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domenica 30 dicembre 2018

Dal 2019 con fatturazione elettronica meno evasione e più competitività


Le Partite IVA sanno bene che il loro mondo sarà rivoluzionato dalla Fatturazione Elettronica. I più timorosi e meno avvezzi al cambiamento guardano a questo passaggio con timore, considerando il nuovo adempimento come un aggravio di costi; i più ottimisti come a una grande opportunità. Il vero punto chiave di questa rivoluzione è la disintermediazione della consulenza fiscale, ovvero il cambio di passo nel rapporto tra impresa e commercialista.

Maggior controllo sulle entrate Iva, anche a supporto della lotta all'evasione fiscale, fino ai maggiori investimenti nell'ambito della digitalizzazione delle piccole e medie imprese. Sono alcuni dei vantaggi e delle opportunità della fatturazione elettronica che investirà anche i privati dal primo gennaio 2019. La fatturazione elettronica è l’evoluzione naturale che serve anche per tenere conto dei pagamenti elettronici. Sempre più infatti aziende, srl, manager, imprenditori utilizzano carte di credito per pagamenti in cui la moneta è smaterializzata ma con un processo connesso a una fatturazione. Una volta, ad esempio, su Amazon compravano i privati, sempre più invece vi operano le aziende, sia per vendere che per comprare.

Sperimentata prima all’interno della Pubblica amministrazione e introdotta dal 1° luglio 2018 anche per i subappaltatori della Pa, la fatturazione elettronica si appresta dunque a diventare obbligatoria anche per le transazioni tra privati. L'obbligo sarà esteso a tutti i possessori di partita Iva, esclusi i contribuenti nel regime forfettario e del regime dei minimi.

Per l’Italia il dato è significativo: sarà la prima nazione dell'Unione europea a introdurre la fatturazione elettronica per tutte le attività produttive e commerciali, indifferentemente dal fatto che si tratti di società o di liberi professionisti con partita Iva.

L'introduzione della fatturazione elettronica può essere considerata un'importante opportunità per crescere sul fronte dell’innovazione e della digitalizzazione e migliorare la propria competitività a livello continentale. Per molte aziende, infatti, l'obbligatorietà della fatturazione elettronica, tra privati, sarà solo il primo passo verso la piena digitalizzazione dei processi produttivi e amministrativi e la conseguente ottimizzazione dei processi aziendali. Non sono necessari, peraltro, investimenti economici e formativi ingenti per riuscire ad adempiere alle prescrizioni legislative previste dall'introduzione della fatturazione elettronica. Le aziende potranno infatti scegliere un gestionale 'pronto all’uso'.

Il beneficio ottenibile passando da un processo tradizionale basato su carta alla fatturazione elettronica, deriva in larga parte da risparmi legati alla gestione della relazione con il cliente (tempi dedicati a capire se la fattura è effettivamente arrivata, se è stata presa in carico, se e quando verrà pagata ecc.) e gestione della conservazione, che introduce risparmi legati all'eliminazione dei costi di gestione dell'archivio cartaceo.

Tuttavia la maggior parte dei vantaggi economici non deriva da minori costi di stampa e spedizione, ma dalla completa automazione e integrazione dei processi tra le parti che generano una riduzione e ottimizzazione dei costi (no data entry manuale, no errori registrazioni, no smarrimenti), ridotto rischio falsi e duplicazioni (riconciliazione automatica dei dati e processi autorizzativi con controlli sui dati fattura più efficienti) e riduzione errori nei pagamenti e riduzione dei tempi medi di pagamento.

La fatturazione elettronica permette, inoltre, di inviare e ricevere fatture senza dover stampare sulla carta nessuna fattura, e quindi azzera completamente qualsiasi costo di stampa, eventuale spedizione, e poi i costi di marca da bollo e di uno spazio fisico in cui conservare le fatture cartacee. Insomma, una rivoluzione digitale che permette di inviare fatture in forma elettronica, e di compilarle e mandare a clienti, commercialisti e a tutti i diretti interessati in maniera semplice, virtualizzando tutto e senza necessità di ricorrere, quindi, alla carta.

Lo scenario operativo
Quella del 2019 rappresenta l’ultima fase di una filiera che si articola in diversi passaggi fondamentali:

luglio 2018 – fattura elettronica obbligatoria per le cessioni di benzina o gasolio per motori e prestazioni rese da subappaltatori nel quadro di un contratto di appalti pubblici;

settembre 2018 – fattura elettronica obbligatoria nei confronti di soggetti extra-UE per fatture emesse in ambito tax free shopping (ai sensi dell’art.4-bis del Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193);

gennaio 2019 – fattura elettronica obbligatoria per tutte le operazioni tra privati, persone fisiche e giuridiche.

Dall’invio alla ricezione, passando per la registrazione telematica, si tratta di un adempimento che cambierà l’organizzazione di imprese e studi. Nello specifico, la nuova disciplina impone non solo la generazione di fatture elettroniche attraverso appositi sistemi informatici, ma che si provveda anche alla conservazione sostitutiva a norma della contabilità. Sarà dunque necessario dotarsi di adeguati sistemi di archiviazione e classificazione delle fatture, per garantire maggiori controlli e neutralizzare il rischio di errore.

mercoledì 26 luglio 2017

DIS COLL 2017 le istruzioni INPS



Nella circolare 115 del 2017 l'INPS fornisce le istruzioni sulla stabilizzazione ed estensione dell’indennità di disoccupazione DIS COLL per i collaboratori coordinati e per eventi dal 1 luglio del 2017.

Il documento si occupa in particolare : dei destinatari e soggetti esclusi , dei requisiti e dei periodi di contribuzione figurativa per la tutela della maternità - Base di calcolo e misura - Durata della prestazione - Presentazione della domanda e decorrenza della prestazione   Condizionalità in caso di nuova attività lavorativa - Decadenza . Inoltre chiarisce le risorse finanziare e il monitoraggio della funzionalità dell'istituto. Infine si sofferma sul Regime fiscale sulle modalità di ricorso e sulle istruzioni procedurali.

Queste istruzioni riguardano in particolare i lavoratori che perdono la collaborazione a partire dal 1 luglio 2017.

Si ricorda che, in generale, hanno diritto alla Dis Coll i soggetti che soddisfano i 2 requisiti fondamentali:

essere al momento della domanda di prestazione, in stato di disoccupazione ai sensi dell’art. 19, comma 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 150 (stato di disoccupazione);

possano fare valere almeno tre mesi di contribuzione come collaboratori coordinati nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno civile precedente l’evento di cessazione dal lavoro al predetto evento (accredito contributivo di tre mensilità).

Sullo stato di disoccupazione, si considerano disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego ed è stato previsto per legge, tra l’altro, che la domanda di indennità DIS-COLL presentata dall’interessato all’INPS equivale a dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro.

La platea dei destinatari viene estesa anche ad assegnisti e dottorandi di ricerca in gestione separata rimasti senza occupazione (oltre a collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, del pubblico e del privato). Comunque i destinatari non devono avere partita IVA nel momento in cui chiedono il sussidio (se l’hanno aperta ma non produce reddito, devono chiuderla prima di chiedere il sussidio). Il requisito dell’iscrizione in via esclusiva alla gestione separata è soddisfatto se non c’è sovrapposizione tra il rapporto da collaborazione coordinata e continuativa e altra attività lavorativa, come ad esempio un rapporto di lavoro subordinato.

Esempio: dal 1° gennaio 2016 al 30 settembre 2017 l’assicurato ha un contratto di collaborazione /assegno di ricerca / dottorato di ricerca con borsa di studio e per il solo periodo dal 1° gennaio al 30 aprile 2016 ha contemporaneamente in essere un contratto di lavoro subordinato. Il requisito può ritenersi soddisfatto per il solo periodo dal 1° maggio 2016 al 30 settembre 2017, in quanto non sussiste sovrapposizione. Per determinare durata e misura della prestazione sarà utile questo unico periodo.

L’indennità è pari al 75% del reddito medio mensile nel caso in cui tale reddito sia pari o inferiore, per l’anno 2017, all’importo di 1.195 euro. Se il reddito medio mensile è superiore al predetto importo, la misura della Dis-Coll è pari al 75% di 1.195 euro, incrementato di una somma pari al 25% della differenza tra il reddito medio mensile e 1.195 euro. In ogni caso, non può superare i 1.300 euro. L’indennità viene versata per un numero di mesi pari alla metà di quelli lavorati a partire dal primo gennaio dell’anno precedente a quello della disoccupazione, fino a un massimo di sei mesi.

Esempio 1: si ipotizzi un rapporto di collaborazione/assegno di ricerca/dottorato di ricerca con borsa di studio della durata di 10 mesi con la corresponsione di un compenso complessivo di 8.000 euro [copertura contributiva di sei mesi (8.000:1.295,66=6,17 mesi)]. In questa ipotesi, la prestazione spettante avrà una durata di 5 mesi. Ai fini della determinazione della misura della prestazione, dividendo il compenso legato al rapporto di collaborazione/assegno di ricerca/dottorato di ricerca con borsa di studio per il numero dei mesi o frazione di essi, di durata del medesimo, si ottiene un compenso mensile pari ad € 800. La prestazione mensile sarà, pertanto, pari ad € 600 (800X75:100) per i primi tre mesi; € 582 ( € 600 meno il 3 %) per il quarto mese ed € 564,54 (€ 582 meno il 3% ) per il quinto mese, per un importo totale pari a € 2.946,54.

Esempio 2: si ipotizzi un rapporto di collaborazione/assegno di ricerca/dottorato di ricerca con borsa di studio della durata di 6 mesi con la corresponsione di un compenso complessivo di 16.000 euro [(copertura contributiva di 12 mesi (16.000:1.295,66=12,35 mesi)]. In questo caso, la prestazione spettante avrà una durata di 3 mesi. Ai fini della determinazione della misura della prestazione, dividendo il compenso legato al rapporto di collaborazione/assegno di ricerca/dottorato di ricerca con borsa di studio per il numero dei mesi o frazione di essi, di durata del medesimo, si ottiene un compenso mensile pari ad € 2.666,66. La prestazione mensile sarà, pertanto, pari a € 1.264,16 (€ 1.195X75:100 + il 25% della differenza tra € 2.666,66 e € 1.195), per un importo totale pari ad € 3.792,50.

