delle nuove erogazioni, che partiranno ad agosto.


L’ADI consiste in un sostegno economico e di inclusione sociale e professionale, condizionato alla prova dei mezzi e all’adesione a un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa. Si compone di due parti: un'integrazione del reddito familiare fino a una soglia (quota A) e un sostegno per i nuclei residenti in abitazione concessa in locazione con contratto ritualmente registrato (quota B).


Alla scadenza dei 18 mesi, di norma, è possibile richiedere il rinnovo di un anno ma i nuovi pagamenti vengono erogati solo dopo un mese di pausa.


La mensilità extra sarà erogata già con la prima mensilità dell’ADI in arrivo dopo il rinnovo, anche se in linea teorica nel periodo di sospensione dell’assegno non sarebbe previsto alcun aiuto economico.


L’emendamento prevede inoltre che il bonus da 500 euro sia comunque erogato non oltre il mese di dicembre.


Il contributo sarà messo in pagamento con priorità per coloro che ricevono l’ADI dalla sua introduzione, ossia a partire da gennaio 2024, avendo terminato il periodo di fruizione a giugno 2025.


L’INPS ricorda che, dal 1° luglio 2025, possono presentare una nuova domanda di rinnovo i beneficiari che hanno ricevuto tutte le 18 mensilità dell’ADI, a partire da gennaio 2024.


L’INPS invia un SMS di avviso agli interessati. La nuova prestazione decorrerà dal mese successivo alla domanda; i primi pagamenti, in caso di esito positivo, sono previsti per il 14 agosto 2025.


Se il nucleo familiare non ha subito cambiamenti (a parte nascite o decessi), non è necessario iscriversi nuovamente al SIISL né firmare un nuovo Patto di Attivazione Digitale (PAD). Verranno considerati validi quelli già sottoscritti con la precedente domanda. Se il richiedente compila comunque un nuovo PAD, questo sarà trattato come aggiornamento.


Per la compilazione si utilizza lo stesso modello già previsto per la prima domanda.


tramite il portale dell’INPS con credenziali SPID, CIE, CNS o eIDAS, oppure con il supporto di CAF e Patronati.


Può presentarla lo stesso richiedente o un altro maggiorenne del nucleo originario.


Eventuali certificazioni di svantaggio già utilizzate devono essere ancora valide. In caso di scadenza, bisogna avere nuova documentazione prima della presentazione.


Se si vuole mantenere la suddivisione individuale del beneficio (carta ADI) tra più membri, la richiesta va ripetuta nella nuova domanda.


Obbligo di presentazione ai Servizi Sociali


Resta valido l’obbligo di presentarsi ai Servizi Sociali entro 120 giorni dalla presentazione della domanda (decorrenza coincidente con la data del nuovo invio). Per nuclei fragili, saranno previste modalità alternative di contatto.


L’ADI consiste in un contributo economico   destinato solo alle famiglie in cui ci sono componenti fragili o svantaggiati come:


 minori, anziani sopra i sessant'anni, disabili.


L'importo è proporzionato all’ISEE familiare (che non deve superare i 9360 e al numero di componenti, con un minimo di 480 euro mensili cui si aggiungono 3360 euro annui di contributo affitto. Vedi tutti i requisiti aggiornati in dettaglio nell'articolo Assegno inclusione e SFL 2025 soglie e istruzioni.


Dura 18 mesi con stop di 1 mese e possibili rinnovi di ulteriori 12 mesi.






domenica 13 luglio 2025

Bonus mamme lavoratrici: 480 euro a dicembre

 



Finalmente una buona notizia per le mamme lavoratrici: è stato potenziato l'ammontare delle risorse da destinare al contributo introdotto originariamente, a loro favore, dalla Legge di Bilancio 2024.

La somma sarà erogata dall’INPS, su richiesta dell’interessata, in un’unica soluzione nel mese di dicembre, per un totale di 480 euro netti, esenti da prelievi fiscali e contributivi. La misura è riservata a chi ha un reddito da lavoro inferiore a 40.000 euro annui e il contributo riconosciuto non rileva ai fini del calcolo dell’ISEE.

Lo stesso contributo è riconosciuto anche alle lavoratrici con tre o più figli con contratto a tempo determinato, autonome e professioniste, fino al compimento del diciottesimo anno del figlio più piccolo. Per le madri con tre o più figli titolari di contratto a tempo indeterminato, proseguono invece gli incentivi già previsti dalla manovra 2025, che continueranno per tutto il 2026.

Il bonus spetta alle lavoratrici dipendenti, escluse le domestiche, a quelle autonome iscritte all’Inps (artigiane, etc.) o alla gestione separata INPS (professioniste senza cassa) o a una cassa professionale (avvocati, notai, etc.), a condizione di avere un reddito da lavoro non superiore a 40.000 euro su base annua.

Qual è ora la novità?

La novità è contenuta nell'art. 6 del D.L. 30 giugno 2025, n. 95. Il legislatore, nell'ambito di tale disposizione, stanzia ulteriori 180 milioni di euro, che si aggiungono ai 300 milioni già previsti dalla Legge di Bilancio 2025, portando il totale delle risorse a 480 milioni. Il contributo si traduce in un beneficio di 40 euro al mese per tutto il 2025 per le lavoratrici madri con due figli, fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.

La somma sarà erogata dall'INPS, su richiesta dell'interessato, in un'unica soluzione nel mese di dicembre, per un totale di 480 euro netti, esenti da prelievi fiscali e contributivi. La misura è riservata a chi ha un reddito da lavoro inferiore a 40.000 euro annui e il contributo riconosciuto non rileva ai fini del calcolo dell'ISEE.

Lo stesso contributo è riconosciuto anche alle lavoratrici con tre o più figli con contratto a tempo determinato, autonome e professioniste, fino al compimento del diciottesimo anno del figlio più piccolo.

Per le madri con tre o più figli titolari di contratto a tempo indeterminato, proseguono invece gli incentivi già previsti dalla manovra 2025, che continueranno per tutto il 2026.




sabato 12 luglio 2025

Incentivo al posticipo del pensionamento per il 2025

 



L’ INPS chiarisce le modalità di richiesta dello sgravio contributivo previsto per i lavoratori che pur in possesso dei requisiti per il pensionamento anticipato, scelgano di posticipare l'uscita dal lavoro. 

La novità legislativa prevede che possano accedere alla misura non solo i lavoratori che maturano il diritto alla pensione anticipata flessibile (Quota 103) come previsto dalla previgente disciplina, ma anche i soggetti che raggiungano il diritto alla pensione anticipata. L’agevolazione, già prevista dal 2023 per i soggetti con i requisiti per la pensione anticipata flessibile “Quota 103”, prevede la possibilità di rinunciare all’accredito contributivo della quota IVS a proprio carico. In tal caso, il datore di lavoro non verserà tale quota all’Inps, ma la corrisponderà interamente al lavoratore in busta paga, sotto forma di incentivo esentasse.

L'incentivo, precedentemente riservato solo ai beneficiari di pensione anticipata flessibile (Quota 102), viene ora estesa anche a chi raggiunge i requisiti per la pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne).

Possono accedere all'incentivo i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, che:

sono iscritti all'Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) oppure a forme sostitutive o esclusive;

maturano entro il 31 dicembre 2025 i requisiti per la pensione anticipata flessibile (Quota 102) o per la pensione anticipata ordinaria;

scelgono di continuare a lavorare invece di andare in pensione;

non sono già titolari di pensione diretta (eccetto Assegno di invalidità);

non hanno raggiunto l'età per la pensione di vecchiaia.


L'esonero viene applicato dalla prima data utile per il pensionamento, se la domanda è presentata prima; dal mese successivo alla presentazione della domanda, se presentata dopo la maturazione dei requisiti.

L'incentivo cessa quando il lavoratore:

revoca la facoltà di rinuncia (possibile una sola volta);

raggiunge l'età per la pensione di vecchiaia;

consegue una pensione diretta.

La legge garantisce la facoltà ai lavoratori dipendenti, iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria o a forme sostitutive ed esclusive della medesima   di rinunciare all’accredito nel montante contributivo della quota di contributi  a loro carico, ottenendo invece l'accredito delle somme in busta paga.

L'importo del bonus corrisponde a circa il 10% della retribuzione imponibile.

Le somme da quest’anno non sono imponibili né ai fini fiscali, né ai fini contributivi e dunque non contribuiranno al montante pensionistico. In sostanza chi continua a lavorare e sceglie di non versare i contributi a suo carico, avrà una pensione più bassa rispetto a quella che maturerebbe continuando a versare la contribuzione piena.

Il bonus contributivo cessa al raggiungimento di una pensione diretta, fatta eccezione per l’assegno ordinario di invalidità, o al conseguimento dell’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia.

La rinuncia al versamento dei contributi può essere esercitata una sola volta e ha effetto nei confronti di tutti i rapporti di lavoro, anche successivi ed è revocabile.

ATTENZIONE: In caso di variazione del datore di lavoro, la scelta di avvalersi dell'incentivo viene automaticamente applicata e l'INPS  ne  dà comunicazione al nuovo datore di lavoro. 

Il decreto attuativo specificava anche che:

l'importo dei contributi non versati all'INPS e riconosciuti al lavoratore riguarda esclusivamente i contributi pensionistici, sono esclusi quindi ad esempio i contributi Tfs dei pubblici dipendenti e al FIS  fondo di integrazione salariale per alcuni settori del privato.

per coloro che hanno i requisiti per gli esoneri contributivi della  legge di bilancio 2022,  pari al 3% per imponibili  fino 1.923 euro e al 2% per imponibili superiori e fino a 2.692 euro, e del  decreto lavoro  48/2023 (ulteriore taglio del 4% in vigore dal luglio 2023) l’incentivo sarà calcolato al netto  ma  gli importi saranno comunque conteggiati per la pensione di vecchiaia.

