Visualizzazione post con etichetta ricerca lavoro. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ricerca lavoro. Mostra tutti i post

giovedì 8 dicembre 2016

Ricerca lavoro: nelle assunzioni l’età non può essere discriminante



L'età non può essere utilizzata quale discriminante per l'assunzione di un dipendente ma non può essere usata neanche per chiedere un risarcimento danni.

Le direttive Ue prevedono una parità di trattamento in materia di occupazione che non possono utilizzare l’età come una discriminante per l’assunzione di un dipendente, ma cosa accade quando un candidato si presenta per un lavoro ma manca l’intento di occupare veramente quel posto?

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea  ha stabilito, con sentenza del 28 luglio 2016, che l’assunzione non può essere subordinata all'età del candidato se quest’ultimo davvero desidera trovare un’occupazione.

Tale sentenza si rifà alla vicenda di un uomo che fu scartato dalla selezione dei tirocinanti perché aveva superato il limite di età. Costui, quindi, chiese a tale azienda che gli fossero risarciti i danni e in risposta l’uomo fu chiamato per sostenere un nuovo colloquio per valutare le sue effettive attitudini e meriti. Tale persona, però, si rifiutò di sostenerlo e continuò con la causa di risarcimento.


Ecco allora cosa prevedono le direttive europee e come si è arrivati a tale sentenza.

Quando si è alla ricerca di un lavoro il fattore età gioca oggi un ruolo fondamentale, infatti se il candidato ha un’età compresa tra i 35 ed i 40 anni  avrà non poche difficoltà a trovare un impiego, le aziende piccole/medio/grandi preferiscono giovani poiché sono più inclini alle nuove tecnologie e sono dotati di una mente molto più aperta ed elastica, queste sono alcune delle obiezioni che sollevano i datori di lavoro quando si parla di età e lavoro.

Le cose però potrebbero cambiare poiché le questione è approdata alla corte di giustizia europea la quale si è pronunciata sulla questione, in particolare i giudici di Lussemburgo hanno ricordato ed evidenziato come le direttive numero 2000/78/CE e 2006/54/CE siano molto chiare sulla questione, infatti indicano e fissano i principi generali relativi alla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e l’attuazione delle pari opportunità e trattamento sul tema del lavoro dove l’età, in nessun modo deve essere considerato un fattore discriminatorio per l’assunzione di personale.

Questo tema molto sentito nel nostro paese, è approdato alla corte di giustizie europea grazie ad un uomo che non era stato assunto proprio a causa della sua età considerata non più molto giovane, l’uomo non si è perso d’animo ed aveva chiesto all'azienda un risarcimento danni per la discriminazione subita, in seguito a ciò l’azienda aveva deciso di fissare un secondo colloquio con l’uomo con l’intento di valutare effettivamente i suoi meriti e le sue attitudini professionali, l’uomo non ha accettato il secondo colloquio insistendo sulla questione del risarcimento.

La questione è approdata alla Corte di Giustizia europea, la quale ha ricordato che l’età non può essere un fattore discriminante ai fini di un’assunzione, al tempo stesso all’uomo non sono stati riconosciuti il risarcimento dei danni chiesti, poiché secondo gli stessi giudici era chiaro l’intento dell’uomo di ottenere un risarcimento e non un posto di lavoro.

La prossima volta che vi trovate in una situazione del genere, ricordate al selezionatore che non possono utilizzare il fattore età come scusa per non assumervi.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europa comunica che le direttive numero 2000/78/CE e numero 2006/54/CE devono essere interpretate favorevolmente riguardo la questione dell’abolizione di qualsiasi limite di età discriminatorio nei confronti dei candidati. Ricordiamo che la prima direttiva, ovvero quella del 2000, stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento sia per quanto concerne le condizioni di lavoro che in materia di occupazione.

La seconda, invece, e cioè quella del 2006, sancisce la parità di trattamento tra gli uomini e le donne sia in materia di impiego che di occupazione.  Secondo i giudici di Lussemburgo, quindi, entrambe le direttive devono essere lette come atte ad impedire che l’accesso al mondo del lavoro sia vietato a coloro che hanno un’età avanzata.