Si precisa che in caso di fruizione parziale della prestazione, ipotizzando ad esempio nel primo caso la fruizione di soli 2 dei 5 mesi spettanti, ai fini del non computo – in occasione di una nuova domanda di DIS-COLL - dei periodi di lavoro che hanno già dato luogo ad erogazione di precedente prestazione DIS-COLL, non saranno computati 4 mesi di lavoro. Analogamente ipotizzando nel secondo caso la fruizione di 1 solo dei 3 mesi spettanti, ai fini del non computo – in occasione di una nuova domanda di DIS-COLL - dei periodi di lavoro che hanno già dato luogo ad erogazione di precedente prestazione DIS-COLL, non saranno computati 2 mesi di lavoro. Per i periodi di fruizione della prestazione non sono riconosciuti i contributi figurativi.

La domanda si presenta all’INPS, in via telematica, entro 68 giorni dalla data di cessazione del contratto di collaborazione / assegno di ricerca / dottorato di ricerca con borsa di studio. Esclusivamente per le cessazioni dal lavoro avvenute nel luglio 2017, i 68 giorni si calcolano dalla pubblicazione della circolare INPS, quindi dal 19 luglio (anche se il rapporto di lavoro si è interrotto in data precedente). In caso di nuova occupazione, la Dis-Coll viene sospesa in caso di un contratto di lavoro fino a cinque giorni mentre si decade dal diritto se il nuovo lavoro dura più di cinque giorni.

Il beneficiario decade dall’indennità, con effetto dal verificarsi dell’evento interruttivo, nei casi di seguito elencati:

a) perdita dello stato di disoccupazione ai sensi dell’art. 19, comma 1 del d.lgs. n. 150 del 2015;

b) non regolare partecipazione alle misure di politica attiva proposte dai centri per l’impiego;

c) nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato di durata superiore a cinque giorni;

d) inizio di una attività lavorativa autonoma, di impresa individuale o di un’attività parasubordinata senza che il lavoratore comunichi all’INPS entro trenta giorni, dall’inizio dell’attività o, se questa era preesistente, dalla data di presentazione della domanda di DIS COLL, il reddito che presume di trarre dalla predetta attività;

e) titolarità di trattamenti pensionistici diretti;

f) acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità, sempre che il lavoratore non opti per l’indennità DIS COLL. A tale proposito si richiama la circolare n. 138 del 2011.

mercoledì 8 febbraio 2017

Riduzione contributi INPS forfettari: domanda entro il 28 febbraio 2017


La riduzione dei contributi previdenziali per i contribuenti forfettari è opzionale e accessibile solo su domanda. Domanda di riduzione contributi INPS agevolati regime forfettario in scadenza il prossimo 28 febbraio 2017.

Ai contribuenti forfettari spetta la riduzione dei contributi previdenziali nella misura del 35% sia per la contribuzione dovuta sul reddito entro il minimale, sia quella sul reddito eventualmente eccedente.

La riduzione tuttavia non è automatica ma ha carattere opzionale ed è accessibile esclusivamente a domanda.

Se l’importo complessivamente versato risulta inferiore all’importo ordinario della contribuzione dovuta sul minimale di reddito, verrà accreditato un numero di mesi proporzionale a quanto versato.
Per richiedere il regime previdenziale agevolato occorre presentare apposita dichiarazione con modalità telematiche, entro i seguenti termini:

- per chi esercita già un’attività entro il 28 febbraio con effetto dal 1 gennaio dell’anno in cui si presenta la domanda;

- per chi invece inizia una attività dal 1 gennaio 2016 la domanda deve essere presentata  attraverso la procedura telematizzata all’uopo predisposta con la massima tempestività rispetto alla data di ricezione della delibera di avvenuta iscrizione alla gestione previdenziale. (Circ. 35 del 19/2/2016).

 I contribuenti titolari di partita IVA nel regime forfettario che svolgono attività d’impresa possono fruire di due diversi regimi contributivi: il regime ordinario ed il regime agevolato. Per fruire del regime agevolato occorre comunicare all’INPS l’intenzione di versare i contributi previdenziali in misura ridotta, secondo le disposizioni contenute nella Legge di Stabilità 2016.

L’INPS è intervenuta sulla questione dei contributi previdenziali agevolati ridotti per i contribuenti titolari di partita IVA nel regime forfettario con il messaggio numero 286 dello scorso 25 gennaio 2016 e con la recente circolare numero 22 del 31 gennaio 2017.


Ecco chi può beneficiare dei contributi INPS ridotti per le partite IVA con il regime forfettario 2017 e come effettuare la comunicazione all’INPS.

Contributi INPS ridotti per partita IVA nel regime forfettario 2017: modalità di comunicazione
I contribuenti titolari di partita IVA nel regime forfettario che svolgono attività d’impresa possono accedere al regime dei contributi INPS ridotti del 35% previa comunicazione telematica all’INPS medesima.

L’INPS ha chiarito che la comunicazione riguarda anche i contribuenti che hanno deciso di aprire una partita IVA nel regime forfettario 2015.

Fino allo scorso anno la comunicazione per la riduzione dei contributi INPS per le partite IVA nel regime forfettario doveva essere ripetuta entro il 28 febbraio di ogni anno, anche al fine di confermare la permanenza dei requisiti previsti per operare con partita IVA in regime forfettario medesimo.

Per effetto di quanto previsto invece dalla circolare INPS numero 22 del 31 gennaio 2017, a partire da quest’anno valgono le seguenti disposizioni:

“Con riferimento alle modalità di accesso al regime contributivo agevolato, nel ricordare che la circolare n. 29/15 e la circolare n. 35/16 hanno chiarito la natura facoltativa dell’accesso, che avviene a fronte di apposita domanda presentata dall’interessato, che attesti di essere in possesso dei requisiti di legge, si precisa quanto segue.

Il regime in parola che, come noto, consiste nella riduzione contributiva del 35% (cfr. par. 1 circolare 35/2016), si applicherà nel 2017 ai soggetti già beneficiari del regime agevolato nel 2016 che, ove permangano i requisiti di agevolazione fiscale, non abbiano prodotto espressa rinuncia allo stesso.
I soggetti che hanno invece intrapreso nel 2016 una nuova attività d’impresa per la quale intendono beneficiare nel 2017 del regime agevolato devono comunicare la propria adesione entro il termine perentorio del 28 febbraio 2017.

I soggetti, infine, che intraprendono una nuova attività nel 2017, per la quale intendono aderire al regime agevolato, devono comunicare tale volontà con la massima tempestività rispetto alla ricezione del provvedimento d’iscrizione, in modo da consentire all’Istituto la corretta e tempestiva predisposizione della tariffazione annuale”

Tuttavia, occorre osservare come la circolare in questione contrasti parzialmente con quanto previsto dal comma 83 della Legge 190/2014 dove si afferma che la riduzione deve obbligatoriamente essere richiesta ogni anno. Torneremo su questo punto nei prossimi giorni.

Come fare domanda per riduzione contributi INPS regime forfettario agevolato 2017?

La domanda di riduzione contributi INPS agevolati dovrà essere effettuata mediante la compilazione e l’invio dell’apposito modulo presente nel “Cassetto Previdenziale per Artigiani e Commercianti”, disponibile online previo accesso con le credenziali personali dell’utente.

La comunicazione INPS per i contribuenti titolari di partita IVA nel regime forfettario 2017 che vogliono accedere ai contributi INPS ridotti deve essere compilata:

entro il 28 febbraio di ogni anno per i contribuenti già in attività che hanno aderito al regime forfettario e vogliano accedere alle agevolazioni contributive;

in sede di iscrizione alla gestione artigiani e commercianti per le nuove attività. In questo senso l’INPS ha chiarito che la comunicazione telematica deve essere trasmessa il prima possibile in modo da anticipare l’elaborazione contributiva annuale.

Qualora la comunicazione telematica all’INPS per i contributi ridotti del 35% sia trasmessa oltre il 28 febbraio (ovvero oltre l’inizio dell’elaborazione contributiva annuale per le nuove attività) l’anno di riduzione contributiva slitterà a quello in cui verrà fatta la comunicazione.

Agevolazione contributi INPS ridotti per partite IVA nel regime forfettario 2017: a chi spetta?

I contribuenti titolari di partita IVA nel regime forfettario 2017 che svolgono attività d’impresa possono fruire, a scelta, di due diversi regimi previdenziali INPS:

regime ordinario;

regime agevolato.

In sostanza la circolare Inps specifica che i contribuenti a partita Iva in regime forfettario già titolari del diritto a beneficiare della riduzione contributi Inps nel 2016 non dovranno produrre nuova comunicazione e quindi non sarà necessario inviare nuovamente la domanda entro il 28 febbraio 2017, poiché, salvo esplicita rinuncia, resta valida la comunicazione della volontà di pagare i contributi in regime agevolato, ovvero con aliquota al 35%.

Al contrario, la domanda di riduzione contributi Inps 2017 dovrà essere effettuata obbligatoriamente da tutti coloro che intendono aderire al regime contributivo agevolato per la prima volta nel 2017, cioè tutti i contribuenti che hanno aperto partita Iva in regime forfettario nel 2016, e per tutti i titolari di nuova partita Iva, ovvero esercenti attività d’impresa al 2017.

Per i contribuenti che aprono partita Iva nel 2017 la comunicazione di riduzione contributi Inps 2017 dovrà essere effettuata tempestivamente, ovvero in sede di iscrizione alla gestione artigiani e commercianti per le nuove attività di modo da consentire all’Inps l’elaborazione contributiva annuale.

domenica 20 novembre 2016

Partite Iva, ecco come difendersi



Aprire la Partita Iva può generare dei costi annuali sia di apertura sia di gestione, fissi o variabili, oltre a far porre una serie di domande sul regime fiscale più conveniente da scegliere tra quelli attualmente a disposizione dei professionisti nel diritto tributario.

I 22 articoli della nuova legge introducono una serie di nuove tutele e di welfare per gli oltre due milioni tra professionisti iscritti a Ordini professionali e i cosiddetti «senza Albo» (quelli che, invece, non appartengono a un Ordine). A cominciare dalla possibilità di poter “scaricare” fiscalmente gli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni. Viene infatti prevista la deducibilità integrale dei costi sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo, fornita da forme assicurative o di solidarietà.

In ogni caso diventano abusive tutte quelle clausole che concordano termini per saldare superiori a 60 giorni dalla consegna della fattura al cliente. Si rafforzano, pure, le tutele nelle transazioni commerciali, e viene estesa ai lavoratori autonomi (in quanto compatibile) la disciplina per difendersi dall'abuso di dipendenza economica. Ma ci sono anche altre modifiche in arrivo, vediamole nel dettaglio.