La richiesta per  ottenere il  bonus corrispondente all'esonero contributivo già dalla prima data utile va fatta all’Inps,  che verifica i requisiti  e comunica l'esito entro 30 giorni  al datore di lavoro, il quale  riconosce il  beneficio in busta paga.

Incentivo posticipo pensione: la domanda telematica

Come anticipato, INPS ha comunicato che il sistema di gestione delle domande di pensione è stato implementato per consentire la presentazione della domanda di incentivo al posticipo del pensionamento previsto dall’articolo 1, comma 286, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, come modificato dall’articolo 1, comma 161, della legge 30 dicembre 2024, n. 207.

La domanda va inviata dal seguente percorso 

“Verifica del requisito per l’accesso all’incentivo al posticipo del pensionamento”

Gruppo:     Certificazione

Prodotto:    Verifica delle condizioni di accesso

Tipo:         Incentivo al posticipo del pensionamento

L’istanza può essere presentata attraverso i seguenti canali:

direttamente dal sito internet www.inps.it, accedendo tramite SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di Livello 2, CNS (Carta Nazionale dei Servizi), CIE (Carta di Identità Elettronica 3.0) o eIDAS, seguendo il percorso “Pensione e Previdenza” > “Domanda di pensione” 

“Aree tematiche” > “Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, Certificazioni, APE Sociale e Beneficio precoci” > “Accedi all’area tematica” > “Certificati”;

utilizzando i servizi telematici offerti dagli Istituti di patronato riconosciuti o 

contattando il Contact Center Multicanale al numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) o al numero 06164164 (da rete mobile a pagamento in base alla tariffa applicata dai diversi gestori).




domenica 27 aprile 2025

Pensioni 2025: tutte le novità tra formule, decorrenze e aumenti

 


Le misure contenute nel capitolo previdenziale della Legge di Bilancio 2025 pubblicata in Gazzetta Ufficiale ed in vigore dal 1° gennaio rivelano la scelta di Governo di non rompere ancora con il passato, muovendosi tra continuità e adeguamenti minimi.

Novità importanti riguardano la rivalutazione degli assegni, con il ritorno alla perequazione automatica, ed il potenziamento degli incentivi per chi rinuncia a lasciare il lavoro. Se però non si assiste ancora una riforma delle pensioni organica, vengono comunque introdotte piccole modifiche per incentivare la permanenza al lavoro e garantire un sostegno alle fasce più deboli.

Il futuro delle pensioni: conferme e nuove misure per il 2025

La Manovra 2025 introduce alcune modifiche al sistema pensionistico, pur confermando le misure attualmente in vigore. Sebbene non si assista a un superamento della Legge Fornero (nè ad un suo pieno ritorno), restano comunque valide ancora per un anni Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna.

Da segnalare che è ancora attesa la proposta del CNEL su cui il governo dovrebbe imbastire la riforma delle pensioni, in forma di legge a sè rispetto alla Manovra.

Strumenti per l’uscita anticipata

Quota 103, APE Sociale e Opzione Donna rimangono i cardini per il pensionamento anticipato fuori dalle formule ordinarie.

Quota 103 permette la pensione a 62 anni con almeno 41 anni di contributi, l’APE Sociale prevede l’uscita anticipata a 63 anni per determinate categorie con 30 anni di contributi e l’Opzione Donna il pensionamento a con almeno 35 anni di contributi e 61 anni entro il 31 dicembre 2024, con riduzione di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni (quindi, 59 anni con due o più figli).

Per la pensione anticipata ordinaria viene introdotto un’agevolazione per madri con quattro figli o più. 

Per le lavoratrici, di contro, viene eliminato il limite massimo di 12 mesi per lo sconto sull’età pensionabile legato al numero di figli.

Tutti i requisiti per la pensione 2025, formula per formula

Nel 2025 restano sostanzialmente invariate le attuali formule per l’uscita ordinaria e anticipata (vecchia o anzianità), per specifiche categorie svantaggiate o fragili e per chi cerca la flessibilità in uscita (lasciando prima il lavoro a scapito di una penalizzazione sull’assegno).

Pensione di vecchiaia ordinaria

 Requisiti: 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi versati.

Pensione anticipata ordinaria

 Uomini: 42 anni e 10 mesi di contributi.

 Donne: 41 anni e 10 mesi di contributi.

Quota 103

 Requisiti: 62 anni di età e 41 anni di contributi.

 NB: questa misura, prorogata per il 2025, prevede un tetto all’importo dell’assegno fino al raggiungimento dei 67 anni.

Opzione Donna

 Requisiti: 61 anni entro il 31 dicembre 2024 con riduzione di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due (quindi, 59 anni con due o più figli) ed almeno 35 anni di contributi.

 NB: riservata solo ad alcune lavoratrici, consente un calcolo dell’assegno interamente contributivo.

 Beneficiarie

 Caregiver: lavoratrici che assistono, da almeno sei mesi, un familiare convivente con disabilità grave ai sensi della Legge 104/1992.

 Invalide: lavoratrici con una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 74%, certificata dalle commissioni mediche competenti.

 Dipendenti di Aziende in Crisi: lavoratrici licenziate o dipendenti di imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso il Ministero competente.

APE Sociale

 Requisiti: 63 anni di età e almeno 30 anni di contributi (36 per lavori gravosi).

 NB: riservata a categorie specifiche come disoccupati, caregiver, invalidi e addetti a lavori gravosi.

Lavori usuranti

 Requisiti: 61 anni e 7 mesi di età, 35 anni di contributi e raggiungimento di quota 97,6 (somma di età e contributi).

Come si vede, Quota 103, APE Sociale e Opzione Donna sono state prorogate per il 2025 mantenendo invariati i requisiti rispetto all’anno precedente. Anche i requisiti per la pensione di vecchiaia e per quella anticipata non hanno subito scatti dovuti ad eventuali incrementi delle aspettative di vita.

Decorrenza pensione: finestre mobili 2025

Le “finestre mobili” rappresentano il periodo che intercorre tra la maturazione dei requisiti per la pensione e l’effettiva erogazione dell’assegno pensionistico. Questo meccanismo è stato introdotto per contenere la spesa pensionistica, posticipando il pagamento della pensione rispetto al momento in cui si raggiungono i requisiti necessari.

Per il 2025, sono previste alcune modifiche alle finestre mobili per diverse tipologie di pensione:

 Pensione anticipata ordinaria

Attualmente, la finestra mobile è di 3 mesi nel privato e variabile nel pubblico in base alla gestione di appartenenza. Per gli iscritti ex-INPDAP (CPDEL, CPS, CPI, CPUG) con meno di 15 anni di contributi al 31 dicembre 1995 e che maturano i requisiti pensionistici dal 1° gennaio 2024 in poi, queste finestre saranno:

 3 mesi per requisiti maturati entro il 31 dicembre 2024.

 4 mesi per requisiti maturati entro il 31 dicembre 2025.

 5 mesi per requisiti maturati entro il 31 dicembre 2026.

 7 mesi per requisiti maturati entro il 31 dicembre 2027.

 9 mesi per requisiti maturati dal 1° gennaio 2028 in poi.

 Quota 103

Confermata anche per il 2025, permette il pensionamento con 62 anni di età e 41 anni di contributi. Le finestre mobili rimangono invariate: 7 mesi per i lavoratori dipendenti del settore privato e gli autonomi; 9 mesi per i dipendenti pubblici.

 Opzione Donna

Prevede una finestra mobile di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le autonome. Non sono state annunciate modifiche a tali finestre per il 2025.

 Pensione Precoci (Quota 41)

Finestra mobile di 3 mesi dalla maturazione dei requisiti contributivi.

 Pensione Usuranti e Gravosi

La finestra mobile varia in base alla categoria.

Rivalutazioni pensioni: aumenti 2025 fascia per fascia

Dal 1° gennaio 2025, le pensioni saranno rivalutate sulla base di un tasso di inflazione stimato allo 0,8%. Gli aumenti saranno proporzionali agli importi degli assegni:

Pensione Rivalutazione Aumento

Fino a 4 volte il minimo Inps

(2.394 €) 100% dello 0,8% Da 1.000 € a 1.008 €

Tra 4 e 5 volte il minimo

(2.394-2.993 €) 90% dello 0,8% Da 2.500 € a 2.519,92 €

Oltre 5 volte il minimo

(>2.993 €) 75% dello 0,8% Da 3.200 € a 3.224,71 €

Questo adeguamento è inferiore rispetto agli anni precedenti a causa di una minore inflazione, ma garantisce comunque un aumento per tutti i pensionati.

Pensioni minime 2025: nuovi importi

A partire dal 1° gennaio 2025, le pensioni minime subiranno un incremento, passando da 614,77 euro a 616,67 euro mensili, corrispondente a un aumento dello 0,8%. L’adeguamento dovrebbe sostenere il potere d’acquisto dei pensionati con trattamenti più bassi ma nei fatti si limita a pochi euro anche se la Legge di Bilancio prevede un aumento straordinario del 2,7%.

Pensioni di invalidità 2025: importi e novità

Nel 2025, le pensioni di invalidità civile continuano a essere erogate secondo i requisiti stabiliti per legge, senza modifiche significative rispetto agli anni precedenti.

L’importo mensile base previsto per l’assegno di invalidità civile è soggetto a rivalutazione annuale sulla base del tasso di inflazione stabilito dal Ministero dell’Economia, fissato per quest’anno allo 0,8%. Pertanto, l’assegno per gli invalidi civili totali passa da 313,91 euro nel 2024 a circa 316,42 euro nel 2025. Questo aumento tiene conto dell’adeguamento al costo della vita per garantire una copertura minima dei bisogni essenziali.

