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lunedì 4 gennaio 2016

Co.co.co. 2016, arrivano le Co.co.pe


Le Co.co.pe., rappresentano le nuove collaborazioni continuative personali, con la nuova disciplina dal 2016.

Dal 1° gennaio 2016 sarà dunque molto più difficile ricorrere alle collaborazioni coordinate e continuative (anche a progetto) dato che tali prestazioni hanno spesso, per loro natura, quel carattere di “personalità” e “ripetitività” che potrà facilmente portare alla conversione del rapporto, innanzi ad un giudice, in lavoro subordinato.

Il Jobs Act, nonostante abbia dato un colpo di spugna ai contratti a progetto, non ha cancellato del tutto le Co.co.co., cioè le collaborazioni coordinate e continuative. Difatti, dopo l’entrata in vigore del Decreto di Riordino dei Contratti, le vecchie Co.co.co. sono comunque valide, e, dal primo gennaio 2016, saranno affiancate da una nuova tipologia di contratto parasubordinato, le Co.co.pe.

La sigla Co.co.pe. sta per collaborazioni continuative e personali: saranno ricondotte in questa categoria tutte le collaborazioni che consistono in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e con modalità di esecuzione, comprese le tempistiche ed il luogo di lavoro, organizzate dal committente.

Pertanto, qualora si riscontrino tali elementi in un rapporto di lavoro parasubordinato, non sarà possibile qualificarlo come Co.co.co, ma come Co.co.pe.

Il Jobs Act specifica che la disciplina da applicarsi alle Co.co.pe. sarà quella relativa al lavoro subordinato, escluse le seguenti categorie:

– collaborazioni previste da contratti collettivi nazionali, a causa di esigenze produttive e organizzative particolari, previste dal settore di attività: gli accordi dovranno regolamentare gli aspetti economici e normativi relativi a tali collaborazioni;

– collaborazioni prestate da professionisti iscritti ad albi, qualora siano inerenti all’attività professionale per la quale è necessaria l’iscrizione (ciò vuol dire che, se un avvocato collabora con un committente in un’attività al di fuori delle proprie competenze professionali, il suo rapporto potrà essere comunque ricondotto al lavoro subordinato, anche se è iscritto all’albo);

– attività effettuate da sindaci, amministratori, altri componenti di organi di controllo delle società, e partecipanti a collegi e commissioni;

– collaborazioni rese a società ed associazioni sportive dilettantistiche (Asd); in questo caso, è richiesta l’affiliazione a una federazione sportiva nazionale, alle discipline sportive associate, o a un ente di promozione sportiva riconosciuto dal C.O.N.I.

Nei casi dubbi, per i quali non si ravvisa con sicurezza il carattere della personalità della prestazione, è possibile certificare l’inesistenza di tale caratteristica, presso un’apposita commissione di certificazione dei contratti. Tuttavia, pur in presenza della certificazione (sottoscritta da datore di lavoro e lavoratore), non ci si salverà dalla riconduzione del contratto al lavoro subordinato, qualora venga accertato che, nel concreto, l’attività sia svolta in maniera esclusivamente personale, continuativa, e con modalità, tempo e sede di lavoro decisi dal committente.

Quindi restano in piedi, nel 2016, le collaborazioni coordinate e continuative genuine, cioè quelle non etero-organizzate. Le altre fattispecie, dette Co.co.pe (collaborazioni coordinate personali), saranno ricondotte al lavoro subordinato: esisteranno alcune eccezioni, come esplicite previsioni da parte del contratto collettivo applicato, nonché i contratti precedenti al 25 giugno 2015. È possibile, mediante una conciliazione, effettuare una sanatoria del contratto che metta al riparo da sanzioni per l’errata qualificazione, convertendolo in lavoro subordinato a tempo indeterminato.

I contratti di lavoro con collaborazioni coordinate e continuative, Co.co.co., rappresentano una categoria intermedia fra il lavoro autonomo ed il lavoro dipendente e pertanto rientrano in una fascia detta parasubordinata. Essi lavorano infatti in piena autonomia operativa, ed è escluso ogni vincolo di subordinazione con il committente del lavoro. Sono pertanto funzionalmente inseriti nell’organizzazione aziendale e possono operare all’interno del ciclo produttivo del committente, al quale viene dato un potere di coordinamento dell’attività del lavoratore in funzione dei bisogni e della programmazione aziendale.

I contratti di collaborazione Coordinata e Continuativa (CoCoCo) e i contratti di collaborazione a progetto (CoCoPro) siano aboliti, dal 1 Gennaio 2016 e sia commutati il contratti di lavoro dipendente (nella maggioranza dei casi, presumibilmente, in contratti a tempo determinato) in tutti i casi in cui:
«la collaborazione consista, in concreto, in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo e con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro»

In altri termini, stando al dettato della norma, dovranno essere abolite tutte quelle collaborazioni che si caratterizzano per:

una prestazione personale;

la ripetitività delle mansioni lavorative svolte;

l’obbligo di rispettare un determinato orario di lavoro;

l’obbligo di svolgere il lavoro in una specifica sede fisica;

l’organizzazione delle modalità di lavoro, da parte del datore di lavoro stesso.

