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domenica 20 novembre 2016

Partite Iva, ecco come difendersi



Aprire la Partita Iva può generare dei costi annuali sia di apertura sia di gestione, fissi o variabili, oltre a far porre una serie di domande sul regime fiscale più conveniente da scegliere tra quelli attualmente a disposizione dei professionisti nel diritto tributario.

I 22 articoli della nuova legge introducono una serie di nuove tutele e di welfare per gli oltre due milioni tra professionisti iscritti a Ordini professionali e i cosiddetti «senza Albo» (quelli che, invece, non appartengono a un Ordine). A cominciare dalla possibilità di poter “scaricare” fiscalmente gli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni. Viene infatti prevista la deducibilità integrale dei costi sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo, fornita da forme assicurative o di solidarietà.

In ogni caso diventano abusive tutte quelle clausole che concordano termini per saldare superiori a 60 giorni dalla consegna della fattura al cliente. Si rafforzano, pure, le tutele nelle transazioni commerciali, e viene estesa ai lavoratori autonomi (in quanto compatibile) la disciplina per difendersi dall'abuso di dipendenza economica. Ma ci sono anche altre modifiche in arrivo, vediamole nel dettaglio.

Spese di vitto e alloggio

Il Ddl autonomi punta all'esclusione dalla base imponibile Irpef e dal calcolo dei contributi di tutte le spese relative all'esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente. Un'esclusione che vale già ora per i costi di albergo, pasti e bevande sostenute direttamente da chi commissiona l'incarico al lavoratore autonomo. Niente tassazione anche per le spese di alloggio e vitto pagate dal professionista per l'esecuzione di un incarico e poi addebitate in modo «analitico» al cliente che gli ha richiesto un lavoro. Non saranno, invece, toccate le regole per le altre spese di vitto e alloggio sostenute da autonomi con la deducibilità al 75% per un importo non superiore al 2% dei compensi percepiti nel periodo d'imposta. Modifiche che si dovrebbero applicare già dall'anno d'imposta in corso (quindi dalle dichiarazioni da presentare nel 2017), quindi non sarà un particolare irrilevante quando il testo diventerà definitivamente legge.

Spese di formazione e per iscrizione a master

Anche sulle formazione il Jobs act autonomi punta a riformare il quadro attuale che consente la deduzione delle spese di partecipazione a convegni, congressi e simili o a corsi di aggiornamento professionale - incluse quelle di viaggio e soggiorno - nella misura del 50% del loro importo. Le modifiche puntano, invece, a intervenire su tre diversi profili. In primo luogo, diventerebbero integralmente deducibili entro un tetto annuo di 10mila euro le spese per l'iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale ma anche quelle sostenute per convegni e congressi con l'esclusione, però, della deducibilità delle spese di viaggio e di soggiorno o comunque delle spese di partecipazione diverse dall'iscrizione. Inoltre, sarebbero deducibili dall'imponibile entro un limite annuo di 5mila euro le spese per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all'auto-imprenditorialità erogati dai centri per l'impiego o dai soggetti accreditati a svolgere funzioni e compiti in materia di politiche attive per il lavoro: spese che dovrebbero essere mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle condizioni del mercato del lavoro. Infine, diventerebbero deducibili integralmente i costi per l'assicurazione contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro effettuato.

Maternità e malattia
Novità in arrivo per professionisti e partite Iva anche sul fronte del lavoro: se nasce un figlio si avrà la possibilità di ricevere l'indennità pur continuando a lavorare (non scatta l'astensione obbligatoria). Per gli iscritti alla gestione separata Inps i congedi parentali salgono da 3 a 6 mesi entro i primi tre anni di vita del bambino. Se poi ci si ammala o si subisce un infortunio, su richiesta dell'interessato si potrà sospendere la prestazione (salvo che venga meno l'interesse del committente).