Caregiver

Bonus 850 euro per gli invalidi: domande INPS al via 2 Gennaio 2025

Per accedere alla pensione di invalidità civile piena è necessario il riconoscimento di un’invalidità pari al 100%, oltre a rispettare i limiti di reddito annuo, che per il 2025 ammontano a circa 17.920 euro. Gli invalidi parziali con percentuale tra il 74% e il 99% possono invece ottenere un assegno mensile di 313,91 euro, anch’esso rivalutato.

Il governo ha inoltre confermato il diritto all’aumento al milione per gli invalidi civili totali di età pari o superiore ai 67 anni, portando il trattamento complessivo a circa 618 euro mensili, allineato al trattamento minimo pensionistico.

Assegno sociale e trattamento minimo INPS nel 2025

Nel 2025, l’importo dell’assegno sociale e del trattamento minimo INPS è stato aggiornato per riflettere il tasso di rivalutazione stabilito dal Ministero dell’Economia, fissato allo 0,8%. Questo adeguamento mira a tutelare il potere d’acquisto dei pensionati, soprattutto nelle fasce di reddito più basse.

L’assegno sociale, destinato ai cittadini con redditi inferiori alle soglie previste dalla normativa, passa da 503,27 euro al mese del 2024 a circa 507,29 euro mensili nel 2025. Per avere diritto all’assegno sociale è necessario soddisfare i requisiti anagrafici, che restano fissati a 67 anni di età, e di reddito, che non deve superare i 6.595 euro annui per i non coniugati e i 13.190 euro per i coniugati.

Il trattamento minimo INPS, previsto per chi riceve pensioni di importo particolarmente basso, aumenta da 614,77 euro del 2024 a circa 619,68 euro al mese nel 2025, grazie alla perequazione automatica. Tale incremento beneficia principalmente i pensionati che hanno maturato pochi anni di contribuzione, garantendo loro un livello minimo di sostegno economico.

Questi adeguamenti confermano l’impegno dello Stato a sostenere le fasce più vulnerabili della popolazione, assicurando una copertura minima per far fronte ai bisogni essenziali.

Incentivi per chi resta al lavoro

Chi decide di non accedere al pensionamento anticipato tramite Quota 103 e pensione anticipata ordinaria potrà beneficiare del Bonus Maroni, incentivo fiscale che consente di ricevere in busta paga la quota contributiva a carico del dipendente. La misura garantisce un aumento dello stipendio netto fino alla pensione di vecchiaia, grazie alla decontribuzione della quota IVS a carico del dipendente (di norma pari al 9,19%), che invece viene erogata direttamente in busta paga, aumentando così il netto percepito fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia.

In precedenza, il Bonus Maroni era riservato ai lavoratori che avevano raggiunto i requisiti per la “Quota 103” (62 anni di età e 41 anni di contributi). Dal 2025, l’incentivo è esteso anche a coloro che maturano il diritto alla pensione anticipata ordinaria, ossia gli uomini con 42 anni e 10 mesi di contributi e le donne con 41 anni e 10 mesi.

Un’altra novità è la defiscalizzazione del bonus. La somma aggiuntiva che il lavoratore riceve in busta paga, corrispondente alla quota di contributi previdenziali a suo carico (circa il 9,19% della retribuzione lorda), non concorre a formare la base imponibile e, quindi, non è soggetta a tassazione. Significa che l’intero importo viene percepito netto dal lavoratore, aumentando lo stipendio.

Il Bonus Maroni non viene applicato automaticamente: il lavoratore interessato deve presentare richiesta al datore di lavoro per beneficiare dell’incentivo. Questa scelta comporta una riduzione del montante contributivo e, di conseguenza, un possibile decremento dell’importo della futura pensione.

mercoledì 1 maggio 2024

Decreto "Primo maggio", bonus da 100 euro in arrivo a gennaio 2025

 



E’ stato ha approvato un nuovo decreto attuativo di riforma fiscale che contiene novità IRPEF e IRES. che prevede una serie di novità fiscali per imprese e autonomi, affiancandosi alle nuove esclusioni di componenti del reddito previsto per il lavoro dipendente e al cosiddetto bonus tredicesima una tantum che sarà erogato il prossimo gennaio.

Riguardo al bonus di 100 euro ne beneficeranno le famiglie monoreddito con coniuge e almeno un figlio a carico e famiglie monogenitoriali.

Sono state stabilite anche dei sostegni alle assunzioni

Bonus assunzioni giovani e donne: Dal 1° luglio 2024 al 31 dicembre 2025, i datori di lavoro che assumono giovani under 35 a tempo indeterminato saranno esonerati dal versamento dei contributi previdenziali fino a 500 euro mensili per un massimo di 24 mesi. Per le lavoratrici svantaggiate, l’esonero sale a 650 euro mensili.

Bonus ZES: Per favorire l’occupazione nelle Zone Economiche Speciali del Mezzogiorno, è previsto uno sgravio contributivo del 100% per un massimo di due anni (fino a 650 euro per lavoratore) per le aziende fino a 15 dipendenti.

Incentivi imprese giovani in digitale e green: Decontribuzione totale per tre anni (fino a 800 euro mensili) per le imprese guidate da under 35 nei settori del digitale e della transizione ecologica.

Per gli autonomi ci sono in particolare nuove deduzioni e ammortamenti per uniformare la loro tassazione a quella delle società, mentre per le imprese interventi di semplificazione fiscale e nuovi criteri di determinazione del reddito.

Tra le misure approvate c'è anche il bonus da 100 euro che sarà erogato nel 2025. Il bonus è indirizzato a tutti quelli che percepiscono un reddito fino a 28 mila euro l'anno lordi e hanno un minore a carico e sarà erogato attraverso sostituti d'imposta nel mese di gennaio con i seguenti requisiti:

 reddito complessivo fino a 28mila euro (rileva quello complessivo e non solo quello da lavoro dipendente), con la comunicazione da parte del lavoratore al sostituto d’imposta a fine anno, sulla presenza di eventuali altri redditi oltre alla RAL;

coniuge e almeno un figlio entrambi a carico, oppure per i nuclei monogenitoriali almeno un figlio a carico;

 capienza fiscale, ossia imposta lorda d’importo superiore a quello delle detrazioni spettanti, determinata sui redditi da lavoro dipendente percepiti dal lavoratore, con esclusione di pensioni e di assegni a esse equiparati.


Altre agevolazioni in busta paga

Si escludono dalla formazione del reddito di lavoro dipendente i contributi e premi versati dal datore di lavoro per i familiari a carico in relazione a prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza o di gravi patologie.

Nuova tassazione per il lavoro autonomo

Per professionisti e lavoratori autonomi si introduce il principio di onnicomprensività, in analogia ai lavoratori dipendenti.

Quindi, il reddito è costituito dalla differenza fra tutte le somme percepite nel periodo d’imposta e le spese sostenute. Si escludono, oltre ai contributi assistenziali e previdenziali, i rimborsi del committente e il riaddebito ad altri soggetti delle spese per l’uso comune degli immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l’esercizio dell’attività.

Si estende il regime della tassazione separata alle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni, società ed enti, comunque riferibili all’attività artistica professionale.





venerdì 26 aprile 2024

Quanto si paga di Irpef in busta paga?



Scaglioni e aliquote IRPEF e calcolo stipendio: come incidono tasse e detrazioni e come si arriva al netto partendo dal lordo.

A partire dagli scaglioni e aliquote IRPEF in busta paga (detrazione sul lavoro dipendente), chiariamo come funziona la tassazione del lavoro dipendente e come calcolare lo stipendio netto partendo dal lordo.

Stipendio netto: come si ottiene

Il parametro fondamentale da considerare per calcolare lo stipendio al netto delle tasse è proprio il calcolo dell’IRPEF, che dipende dallo scaglione nel quale si rientra in base alla propria retribuzione lorda annua (RAL).

Tra le tasse sullo stipendio, trattenute dal datore di lavoro in qualità di sostituto di imposta, ci sono infatti le imposte sul reddito (IRPEF) e le addizionali comunali e regionali, oltre alle ritenute previdenziali e assistenziali (ovvero i contributi INPS a carico del lavoratore). Anche nel calcolo delle agevolazioni che incrementano lo stipendio netto in busta paga (come le detrazioni fiscali per lavoro dipendente e per carichi familiari) bisogna tenere conto dell’IRPEF, non potendo essere superiori all’imposta da pagare. Quindi, riassumendo, per sapere quanto si toglie dal lordo al netto sullo stipendio:

si parte dalla RAL;

si sottraggono i contributi previdenziali e assistenziali, ottenendo l’importo imponibile;

si sottrare l’IRPEF calcolato sull’imponibile;

si sommano eventuali detrazioni e bonus.

Applicazione scaglioni e aliquote IRPEF

Il nostro Ordinamento prevede che l’imposta sul reddito delle persone fisiche sia proporzionale al reddito generato. Quindi, l’IRPEF si calcola applicando una percentuale al reddito, con aliquote differenziate in base allo scaglione di reddito prodotto.

La revisione del meccanismo IRPEF per il 2024 ha lo scopo di abbassare le tasse ed aumentare lo stipendio netto in busta paga. Come? Riducendo l’aliquota d’imposta applicata al proprio reddito imponibile. Le attuali aliquote IRPEF prevedono dunque tre scaglioni e le seguenti percentuali impositive:

scaglione IRPEF (redditi fino a 28mila euro): aliquota 23%

scaglione IRPEF (redditi 28-50mila euro): aliquota 35%

scaglione IRPEF (oltre 50mila euro): aliquota 43%.