Resteranno comunque valide le collaborazioni già attivate prima dell’entrata in vigore del provvedimento (anche se resta da comprendere la disciplina applicabile durante il periodo che va dall’entrata in vigore del decreto e il 1° gennaio 2016). Si prevede inoltre una sanatoria, a partire dal 1° gennaio 2016, per i datori di lavoro privati che stabilizzano: questi potranno infatti assumere con contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, i soggetti già titolari (con i medesimi datori) di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (anche a progetto) o i soggetti titolari di partita IVA, con conseguente estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali, connessi all’erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso, fatti salvi gli illeciti già accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data precedente l’assunzione.

Una particolare deroga è concessa anche per le pubbliche amministrazioni. Le collaborazioni coordinate e continuative potranno continuare ad essere utilizzate nel settore pubblico, in attesa che arrivi in porto la riforma della pubblica amministrazione all’esame del Senato, sino al 31 dicembre 2016. Dal 1° gennaio 2017 saranno vietate, parimenti a quanto accade nel settore privato, quelle «continuative, di contenuto ripetitivo e con modalità organizzate dal committente».

venerdì 1 gennaio 2016

Lavoro: le novità per il 2016. Pensioni, part-time, assegno previdenziale e bonus per le assunzioni


Il 2016, nell’ambito del lavoro, è all'insegna delle novità: grazie agli ultimi decreti attuativi del Jobs Act ed alla legge di Stabilità sono state messe in campo diverse disposizioni che cambiano profondamente la disciplina attualmente vigente in materia.

Vediamo che cos’è cambiato.

In pensione più tardi e con meno soldi. Non butta bene per chi è già in pensione, né tanto meno per i prossimi pensionati, chi si ritira dal lavoro nel 2016. I primi devono fare i conti con assegni di importo inferiore a quelli riscossi nel 2015. Gli altri, con l’innalzamento dei requisiti per ottenere la rendita dall’Inps.

Quindi per quanto riguarda la pensione nel 2016 i parametri saliranno di 4 mesi.

Vediamo nel dettaglio: per i lavoratori dipendenti dei settori privato e pubblico, per le lavoratrici del pubblico e per gli autonomi, saranno necessari 66 anni e 7 mesi di età. Per le lavoratrici dipendenti del privato, ci vorranno 65 anni e 7 mesi; per le autonome 66 anni e 1 mese), quasi due anni in più rispetto al 2015. Mentre il requisito contributivo, è di 20 anni per tutti. Discorso simile per l’ex pensione di anzianità. Dal prossimo anno, infatti, aumentano anche i requisiti per accedere alla pensione anticipata. Per i lavoratori dipendenti del settore privato e del settore pubblico, per i lavoratori autonomi, sarà necessario essere in possesso di 42 anni e 10 mesi di contribuzione. Per le donne - tanto nel pubblico quanto privato e per le autonome - serviranno 41 anni e 10 mesi di contribuzione.

L’adeguamento alla speranza di vita interesserà anche le pensioni anticipate (l’ex anzianità): nel 2016 saranno richiesti 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, a prescindere dall’età.

L’ età minima di vecchiaia delle donne salirà fino a raggiungere quella degli uomini (66 anni) nel 2018. Per l’uscita anticipata dal lavoro non resta quindi che una strada: quella che la legge riserva fino a tutto il 2015 alle lavoratrici con 35 anni di contributi e almeno 57 anni di età (autonome almeno 58), disposte a optare per il meno vantaggioso calcolo contributivo del trattamento. Per questa formula, però, occorre mettere nel conto la vecchia “finestra mobile” (il tempo di attesa tra la maturazione dei requisiti e l’effettivo pensionamento) e, dunque, bisogna essere a posto ben 12 mesi prima (18 mesi prima le autonome). L’opzione donna, con la legge di Stabilità, sarà possibile anche per coloro che maturano i requisiti entro il 2015 .

L’ indice Istat dell’inflazione 2015 è negativo: da gennaio non ci sarà alcun aumento delle pensioni.

Ma come se non fosse sufficiente, l’indice provvisorio del 2015, che era stato stabilito nello 0,3%, è stato definitivamente fissato in 0,2%, per cui da gennaio 2016 gli assegni saranno lievemente ridotti, con la prospettiva della restituzione di quanto corrisposto in più nel 2015. Una rivalutazione «negativa» non si era mai verificata. Si è resa quindi opportuna una sanatoria. A gennaio saranno messi in pagamento gli importo «corretti» (in negativo) sulla base dell’inflazione definitiva 2014, ma non ci sarà alcuna trattenuta riferita al 2015.Indici, zero aumenti.