Spese di vitto e alloggio

Il Ddl autonomi punta all'esclusione dalla base imponibile Irpef e dal calcolo dei contributi di tutte le spese relative all'esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente. Un'esclusione che vale già ora per i costi di albergo, pasti e bevande sostenute direttamente da chi commissiona l'incarico al lavoratore autonomo. Niente tassazione anche per le spese di alloggio e vitto pagate dal professionista per l'esecuzione di un incarico e poi addebitate in modo «analitico» al cliente che gli ha richiesto un lavoro. Non saranno, invece, toccate le regole per le altre spese di vitto e alloggio sostenute da autonomi con la deducibilità al 75% per un importo non superiore al 2% dei compensi percepiti nel periodo d'imposta. Modifiche che si dovrebbero applicare già dall'anno d'imposta in corso (quindi dalle dichiarazioni da presentare nel 2017), quindi non sarà un particolare irrilevante quando il testo diventerà definitivamente legge.

Spese di formazione e per iscrizione a master

Anche sulle formazione il Jobs act autonomi punta a riformare il quadro attuale che consente la deduzione delle spese di partecipazione a convegni, congressi e simili o a corsi di aggiornamento professionale - incluse quelle di viaggio e soggiorno - nella misura del 50% del loro importo. Le modifiche puntano, invece, a intervenire su tre diversi profili. In primo luogo, diventerebbero integralmente deducibili entro un tetto annuo di 10mila euro le spese per l'iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale ma anche quelle sostenute per convegni e congressi con l'esclusione, però, della deducibilità delle spese di viaggio e di soggiorno o comunque delle spese di partecipazione diverse dall'iscrizione. Inoltre, sarebbero deducibili dall'imponibile entro un limite annuo di 5mila euro le spese per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all'auto-imprenditorialità erogati dai centri per l'impiego o dai soggetti accreditati a svolgere funzioni e compiti in materia di politiche attive per il lavoro: spese che dovrebbero essere mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle condizioni del mercato del lavoro. Infine, diventerebbero deducibili integralmente i costi per l'assicurazione contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro effettuato.

Maternità e malattia
Novità in arrivo per professionisti e partite Iva anche sul fronte del lavoro: se nasce un figlio si avrà la possibilità di ricevere l'indennità pur continuando a lavorare (non scatta l'astensione obbligatoria). Per gli iscritti alla gestione separata Inps i congedi parentali salgono da 3 a 6 mesi entro i primi tre anni di vita del bambino. Se poi ci si ammala o si subisce un infortunio, su richiesta dell'interessato si potrà sospendere la prestazione (salvo che venga meno l'interesse del committente).

La previdenza

Sul fronte previdenziale si profila il tentativo di muoversi in modo in un certo senso allineato con un primo intervento presente nel Ddl di bilancio appena trasmesso alla Camera. La manovra riduce a regime l'aliquota contributiva per i professionisti freelance non iscritti a Casse private al 25% a partire dal 2017, disinnescando così una volta per tutte l'aumento progressivo disposto dalla riforma Fornero del mercato del lavoro e poi congelato mantenendo l'aliquota al 27% negli ultimi anni. A questo si aggiunge l’ordine del giorno (prima firmataria Annamaria Parente, capogruppo Pd in commissione Lavoro a Palazzo Madama) approvato dal Senato. Quest’ultimo impegna il Governo a una revisione complessiva del sistema previdenziale dell'intero comparto del lavoro autonomo (artigiani, commercianti, agricoltori e professionisti non ordinisti) suddividendo la gestione separata tra professionisti (circa 205mila) e parasubordinati. Un intervento pensato in chiave semplificazione con la creazione di due gestioni Inps: una relativa ai lavoratori dipendenti e parasubordinati e l'altra relativa all'unificazione di artigiani, commercianti, agricoltori e professionisti. E questo secondo i senatori Pd potrebbe garantire «un'uniformità di rendimenti e prestazioni uguali per aree omogenee e si risolverebbe la problematica di equilibrio finanziario tra le varie gestioni che oggi esiste».

Poniamo alcune domande

Un Contribuente minimo con 12 fatture per prestazioni di servizi, che opera solo sul territorio italiano, e non sostiene molti acquisti nel corso dell’anno, non è soggetto a comunicazioni periodiche, registri iva e altri adempimenti che contraddistinguerebbero un professionista in regime ordinario, potrete stimare un onorario sui 500-750 euro l’anno (apertura, gestione della contabilità, adempimenti periodici e tenuta delle scritture contabili e dichiarazione dei redditi) anche se so che dicendo questo attirerò le antipatie di alcuni professionisti che applicano parcelle ben maggiori e altri che al contrario applicano parcelle ancora più basse.

Ovviamente il discorso cambia per quello che concerne l’apertura e la gestione della partita Iva per le società (srl o spa per esempio): in realtà per l’apertura in questo caso provvedere spesso direttamente il notaio ed il costo non cambia rispetto ad un libero professionista in quanto la procedura è la medesima.

Potrei gestire da solo la partita Iva?

Questa è una domanda che molti si pongono nel tentativo disperato di abbattere il più possibile i costi di gestione della propria attività di lavoro autonomo (per le società sarebbe abbastanza impensabile). Per esperienza vi dico che è meglio che non ci proviate perché vi ruba molto tempo e vi fa commettere molti errori, soprattutto nella parte iniziale dell’apertura di Partita Iva e fatturazione nonché i primi adempimenti. E poi ci sono le modifiche normative che intervengono di frequente a cui dovreste stare appresso per cui i soldi del commercialista, credetemi sono spesi bene. Unica cosa trovatene uno di fiducia e che non costi molto.

Smarcato l’aspetto dei costi potete leggere l’articolo dedicati ai passi da seguire per l’apertura della partita IVA.

Quale regime agevolato scegliere?

Potete leggere a tal proposito l’articolo dedicato alla scelta del regime fiscale anche se vi anticipo che il nuovo regime forfettario dei contribuenti minimi è quello preferibile se si rispettano i requisiti di accesso. Leggete l’articolo dedicato al NUOVO regime forfettario dei contribuenti minimi

Come chiudere la partita Iva

Se invece la dovete solo chiudere allora potete leggere l’articolo dedicato alla chiusura della partita Iva.
Da una parte poi vi segnalo gli articoli dedicati alla prestazione occasionale e l’altro all'apertura della Partita Iva.



domenica 13 novembre 2016

Partita IVA: costo, calcolo e un percorso per come cominciare



Aprire la Partita Iva può generare dei costi annuali sia di apertura sia di gestione, fissi o variabili, oltre a far porre una serie di domande sul regime fiscale più conveniente da scegliere tra quelli attualmente a disposizione dei professionisti nel diritto tributario.

Potrete altrimenti servirvi di un Commercialista o  CAF, che predisporrà il modulo secondo le vostre indicazioni e provvederà all’invio telematico. Per vostra informazione esiste un tariffario per che può non solo essere oggetto di oscillazioni tra i diversi ordini nazionali, ma varia da commercialista a commercialista e da zona a zona. Esistono professionisti che vi faranno pagare anche 500 euro per aprire una Partita IVA, che si potrebbe fare da soli e commercialisti che non vi chiederanno niente perché vi faranno un forfait per l’apertura e la gestione annuale.

Altrimenti potrete rivolgervi anche ai CAF o centri di assistenza fiscale che hanno dei loro tariffari che potete consultare liberamente prima di attribuire l’incarico per l’apertura.

Innanzitutto bisogna stabilire se l’attività è di tipo professionale oppure è necessario aprire una ditta. Se mi occupo di consulenza aziendale sono un professionista; se invece intendo produrre pane sono un artigiano e dovrò aprire una ditta. La differenza è rilevante poiché comporta degli adempimenti in più per chi deve aprire la partita IVA come ditta individuale.

Tutto gira intorno ai codici ATECO: si tratta della classificazione delle attività economiche adottata dall’ISTAT. Ogni attività ha un codice proprio. Inoltre andranno indicati i dati relativi all’attività esercitata come libero professionista o lavoro autonomo inserendo il codice atecofin che ha lo scopo di individuare con un codice sintetico quale attività svolgete.

Libero professionista
I liberi professionisti, al momento dell’apertura della partita IVA, devono provvedere a presentare il modello di inizio attività all’Agenzia delle Entrate, modello AA9, ed iscriversi alla Gestione Separata INPS, a meno che non vadano a svolgere una professione con previdenza professionale indipendente. Bisognerà dunque compilare un apposito modello, consegnarlo direttamente all’Agenzia delle Entrate (anche a mezzo raccomandata oppure direttamente attraverso i servizi online della stessa) e iscriversi all’INPS.

Ditta individuale
Le ditte individuali, oltre agli adempimenti sopra riportati per i professionisti, sono tenute all’iscrizione presso il Registro delle Imprese, tenuto nelle Camere di Commercio. Nel 2010, al fine di semplificare le operazioni di avvio delle attività, è stato predisposta la Comunicazione Unica che attraverso la sua compilazione consente di:

richiedere il codice fiscale e la partita IVA;

aprire la posizione assicurativa presso l’INAIL;

chiedere l’iscrizione all’INPS dei dipendenti o dei lavoratori autonomi;

chiedere l’iscrizione al Registro delle Imprese tenuto dalle Camere di Commercio.

La Comunicazione Unica può essere trasmessa esclusivamente in via telematica attraverso i software messi a disposizione dalle Camere di Commercio.

Regimi fiscali
Una volta scelto il proprio codice ATECO, definita la propria attività tra professionale ed imprenditoriale, occorre decidere quale regime fiscale applicare. L’Italia non è propriamente la patria delle semplificazione, dunque anche in questo caso ci si ritrova un ventaglio di scelte che spesso richiede anche delle articolate valutazioni sulla convenienza di scegliere un regime anziché un altro.

Regime forfettario agevolato
Il regime forfettario agevolato è stato istituito dalla Legge di Stabilità 2016. Innanzitutto per rientrare in tale regime bisogna rispettare dei limiti reddituali che differiscono a seconda dell’attività svolta:

30mila euro per professionisti, artigiani e imprese;

50mila euro per commercianti, alberghi e ristoranti;

40mila euro per ambulanti di alimentari e bevande;

30mila euro per ambulanti di altri prodotti.

