Il Jobs Act ha innovato la disciplina dei controlli a distanza, contenuta nel nuovo comma 2 dell’art. 4 della legge n. 300/1970. L’obbligo del preventivo accordo sindacale o, in mancanza, dell’autorizzazione amministrativa non si applica nel caso di strumenti utilizzati per eseguire la prestazione o per rilevare accessi/presenze. Per definire l’ambito applicativo della norma occorre verificare se lo strumento sia utilizzato per eseguire la prestazione; infatti soltanto per tali strumenti il controllo è affrancato dal preventivo accordo sindacale o dalla autorizzazione amministrativa.
La sentenza emessa dalla Corte dei diritti umani il 12 gennaio 2016 conferma il Jobs Act in tema di controllo a distanza. I Giudici di Strasburgo hanno infatti stabilito che, in determinate condizioni, il datore di lavoro ha il diritto di monitorare il dipendente durante l’attività lavorativa quando questo utilizza strumenti per svolgere le proprie mansioni; nel caso in cui riscontri violazioni può utilizzare le informazioni raccolte ai fini del licenziamento.
Secondo il nuovo art. 4 dello Statuto dei Lavoratori il datore di lavoro può installare, previo accordo sindacale, strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza, esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale; inoltre ha piena libertà decisionale per quanto riguarda gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (computer, device mobili, ecc.) e quelli di registrazione di accessi e presenze; le informazioni così raccolte sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal Codice Privacy.
E’ importante sottolineare come la Corte abbia tenuto conto che, l’accesso all’account personale (e non quello aziendale) del dipendente era giustificato dalla convinzione che questi stesse utilizzando lo strumento per svolgere proprie mansioni. Su tali presupposti i giudici di Strasburgo hanno ritenuto ragionevole e giustificato porre in essere un’attività di controllo volta a verificare che i dipendenti stiano svolgendo correttamente il proprio lavoro. Anche perché il monitoraggio riguardava il solo strumento di lavoro, ossia le comunicazioni sul Yahoo Messenger. I Giudici quindi hanno concluso che il controllo del datore di lavoro è stato svolto all’interno di determinati limiti ed è stato proporzionato.
Le ragioni dell’aziendaL’azienda aveva politiche lavorative scritte, chiare e comunicate a tutti i dipendenti;
l’azienda ha il diritto di controllare il corretto svolgimento dell’attività lavorativa dei dipendenti se tale verifica è circoscritta e proporzionata;
l’attività di controllo, quando i dipendenti hanno accesso a Internet deve prevedere le minacce al sistema IT aziendale.
Le ragioni del lavoratore
La sentenza sarebbe forse potuta essere diversa se il dipendente avesse provato in giudizio che:
la propria condotta non aveva comportato danni (sotto molteplici profili) all’azienda;
il comportamento assunto trovava giustificazione in termini personali ed economici (es.: un cellulare costava troppo);
l’attività di controllo dell’azienda era stata svolta senza garanzie e i dati personali erano stati diffusi in maniera non giustificata.
Conclusioni
Sicuramente, l’atteggiamento dei Tribunali a seguito dell’adozione di normative quali il Jobs Act permettono ai datori di lavoro di avere maggiore libertà in tema di controllo dei dipendenti. Ma è fondamentale sottolineare che questo sarà possibile sempre, solo e soltanto quando l’impresa si metta in condizioni strutturali e imprenditoriali tali da rendere il controllo giustificato, circoscritto e proporzionato.
L’articolo 23 del d.lgs n. 151/2015 modifica l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, per rimodulare la fattispecie integrante il divieto dei controlli a distanza, nella consapevolezza di dover tener conto, nell’attuale contesto produttivo, oltre agli impianti audiovisivi, anche degli altri strumenti «dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori» e di quelli «utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa».
Nella sua formulazione originaria l’articolo 4 stabiliva un divieto assoluto di utilizzo di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Al secondo comma, invece, il divieto cadeva, soltanto a condizione che il datore di lavoro avesse osservato quanto ivi tassativamente previsto, in quanto era stabilito che gli impianti e le apparecchiature di controllo «che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori» potevano essere installati previo accordo con le Rappresentanze Sindacali presenti in Azienda o, in caso di mancato accordo, previa autorizzazione della DTL territorialmente competente.
La Corte di Cassazione ha recentemente confermato che le garanzie poste in materia di divieto di controlli a distanza dal secondo comma dell’articolo 4 dello Statuto si applicano ai controlli difensivi, volti ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori «quando, però, tali comportamenti riguardino l’esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro, e non, invece, quando riguardino la tutela di beni estranei al rapporto stesso», stabilendo che sono legittimi quei controlli diretti ad accertare comportamenti illeciti del lavoratore e lesivi del patrimonio aziendale.
Lo scopo della norma è quello di adeguare, da un lato, l’esigenza afferente all’organizzazione del lavoro e della produzione posta in essere dal datore e, dall’altro, il diritto del prestatore a non vedere sottoposto ad un controllato a distanza lo svolgimento delle sue attività nel luogo di lavoro, «individuando una precisa procedura esecutiva e gli stessi soggetti partecipi»).
Per quanto riguarda l’installazione e l’utilizzo degli strumenti di cui al primo comma, è stata confermata una procedura di co gestione fra datore di lavoro e Rappresentanze Sindacali (RSU o RSA) – che trova luogo tramite un Accordo con le rappresentanze sindacali presenti nelle diverse unità produttive dell’azienda ai fini dell’installazione e dell’utilizzo dell’impianto di controllo – preliminare rispetto all’installazione degli strumenti, il cui esito negativo porta il datore a richiedere l’autorizzazione amministrativa della DTL competente.
L’installazione e l’impiego di tali strumenti necessitano della esclusiva sussistenza di esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro di tutela del patrimonio aziendale, costituendo, queste, i presupposti per la stipula preventiva dell’Accordo sindacale o dell’autorizzazione della DTL.
Inoltre, tutte le informazioni raccolte con i mezzi di controllo devono essere utilizzati nel rispetto della disciplina sulla privacy. Gli accordi sindacali con Rsu e Rsa restano invece indispensabili per gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori, che «possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale». In alternativa, se l'impresa ha più unità produttive in diverse province o regioni, l'accordo si fa con i sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.
In assenza dell'accordo serve l'autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, nel secondo caso, del ministero del Lavoro.
Questa disposizione, come prosegue la nuova norma, tuttavia, «non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze». E i dati raccolti possono essere utilizzati «a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli» sempre «nel rispetto del Codice sulla privacy.