La previdenza

Sul fronte previdenziale si profila il tentativo di muoversi in modo in un certo senso allineato con un primo intervento presente nel Ddl di bilancio appena trasmesso alla Camera. La manovra riduce a regime l'aliquota contributiva per i professionisti freelance non iscritti a Casse private al 25% a partire dal 2017, disinnescando così una volta per tutte l'aumento progressivo disposto dalla riforma Fornero del mercato del lavoro e poi congelato mantenendo l'aliquota al 27% negli ultimi anni. A questo si aggiunge l’ordine del giorno (prima firmataria Annamaria Parente, capogruppo Pd in commissione Lavoro a Palazzo Madama) approvato dal Senato. Quest’ultimo impegna il Governo a una revisione complessiva del sistema previdenziale dell'intero comparto del lavoro autonomo (artigiani, commercianti, agricoltori e professionisti non ordinisti) suddividendo la gestione separata tra professionisti (circa 205mila) e parasubordinati. Un intervento pensato in chiave semplificazione con la creazione di due gestioni Inps: una relativa ai lavoratori dipendenti e parasubordinati e l'altra relativa all'unificazione di artigiani, commercianti, agricoltori e professionisti. E questo secondo i senatori Pd potrebbe garantire «un'uniformità di rendimenti e prestazioni uguali per aree omogenee e si risolverebbe la problematica di equilibrio finanziario tra le varie gestioni che oggi esiste».

Poniamo alcune domande

Un Contribuente minimo con 12 fatture per prestazioni di servizi, che opera solo sul territorio italiano, e non sostiene molti acquisti nel corso dell’anno, non è soggetto a comunicazioni periodiche, registri iva e altri adempimenti che contraddistinguerebbero un professionista in regime ordinario, potrete stimare un onorario sui 500-750 euro l’anno (apertura, gestione della contabilità, adempimenti periodici e tenuta delle scritture contabili e dichiarazione dei redditi) anche se so che dicendo questo attirerò le antipatie di alcuni professionisti che applicano parcelle ben maggiori e altri che al contrario applicano parcelle ancora più basse.

Ovviamente il discorso cambia per quello che concerne l’apertura e la gestione della partita Iva per le società (srl o spa per esempio): in realtà per l’apertura in questo caso provvedere spesso direttamente il notaio ed il costo non cambia rispetto ad un libero professionista in quanto la procedura è la medesima.

Potrei gestire da solo la partita Iva?

Questa è una domanda che molti si pongono nel tentativo disperato di abbattere il più possibile i costi di gestione della propria attività di lavoro autonomo (per le società sarebbe abbastanza impensabile). Per esperienza vi dico che è meglio che non ci proviate perché vi ruba molto tempo e vi fa commettere molti errori, soprattutto nella parte iniziale dell’apertura di Partita Iva e fatturazione nonché i primi adempimenti. E poi ci sono le modifiche normative che intervengono di frequente a cui dovreste stare appresso per cui i soldi del commercialista, credetemi sono spesi bene. Unica cosa trovatene uno di fiducia e che non costi molto.

Smarcato l’aspetto dei costi potete leggere l’articolo dedicati ai passi da seguire per l’apertura della partita IVA.

Quale regime agevolato scegliere?

Potete leggere a tal proposito l’articolo dedicato alla scelta del regime fiscale anche se vi anticipo che il nuovo regime forfettario dei contribuenti minimi è quello preferibile se si rispettano i requisiti di accesso. Leggete l’articolo dedicato al NUOVO regime forfettario dei contribuenti minimi

Come chiudere la partita Iva

Se invece la dovete solo chiudere allora potete leggere l’articolo dedicato alla chiusura della partita Iva.
Da una parte poi vi segnalo gli articoli dedicati alla prestazione occasionale e l’altro all'apertura della Partita Iva.



domenica 13 novembre 2016

Partita IVA: costo, calcolo e un percorso per come cominciare



Aprire la Partita Iva può generare dei costi annuali sia di apertura sia di gestione, fissi o variabili, oltre a far porre una serie di domande sul regime fiscale più conveniente da scegliere tra quelli attualmente a disposizione dei professionisti nel diritto tributario.

Potrete altrimenti servirvi di un Commercialista o  CAF, che predisporrà il modulo secondo le vostre indicazioni e provvederà all’invio telematico. Per vostra informazione esiste un tariffario per che può non solo essere oggetto di oscillazioni tra i diversi ordini nazionali, ma varia da commercialista a commercialista e da zona a zona. Esistono professionisti che vi faranno pagare anche 500 euro per aprire una Partita IVA, che si potrebbe fare da soli e commercialisti che non vi chiederanno niente perché vi faranno un forfait per l’apertura e la gestione annuale.

Altrimenti potrete rivolgervi anche ai CAF o centri di assistenza fiscale che hanno dei loro tariffari che potete consultare liberamente prima di attribuire l’incarico per l’apertura.