Questo particolare regime fiscale comporta una determinazione del reddito imponibile in maniera forfettaria, appunto (non è quindi necessario scaricare alcun costo, in quanto l’imponibile sarà una mera percentuale del fatturato) e un’imposta sostitutiva pari al 15% dell’imponibile stesso.

Se si rientra nei limiti di reddito sopra enunciato è possibile passare dal regime ordinario al regime forfettario, semplicemente comunicando la propria volontà attraverso la prima dichiarazione IVA presentata successivamente alla propria scelta.

Chi ad oggi si avvale dei vecchi Minimi potrà proseguire con l’imposizione al 5% fino al quinto anno dopo l’apertura dell’attività oppure fino al compimento del 35° anno di età.

Partita IVA: regime forfettario per startup
Il regime forfettario è ancora più vantaggioso per chi apre una nuova partita IVA. In questo caso infatti l’imposta sostitutiva scende dal 15 al 5%.

Per poter usufruire di questa ulteriore agevolazione il reddito imponibile dovrà essere inferiore a 30mila, Si precisa inoltre che l’aliquota agevolata opererà per soli 5 anni indipendentemente dall’età anagrafica del soggetto titolare di partita IVA. Terminati i 5 anni, se si rimane entro i limiti di reddito elencati nel paragrafo precedente, si passerà all’aliquota del 15%.

Partita IVA: Regime Ordinario
Se chi intende aprire la partita IVA non rispetta le caratteristiche dei regimi agevolati di cui sopra, occorrerà utilizzare il regime che chiameremo ordinario. Il che comporta:

liquidazioni e versamenti IVA (nei regimi dei minimi non si è soggetti IVA);

tenuta dei registri contabili;

assoggettamento agli Studi di Settore;

imposizione fiscale ordinaria, dunque IRPEF progressiva per scaglioni;

possibilità di assumere dei dipendenti e/o di avvalersi liberamente di collaboratori;

nessun limite ai ricavi;

nessun limite alle esportazioni.

Gestioni INPS
Doveroso un accenno alle gestioni INPS, soprattutto per capire in che modo le aliquote contributive incidono sul reddito da lavoro autonomo. Ecco quali sono le aliquote e i contributi fissi da versare, ad oggi:

Artigiani. Contributi fissi annui pari a 3.591,59 euro, più il 23,10% della quota che eccede il reddito minimo, fissato a 15.548 euro.

Commercianti. Contributi fissi annui pari a 3.605,58 euro, più il 23,19% della quota che eccede il reddito minimo, fissato a 15.548 euro.

Gestione separata. Aliquota per il 2016 confermata al 27%, ma destinata a salire nei prossimi anni come per le gestioni di cui sopra.

Gli artigiani e i commercianti che accedono al regime forfettario verseranno i contributi fissi sul minimale ridotti del 35%.

Partita IVA: imposizione fiscale
Come descritto sopra, i titolari di Partita IVA pagano l’IRPEF. Sappiamo che i forfettari verseranno il 15% del proprio reddito determinato con un coefficiente di redditività applicato al fatturato. Per gli ordinari, invece, ci sono le aliquote IRPEF progressive per scaglioni:

23% per i redditi fino a 15.000 euro;

27% per la parte di reddito che va da 15.001 a 28.000 euro;
38% per la parte tra 28.001 e 55.000 euro;

41% per la parte tra 55.001 e 75.000 euro;

43% per la parte di reddito superiore a 75.000 euro.

Per un esempio, un reddito di 78.000 euro pagheremo (valori arrotondati all’unità di euro): 3.450 euro per il primo scaglione, 3.510 per il secondo scaglione, 10.260 per il terzo scaglione, 8.200 euro per il quarto scaglione, 1.290 euro per il quarto scaglione, per un totale di 26.710 euro (all'incirca il 34% del reddito).

Partita IVA costi deducibili

Mentre per i fofettari non esistono costi deducibili poiché la base imponibile si determina a forfait moltiplicando i ricavi per un coefficiente, per i possessori di una partita IVA ordinaria bisogna determinare il reddito sottraendo ai ricavi i costi, purché siano deducibili.

I costi sono deducibili se inerenti l’attività svolta. Banalmente se mi occupo di catering potrò scaricare una spesa di tipo alimentare, se invece faccio l’idraulico no. Nel caso in cui si decida di lavorare da casa e si indichi il proprio indirizzo all'apertura della partita IVA, si potrà dedurre, scaricare, il 50% delle spese legate all'abitazione come affitto, riscaldamento, elettricità ecc.

Attenzione alle spese telefoniche e a quelle sostenute per l’automobile. Si tratta delle tipologia di spesa che negli anni hanno maggiormente subito delle modifiche in quanto a deducibilità. Bisognerà verificare di anno in anno quali sono le percentuali deducibili che potrebbero variare anche in base all'attività svolta, e ritorniamo al menzionato codice ATECO.



domenica 30 ottobre 2016

Lavorare con busta paga e Partita IVA



In alcune condizioni è possibile avere sia un lavoro dipendente o assimilato che una Partita IVA, questo significa ricevere sia una busta paga aziendale, sia redditi derivanti da lavoro autonomo. La scelta di avere un doppio reddito, da dipendente e da autonomo, può derivare ad esempio dalla necessità o dalla volontà di migliorare la propria condizione economica o anche semplicemente dalla possibilità di guadagnare degli extra facendo fruttare una propria passione o un proprio hobby.

Se si vuole intraprende questa strada, bisogna avere chiari alcuni passaggi:

versamento dei contributi INPS;

obblighi di comunicazione ai datori di lavoro;

cumulo dei redditi.

Il dipendente privato che decide di aprire una partita IVA, come ditta che sia individuale o società o come libero professionista, non deve trasgredire divieti inseriti nel contratto di lavoro. Anche per quanto riguarda la comunicazione con il proprio datore di lavoro, non esistono obblighi espliciti, potrebbe però essere comunque meglio comunicare tutte le eventuali informazioni, evitando così qualsiasi problematica.

Per quanto riguarda le regole previste dalla legge è importante ricordare l'art. 2015 del Codice Civile, che tratta l'obbligo di fedeltà da parte del lavoratore. Per questo motivo il lavoratore non può divulgare notizie riguardanti la propria azienda, o allo stesso tempo non può farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio. In caso di violazione dell'obbligo di fedeltà il dipendente può essere licenziato ed inoltre è tenuto a risarcire il datore di lavoro dei danni subiti. La violazione dell’obbligo di fedeltà costituisce inadempimento contrattuale che dà luogo a responsabilità disciplinare e, nella maggior parte dei casi, integra la giusta causa di licenziamento. Il lavoratore è inoltre tenuto al risarcimento dei danni subiti dal datore di lavoro (Cass. n. 6473/1993).

Infine per quanto riguarda contribuzione previdenziale INPS, per il dipendente a tempo indeterminato full time, che avvia un’attività d’impresa commerciale, non è necessaria l’iscrizione alla Gestione commercianti dell’INPS né il versamento di ulteriori contributi. Per un lavoratore dipendente che avvia un’attività da libero professionista, è previsto l’obbligo di iscriversi alla Gestione separata INPS versando il contributo proporzionale del 18%.

Un dipendente privato può aprire una partita IVA, come ditta individuale/società o come libero professionista, senza problemi di compatibilità, ovvero può aprire una propria attività conservando il proprio lavoro alle dipendenze di un’azienda privata a patto che non vi sia concorrenza tra lavoro svolto come dipendente e quello a partita IVA, se il contratto lo vieta espressamente. Se non vi è esplicito divieto non vi è alcun problema di coesistenza tra le due attività. In generale non vige alcun obbligo di comunicazione al datore di lavoro, anche se è generalmente conveniente informare l’azienda per non incorrere in problematiche che potrebbero portare ad un licenziamento per giusta causa.

Per quanto riguarda la contribuzione previdenziale INPS:

in caso di lavoratore dipendente a tempo indeterminato a tempo pieno (ovvero con almeno 26 ore lavorative settimanali) che avvia un’attività d’impresa commerciale, se è possibile qualificare il lavoro in azienda come prevalente sia in termini di tempo che in termini reddituali (reddito annuo come lavoratore dipendente maggiore del reddito derivante dall'attività commerciale), non è necessaria l’iscrizione alla Gestione commercianti dell’INPS né il versamento di ulteriori contributi.

Una volta avviata l’attività l’INPS invierà al lavoratore comunque una comunicazione in merito all'iscrizione del soggetto alla Gestione commercianti, tuttavia sarà sufficiente rispondere spiegando i motivi che prevedono la cancellazione dell’iscrizione e provando l’esistenza del rapporto di lavoro dipendente allegando una copia dell’ultima busta paga percepita.

Nel caso di lavoratore dipendente che avvia un’attività da libero professionista, è previsto l’obbligo di iscriversi alla Gestione separata INPS versando il contributo proporzionale del 18%;

in caso di contratto di lavoro a tempo determinato bisogna valutare se complessivamente nel corso dell’anno il periodo trascorso come lavoratore dipendente può essere o meno considerato prevalente rispetto all'attività commerciale esercitata.




giovedì 17 settembre 2015

Come compilare una fattura per una prestazione occasionale


Alcune persone effettuano prestazioni lavorative occasionali che non raggiungono valori di fatturazioni elevati, tanto da obbligare all'apertura della partita IVA, in questi casi generalmente si ricorre alla fattura per prestazione occasionale la quale, prevede comunque, una ritenuta fiscale del 20%.

Vediamo come compilare una fattura per prestazione occasionale. Assicurarsi di avere a portata di mano, dopo aver effettuato la descrizione dell'oggetto della prestazione ed il periodo relativo andrà indicato il calcolo relativo all'imponibile della somma da percepire, il 20 % di ritenuta d'acconto relativa ed infine, il netto da pagare, (ossia la cifra che si riceve per la nostra prestazione lavorativa).

La compilazione di tutti i dati relativi, andrà effettuata su foglio di carta semplice.

La fattura per prestazione d'opera occasionale andrà stampata in duplice copia e firmata sia dal prestatore d'opera, che dal committente relativo. Ricordate di apporre la data e il luogo di fatturazione.

Non bisogna dimenticare:
se superate i 5.000 euro annui dovrete avvalervi di partita IVA , foglio di carta - dati fiscali prestatore d'opera e committente - marca da bollo.