Dall'anno 2024 le aliquote Irpef passano da quattro a tre aliquote. I contribuenti pagano una aliquota Irpef del 23% fino a 28.000 euro, essendo state accorpati i primi due scaglioni di reddito.

L’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) è un’imposta diretta, progressiva e proporzionale al reddito. Per calcolare l’Irpef dovuta è necessario applicare al reddito complessivo del contribuente le aliquote e scaglioni Irpef per scaglioni di reddito, che sono stabilite in misura percentuale dal TUIR, il Testo Unico sulle imposte sui redditi.

Le aliquote Irpef 2024 vanno dal 23% al 43% per il calcolo della tassazione annuale del contribuente e sono le seguenti tre aliquote dell'imposta sul reddito delle persone fisiche:

"L’imposta lorda è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:

a) fino a 28.000 euro, 23 per cento;

b) oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35 per cento;

c) oltre 50.000 euro, 43 per cento".

Sono state accorpate le prime due aliquote con una riduzione dell'Irpef del 2% dal 2024 rispetto al 2023 (del 4% dal 2021).

Calcolare lo stipendio netto. Per capire nella pratica di quanto si può ridurre lo stipendio netto in busta paga una volta che sono state applicate le tasse sulla retribuzione lorda (applicando le detrazioni spettanti e calcolando la contribuzione dovuta), facciamo un esempio realistico. 

Non ci dovremo stupire se, in modo progressivo e proporzionale all’importo lordo, il netto arriva a diminuire anche del 40%, con un minimo del 25% circa di riduzione rispetto al lordo: più elevata è la RAL e più pesante è l’imposizione fiscale IRPEF.

Vediamo: se uno stipendio lordo mensile di 2.450 euro (con IRPEF al 23% fino a 28mila euro annui,

corrispondente ad una RAL annua di circa 30mila euro (da cui sottrarre la ritenuta INPS),

equivale ad uno stipendio netto mensile di 1850 euro (applicando le detrazioni e dividendo per le mensilità contrattuali).



mercoledì 29 novembre 2023

Busta paga: esonero contributivo. Come si applica in busta paga dal 1° luglio

 



Per i periodi di paga dal 1° luglio al 31 dicembre 2023 si applica la maggiorazione dell’esonero contributivo secondo le modalità previste dal decreto Lavoro. L’agevolazione riguarda tutti i lavoratori, pubblici e privati, a prescindere dalla loro natura imprenditoriale, diversi dal lavoro domestico. Nello specifico, la riduzione contributiva è di 7 punti percentuali se la retribuzione imponibile riparametrata su base mensile non risulti superiore a 1.923 euro e di 6 punti percentuali se la retribuzione imponibile non risulti superiore a 2.692 euro. Per l’applicazione in busta paga e visto il numero di norme e interventi di prassi succedutesi nel tempo è quindi necessario conoscere le regole per la corretta applicazione. 

L'INPS chiarisce per quali contratti si applica il taglio del cuneo fiscale in busta paga da luglio e dicembre e calcola lo sconto con il cumulo di bonus.

Per i periodi di paga dal 1° luglio al 31 dicembre 2023, l’esonero contributivo previsto dal Decreto Lavoro (convertito nella Legge 85/2023), si applica sulla quota dei contributi IVS in relazione a tutti i rapporti di lavoro subordinato (esclusi domestici), sia instaurati che instaurandi.

Nel taglio del cuneo fiscale sono compresi anche i rapporti di apprendistato, nel rispetto delle soglie di retribuzione mensile ammessa. Lo ha chiarito l’INPS, con la nuova Circolare 2924 del 10 agosto 2023, che spiega anche come si calcola lo sconto in presenza di altri bonus.

Sconto previdenziale fino a dicembre, caso per caso

La misura del taglio applicato al cuneo fiscale (in questo caso contributivo per invalidità, vecchiaia e superstiti, per la quota a carico dei lavoratori) è pari a:

6%, se la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non eccede l’importo mensile di 2.692 euro;

7%, se la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non eccede l’importo mensile di 1.923 euro.

Per la tredicesima in un’unica soluzione, l’articolo 39 del DL 48/2023 non prevede invece sconti, quindi l’esonero trova applicazione secondo le misure seguenti:

2%, se la tredicesima mensilità non eccede l’importo di 2.692 euro;

3%, se la tredicesima mensilità non eccede l’importo di 1.923 euro.

Laddove la tredicesima con rateo mensile, la riduzione sul singolo rateo si applica nella seguente misura:

 2%, se il rateo mensile di tredicesima non eccede l’importo di 224 euro (ossia 2.692 euro/12);

 3%, se il rateo mensile di tredicesima non eccede l’importo di 160 euro (ossia 1.923 euro/12).


Esonero IVS cumulabile con i bonus per assunzione agevolata

L’esonero contributivo di cui sopra, inoltre, in base ai nuovi chiarimenti INPS è cumulabile:

con gli esoneri previsti a legislazione vigente relativi alla contribuzione dovuta dal datore di lavoro, nonché con l’incentivo NEET disciplinato dall’articolo 27 del medesimo decreto-legge n. 48/2023.


Priorità tra bonus e casi particolari

L’agevolazione in oggetti, inoltre, risulta anche cumulabile:

con l’esonero del 50% della quota dei contributi previdenziali a carico della lavoratrice madre che sia rientrata in servizio entro il 31 dicembre 2022, previsto dall’articolo 1, comma 137, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di Bilancio 2022).

NB: se ci sono i presupposti per l’operatività di entrambe le misure sulla quota a carico della lavoratrice, va applicata in via prioritaria la riduzione del 50% della quota complessiva a carico della lavoratrice madre (codice causale “ELAM”). Pertanto, l’esonero IVS si applicherà eventualmente sulla contribuzione residua fermo restando il divieto di applicare un esonero che ecceda la quota di contributi IVS di spettanza della lavoratrice.





venerdì 17 novembre 2023

Come calcolare lo stipendio part time: guida al calcolo




Come calcolare lo stipendio di un contratto part time a 20, 24, 30 o 36 ore? La prima cosa che viene da pensare potrebbe essere quella di fare una proporzione rispetto allo stipendio a tempo pieno, a partire dal netto. In realtà è un errore: bisogna impostare una proporzione partendo dal lordo ed inoltre considerare l’eventuale scaglione IRPEF che andrebbe a colpire il reddito.


Vediamo le regole per il passaggio dal lordo al netto senza errori.


Come si calcola lo stipendio netto con un contratto part-time? Le regole sono differenti da quelle del passaggio dal lordo al netto in un contratto full time?


Sono le tipiche domande che si pongono i lavoratori in procinto di passare da un contratto a tempo pieno ad uno a tempo parziale, per capire a quanto corrisponderà di netto in busta paga la RAL (Retribuzione Annua Lorda) proposta dal datore di lavoro:


Effettivamente ci sono alcune variabili da considerare quando si effettua il calcolo dello stipendio netto part-time: non basta fare una proporzione delle ore lavorate in caso di full-time, ma bisogna tenere in considerazione il diverso scaglione IRPEF in cui si andrebbe a ricadere. Vediamo tutto in dettaglio.


Come calcolare lo stipendio netto in part-time?

Come nei contratti a tempo pieno, anche nel part-time il calcolo dello stipendio netto parte andando ad individuare le voci di salario non fisse, che contribuiscono a far variare il reddito netto:


1) aliquota IRPEF in base allo scaglione nel quale si ricade rispetto alla RAL e detrazioni spettanti (tenendo conto che le tasse da versare a fine anno dipendono anche dalla presenza di altri redditi);

2) aliquota contributiva a carico del lavoratore applicata dall’Ente previdenziale di appartenenza;

3) addizionali regionali, provinciali e comunali;

4) bonus IRPEF in busta paga, per i dipendenti;

5) spese in deduzione per autonomi e professionisti (Partite IVA).


Qual è la formula per il calcolo del netto in busta paga?

In caso di contratto di lavoro dipendente part-time, la formula per il calcolo dal lordo al netto mensile rimane la seguente: Retribuzione netta = (Reddito imponibile – Imposta netta)/numero di mensilità + eventuale Bonus IRPEF Laddove:

Reddito imponibile = retribuzione lorda (RAL) – contributi INPS versati dal lavoratore (in media il 9%), al netto del taglio del cuneo fiscale per alcuni redditi, applicati nel 2023 in base alle previsioni della Manovra;


Imposta lorda = IRPEF + addizionali;

Detrazioni = da lavoro dipendente + eventuali carichi di famiglia;

Imposta netta = imposta lorda – detrazioni.


Esempi di calcolo stipendio part-time?

Per calcolare lo stipendi netto con un contratto part-time, possiamo fare il seguente esempio: con RAL di 10.000 euro e contratto di 20 ore a settimana su 14 mensilità, il calcolo dello stipendio netto sarà il seguente:


Reddito imponibile = 10.000 – 900 = 9.100;

IRPEF lorda = 9.100*23% =  2.093;

Imposta lorda = 2.093 + 123 + 80 = 2.296


Stipendio netto mensile part-time = (10.000 –  2.296- 1789.8) /14 +100 = 650 euro circa


Questo ipotizzando le addizionali generiche pari all’1,23% quella regionale e 0,8% quella comunale, senza considerare eventuali carichi di famiglia (diversi da quelli oggi ricadenti nell’Assegno Unico) la cui presenza, grazie alle detrazioni fiscali previste, aiuta a far salire il netto in busta paga.




domenica 8 ottobre 2023

Busta paga e RAL: calcolo dello stipendio netto

 




Guida alla RAL (Retribuzione Annua Lorda): come si usa questa voce in busta paga per calcolare lo stipendio netto e gli sconti INPS sull'imponibile.