L’ indice Istat dell’inflazione 2015 è negativo: da gennaio non ci sarà alcun aumento delle pensioni. Ma come se non bastasse, l’indice provvisorio dello scorso anno, che era stato stabilito nello 0,3%, è stato definitivamente fissato in 0,2%, per cui dal prossimo mese gli assegni saranno lievemente ridotti, con la prospettiva della restituzione di quanto corrisposto in più nel 2015. Una rivalutazione «negativa» non si era mai verificata. Si è resa quindi opportuna una sanatoria. A gennaio saranno messi in pagamento gli importo «corretti» (in negativo) sulla base dell’inflazione definitiva 2014, ma non ci sarà alcuna trattenuta riferita al 2015.

La misura dell’assegno previdenziale nel 2016 sarà ridotto a causa dei nuovi coefficienti di trasformazione del montante contributivo, fissati, per il triennio 2016-2019, tenendo conto di alcuni parametri statistici. Se è vero che il taglio nella maggior parte dei casi si aggira intorno al 2%, ci sono anche decurtazioni che arrivano fino all’8%. Un meccanismo che negli ultimi anni ha falcidiato le rendite dei neopensionati: un lavoratore andato in pensione a 65 anni nel 1996 ha applicato un coefficiente di trasformazione del montante accumulato pari a 6,136%. Per chi andrà in pensione dal 2016 lo stesso coefficiente sarà del 5,326%. Un assegno del 13% in meno.

I dipendenti a tempo pieno del settore privato che maturano entro il 31 dicembre 2018 il diritto al trattamento di vecchiaia (66 e 7 mesi nel 2016), possono, d’intesa con l’azienda, per un periodo non superiore a 3 anni (devono quindi aver compiuto 63 anni e 7 mesi), ridurre l’orario del rapporto in misura compresa tra il 40 e il 60%. Guadagnando mensilmente una somma pari alla contribuzione previdenziale (23,81% della retribuzione) relativa alla prestazione non effettuata, somma esente da tasse e contributi. Per i periodi di riduzione della prestazione lavorativa è riconosciuta la contribuzione figurativa commisurata alla retribuzione corrispondente al lavoro non effettuato.

Niente penalizzazione per chi va in pensione entro il 2017. Dall’anno prossimo ciò vale per tutti, anche per chi ha subìto la decurtazione nel triennio 2012-2014. Per scoraggiare le pensioni anticipate, la riforma Fornero ha penalizzato chi decide di lasciare prima dei 62 anni, con una riduzione della quota “retributiva” maturata al 2011, di un punto % per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 anni di età minima e di due punti per gli anni di anticipo rispetto ai 60 anni di età. La nuova legge di Stabilità ha ripescato anche coloro ai quali, tra il 2012 ed il 2014, era già stata effettuata la trattenuta. Senza diritto però a quanto già perso. La depenalizzazione, che ha come conseguenza il ripristino del trattamento pensionistico “intero”, parte dal 2016.

Prorogato per tutti i contratti stipulati sino al 31 dicembre 2016, ma diminuito, il bonus per l’assunzione di disoccupati da oltre 6 mesi. Ai datori di lavoro che assumono tali soggetti a tempo indeterminato, difatti, sarà riconosciuto uno sgravio contributivo pari al 40% della contribuzione dovuta all’Inps, per 24 mesi, sino ad un tetto massimo annuo di 3.250 Euro. Il Bonus, probabilmente, sarà esteso anche a 2017, ai datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Molise,
Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.

Ai datori di lavoro che nel 2016 assumeranno disabili, con invalidità superiore al 67%, spetterà un incentivo dal 35% al 70% dell’imponibile lordo Inps (in pratica, della retribuzione lorda imponibile del lavoratore), a seconda del grado di riduzione della capacità lavorativa. Bonus pari al 70%, invece, per l’assunzione di disabili psichici con invalidità superiore al 45%.

Restano in vigore, nel 2016, le collaborazioni coordinate e continuative genuine, cioè quelle non etero-organizzate. Le altre fattispecie, dette Co.co.pe (collaborazioni coordinate personali), saranno ricondotte al lavoro subordinato: restano in piedi alcune eccezioni, come esplicite previsioni da parte del contratto collettivo applicato, nonché i contratti precedenti al 25 giugno 2015. È possibile, mediante una conciliazione, effettuare una sanatoria del contratto che metta al riparo da sanzioni per l’errata qualificazione, convertendolo in lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Prorogata a tutto il 2016 la Dis-Coll, l’indennità di disoccupazione prevista per i parasubordinati, che potrà avere una durata massima di 6 mesi ed un ammontare generalmente pari al 75% dell’imponibile contributivo. Aumenta di un punto percentuale l’aliquota contributiva per i parasubordinati iscritti alla Gestione Separata, mentre resta al 27% quella prevista per i professionisti senza cassa.

Congedo di paternità. Viene prorogata al 2016 la nuova disciplina del congedo di paternità, elevando da uno a due giorni quello obbligatorio.

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