Il prestatore di lavoro occasionale, non possedendo una posizione lavorativa aperta, il datore di lavoro – committente, dovrà versare la ritenuta d'acconto. Essendo prestatori d'opera occasionali, non si deve versare nulla all'INPS. Nella fattura andranno specificati i dati anagrafici, il codice fiscale, il domicilio del soggetto che emette fattura, l'importo pattuito e versato per la prestazione lavorativa effettuata. Nella fattura andrà dichiarato di non aver superato la soglia massima consentita per legge (generalmente 5.000 euro), andranno inseriti tutti i dati relativi del committente. Un altro dato importante che andrà inserito nella fattura per prestazione occasionale è quello che descrive la tipologia di lavoro svolto e la relativa durata dello stesso. Tale ricevuta andrà corredata di marca da bollo specifica da 1,81 euro.

Ricordiamo che la ritenuta d’acconto è sempre più diffusa come mezzo di pagamento, per le nuove generazioni sempre più spesso lavorare significa collaborare con più soggetti durante l’anno per piccole mansioni limitate nel tempo e nell'impegno richiesto, spesso legate a specifici compiti e obiettivi.

In questi casi spesso i datori di lavoro propongono ai collaboratori sprovvisti di partita IVA (per collaborazioni che non superino i 5.000 euro di compenso lordo nell'anno) la formula della collaborazione occasionale, comunemente chiamata con ritenuta d’acconto.

Come funziona la collaborazione occasionale con ritenuta d’acconto
Molto semplicemente con questo strumento il collaboratore esegue un lavoro per il committente come se fosse un professionista (pur non avendo una partita IVA), per un periodo di tempo e un compenso limitati. La natura del rapporto deve essere appunto occasionale e non c’è nel rapporto lavorativo la natura di subordinazione.

Dal punto di vista pratico, al momento del pagamento della prestazione, il collaboratore deve produrre una ricevuta al committente che provvederà a pagarla.

Spesso è il committente che fornisce un modello di ricevuta che il collaboratore firma e consegna: si tratta di un ribaltamento di ruoli, come spiegato sopra, dovuto solo al fatto che il collaboratore non sa fattivamente come produrre la ricevuta ma formalmente è il collaboratore che consegna la ricevuta al committente come se fosse una fattura.

Dal punto di vista fiscale la ricevuta conterrà:

la data e il numero della ricevuta;

i dati del collaboratore (incluso codice fiscale);

i dati del committente (inclusi codice fiscale e partita iva);

la descrizione dell’attività prestata;

l’importo del compenso lordo;

l’importo della ritenuta d’acconto;

l’importo netto (lordo - ritenuta d’acconto).

Una volta consegnata la ricevuta al committente, questo provvede a:

versare l’importo netto al collaboratore (preferibilmente con una forma tracciabile, ex. bonifico bancario);

versare l’importo della ritenuta d’acconto allo Stato per conto del collaboratore entro il 15 del mese successivo alla data della ricevuta.

Quindi:

la spesa totale del committente è pari al lordo;

l’incasso del collaboratore è pari al netto;

lo Stato prende subito il 20% di tasse del collaboratore attraverso il committente. Al momento della
dichiarazione dei redditi dell’anno successivo, a seconda dei redditi totali e di eventuali deduzioni e detrazioni, lo Stato potrà:

nel caso in cui non fosse dovuta, restituire al collaboratore parte o l’intera percentuale pagata (sotto forma di credito di imposta);

nel caso in cui le tasse dovute eccedessero il 20% già versato, chiedere un conguaglio.


venerdì 17 ottobre 2014

Regime dei Minimi: le novità della Legge di Stabilità 2015




Il regime fiscale agevolato per i contribuenti cosiddetti "minimi", introdotto a partire dal 1° gennaio 2008, in linea di massima, prevede l'applicazione di una imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 20%.

I contribuenti che iniziano una attività di lavoro autonomo e presumono di rispettare i requisiti previsti per l'applicazione del regime in esame, devono comunicarlo nella dichiarazione di inizio attività (modello AA9/9), barrando l'apposita casella nel quadro B.

In caso di inizio dell’attività nel corso del periodo d’imposta, il limite dei ricavi e dei compensi deve essere ragguagliato all’anno.

Il regime cessa di avere applicazione nell’anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti superino di oltre il 50% il limite dei 30.000 euro. In tal caso il contribuente diventerà debitore anche dell’Iva maturata per le operazioni effettuate antecedentemente al superamento del limite e comunque limitatamente all’esercizio in cui è avvenuto il superamento e potrà detrarre la relativa imposta sugli acquisti e sulle importazioni.

In tal caso il contribuente dovrà:

istituire i registri previsti dal titolo II del D.P.R. n. 633/1972 entro il termine per l’effettuazione della liquidazione periodica relativa al mese o al trimestre in cui è superato il limite;

adempiere agli obblighi ordinariamente previsti per le operazioni effettuate successivamente al superamento del limite;

presentare la comunicazione annuale dati Iva e la dichiarazione annuale Iva entro i termini ordinariamente previsti;

versare eventualmente l’imposta a saldo risultante dalla dichiarazione annuale relativa all’anno in cui è stato superato di oltre il 50% il limite di 30.000 euro entro i termini ordinariamente previsti;

annotare i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi e l’ammontare degli acquisti effettuati anteriormente al superamento del limite entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale Iva.

Rientrano nel regime dei contribuenti minimi i lavoratori autonomi e le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato che nell'anno solare precedente hanno conseguito compensi in misura non superiore a 30.000 euro.

Sono esclusi i soggetti non residenti che svolgono l'attività nel territorio dello Stato e coloro che si avvalgono di regimi speciali di determinazione dell'IVA.

I compensi rilevanti sono quelli richiamati in precedenza quando si è analizzato il regime "ordinario".
Per avvalersi del regime in esame è, altresì, necessario che i contribuenti:

I soggetti che iniziano l'attività possono immediatamente applicare il regime agevolato se prevedono di rispettare le predette condizioni, tenendo conto che, in caso di inizio di attività in corso d'anno, il limite dei 30.000 euro di ricavi o compensi deve essere ragguagliato all'anno.

Riguardo agli acquisti di beni strumentali, il limite va riferito all'intero triennio precedente e non ragguagliato ad anno. All'importo di 15.000 euro occorre far riferimento, pertanto, anche nell'eventualità che l'attività sia iniziata da meno di tre anni.

Il valore dei beni strumentali cui far riferimento è costituito dall'ammontare dei corrispettivi relativi alle operazioni di acquisto effettuate anche presso soggetti non titolati di partita IVA.

I contribuenti che applicano il regime dei contribuenti minimi usufruiscono, sostanzialmente, di due differenti tipi di agevolazioni:

 applicazione di una imposta sostitutiva del 20% sul reddito determinato secondo apposite regole che sostituisce sia l'Irpef e le relative addizionali che l'Irap e l'Iva;

 esonero dalla maggior parte degli obblighi contabili e dichiarativi.

Durante la permanenza nel regime agevolato, non è possibile esercitare il diritto di rivalsa né è possibile detrarre l'Iva assolta sugli acquisti nazionali e comunitari e sulle importazioni.

La fattura emessa non deve, pertanto, recare l'addebito dell'imposta.

Relativamente alle modalità di determinazione del reddito di lavoro autonomo su cui applicare l'imposta sostitutiva del 20%, vale il "principio di cassa".

Il Regime dei Minimi si rinnova: la Legge di Stabilità lo riforma ancora una volta introducendo dal 2015 un regime fiscale agevolato per i lavoratori autonomi con reddito fino a 15mila euro. L’imposta sostitutiva aumenta dal 5 al 15% ma scompare il limite dei 5 anni per la permanenza nel regime a tassazione forfettaria dedicata a lavoratori autonomi, piccole imprese e professionisti entro determinate soglie di reddito, ampliando la platea degli aventi diritto.

La nuova Riforma del Regime dei Minimi è contenuta nell’articolo 9 della bozza circolante della Legge di Stabilità 2015, ma per averne conferma bisognerà attendere il testo definitivo approvato dal Governo nel CdM, nonché il termine della discussione parlamentare.

Tra le novità di maggiore rilievo l’innalzamento dell’imposta forfetaria al 15% (sostitutiva di IRPEF, IRAP e addizionali). I minimi verranno inoltre esonerati dall’IVA, con una serie di eccezioni relative a particolari tipologie di operazioni (operazioni con l’estero, importazioni ed esportazioni). Per le operazioni su cui l’IVA è dovuta, questa va liquidata entro il giorno 16 del mese successivo all’effettuazione delle operazioni. Restano poi gli obblighi di numerazione e conservazione di fatture e bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi, e di conservazione dei relativi documenti.

Il nuovo Regime dei Minimi è applicabile a persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti e professioni i cui ricavi non superano quelli previsti in specifiche tabelle, che cambiano a seconda delle tipologie di attività, allegate alla Legge di Stabilità. Non rilevano ricavi e compensi derivanti dall’adeguamento degli Studi di Settore. Nel caso di più attività esercitate (con diversi codici ATECO), rileva il limite più elevato dei ricavi e compensi relativi alle diverse attività.

Il calcolo sui beni strumentali deve seguire le seguenti regole:

per i beni in locazione finanziaria, rileva il costo sostenuto dal concedente;
per i beni in locazione, noleggio o comodato, rileva il valore normale;
i beni in utilizzo promiscuo concorrono nella misura del 50%;
non rilevano i beni il cui costo unitario è superiore a quanto 516,4 euro;
non rilevano i beni immobili utilizzati nell’attività d’impresa o nell’esercizio della professione.

Possono avvalersi del Regime dei Minimi le nuove imprese o le persone che intraprendono attività professionale che comunicano, con la dichiarazione di inizio attività, di presumere la sussistenza dei requisiti di reddito.

Sono invece esclusi:

le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali IVA o di altri regimi forfettari di determinazione del reddito;

i soggetti non residenti, ad eccezione dei cittadini comunitari o dei paesi dello Spazio Economico Europeo;

i soggetti la cui attività prevalente è costituita da cessione di immobili, fabbricati, terreni edificabili, mezzi di trasporto nuovi;

gli esercenti attività d’impresa o i professionisti che sono anche azionisti di altre società di persone, associazioni, Srl.


lunedì 17 febbraio 2014

Riforma gestioni previdenziali per il 2014



Tra i molteplici interventi della legge di stabilità 2014 non possono essere dimenticate le nuove aliquote previste per la gestione separata INPS.