Come si utilizza la RAL per calcolare lo stipendio netto dal lordo e qual è il significato esatto della sigla RAL? 

Sono tra le domande che più spesso si pongono i lavoratori che vanno a leggere la busta paga, tentando di comprenderne tutte le parti per desumere qual è la retribuzione annua lorda rispetto al netto percepito, o per capire a quanto ammonterà lo stipendio netto di una nuova proposta di lavoro formalizzata tramite RAL.

Vediamo dunque di chiarire cos’è la RAL, dal significato dell’acronimo al metodo di calcolo, fino al suo utilizzo nella stima dello stipendio netto percepito in busta paga.


Che cosa è la RAL?

La RAL è l’importo che viene concordato con il datore di lavoro in fase di assunzione e comprende anche il calcolo delle tasse sul reddito, quindi le trattenute IRPEF, assistenziali e previdenziali applicate dal datore di lavoro in qualità di sostituto di imposta. La RAL, dunque, comprende:

ogni retribuzione mensile lorda;

le ritenute previdenziali e assistenziali, solitamente i contributi INPS (9,49% su cui si applica il taglio del cuneo fiscale), a carico del lavoratore;

le trattenute IRPEF, quindi le tasse sugli stipendi dipendenti dallo scaglione di reddito nel quale si ricade.


Da RAL a stipendio netto

La RAL non include invece eventuali bonus in busta paga esentasse, come il Bonus Renzi, e le detrazioni fiscali (da lavoro dipendente) spettanti per legge. Questi importi vanno ad aumentare il netto in busta paga, ma non concorrono al lordo annuo.

Ecco perché in molti si chiedono come si effettua il calcolo dello stipendio netto, e come si arriva all’effettivo importo che arriverà nelle tasche del lavoratore, a fronte di una determinata RAL proposta dal nuovo datore di lavoro o in caso di aumento chiesto al capo, da pattuire proprio in termini di RAL.

Per calcolare lo stipendio netto a partire dal lordo, e quindi dalla RAL, si può utilizzare il pratico calcolatore online messo gratuitamente a disposizione su PMI.it, o procedere manualmente andando a:


calcolare l’imponibile IRPEF, pari alla RAL meno le ritenute previdenziali e assistenziali;

effettuare il calcolo delle tasse sul reddito, ovvero l’IRPEF dovuto in base allo scaglione in cui si ricade;

sottrarre alla RAL le ritenute previdenziali e assistenziali e l’IRPEF;

sottrarre le addizionali IRPEF comunali e regionali;

dividere l’importo dello stipendio netto annuale così ottenuto per il numero di mensilità previste dal proprio contratto o dal CCNL, tenendo quindi conto di eventuali tredicesima e quattordicesima);

aggiungere eventuali bonus e detrazioni spettanti.

Quanti sono al netto 30mila euro di RAL?

Il reddito netto dipende dalle detrazioni fiscali, dai contributi previdenziali e dal regime fiscale applicabile al reddito. In linea generale, si può fare un’ipotesi approssimativa assumendo una aliquota fiscale media e i contributi previdenziali per i dipendenti del settore privato in Italia): con un reddito annuo lordo di 30.000 euro, il reddito netto sarebbe approssimativamente di circa 22.400 euro.


Tuttavia, il reddito netto effettivo può variare in base a molteplici fattori, tra cui il regime fiscale applicabile e le detrazioni fiscali a cui si ha diritto, il trattamento integrativo spettante; perciò, è sempre meglio verificare con precisione il proprio reddito netto con un commercialista o un consulente fiscale. Ci sono da considerare anche gli sgravi INPS, come ad esempio il taglio del cuneo fiscale 2023.


Calcolo stipendio dalla RAL: esempi

Vediamo qualche esempio di calcolo dello stipendio netto a partire dal lordo (RAL) effettuato con il nostro calcolatore, considerando un lavoratore impiegato in Lombardia, senza carichi di famiglia al quale vengono corrisposte 13 mensilità:


con 15.000 euro di RAL lo stipendio netto sarà pari a 13.427 €, ossia 1.033 al mese;

con 20.000 euro di RAL lo stipendio netto sarà pari a 17.051 €, 1.312 € al mese;

con 20.000 euro di RAL lo stipendio netto sarà pari a 19.717 €, 1.517 € al mese;

con 30.000 euro di RAL lo stipendio netto sarà pari a 22.448 €, 1.727 € al mese;

con 40.000 euro di RAL lo stipendio netto sarà pari a 27.192 €, 2.092 € al mese;

con 50.000 euro di RAL lo stipendio netto sarà pari a 32.106 €, 2.470 € al mese;

con 60.000 euro di RAL lo stipendio netto sarà pari a 37.051 €, 2.850 € al mese;

con 70.000 euro di RAL lo stipendio netto sarà pari a 42.028 €, 3.233 € al mese.

Dove si vede la RAL in busta paga?

Le informazioni sopra descritte possono anche essere desunte dalla busta paga, RAL compresa. In particolare la retribuzione annua lorda è presente nella busta paga sotto la voce “Totale competenze”.  Ricordiamo brevemente come leggere la busta paga che, solitamente, è formata da quattro sezioni:


 anagrafica sia del dipendente che del datore di lavoro;

 retribuzione effettiva, contenente tutte le informazioni che consentono di capire quale è lo stipendio netto mensile effettivamente percepito dal lavoratore;

 sezione fiscale e previdenziale, con le indicazioni delle trattenute operate ai fini INPS, o di altro ente previdenziale, e dell’eventuale diritto ad agevolazioni fiscali;

 ore lavorate, un altro elemento importante che concorre alla determinazione dello stipendio mensile.

Come si calcola la RAL dalla busta paga?

Volendo calcolare la RAL partendo da una singola busta paga, bisogna:

prendere la retribuzione mensile lorda;

moltiplicarla per il numero di mensilità.

Oltre alla revisione di scaglioni e detrazioni sul lavoro, l’uscita di quelle per figli a carico confluite nell’Assegno Unico, il nuovo calcolo dell’ex Bonus 80,00 euro e l’aggiornamento delle addizionali regionali, a completare il quadro delle novità fiscali 2023 con impatto in busta paga c’è infine il taglio del cuneo fiscale per redditi da lavoro dipendente lordi fino a 35mila euro, pari al 2-3% da gennaio a luglio 2023 e al 6-7% da luglio a dicembre. Nel primo caso lo sconto riguarda anche la tredicesima.





martedì 25 aprile 2023

Indennità INPS importi per il 2023: malattia, maternità e paternità




A seguito dell'aggiornamento limite minimo di retribuzione giornaliera, l’INPS ha comunicato, nella Circolare n. 43, gli importi aggiornati per le indennità di malattia, maternità, paternità e tubercolosi nel 2023. Questi importi sono riferiti alle diverse categorie di lavoratori con diritto alle prestazioni in oggetto.


Indennità per dipendenti

Per i lavoratori dipendenti, gli importi delle indennità per malattia, maternità/paternità e tubercolosi variano in base alla tipologia di lavoratore e alla prestazione. Di seguito sono riportati i dettagli per ciascuna categoria.


Lavoratori soci di società e di enti cooperativi, anche di fatto Retribuzione del mese precedente, comunque non inferiore al minimale di 53,95 euro


Lavoratori agricoli a tempo determinato Retribuzione di base per la liquidazione delle prestazioni pari a 48,00 euro


Compartecipanti familiari e piccoli coloni Lavoratori italiani operanti all’estero in paesi extracomunitari


Riferimento: retribuzioni convenzionali 2023 In via temporanea il reddito annuo è 60,26 euro


Indennità per lavoratori domestici

Per i lavoratori italiani e stranieri addetti ai servizi domestici e familiari, gli importi di riferimento per l’indennità di maternità e paternità sono differenti e dipendono dalla retribuzione oraria effettiva:


7,90 euro per le retribuzioni orarie effettive fino a 8,92 euro;

8,92 euro per le retribuzioni orarie effettive superiori a 8,92 euro e fino a 10,86 euro;

10,86 euro per le retribuzioni orarie effettive superiori a 10,86 euro;

5,75 euro per i rapporti di lavoro con orario superiore a 24 ore settimanali.


Indennità per autonomi

L’INPS ha comunicato anche gli importi per il calcolo delle indennità di maternità, paternità, congedo parentale e interruzione della gravidanza per i lavoratori autonomi, suddivisi per categoria.

Coltivatori diretti, coloni, mezzadri, imprenditori agricoli professionali 48,00 euro, corrispondenti al limite minimo di retribuzione giornaliera fissata per l’anno 2023 per la qualifica di operaio dell’agricoltura, con riferimento alle nascite/ingressi in famiglia avvenuti nel 2023 anche quando il periodo indennizzabile abbia avuto inizio nel 2022 


Artigiani 53,95 euro, corrispondenti al limite minimo di retribuzione giornaliera


Commercianti 53,95 euro, corrispondenti al limite minimo di retribuzione giornaliera

Pescatori 29,98 euro, corrispondenti alla misura giornaliera del salario convenzionale


Indennità in Gestione Separata

Per i lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS, l’Istituto ha fornito gli importi 2023 per il calcolo delle prestazioni di malattia, degenza ospedaliera, maternità, paternità e congedo parentale.


Le aliquote contributive pensionistiche variano in base alla tipologia di lavoratore.


26,23% Liberi professionisti

33,72% Collaboratori e altre figure assimilate non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali non è prevista la contribuzione aggiuntiva DIS-COLL

35,03% Collaboratori e altre figure assimilate non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali è prevista la contribuzione aggiuntiva DIS-COLL

Per il 2023, il minimale di reddito è pari a 17.504 euro e il massimale è pari a 113.520,00 euro. Il limite di reddito per l’erogazione dell’indennità per degenza ospedaliera e dell’indennità di malattia è pari a 73.509,80 euro.