Risultò quindi chiaro che il fine ultimo dell’uomo fosse quello di ottenere un risarcimento danni piuttosto che un impiego vero e proprio.  La Corte di Giustizia Europa, quindi, è stata chiamata a valutare tale vicenda ed ha comunicato che le direttive 2000/78 e 2006/54 devono essere prese sì in considerazione (in quanto l’assunzione non deve essere subordinata all’età) basti che però il loro utilizzo non sfoci nella frode o nell’abuso.



domenica 10 novembre 2013

Ricerca lavoro: flessibilità e capacità adattamento sono valutate più di esperienze acquisite



Il mondo del lavoro sta cambiando in maniera rapida, quasi frenetica. La globalizzazione, la transizione verso 'un'economia della conoscenza' e la disponibilità di un ventaglio di strumenti tecnologici sempre più ampio, sono tra i fattori che stanno radicalmente mutando il modo di operare e ricercare personale  delle aziende. E le risorse umane devono evolversi, se vogliono restare al passo con un mercato sempre più mutevole. E' quanto emerge da un'analisi di Hays, uno dei leader del recruitment in middle e top management.

I responsabili delle risorse umane stanno cominciando a privilegiare nei professionisti una maggiore flessibilità, intesa come capacità di adattarsi alle richieste del mercato di domani, ridimensionando il peso di abilità tecniche ed esperienze acquisite.

"Ora come ora – ha affermato Carlos Manuel Soave, managing director di Hays Italia - un approccio basato sulle sole competenze tradizionali non è più sufficiente. Educazione ed esperienza dei candidati continuano ad essere una discriminante importante in fase di colloquio, ma sono ben lungi dall'essere gli unici fattori con cui, oggi, va valutata l'idoneità di una professionista".

Di pari passo con l'evoluzione del mercato del lavoro, i responsabili delle risorse umane devono essere in grado di individuare i lavoratori che fanno proprio dell'adattabilità, il loro asso nella manica.

L'obiettivo della selezione del personale è di vagliare i risultati raggiunti da un professionista nel sua esperienza lavorativa, così da avere un'idea di quali risultati potrà raggiungere in futuro. Ma in un mondo del lavoro dove i ruoli, le competenze e gli obiettivi cambiano di mese in mese, per non dire di settimana in settimana, la valutazione dell'esperienza passata non è più garanzia di successo futuro".

"Gli attuali strumenti - avverte - delle hr (analisi del ragionamento verbale e astratto, delle capacità matematiche e del pensiero logico non verbale) sono utili per valutare l'idoneità dei candidati per i ruoli esistenti, ma si rivelano deboli per le esigenze dell'immediato futuro".

"E' auspicabile - conclude Carlos Manuel Soave - un'evoluzione nelle tecniche di selezione, che per esempio considera social network e tecnologie digitali un alleato di fondamentale importanza per individuare i candidati più adatti a rispondere alle nuove risorse del mercato. Attenzione però a non dimenticare il lato umano: per evitare di scadere in un colloquio sterile e poco produttivo, ai tool della selezione più specifici, i recruiters devono saper alternare una buona dose di istinto".

Secondo alcune ricerche le aziende in questo momento faticano comunque a trovare candidati che corrispondano alle proprie esigenze, a tale proposito il gruppo Hays, uno dei principali leader nel settore del recruitment dei manager, enumera tra le maggiori cause di ciò «la mancanza di particolari know how»: un problema che non interessa solo l’Italia, ma che è riscontrabile a livello globale». «La percezione più comune tra i nostri clienti» dichiara Carlos Manuel Soave, managing director di Hays Italia «è che i candidati che si apprestano oggi ad affrontare una nuova ricerca del lavoro non abbiano un livello sufficiente di capacità personali». Aggiungo che quello che, forse, manca a molti giovani neolaureati, e non solo, è la scarsa padronanza della lingua inglese, e una certa debolezza che riguarda le cosiddette “soft skill”: lavorare in gruppo, comunicazione, problem solving e gestione del tempo. Forse sarebbe utile l’inserimento delle “soft skill” nella didattica universitaria, in stage durante il percorso di laurea attraverso maggiori partnership azienda/università, rafforzando i servizi di placement delle università, e potenziare, ma già dalle scuole superiori, l’insegnamento dell’inglese e dei nuovi mezzi di comunicazione.


Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
BlogItalia - La directory italiana dei blog