Se da un lato i professionisti titolari di partita IVA vengono agevolati con un blocco degli aumenti per l’anno 2014, i pensionati e i soggetti già iscritti ad altre forme di previdenza complementare si troveranno, per l’anno a venire, davanti ad un ulteriore aumento, il quale va a sommarsi a quello già disposto con la Riforma Fornero.

Nessuna modifica è stata invece prevista per la gestione artigiani e commercianti.
I professionisti titolari di partita iva vengono sottratti agli aumenti previsti dalla Legge 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. Riforma Fornero), con la quale erano state fissate aliquote crescenti negli anni, pari al 27 per cento per l'anno 2012 e per l'anno 2013, al 28 per cento per l'anno 2014, al 30 per cento per l'anno 2015, al 31 per cento per l'anno 2016, al 32 per cento per l'anno 2017 e al 33 per cento a decorrere dall'anno 2018.

Non è ancora ben chiaro se ogni volta che si ritorna sul tema della revisione del decreto 703/96 si prospetti la caduta del Governo – con un conseguente nulla di fatto – oppure che la relazione sia di tipo inverso. Ad ogni buon conto, il Consiglio di Stato ha reso pubblico il proprio parere sullo schema di regolamento oggetto di analisi, infinita direi. Il documento è stato sottoposto anche alla pubblica consultazione nella quale sono state raccolte diverse critiche accompagnate però da molteplici spunti di riflessione e proposte di modifica o di integrazione allo stesso. Il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole, dando quindi un preciso impulso alla finalizzazione della riforma, fornendo importanti osservazioni e suggerimenti di modifica.

Il recepimento nel nostro ordinamento della direttiva europea impone una evoluzione dei Fondi Pensione verso un nuovo assetto di governance dove la funzione di risk management assume un ruolo molto più importante ed autorevole. Questa è la direzione che il regulator, la Covip, deve far propria.

Punto nodale risulta è la consapevolezza che le forme pensionistiche non devono guardar e solo all'aspetto finanziario di allocazione delle risorse ma devono adottare una gestione integrata e coerente con le aspettative. Come sottolineato dal consiglio di Stato.

L'operatività del Fondo non può basarsi che sull'interesse dell'iscritto, trovando la sua naturale forma nella esplicitazione degli obiettivi della gestione. L'approccio del nuovo decreto, caldeggiato dalle autorità di vigilanza, conferisce una maggiore autonomia gestionale dei fondi pensione, responsabilizzando i relativi consigli di amministrazione, oggi dotati di una specifica funzione finanza, invitati ad avvalersi di strutture organizzative e di professionalità adeguate ai rischi connessi alla politica di investimento perseguita. Questo pone il tema della dimensione dei fondi. Per giustificare una seria ed efficiente gestione, ottimizzando la combinazione redditività-rischio i fondi devono aggregarsi per raggiungere masse di gestione che consentano delle economie di scala della struttura organizzativa da una parte e una maggior selezione degli amministratori e dirigenti dall'altra.

Come noto sono tenuti ad iscriversi alla gestione separata INPS tutti coloro che percepiscono le seguenti tipologie di redditi:

- Redditi derivanti dall’esercizio abituale e professionale di un’attività di lavoro autonomo per la quale non è stata prevista una specifica cassa previdenziale. Si tratta di tutti i professionisti senza Albo, degli iscritti ad Albi per i quali non è prevista una Cassa di previdenza o, infine, dei professionisti iscritti ad Albi per i quali è prevista la Cassa di previdenza ma risultano essere esonerati dalla stessa;

- Redditi derivanti dai rapporti di collaborazione a progetto o di collaborazione coordinata e continuativa, nonché i redditi derivanti da rapporti di lavoro autonomo occasionale che superano la soglia dei 5.000 euro;

- Redditi derivanti da attività di vendita a domicilio ex art. 36, L. 426/71;

- Redditi derivanti da altre specifiche attività che sono state ricondotte a questa forma previdenziale. Si pensi, a tal proposito, agli assegni di ricerca, alle borse per dottorati di ricerca, ai redditi percepiti dagli amministratori locali, agli associati in partecipazione e ai prestatori di lavoro occasionale accessorio.
Finora, per tutte le categorie reddituali di cui sopra erano previste identiche regole di applicazione di aliquote e massimale.

Il recente intervento legislativo ha infatti previsto che “per l’anno 2014, per i lavoratori autonomi, titolari di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che non risultino iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati, l’aliquota contributiva, di cui all’articolo 1, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, è del 27 per cento.”

Viene pertanto momentaneamente “congelato” l’aumento previsto dalla Riforma Fornero, e a beneficiare del blocco dell’aliquota saranno solo i professionisti, in quanto ritenuti più penalizzati dall’eventuale aumento.

Non si deve infatti dimenticare che, mentre per i parasubordinati, i contributi previdenziali risultano essere a carico per i 2/3 del committente e solo per 1/3 a carico del collaboratore, nel caso dei professionisti titolari di partita iva tutti i contributi sono a carico dello stesso, e in un periodo di crisi economica come quello attuale, un aumento di tale portata inciderebbe in misura forte sui redditi netti percepiti dagli stessi.

domenica 18 agosto 2013

Fisco le scadenze per i contribuenti a partire da agosto 2013



Ricordiamo che tutti gli adempimenti fiscali, la cui scadenza è compresa tra l'1 ed il 20 agosto del 2013, possono essere effettuati entro il 20 agosto del 2013 senza l'applicazione di sanzioni o corrispettivi aggiuntivi a titolo di interessi.

E' questa infatti la cosiddetta tregua fiscale estiva che ha permesso ai contribuenti di andare in vacanza e procedere agli adempimenti fiscali dopo il Ferragosto. Ne consegue che quello del 20 agosto del 2013 è il termine ultimo per tanti adempimenti fiscali.

Il Fisco chiama in cassa dopo una breve pausa estiva. L'ultima scadenza è stata infatti il 9 agosto scorso con il versamento dell'imposta di bollo. Ma martedì 20 agosto arriva la 'valanga'. Sono infatti ben 262 le scadenze per i contribuenti: 258 versamenti diversi, 1 comunicazione e 3 adempimenti contabili.

Insomma una quantità notevole nel quale bisogna muoversi.

Ecco alcune delle scadenze principali in particolare per le persone fisiche:

Versamento della terza rata dell'Irpef relativa ai maggiori ricavi o compensi indicati nella dichiarazione dei redditi,con applicazione degli interessi nella misura dello 0,42%

Persone fisiche titolari di partita Iva che rateizzano e che hanno effettuato il primo versamento entro il 17 giugno: versamento terza rata primo acconto 2013 e saldo 2012 dell'Irpef

Persone fisiche titolari di partita Iva che rateizzano e che hanno effettuato il primo versamento entro il 17 giugno: terza rata acconto Irpef sui redditi soggetti a tassazione separata da indicare in dichiarazione e non soggetti a ritenuta alla fonte.

Persone fisiche titolari di partita Iva soggette agli studi di settore che rateizzano e che hanno effettuato il primo versamento entro l'8 luglio: versamento terza rata primo acconto 2013 e saldo 2012 dell'Irpef.

Soggetti che si adeguano alle risultanze degli studi di settore nella dichiarazione dei redditi e nella dichiarazione Irap che hanno scelto il pagamento rateale ed hanno effettuato il primo versamento entro l'8 luglio.

Versamento della terza rata dell'Irap relativa ai maggiori ricavi o compensi indicati nella dichiarazione dei redditi, con applicazione degli interessi nella misura dello 0,42%.

Cedolare secca per le persone fisiche soggette agli studi di settore: versamento saldo 2012 e primo acconto 2013.

Versamento dell'Iva dovuta per il secondo trimestre (maggiorata dell'1% ad esclusione dei regimi speciali).

Versamento, in unica soluzione o come prima rata, dell'Ires, a titolo di saldo per l'anno 2012 e di primo acconto per l'anno 2013, con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo.

Per chi è soggetto agli studi di settore versamento della terza rata dell'Irap relativa ai maggiori ricavi o compensi indicati nella dichiarazione dei redditi, con applicazione degli interessi nella misura dello 0,42%.

Versamento dell'imposta sostitutiva applicata su ciascuna plusvalenza realizzata nel secondo mese precedente (regime del risparmio amministrato).

mercoledì 28 novembre 2012

Contributi all'Inps e l'ultima rata del saldo Irpef salasso di fine 2012


L’Agenzia delle Entrate ha ricordato che a beneficiare della proroga sono tutte le persone fisiche, soggette o meno agli studi di settore, i contribuenti diversi dalle persone fisiche se soggetti agli studi di settore e coloro che vi partecipano. Per effetto del differimento previsto dall’articolo 1 del Dpcm, il versamento del saldo 2011 e dell’acconto 2012, in scadenza il 18 giugno, potrà essere eseguito entro il 9 luglio senza alcuna maggiorazione oppure dal 10 luglio al 20 agosto, aggiungendo alle somme da versare uno 0,40% a titolo di interessi. Oggetto di proroga sono tutti i versamenti delle imposte risultanti dalle dichiarazioni dei redditi dalle dichiarazioni Irap e dalla dichiarazione unificata annuale, compresa quindi l’Iva se si è deciso di differirne il pagamento entro il termine di versamento delle imposte dovute in base alla dichiarazione dei redditi con la maggiorazione dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivi al 16 marzo, data naturale di scadenza del saldo Iva. In caso di scelta per il pagamento rateizzato, i contribuenti che non rientrano nella proroga e quelli che pur rientrandovi non intendono avvalersene, ovviamente continueranno a seguire il piano di rateazione riportato nelle istruzioni al modello Unico 2012.


L’unica novità relativa a quelle tabelle riguarda la scadenza del 16 agosto che, per effetto della messa a regime della pausa di ferragosto decretata dal Dl n. 16 del 2012, slitta al 20 agosto. Se invece il contribuente si avvale dello slittamento dei termini e della possibilità di frazionare il pagamento delle somme dovute, va rideterminato un nuovo piano di rateazione, considerando, come partenza, il termine fissato dalla proroga e, come fine, il 30 novembre per i non titolari di partita Iva e il 16 novembre per i titolari di partita Iva. Ad esempio, un contribuente non titolare di partita Iva che ha deciso per un piano rateale senza maggiorazione, dovrà effettuare il primo versamento entro il 9 luglio, il secondo entro il 31 luglio e così via a scadenza mensile, fino ad arrivare al 30 novembre 2012.