I contributi mensili utili e gli importi delle indennità per malattia e degenza ospedaliera sono calcolati in base alle mensilità di contribuzione accreditate nei dodici mesi precedenti l’evento.


I contributi mensili utili:


382,61 euro Liberi professionisti per i quali si applica l’aliquota del 26,23%


491,86 euro Collaboratori e altre figure assimilate per i quali si applica l’aliquota al 33,72%


510,97 euro Collaboratori e altre figure assimilate per i quali si applica l’aliquota al 35,03%






Gli importi per la degenza ospedaliera:

49,76 euro (16%) se nei 12 mesi precedenti l’evento risultano accreditate da 1 a 4 mensilità di contribuzione


74,64 euro (24%) se nei 12 mesi precedenti l’evento risultano accreditate da 5 a 8 mensilità di contribuzione


99,52 euro (32%) se nei 12 mesi precedenti l’evento risultano accreditate da 9 a 12 mensilità di contribuzione


Gli importi per l’indennità di malattia:

24,88 euro (8 per cento) se nei 12 mesi precedenti l’evento risultano accreditate da 1 a 4 mensilità di contribuzione


37,32 euro (12 per cento) se nei 12 mesi precedenti l’evento risultano accreditate da 5 a 8 mensilità di contribuzione


49,76 euro (16 per cento) se nei 12 mesi precedenti l’evento risultano accreditate da 9 a 12 mensilità di contribuzione





sabato 21 gennaio 2023

Contratto di Prestazione occasionale: le novità INPS 2023




Con la circolare INPS 19 gennaio 2023, n. 6 l’Istituto riepiloga il quadro normativo di riferimento e fornisce le indicazioni sulle nuove norme introdotte dalla legge di bilancio 2023.

Di seguito le principali novità. Per quanto riguarda i limiti economici per l’accesso al Libretto Famiglia e al Contratto di prestazione occasionale, dal 1° gennaio 2023 ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori, può erogare compensi di importo complessivamente non superiore a 10.000 euro per anno civile. Sempre dal 1° gennaio, possono fare ricorso al Contratto di prestazione occasionale i datori di lavoro che hanno alle proprie dipendenze fino a dieci lavoratori subordinati a tempo indeterminato.

Le aziende alberghiere e le strutture ricettive del settore turismo possono stipulare accordi di prestazioni occasionali con i lavoratori anche se non appartenenti alle categorie di cui al comma 8, art. 54-bis, decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50. È vietato, infine, l’utilizzo del Contratto di prestazione occasionale per le imprese operanti nel settore dell’agricoltura.

Con un breve comunicato stampa, l’INPS rende noto che sono in corso di aggiornamento le procedure telematiche per l’attivazione dei servizi Libretto di Famiglia e Contratto di Prestazione occasionale e che, entro fine mese, il sistema sarà adeguato.

La revisione generale è conseguente all’entrata in vigore delle novità introdotte dal Governo con la Manovra 2023.

In particolare, dall’1° gennaio:

aumenta fino a 10.000 euro per anno civile il limite di compenso erogabile dall’utilizzatore (datore di lavoro) nei confronti dei prestatori di lavoro (lavoratori);

accedono al Contratto di prestazione occasionale anche gli utilizzatori che hanno fino a 10 lavoratori subordinati a tempo indeterminato;

sono superati i precedenti limiti che imponevano alle imprese del turismo di occupare solo particolari categorie di lavoratori.

Per le imprese agricole sono state introdotte anche alcune formule semplificate di utilizzo delle prestazioni di lavoro occasionale a tempo determinato. 

Come sottolinea l’INPS, per il settore agricolo è stato definito un regime specifico, che ad esempio prevede l’inoltro della Comunicazione Obbligatoria di assunzione al Centro per l’impiego.




Quando sia andrà in pensione? te lo dice PensAmi, nuovo simulatore Inps




 Basta andare sul sito Inps. Selezionare il simulatore delle pensioni PensAmi. Inserire alcuni semplici dati e si potrà ottenere un calcolo di quando si andrà in pensione. E lo si può fare senza registrarsi sul sito.

Inps ha recentemente reso disponibile sul proprio sito web una nuova versione del simulatore "PensAmi - Pensione a misura", che consente ai cittadini di calcolare le proprie prospettive pensionistiche senza la necessità di effettuare alcuna registrazione.

Aggiornato il servizio web “PensAMi” il simulatore INPS per calcolare e comparare i diversi scenari pensionistici che riguardano ogni singolo contribuente, senza bisogno di autenticazione. Serve a confrontare tutte le regole e i requisiti di accesso alle diverse formule pensionistiche in vigore, con le novità della Manovra 2023.

Rispondendo ad alcune domande, l’utente viene a conoscenza delle opzioni a sua disposizione e, per ciascuna, ha modo di calcolare la prima data utile di decorrenza pensione, con le modalità di calcolo dell’assegno applicate.

Il servizio INPS online ha soprattutto una valenza informativa, in quanto non accede al fascicolo previdenziale del contribuente né contempla casistiche specifiche che danno diritto a forme di pensione agevolata. Vediamo come funziona.

Il simulatore di pensione INPS

Il servizio è aggiornato alle ultime novità legislative, dunque comprende anche la Quota 103 istituita dalla Legge di Bilancio (legge 30 dicembre 2021, n. 234) e l’Opzione Donna con le nuove regole 2023.

Accesso al servizio

Il servizio PensAMi (Pensione A Misura) è raggiungibile senza registrazione dal sito web dell’Istituto di previdenza (www.inps.it) attraverso il seguente percorso dalla homepage: Prestazioni e servizi > Servizi > PensAMI –

Simulatore scenari pensionistici.

Guida all’uso di PensAMi

Vuoi conoscere il tuo percorso personale per il raggiungimento della pensione? Accedi al simulatore per definire i tuoi possibili scenari pensionistici?

Così cominciava il percorso d’uso di PensAMi, non più articolato in diversi livelli come accadeva lo scorso anno (al termine dei quali si accedeva al riepilogo del proprio scenario pensionistico in base delle risposte fornite) ma ora riprogettato in un unico percorso per l’inserimento contestuale dei dati anagrafici e contributivi e la selezione di eventuali istituti aggiuntivi (riscatto titoli di studio, periodi di lavoro all’estero in Paesi UE ed extra-UE, maternità fuori dal rapporto di lavoro, ecc.).

È stata anche inserita una funzione di consulenza, per visualizzare le principali caratteristiche di ciascuno scenario pensionistico.

Pro

Il simulatore permette di verificare si si possono utilizzare il riscatto o altri istituti simili per sfruttare periodi contributivi come ad esempio il servizio militare ai fini della maturazione del diritto a pensione.

All’interno del servizio sono presenti anche note informative per chiarire eventuali dubbi e link di accesso alle schede informative sulle diverse prestazioni.

Contro

Il simulatore fornisce informazioni solo sui trattamenti pensionistici relativi alle seguenti gestioni INPS: (Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), Gestione esercenti attività commerciali (COM), Gestione artigiani (ART), Gestione coltivatori diretti, mezzadri e coloni (CD/CM), Gestione separata, Cassa pensioni dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato (CTPS), Cassa pensioni dei dipendenti degli Enti locali (CPDEL), Cassa pensioni degli ufficiali giudiziari (CPUG), Cassa pensioni insegnanti (CPI), Cassa pensioni sanitari (CPS).

Lo svolgimento di particolari attività può consentire l’accesso a forme di pensione agevolata in base a requisiti diversi da quelli considerati dal simulatore, quindi è bene sapere che questo strumento non offre una visione completa delle opportunità per ogni categoria.

Tutte le informazioni sono auto-dichiarate, pertanto è necessario conoscere i dati richiesti. Effettuando la simulazione senza autenticazione, infatti, non c’è alcun accesso alla banca dati INPS, che pertanto non precarica nè i dati del contribuente (come invece fa il simulatore “La tua pensione futura” accessibile con credenziali personali) nè il montante accumulato.

Come si usa

E' molto semplice. Basta inserire i dati anagrafici (mese e anno di nascita) e quelli di quando si è cominciato a lavorare. Selezionale il tipo di lavoro (dipendente pubblico o privato, lavoratore autonomo) e di gestione previdenziale. Si possono poi aggiungere vari periodi riscattabili (servizio civile-militare, riscatto laurea, maternità) che potrebbero dar diritto a un anticipo, e infine si ottiene il calcolo. La nuova versione di "PensAmi" presenta dunque un percorso semplificato per l'inserimento dei dati anagrafici e contributivi.

Al termine della simulazione possono comparire diversi risultati in base al tipo di pensione (anzianità o contribuzione) e viene fornita la possibilità di approfondire anche ottenendo una consulenza. Naturalmente il responso è legato alle regole attuali per andare in pensione e non è improbabile (quasi è sicuro) che il sistema cambierà nei prossimi anni.


domenica 11 aprile 2021

Assegno unico familiare




L’assegno Unico Universale per i Figli (AUUF) a carico prevede che tutte le famiglie (a prescindere dal reddito, che siano dipendenti, autonomi o disoccupati) ricevano ogni mese un contributo (in denaro o come credito d’imposta) che va da un minimo di 50 euro ad un massimo di 250 euro (a seconda delle fasce ISEE), per ciascun figlio a carico a partire dal settimo mese di gravidanza della madre fino al diciottesimo anno di età del figlio. Sono previste maggiorazioni per i figli successivi al secondo, per le madri con meno di 21 anni e per i figli disabili (30-50%).