Innanzitutto bisogna stabilire se l’attività è di tipo professionale oppure è necessario aprire una ditta. Se mi occupo di consulenza aziendale sono un professionista; se invece intendo produrre pane sono un artigiano e dovrò aprire una ditta. La differenza è rilevante poiché comporta degli adempimenti in più per chi deve aprire la partita IVA come ditta individuale.

Tutto gira intorno ai codici ATECO: si tratta della classificazione delle attività economiche adottata dall’ISTAT. Ogni attività ha un codice proprio. Inoltre andranno indicati i dati relativi all’attività esercitata come libero professionista o lavoro autonomo inserendo il codice atecofin che ha lo scopo di individuare con un codice sintetico quale attività svolgete.

Libero professionista
I liberi professionisti, al momento dell’apertura della partita IVA, devono provvedere a presentare il modello di inizio attività all’Agenzia delle Entrate, modello AA9, ed iscriversi alla Gestione Separata INPS, a meno che non vadano a svolgere una professione con previdenza professionale indipendente. Bisognerà dunque compilare un apposito modello, consegnarlo direttamente all’Agenzia delle Entrate (anche a mezzo raccomandata oppure direttamente attraverso i servizi online della stessa) e iscriversi all’INPS.

Ditta individuale
Le ditte individuali, oltre agli adempimenti sopra riportati per i professionisti, sono tenute all’iscrizione presso il Registro delle Imprese, tenuto nelle Camere di Commercio. Nel 2010, al fine di semplificare le operazioni di avvio delle attività, è stato predisposta la Comunicazione Unica che attraverso la sua compilazione consente di:

richiedere il codice fiscale e la partita IVA;

aprire la posizione assicurativa presso l’INAIL;

chiedere l’iscrizione all’INPS dei dipendenti o dei lavoratori autonomi;

chiedere l’iscrizione al Registro delle Imprese tenuto dalle Camere di Commercio.

La Comunicazione Unica può essere trasmessa esclusivamente in via telematica attraverso i software messi a disposizione dalle Camere di Commercio.

Regimi fiscali
Una volta scelto il proprio codice ATECO, definita la propria attività tra professionale ed imprenditoriale, occorre decidere quale regime fiscale applicare. L’Italia non è propriamente la patria delle semplificazione, dunque anche in questo caso ci si ritrova un ventaglio di scelte che spesso richiede anche delle articolate valutazioni sulla convenienza di scegliere un regime anziché un altro.

Regime forfettario agevolato
Il regime forfettario agevolato è stato istituito dalla Legge di Stabilità 2016. Innanzitutto per rientrare in tale regime bisogna rispettare dei limiti reddituali che differiscono a seconda dell’attività svolta:

30mila euro per professionisti, artigiani e imprese;

50mila euro per commercianti, alberghi e ristoranti;

40mila euro per ambulanti di alimentari e bevande;

30mila euro per ambulanti di altri prodotti.

Questo particolare regime fiscale comporta una determinazione del reddito imponibile in maniera forfettaria, appunto (non è quindi necessario scaricare alcun costo, in quanto l’imponibile sarà una mera percentuale del fatturato) e un’imposta sostitutiva pari al 15% dell’imponibile stesso.

Se si rientra nei limiti di reddito sopra enunciato è possibile passare dal regime ordinario al regime forfettario, semplicemente comunicando la propria volontà attraverso la prima dichiarazione IVA presentata successivamente alla propria scelta.

Chi ad oggi si avvale dei vecchi Minimi potrà proseguire con l’imposizione al 5% fino al quinto anno dopo l’apertura dell’attività oppure fino al compimento del 35° anno di età.

Partita IVA: regime forfettario per startup
Il regime forfettario è ancora più vantaggioso per chi apre una nuova partita IVA. In questo caso infatti l’imposta sostitutiva scende dal 15 al 5%.

Per poter usufruire di questa ulteriore agevolazione il reddito imponibile dovrà essere inferiore a 30mila, Si precisa inoltre che l’aliquota agevolata opererà per soli 5 anni indipendentemente dall’età anagrafica del soggetto titolare di partita IVA. Terminati i 5 anni, se si rimane entro i limiti di reddito elencati nel paragrafo precedente, si passerà all’aliquota del 15%.

Partita IVA: Regime Ordinario
Se chi intende aprire la partita IVA non rispetta le caratteristiche dei regimi agevolati di cui sopra, occorrerà utilizzare il regime che chiameremo ordinario. Il che comporta:

liquidazioni e versamenti IVA (nei regimi dei minimi non si è soggetti IVA);

tenuta dei registri contabili;

assoggettamento agli Studi di Settore;

imposizione fiscale ordinaria, dunque IRPEF progressiva per scaglioni;

possibilità di assumere dei dipendenti e/o di avvalersi liberamente di collaboratori;

nessun limite ai ricavi;

nessun limite alle esportazioni.