Quindi dopo quella del 16 vi è la scadenza del 30 novembre 2012. Per i titolari di partita IVA novembre è un mese maledetto perché è contrassegnato da un doppio appuntamento con il modello F 24. Il 30 novembre per chi lavora con partita Iva dovrà mettere mano al portafoglio e sborsare altri soldi da destinare allo Stato. Come al solito il segreto per non fallire la scadenza e per non trovarsi spaesati l’ultimo giorno è arrivare preparati al versamento. Ciò significa assicurarsi di aver consegnato tutto il materiale al commercialista, essere sicuri di aver ricevuto il modello F24 qualche giorno prima del limite e poi ricordarsi il giorno della scadenza di effettuare il versamento.

Il 30 novembre  bisogna versare  il secondo acconto delle imposte per le persone fisiche, le società di persone (Snc, Sas) e le società di capitali (Spa, Srl, Sapa). Le imposte da versare sono l’Irpef (per le persone fisiche e le società di persone) e l’Ires (per le società di capitali). Chi non verserà l’Irap a fine novembre dovrà pagare il secondo acconto. Non solo i versamenti riguardano anche l’Inps. Infatti si dovrà versare il secondo acconto dei contributi per la gestione artigiani-commercianti che superano il livello minimo (nel caso di redditi superiori a 14.552 euro). Chi non è un professionista senza iscrizioni all’Ordine professionale dovrà invece versare il secondo acconto dei contributi alla gestione separata. Fin qui gli acconti. Chi ha invece scelto di versare a rate il saldo dell’Irpef dell’anno
precedente, il 30 novembre dovrà pagare anche l’ultima rata delle imposte 2011.

Come avviene per i pagamenti mensili, anche il versamento del 30 novembre va effettuato con il modello F24 telematico. Il modo più immediato per pagare l’F24 è utilizzare il canale on line della banca di riferimento. Quindi accedere ai servizi on line sul sito internet della banca, selezionare l’opzione F24 e una volta che si sarà aperta la schermata con il modello in bianco si dovrà compilarlo copiando nei vari campi gli importi e i codici riportati sull’F24 che ci è stato spedito dal commercialista.

giovedì 28 giugno 2012

Riforma del lavoro 2012. Partita IVA


Riforma del lavoro, si allenta la stretta sulle Partite IVA: i nuovi parametri per l'assunzione, le soglie di reddito consentite e la questione aperta dei contributi per la gestione separata.

Per contrastare il fenomeno delle finte partite IVA vengono introdotte delle presunzioni di lavoro coordinato e continuativo. La durata di collaborazione non deve superare otto mesi (6 nel ddl originario); il corrispettivo pagato non deve essere superiore dell'80% di quello di dipendenti e co.co.pro. (75% nel ddl); il lavoratore non deve avere una postazione fissa in azienda: non si può avere una scrivania insomma ma un telefono cellulare aziendali sì. Le partite Iva che hanno un reddito annuo lordo di almeno 18mila euro sono considerate vere, come quelle svolte da professionisti iscritti agli ordini.

Quindi si presumono co.co.pro. Le partite IVA se ricorrano almeno due dei seguenti presupposti: la collaborazione abbia una durata superiore ai 8 mesi nell'anno solare; ed il corrispettivo della collaborazione costituisca più dell'80% dei corrispettivi percepiti nell'anno solare; inoltre il collaboratore non deve avere una postazione fissa.

C'è anche una norma di interpretazione autentica dell'articolo 61, comma 3, del Dlgs 276/2003, volta a chiarire che le norme che disciplinano il lavoro a progetto e il lavoro occasionale non si applicano alle sole prestazioni professionali riconducibili alle attività per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi, ferma restando la possibilità per i professionisti abilitati di svolgere, sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, attività diverse da quelle per le quali è necessaria l'iscrizione. Ossia qualora la prestazione lavorativa e connotata da competenze teoriche di grado elevato.

sabato 5 maggio 2012

Imprese arrivano i rimborsi IVA

L'Agenzia delle Entrate: in arrivo 2,2 miliardi per rimborsare l'Iva alle imprese, 400 milioni da subito.

È una forte respiro per le aziende, a corto di liquidità, alle riprese con i ritardi sui rimborsi Iva. E' una boccata di ossigeno per più di 11.000 partite Iva, ossia per chi vanta crediti sull'imposta sul valore aggiunto. Sono in arrivo per imprese, artigiani e professionisti, rimborsi di crediti Iva per circa 2,2 miliardi di euro. Lo comunica l'Agenzia delle Entrate. In particolare, 400 milioni di euro saranno erogati già nei prossimi giorni, mentre 1,8 miliardi verranno pagati a partire dalla seconda metà del mese di maggio. La somma complessiva rimborsata nel 2012 a imprese, artigiani e professionisti arriverà a 3,1 mld (+14% rispetto ai 2,7 mld del 2011).

In particolare, ha spiegato l'Agenzia delle Entrate, 400 milioni saranno erogati già nei prossimi giorni, mentre 1,8 miliardi verranno pagati a partire dalla seconda metà del mese di maggio. Con questa nuova iniezione di liquidità, la somma complessiva rimborsata nel 2012 a imprese, artigiani e professionisti arriverà a 3,1 miliardi di euro, a fronte dei 2,7 miliardi erogati nello stesso periodo del 2011.
Sono quattro le strade possibili per ottenere il rimborso dei crediti Iva: l'istanza di rimborso, la compensazione, la cessione a terzi e l'attestazione bancaria. Ogni strada, però, è piena di ostacoli rappresentati da limiti quantitativi o da inerzie degli uffici.

Analizziamole in modo accorto.

Istanza di rimborso
I crediti Iva annuali possono essere chiesti a rimborso compilando il quadro VR della dichiarazione Iva, che va presentata in via telematica dal 1° febbraio dell'anno successivo a quello dichiarato e fino alla fine di settembre. L'istanza di rimborso del credito Iva dei primi tre trimestri dell'anno viene presentata in via telematica con il modello Iva TR, entro l'ultimo giorno del mese successivo al trimestre (per il primo trimestre entro il 30 aprile, per il secondo entro il 31 luglio e per il terzo entro il 31 ottobre).
Se viene scelta la procedura semplificata per il pagamento del credito Iva da parte del fisco, questo dovrebbe essere pagato entro 60 giorni dalla richiesta direttamente dal concessionario della riscossione sul c/c bancario o postale comunicato dall'intestatario del conto fiscale. Se si sceglie il metodo ordinario il rimborso dovrebbe essere effettuato entro tre mesi.
Non tutti i contribuenti possono chiedere il rimborso annuale o trimestrale, che sono concessi solo a determinate condizioni.
L'istanza di rimborso del credito Iva può essere presentata solo per i crediti maturati nei primi tre trimestri dell'anno; il credito dell'ultimo trimestre va in dichiarazione annuale Iva.
Il credito Iva dovrebbe essere pagato dal 90esimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (dal 60esimo per i rimborsi chiesti all'agente della riscossione). Sul rimandato pagamento sono riconosciuti gli interessi del 2% annuo, senza sanzioni a carico del fisco.

Compensazione
Anche senza la presentazione della richiesta di rimborso annuale, il credito Iva dell'anno può essere utilizzato per compensare i debiti Iva dei periodi successivi, in liquidazione, per qualunque importo, anche superiore a 516.456,00 euro. Può essere compensato con il modello F24 per pagare l'Iva dovuta a titolo di acconto, di saldo o di versamento periodico.
Può essere compensato con il modello F24 anche per pagare imposte o contributi di natura diversa e/o nei confronti di diversi enti impositori, per un importo complessivo inferiore a 5mila euro annui, già dal primo giorno del periodo d'imposta successivo a quello in cui il credito stesso è maturato. Per i crediti trimestrali, la compensazione dei primi 5 mila euro, invece, può essere effettuata dalla data di presentazione dell'istanza senza attendere il giorno 16 del mese successivo a quello di invio (data rilevante, invece, per gli importi superiori a 5mila euro).
La compensazione del credito annuale (F24) con altri tributi per importi superiori a 5mila euro e fino a 15mila può essere effettuata dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale e per importi superiori solo se c'è il visto di conformità di un dottore commercialista, esperto contabile o consulente del lavoro.
Senza chiedere il compenso, si recupera velocemente il credito Iva vantato, ma il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili in F24 è di 516.456,90 euro per ciascun anno solare. L'eccedenza può essere chiesta a rimborso nei modi ordinari o portata in compensazione nell'anno solare successivo.

Cessione a terzi
La cessione a terzi del credito Iva annuale, preventivamente chiesto a rimborso nel quadro VR della dichiarazione Iva, deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata da notaio. Questo atto deve tra l'altro contenere l'esatta individuazione delle parti e dell'importo del credito ceduto (risoluzione 6 del settembre 2006, n. 103).
Il creditore, cedente dell'eccedenza di Iva ha l'obbligo di notificare formalmente all'ufficio dell'agenzia delle Entrate competente l'avvenuta cessione – che può essere anche parziale – del credito.
Colui che cede il credito Iva annuale deve inviare la copia autentica dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata dal notaio all'ufficio Iva competente territorialmente nei suoi confronti (circolare 8 luglio 1997, n. 192/E).
Possono essere ceduti solo i crediti risultanti dalla dichiarazione Iva annuale per i quali sia stato chiesto il rimborso nel quadro VR del modello Iva. Il credito Iva dei primi tre trimestri, per il quale è stato effettuato il rimborso, non può formare oggetto di cessione a meno che non confermato in dichiarazione annuale.
Il cessionario paga al cedente del credito Iva annuale il prezzo della cessione e le Entrate rimborsano il credito del cedente al cessionario. Quando viene notificata una cessione di credito all'ufficio Iva, questo, se ha perplessità sui documenti prodotti, deve informare il cedente prima dell'ordine di pagamento.