L’assegno può arrivare fino a 21 anni ma con importo ridotto, e solo se il figlio si iscrive all’università, svolge il Servizio civile o un lavoro a basso reddito, oppure se risulta disoccupato e in cerca di lavoro: in tutti questi casi, l’assegno unico universale viene erogato direttamente al giovane, come stimolo alla sua autonomia economica.

L’assegno unico è anche “universale” in quanto spettante a tutte le famiglie con figli senza distinzione tra lavoratori dipendenti ed autonomi, poiché il contributo economico mensile dipenderà dalla situazione economica del richiedente, così come risultante dall’indicatore Isee. 

La misura, probabilmente, ma qui ancora mancano i provvedimenti attuativi, avrà una componente fissa. Al massimo si potrà ottenere 250 euro, assicura il governo. L’assegno sarà, inoltre, compatibile con altre forme di sostegno, come per esempio il reddito di cittadinanza, e verrà riconosciuto sotto forma di credito di imposta o erogazione diretta della somma dovuta.

La previsione prevede l’universalismo dei beneficiari con un moderato grado di selettività: considera un importo dell’assegno costante pari a 1.930 euro l’anno (161 euro al mese) per ciascun figlio minorenne e a 1.158 euro all’anno (97 euro al mese) per ciascun figlio maggiorenne fino ad un livello di Isee pari a 30mila euro (oltre alle maggiorazioni). A partire dai 30mila euro di Isee il valore dell’assegno decresce in modo non lineare sino a 52mila, con una concavità verso il basso che tende a tutelare maggiormente i nuclei con Isee meno elevato. Oltre 52mila di Isee l’assegno resta costante a 800 euro l’anno (67 euro al mese) per ciascun figlio minorenne a carico e a 480 euro l’anno (40 euro al mese) per ciascun figlio maggiorenne.

L’universalità dell’assegno va a beneficio di coloro che fino ad oggi erano esclusi, mentre gli attuali beneficiari delle misure economiche per la genitorialità, ossia i dipendenti (che oggi hanno ANF e detrazioni in busta paga), perderanno una quota sostanziosa delle attuali agevolazioni. Tutto dipende però da quanto sarà messo sul piatto per finanziare la misura una volta che sarà a regime, che deve essere ancora completata.

L’unico requisito per l’assegno unico è la residenza (anche fiscale) in Italia e la cittadinanza o il permesso di soggiorno.

Il nuovo assegno unico sostituirà infatti bonus, detrazioni per i figli a carico e assegni familiari. A partire dalle detrazioni IRPEF, ma anche benefici e prestazioni come il bonus bebè (l’assegno di natalità), gli 800 alla nascita (bonus mamma domani), gli ANF (Assegno al Nucleo Familiare) e l’assegno per il terzo figlio.

L'introduzione dell'assegno unico familiare comporta la soppressione di alcune importanti misure a sostegno della famiglia, come l'assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori, il bonus bebè e il premio per la nascita di figli o l'adozione.

L'assegno spetta a tutte le famiglie che hanno un figlio fino a 21 anni a carico. Avrà un valore massimo di 250 euro: in questa cifra globale confluiscono una parte fissa e una variabile, legata al reddito complessivo della famiglia.

Potranno richiederlo tutte le mamme a partire dal settimo mese di gravidanza

Dai 18 anni di età, inoltre, si potrebbe avere diritto a una somma ridotta rispetto all'assegno ed essere accreditata direttamente al figlio qualora questo:

- sia iscritto all’università;

- sia un tirocinante;

- sia iscritto a un corso professionale;

- svolga il servizio civile;

- svolga un lavoro a basso reddito.

Per quel che riguarda i requisiti di accesso, l’assegno unico 2021 è riconosciuto in favore di:

cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero di uno Stato non appartenente all’Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno annuale;

soggetti tenuti al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia;

residenti e domiciliati con i figli a carico in Italia per la durata del beneficio;

residenti in Italia per almeno due anni, anche non continuativi, ovvero titolari di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno biennale.




domenica 28 febbraio 2021

Permessi e congedi: cosa prevede la legge

 


Non tutti i lavoratori conoscono permessi e congedi di cui hanno diritto come dipendenti, molti anche retribuiti: vediamo caso per caso.


Oltre alle misure straordinarie previste per l’emergenza Coronavirus – con i diversi congedi e le equiparazioni tra quarantena e malattia o degenza ospedaliera, previsti a seconda dei casi e della categoria di lavoratori interessati – il Diritto del Lavoro prevede diverse forme di tutela e strumenti che si adattano a specifiche circostanze, volte a migliorare la conciliazione tra lavoro e famiglia. Ad esempio, tutti conoscono il congedo matrimoniale (15 giorni retribuiti al 100%), ma ci sono altri permessi meno noti, ad esempio quello per motivi sindacali. Ma non solo: vediamo tutte le regole sulle assenze retribuite del lavoratore, approfondite dalla Fondazione Studi di Consulenti del Lavoro in base a quanto previsto dai CCNL.


Congedo matrimoniale

Il congedo matrimoniale spetta a tutti i lavoratori e lavoratrici che contraggono matrimonio valido agli effetti civili, dura 15 giorni di calendario ed è retribuito al 100%. In genere non è obbligatorio che inizi esattamente il giorno delle nozze: dipendente e datore di lavoro possono concordare una data vicina, con una flessibilità che non dovrebbe essere superiore a 30 giorni. 


È il lavoratore a dover chiedere il permesso matrimoniale, ed ogni contratto stabilisce con precisione con quanto anticipo (in genere da 6 a 15). Le norme di riferimento sono il RDL del 1937 per gli impiegati e il contratto collettivo interconfederale del 1941 per operai di industria, artigianato e cooperative.


Congedi e permessi familiari

I lavoratori dipendenti hanno diritto a un permesso retribuito di 3 giorni in caso di grave decesso di un parente di primo grado (coniuge). È anche possibile chiedere, in casi gravi e documentati, un congedo straordinario non retribuito fino a un massimo di 2 anni. La norma di riferimento è l’articolo 4 della legge 53/2000.


Congedo straordinario per la cura delle persone disabili in situazione di gravità: con la Circolare n. 159 l’INPS fornisce indicazioni dettagliate sui requisiti soggettivi per il riconoscimento del congedo e sulle modalità per la presentazione delle domande. Si tratta di un congedo che può essere concesso al familiare che assiste la persona disabile che versa in situazione di particolare gravità o anche un parente o affine entro il terzo grado convivente. Questo nel caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei soggetti individuati dalla norma secondo precisi criteri di priorità.


Requisiti

Il permesso retribuito per l’assistenza ai disabili in condizione di gravità si traduce normalmente nel diritto a fruire di 3 giorni mensili ai sensi dell’art. 33, comma 3 della Legge 104 del 5 febbraio 1992, mentre il congedo straordinario può essere concesso fino a due anni (tali permessi e congedi non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona disabile in situazione di gravità) a patto che di essere conviventi con il disabile e che i soggetti che vengono prima nell’ordine prioritario siano:


mancanti, assenza naturale e giuridica o altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità come il divorzio, la separazione legale o l’abbandono;

deceduti;

affetti da patologie invalidanti tali da impossibilitarli a svolgere la propria funzione assistenziale.


Permesso sindacale

L’articolo 2 dello Statuto dei lavoratori concede 10 ore annue di permessi retribuiti al 100% per la partecipazione ad assemblee sindacali. Sono retribuiti anche i permessi dei rappresentanti sindacali per partecipare a RSU, trattative, convegni sindacali (con preavviso di 3 giorni). I contratti collettivi possono prevede condizioni migliorative.


Legge 104

Per i lavoratori portatori di handicap o malattia grave (di cui alla Legge 104/1992)  ci sono 2 ore retribuite al giorno oppure 3 giorni al mese. Per prendersi cura di un parente è possibile avere sempre 3 giorni di permesso al mese, retribuiti al 50%.


Permesso elettorale

Chi accetta funzioni presso gli uffici elettorali, ad esempio come scrutatore ai seggi, compresi i rappresentanti di lista, possono assentarsi per l’intera durata della consultazione elettorale, con intera retribuzione. Per i giorni festivi compresi nel periodo elettorale (in genere la domenica), ricevono un compenso aggiuntivo allo stipendio o un riposto compensativo (per esempio al termine delle operazioni). La normativa di riferimento è l’articolo 119 del Dpr 361 del 1957.


Funzioni pubbliche

Riguarda coloro che vengono eletti a incarichi pubblici. I consiglieri nazionali e regionali hanno diritto a un’aspettativa per l’intera durata del mandato, senza stipendio. In pratica, c’è la garanzia della conservazione del posto di lavoro. Per i consiglieri comunali e provinciali, invece, è previsto un permesso retribuito per ogni giornata di riunione del consiglio, più un monte di 24 ore al mese.


Permessi studio

Gli studenti universitari hanno diritto a un permesso retribuito per l’intera giornata lavorativa del giorno d’esame.


Congedo formazione

I dipendenti con almeno cinque anni di anzianità aziendale possono chiedere un’aspettativa non retribuita per un massimo di undici mesi, per una volta sola nell’arco della vita lavorativa.




sabato 13 febbraio 2021

Cassazione: ha diritto alla promozione il lavoratore assegnato a mansioni superiori




Con l’ordinanza n. 1556 del 23.01.2020, la Cassazione afferma che l’assegnazione reiterata a mansioni superiori, laddove risponda ad esigenze strutturali dell’azienda, fa scattare la promozione del lavoratore.

Interessante il caso sul quale si è pronunciata la Corte di Cassazione, che questa volta non ha esaminato una questione di licenziamento o di demansionamento, ma di reiterata assegnazione di mansioni superiori a quelle previste per il proprio inquadramento contrattuale.