Gestioni INPS
Doveroso un accenno alle gestioni INPS, soprattutto per capire in che modo le aliquote contributive incidono sul reddito da lavoro autonomo. Ecco quali sono le aliquote e i contributi fissi da versare, ad oggi:

Artigiani. Contributi fissi annui pari a 3.591,59 euro, più il 23,10% della quota che eccede il reddito minimo, fissato a 15.548 euro.

Commercianti. Contributi fissi annui pari a 3.605,58 euro, più il 23,19% della quota che eccede il reddito minimo, fissato a 15.548 euro.

Gestione separata. Aliquota per il 2016 confermata al 27%, ma destinata a salire nei prossimi anni come per le gestioni di cui sopra.

Gli artigiani e i commercianti che accedono al regime forfettario verseranno i contributi fissi sul minimale ridotti del 35%.

Partita IVA: imposizione fiscale
Come descritto sopra, i titolari di Partita IVA pagano l’IRPEF. Sappiamo che i forfettari verseranno il 15% del proprio reddito determinato con un coefficiente di redditività applicato al fatturato. Per gli ordinari, invece, ci sono le aliquote IRPEF progressive per scaglioni:

23% per i redditi fino a 15.000 euro;

27% per la parte di reddito che va da 15.001 a 28.000 euro;
38% per la parte tra 28.001 e 55.000 euro;

41% per la parte tra 55.001 e 75.000 euro;

43% per la parte di reddito superiore a 75.000 euro.

Per un esempio, un reddito di 78.000 euro pagheremo (valori arrotondati all’unità di euro): 3.450 euro per il primo scaglione, 3.510 per il secondo scaglione, 10.260 per il terzo scaglione, 8.200 euro per il quarto scaglione, 1.290 euro per il quarto scaglione, per un totale di 26.710 euro (all'incirca il 34% del reddito).

Partita IVA costi deducibili

Mentre per i fofettari non esistono costi deducibili poiché la base imponibile si determina a forfait moltiplicando i ricavi per un coefficiente, per i possessori di una partita IVA ordinaria bisogna determinare il reddito sottraendo ai ricavi i costi, purché siano deducibili.

I costi sono deducibili se inerenti l’attività svolta. Banalmente se mi occupo di catering potrò scaricare una spesa di tipo alimentare, se invece faccio l’idraulico no. Nel caso in cui si decida di lavorare da casa e si indichi il proprio indirizzo all'apertura della partita IVA, si potrà dedurre, scaricare, il 50% delle spese legate all'abitazione come affitto, riscaldamento, elettricità ecc.

Attenzione alle spese telefoniche e a quelle sostenute per l’automobile. Si tratta delle tipologia di spesa che negli anni hanno maggiormente subito delle modifiche in quanto a deducibilità. Bisognerà verificare di anno in anno quali sono le percentuali deducibili che potrebbero variare anche in base all'attività svolta, e ritorniamo al menzionato codice ATECO.



sabato 27 febbraio 2016

Come diventare consulente del lavoro


Come diventare consulente del lavoro: vediamo i requisiti per aspiranti professionisti, al praticantato, alla formazione obbligatoria e allo svolgimento delle attività per le aziende.

Quella del consulente del lavoro è senz’altro una professione attraente. Il suo compito è quello di aiutare le aziende nell’amministrazione delle risorse umane da libero professionista. Una risorsa esterna fondamentale per amministrare le risorse umane a norma di legge.

Il consulente del lavoro è un libero professionista con una conoscenza giuridica - economica che ha competenze specifiche collegate all’amministrazione del personale.

Nello specifico il suo ambito professionale comprende:

amministrazione del personale (subordinato, autonomo e parasubordinato);

calcolo e asseverazione del costo del lavoro, determinazione e calcolo dell’accantonamento del trattamento di fine rapporto;

ammortizzatori sociali (consulenza ed assistenza);

risoluzione rapporti (mobilità, licenziamenti collettivi, ecc.);

dichiarazione e denunce previdenziali, assistenziali, assicurative e fiscali;

contenzioso del lavoro, amministrativo, previdenziale, assicurativo, sindacale, giudiziale e stragiudiziale;

contenzioso fiscale, operazioni societarie, dichiarazioni e prestazioni amministrative, contabili, fiscali-tributarie e formazione del bilancio;

contrattualistica (contratti, certificazione, conciliazioni, arbitrati);

consulenze tecniche di parte (controversie di lavoro, previdenziali, assicurative, di assistenza sociale, fiscali e in atti aventi natura negoziale).