Attestazione del credito
I contribuenti creditori d'imposta, intestatari del conto fiscale, possono richiedere all'Agenzia delle Entrate di attestare la certezza e la liquidità del credito, nonché la data indicativa di erogazione del rimborso (articolo 10, comma 1 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269).
Anche in questo caso è indispensabile aver chiesto prima il rimborso del credito alle Entrate. L'Agenzia può rilasciare l'attestazione anche per i crediti Iva (risoluzione 4 aprile 2006, n. 49/E; allegato I circolare 3 marzo 2004, n. 9/E). Oltre all'Iva, la certificazione può riguardare i crediti per l'Irpef, l'Ires, l'Irap, le imposte sostitutive, le ritenute alla fonte, l'imposta di registro, l'imposta sulle successioni e donazioni, le imposte ipotecarie e catastali, l'imposta sulle assicurazioni e l'imposta di bollo (circolare 3 marzo 2004, n. 9/E).
Il rilascio di questa attestazione non è presupposto per l'immediata liquidazione del rimborso, in quanto l'ufficio deve prima effettuare tutti i necessari controlli. L'amministrazione finanziaria, infatti, attesta la certezza e la liquidità del credito e non anche la sua esigibilità (circolare 3 marzo 2004, n. 9/E).
L'attestazione consente agli istituti di credito (che hanno sottoscritto convenzioni con l'Agenzia) di anticipare ai creditori il 90% del credito. Così si facilita l'accesso al credito a tutte le imprese in attesa di rimborsi periodici Iva in conto fiscale, senza la necessità di una vera e propria cessione.

domenica 15 aprile 2012

Le novità sul lavoro con partita IVA

La riforma del mercato del lavoro è stata migliorata per non penalizzare in modo indiscriminato tutte le partite IVA: le aziende che collaborano con professionisti che svolgono mansioni previste dal proprio Ordine sono esonerate dall'assunzione, per le altre tempo un anno per mettersi in regola.
La riforma del mercato del lavoro ha dichiarato guerra aperta alla partita IVA, o meglio alle aziende che instaurano collaborazioni esclusive nascondendo un vero e proprio rapporto di dipendenza. Le false partita Iva, infatti è un uso di questo sistema (strumento) da parte delle imprese per utilizzare il lavoro subordinato sotto mentite spoglie.

Nella riforma del lavoro si è voluto colpire le false partite IVA: con l’obbligo di assumere con contratto a tempo indeterminato il titolare di partita IVA, dunque, non riguarderà i professionisti che svolgono le mansioni per le quali sono iscritti all’Albo professionale di riferimento, ovvero non scatterà quando si tratti realmente di lavoro autonomo e professionale.

La semplice iscrizione all’Albo professionale non esonera in modo automatico dall’applicazione delle nuove norme, è necessario valutare l’attività realmente svolta dal collaboratore. Dunque l’esenzione riguarda tutti coloro che sono iscritti ad un Albo professionale, ma solo coloro che esercitano come libera professione (con partita IVA) le mansioni previste dal proprio Ordine.

Questa novità risponde alle valutazioni sollevate dall’Ordine degli Architetti: i professionisti che esercitano la professione presso uno studio, anche se con partita IVA, per più di 6 mesi l’anno guadagnando più del 75% del proprio reddito, possono continuare ad esercitare come autonomi, senza obbligo di assunzione.

In realtà si tratta di una modifica al quadro normativo della precedente bozza della riforma del lavoro, che concede tra l’altro più tempo ai professionisti con partita IVA e alle aziende con le quali hanno un rapporto di lavoro per mettersi in regola.

Infatti l’obbligo di assunzione non riguarderà i rapporti già in essere, ma quelli che verranno avviati in seguito all’entrata in vigore della riforma del lavoro. Per gli altri ci sarà una fase transitoria di un anno per recepire le nuove regole.

Quindi le aziende non potranno più impiegare i titolari di partita IVA a meno che non li assumano come dipendenti nel caso si verifichino almeno due delle seguenti condizioni:

collaborazione continuativa per più di 6 mesi in un anno;

corrispettivo derivante da prestazione presso un’unica azienda pari al 75% del reddito nell’arco dello stesso anno;

postazione di lavoro a disposizione del collaboratore presso la sede del committente.

In conclusione si prevede una presunzione nel senso che si presume che ferma restando la possibilità del committente di provare che si tratti di lavoro autonomo, si configuri il carattere coordinato e continuativo  e non autonomo ed occasionale della collaborazione tutte le volte che essa duri complessivamente più di sei mesi nell’arco di un anno, da essa il collaboratore ricavi più del 75% dei corrispettivi, anche se fatturati a più soggetti riconducibili alla stessa attività d’impresa, e implichi la fruizione di una postazione di lavoro presso la sede istituzionale o le sedi operative del committente. Queste regole possono essere utilizzate distintamente nel corso delle attività di verifica. Qualora l’utilizzo della partita Iva venga giudicato improprio, esso viene considerato una collaborazione coordinata e continuativa (che la normativa non ammette più in mancanza di un progetto), con la conseguente applicazione della relativa sanzione di cui all’art.69 comma 1 del Dlgs 276/03, ossia la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato.

sabato 25 febbraio 2012

Lavoro: lavorare con la partita Iva

A volte lo chiamano lavoro dipendente travestito, o meglio è un lavoro da dipendente, ma con la clausola, patto, tra Datore di lavoro e collaboratore, il quale deve avere la “propria” partita IVA spesso sono false partite IVA ed è un uso di questo sistema da parte delle imprese per utilizzare il lavoro subordinato sotto mentite spoglie.

Infatti sono tornati ad essere sempre più numerosi i giovani e non solo giovani che per riuscire a lavorare sono “costretti” ad aprire una partita IVA pur facendo un lavoro fondamentalmente da dipendente subordinato, anche se non regolato allo stesso modo dal punto di vista fiscale e contributivo.
Particolari datori di lavoro consigliano sempre più spesso questo tipo di rapporto lavorativo proprio per ovviare alle spese contributive che graverebbero troppo sull’azienda. Oggi senza dubbio è preferbilre e più facile e meno oneroso far lavorare con la partita IVA piuttosto che con un contrato di lavoro a progetto . Chi è costretto a lavorare con queste condizioni deve far fronte da solo ai contributi e alle tasse che il lavoro con la partita IVA comporta, dimezzando il proprio guadagno annuale.

Il lavoro con partita IVA è una particolare forma di gestione retributiva e fiscale riservata ai lavoratori autonomi, come ad esempio liberi professionisti, i consulenti e determinati collaboratori.

Chi lavora con la partita IVA di solito è un libero professionista che offre comunque una prestazione di lavoro come libero professionista. Anche se si dovrebbe intendere che il soggetto collabori come esterno per una funzione specifica e invece purtroppo nella realtà dei fatti si tratta di persone occupate alla stregua di lavoratori dipendenti ma prive delle stesse garanzie. In questo caso l’aspetto persecutorio è ancora più evidente e per il datore di lavoro significa raggirare in pieno le norme in materia di tributi e tutela del lavoratore.
Le aziende spingono affinché i nuovi assunti (nuovi collaboratori) aprano la partita IVA: questi figurano come consulenti esterni anche se di fatto devono sottostare ad obblighi quotidiani tipici del lavoro subordinato. E chiaramente vengono meno tutti i vantaggi della libera professione, come la possibilità di avere più committenti.

Comunque per aprire la partita IVA ci si deve rivolgere all'Ufficio delle Entrate competente per territorio. Il
lavoratore può scegliere tra diversi regimi contabili: dal più semplice, quello forfettario, adatto a chi inizia un’attività e presume un volume d’affari molto basso, al più complesso, di contabilità ordinaria, e deve essere assistito nella gestione della contabilità da un consulente per le incombenze richieste dalla legge. I lavoratori con questo tipo di contratto, eccetto i liberi professionisti iscritti agli Albi professionali, devono iscriversi alla Gestione Separata Inps e versare ogni mese una quota di contributi previdenziali, proporzionale al proprio fatturato, e devono anche essere assicurati all’Inail. L’iscrizione alla Gestione Separata da diritto ad alcune prestazioni erogate dall’Inps, come: l'indennità di maternità; l'indennità di malattia solo in caso di ricovero ospedaliero; l'assegno per il nucleo familiare.

L'apertura della partita IVA comporta delle spese di gestione, che consistono nella consulenza di un commercialista. In compenso, è possibile risparmiare l'IVA su tutti gli acquisti legati all’attività che si svolge, deducendola dall'IVA da versare.
Tutte le spese vanno regolarmente documentate con una fattura. Titoli d'acquisto non intestati, cioè anonimi, come gli scontrini fiscali o i biglietti del treno, non sono validi. Le spese deducibili si dividono in tre categorie:
spese interamente deducibili, tipo cancelleria, libri per l’aggiornamento professionale, energia elettrica; riscaldamento e acqua dell’ufficio o del laboratorio, compensi pagati a terzi;
spese deducibili in parte, come gli omaggi per i clienti; i costi per la partecipazione ai convegni, i pedaggi autostradali, le ricariche del cellulare;
spese per beni strumentali, che sono quelli utilizzati in continuazione, nel corso dell’attività professionale le quali vanno detratte suddividendole in quote nel corso di diversi anni.
Il calcolo della fattura dipende dal regime previdenziale cui è soggetto il professionista (Gestione Separata, Cassa di previdenza).

L'IVA ricevuta dal libero professionista va versata al fisco ogni trimestre, tramite il modello F24, dopo aver dedotto l'IVA di eventuali acquisti effettuati. La scadenza è di solito il 15 del 2 mese successivo a quello del trimestre (es: per il 1 trimestre, il 15 aprile).

Comunque l’opportunità di aprire la partita IVA deve essere legata anche a fattori soggettivi, quali la consapevolezza di maggiori responsabilità e adempimenti per il lavoratore, la necessità di capacità di autogestione. In altri termini il lavoratore autonomo assume la consapevolezza del rischio dell’impresa che per gli altri lavoratori dipendenti è assunto dal datore di lavoro. Tra i fattori oggettivi, assume particolare rilevanza il numero di committenti e, quindi, il reale grado di autonomia del libero professionista.
Se, infatti, si è titolari di partita IVA, ma si lavora per un unico committente, svolgendo l’attività presso la propria struttura, utilizzando gli strumenti dell’impresa, se insomma la condizione lavorativa assomiglia molto di più a quella dei lavoratori dipendenti o parasubordinati, non sarà facile per il lavoratore con partita IVA sfruttare una delle poche opportunità offerte dal proprio status lavorativo, e cioè la possibilità di detrarre e dedurre le spese inerenti l’attività (che in questo caso sono sostenute e scaricate dal committente stesso); e nemmeno gli sarà possibile diversificare il pur minimo rischio d’impresa che accompagna il lavoratore autonomo (in quanto se l’unico committente recede dal contratto, il lavoratore si trova senza ulteriori possibilità di produrre un reddito).
Se invece si ha, o si progetta di avere, più committenti, oppure si intende investire sulla promozione dell'attività, la partita IVA può essere utile sia dal punto di vista del riconoscimento della propria professionalità e autonomia, che rispetto alla semplicità nell’attivazione di nuovi rapporti commerciali.
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