Mansioni superiori: quando scatta la promozione

Una situazione non così infrequente per la verità, anche se magari se ne parla meno. Ecco perché è utile sapere che, secondo i giudici supremi, la reiterata e sistematica assegnazione del lavoratore a mansioni superiori, anche se frazionata, fa scattare la promozione e l’obbligo di versare le relative differenze retributive. Il tutto a posto che tale assegnazione sia collegata ad esigenze strutturali dell’impresa.

Perché il lavoratore abbia diritto a chiedere al datore di lavoro il riconoscimento della promozione è sufficiente, come avvenuto nel caso esaminato, la prova di un’iniziale programmazione da parte del datore dei molteplici incarichi e della predeterminazione utilitaristica di tale comportamento, anche senza evidente intento fraudolento del datore di lavoro di impedire la maturazione del diritto alla promozione automatica. Per la Cassazione, la motivazione della Corte di merito era corretta da un punto di vista giuridico e fattuale. Con un percorso argomentativo immune da vizi, i giudici dell’appello erano giunti ad individuare il corretto inquadramento del lavoratore ricorrente secondo tre fasi:

l’accertamento in fatto dell’attività lavorativa svolta in concreto;

l’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal CCNL di categoria;

il raffronto dei risultati delle suddette due fasi.

I giudici supremi hanno quindi confermato la sentenza della Corte d’appello di Milano che aveva accolto l’appello interposto dal ricorrente accertando il suo diritto all’inquadramento nell’area superiore “Quadri Livello A” e condannato la società datrice di lavoro al pagamento in suo favore delle relative differenze retributive, oltre accessori, dalle singole scadenze al saldo.

La Suprema Corte ha affermato che:

la sistematicità e la frequenza di reiterate, ma frazionate, assegnazioni di un lavoratore allo svolgimento di mansioni superiori può integrare un intento datoriale fraudolento volto ad impedire la maturazione del diritto alla promozione automatica;

quando vi siano la programmazione iniziale della molteplicità degli incarichi e la predeterminazione utilitaristica di siffatto comportamento emerge la rispondenza delle assegnazioni ad una esigenza strutturale del datore di lavoro tale da rivelare la utilità per la organizzazione aziendale della professionalità superiore.






Assistal e Federmeccanica: accordo di rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro

 









Contratto rinnovato per i metalmeccanici. «Oggi la categoria fa la storia firmando il miglior contratto degli ultimi anni. Con l'intesa finalmente raggiunta abbiamo ottenuto 112 euro di incremento salariale dal 2021 al giugno del 2024. Federmeccanica – Assistal e i sindacati FIOM CGIL, FIM CISL e UILM hanno raggiunto l'intesa per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) dei metalmeccanici scaduto a fine 2019.


I CARDINI DEL RINNOVO


VALORIZZARE LA PROFESSIONALITÀ CON LA RIFORMA DELL’INQUADRAMENTO


Nove livelli di inquadramento ricompresi in quattro campi di responsabilità di ruolo;


Passaggio dalla mansione al ruolo: dal cosa si fa, al come si fa e come si può fare meglio;


Sei criteri di professionalità: autonomia-responsabilità gerarchico funzionale, competenza tecnico-specifica, competenze trasversali, polivalenza, polifunzionalità, miglioramento continuo ed innovazione correlati ai nuovi sistemi integrati di gestione.


GARANZIE SALARIALI E RICONOSCIMENTO DEL VALORE DEL LAVORO


Conferma dell’impianto del 2016 con sistema di calcolo dell’inflazione ex post (IPCA);


Valorizzazione del lavoro legata alla riforma dell’inquadramento;


Incrementi retributivi mensili complessivi pari a 25 euro lordi nel giugno 2021; 25 euro lordi nel giugno 2022; 27 euro lordi nel giugno 2023; 35 euro lordi nel giugno 2024.


FAVORIRE LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE PER LE GIOVANI GENERAZIONI


Aumento del contributo aziendale al Fondo Cometa per i neo iscritti under 35;


Il contributo passerà dall’attuale 2% al 2,2% dei minimi contrattuali.


FARE UNA BUONA FORMAZIONE


Creare servizi alle imprese con un contributo una tantum di 1,5 euro a carico delle aziende (es pillole formative on line, block chain per registrare la formazione);


Puntare sulla “alfabetizzazione digitale”.


PROMUOVERE LA CULTURA DELLA SICUREZZA


Promuovere i break formativi e condividere le esperienze virtuose;


Focalizzarsi sui quasi infortuni mettendo a fattor comune le buone pratiche;


Analizzare le cause dei rischi alla radice (root cause analysis) per la prevenzione degli infortuni.



Sono stati definiti:


aumento salariale di 100 euro per il terzo livello e di 112 euro per il quinto livello sui minimi contrattuali per il periodo che va dal 1° gennaio 2021 al 30 giugno 2024. Le tranches saranno erogate:

a giugno 2021 per 25 euro, 

a giugno 2022 per 25 euro, 

a giugno 2023 per 27 euro, e 

a giugno 2024 per 35 euro. 


Inoltre: 

sono confermati per ogni anno di vigenza del contratto 200 euro di flexible benefit  (welfare contrattuale) come da Ccnl del 26 novembre 2016. 


Per la carenza contrattuale del 2020 si è provveduto con l’incremento di 12 euro sui minimi percepiti dalla mensilità di giugno e con 200 euro di flexible benefit per effetto dell’ultrattività della struttura del precedente contratto. 


In tema di inquadramento si avrà il superamento del primo livello a partire dal 1° giugno del 2021 e migliaia di lavoratori passeranno nell’attuale secondo livello. 


Ulteriore novità è rappresentata dall’introduzione della clausola sociale sugli appalti pubblici mentre sul lavoro agile le parti si sono impegnate a raggiungere una definizione entro la stampa del testo contrattuale. 


Dopo la riunione degli organismi unitari, l’ipotesi di accordo verrà illustrata nelle assemblee nei luoghi di lavoro e, infine, sottoposta al referendum vincolante tra tutte le lavoratrici e i lavoratori”. 


Vediamo di seguito le due proposte che si sono confrontate per raggiungere l'accordo.


La proposta di Federmeccanica per il rinnovo del contratto


La proposta presentata nell'incontro del 26 novembre prevedeva:


un aumento complessivo di 65 euro a regime, per il periodo 2021-2023, per il 5° livello (riparametrati per i restanti livelli), così suddivisi: 

 18 euro nel 2021, 21 euro nel 2022,  26 euro nel 2023 e 750 euro nel triennio come welfare aziendale 


incremento del contributo aziendale per la previdenza complementare e riduzione del contributo a carico dei lavoratori (dal precedente 1,2% allo 0,5%),

estensione dell’assistenza sanitaria di Mètasalute ai pensionati iscritti al fondo in maniera continuativa per almeno 2 anni

elemento perequativo che sale 500 euro nel 2023 e per la metà (250 euro) continuerà ad andare a chi percepisce solo i trattamenti contrattuali. L’altra metà del perequativo (250 euro) nel 2023 andrà chi non è coinvolto dal premio di risultato, sempre che l’azienda non sia in crisi

 modifica dell’inquadramento professionale introdotto nel 1973, da luglio 2021 con 9 livelli di professionalità (al posto delle precedenti 10 categorie, con l’eliminazione della 1° categoria d’ingresso), declinati per gradi di responsabilità. 

uova disciplina per lo smart working 

conferma del diritto alle 24 ore di formazione in tre anni per tutti i dipendenti

Le richieste sindacali per il rinnovo del CCNL metalmeccanici

La Piattaforma dei Metalmeccanici presentata lo scorso ottobre a Roma dalle tre organizzazioni chiedeva invece:

aumento del salario dell’8% sui minimi contrattuali, relativo al periodo 2020-2022, pari quindi a circa 156 euro in media


valorizzazione della formazione  

relazioni industriali partecipative 

rafforzamento del Welfare Integrativo

difesa del valore fondamentale della Salute e sicurezza sul lavoro; 


Sui temi della Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro Fim, Fiom e Uilm chiedevano:

la necessità di rendere cogenti ed efficaci le norme già contenute nel CCNL,

la esigibilità dei cosiddetti “break formativi”,

la segnalazione dei mancati infortuni da codificare all’interno del sistema di prevenzione aziendale, il confronto con gli RLS sul tema delle malattie professionali

Inoltre, si chiedeva di continuare il lavoro avviato dalla Commissione nazionale con INAIL per una banca dati statistica.

In tema di età pensionabile e riorganizzazioni aziendali i sindacati chiedevano strumenti contrattuali oltre che legislativi, per realizzare una “staffetta generazionale” a partire dalle esperienze contrattuali migliori: riqualificazione professionale, “banca del tempo”, integrazione della Naspi, piena contribuzione per i part-time, ma Federmeccanica ha posto il tema dei costi per le imprese e dei vuoti normativi da affrontare.

Sulla riforma dell’Inquadramento Fim, Fiom e Uilm avevano richiesto la conferma dei seguenti punti:

il criterio della valorizzazione delle professionalità a cui corrispondono i livelli retributivi,

il criterio di valutazione della professionalità, che deve essere formabile e retribuita con salario strutturale e non variabile;

le attuali regole di gestione per gli automatismi e le modalità in essere: passaggio dalla 2° alla 3° per gli operai e dalla 4° alla 5°categoria per gli impiegati con titolo di studio inerente la mansione, riconoscimento economico e di livello in caso di svolgimento di mansioni superiori, gli scatti di anzianità;

gli attuali criteri di riconoscimento della professionalità: formazione e conoscenza scolastica, esperienza e conoscenza acquisita, competenze, complessità del prodotto e del processo.





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