Il consulente del lavoro è una professione dalle crescenti opportunità alla luce delle numerose riforme del mercato del lavoro e normativa di riferimento, che generano frequenti dubbi interpretativi. Come libero professionista, aiuta le aziende soprattutto a gestire a norma di legge: risorse umane; contabilità; versamento dei tributi; previdenza; contatti con INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate e così via. Per questo, le sue competenze e formazione devono spaziare tra varie discipline (amministrazione, contabilità, diritto, assicurazione, previdenza, etc.).

L’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha un regolamento per ciò che riguarda il tirocinio obbligatorio per l’accesso alla professione e per chi volesse un vero e proprio vademecum al praticantato per diventare consulente del lavoro, ancora una volta viene in nostro aiuto l’Ordine con una guida sull’argomento dove si trovano tutte le informazioni utili sull’argomento.

Al termine del praticantato è previsto un esame di abilitazione, che si tiene in apposite sessioni annuali e che consiste in una doppia prova scritta (un tema di diritto del lavoro e legislazione sociale ed una prova teorico-pratica di diritto tributario) e poi, se superata, in una prova orale presso la Direzione Regionale del Lavoro sulle seguenti materie: diritto del lavoro; legislazione sociale; diritto tributario; elementi di diritto privato, pubblico e penale; nozioni generali sulla ragioneria, con particolare riguardo alla rilevazione del costo del lavoro ed alla formazione del bilancio.

A fronte della riforma delle professioni, che ha modificato le regole sul praticantato(tirocinio professionale del CdL), il Consiglio Nazionale (con la Fondazione Studi) ha redatto una guida per diventare consulenti, articolata in tre sezioni:

adempimenti e obblighi del praticante;

il professionista che lo accoglie;

il Consiglio provinciale che regola, con ampia autonomia, tutta l’attuazione del percorso formativo.

Vengono inoltre richiamati, oltre alla normativa e prassi del CNO, i requisiti all’iscrizione al registro, gli adempimenti formali per la formazione, il ruolo del tutor, le regole per il rimborso spese, le verifiche del CPO e l’attribuzione del certificato di compiuta pratica. Sul sito del Consiglio Nazionale è inoltre possibile consultare le FAQ sull’argomento.

Come requisito primario viene richiesta la laurea almeno triennale in giurisprudenza, economia o scienze politiche. Obbligatorio per accedere alla Professione di Consulente del Lavoro, vi è poi un periodo di praticantato, ossia tirocinio non superiore ai 18 mesi (art. 9 comma 6 del DL 24/01/2012 e successive modificazioni) presso lo studio di un consulente o di uno dei professionisti indicati dall’art. 1 della legge 12/1979. Periodo propedeutico all’esame di abilitazione alla professione, anch’esso obbligatorio per l’iscrizione all’Albo.

L’Esame di Stato avviene in apposite sessioni annuali e consistente in due prove scritte al superamento delle quale fa seguito una prova orale presso la Direzione Regionale del Lavoro. Per superare l’esame è consigliabile sfruttare al meglio il periodo del praticantato per consolidare le conoscenze e le competenze.

Una volta abilitati come consulenti del lavoro, secondo quanto disposto dal regolamento dell’Ordine, la formazione continua è obbligatoria fino al raggiungimento della soglia minima di 50 crediti formativi ogni due anni. L’obiettivo è fare in modo che i consulenti rimangano al passo con le evoluzioni del Diritto del Lavoro.

Il regolamento dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro prevede la formazione continua obbligatoria. Il lavoro del consulente, infatti, richiede un costante aggiornamento professionale per rimanere al passo con le evoluzioni del Diritto del Lavoro. Per questo, ai consulenti è richiesto il raggiungimento della soglia minima di 50 crediti formativi ogni due anni.

Per i neo-consulenti l’obbligo decorre dal mese successivo a quello d’iscrizione all’albo e il numero di crediti viene ridotto in base alla porzione residua dell’anno.

I crediti possono essere acquisiti tramite la partecipazione a eventi formativi e corsi accreditati.
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