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domenica 17 gennaio 2021

Opzione donna le decorrenze pensionistiche

 



 

Le lavoratrici del settore pubblico e privato hanno ancora la possibilità di andare in pensione prima a condizione di accettare una pensione calcolata con il metodo contributivo.

 

Decorrenza autonome classe 1961

Per le autonome nate nel ’61, le prime decorrenze utile per andare in pensione diventano:

 agosto 2021 per le nate a gennaio;

settembre 2021 per le nate a febbraio;

ottobre 2021 per le nate a marzo;

novembre 2021 per le nate a aprile;

dicembre 2021 per le nate a maggio;

gennaio 2022 per le nate a giugno;

febbraio 2022 per le nate a luglio;

marzo 2022 per le nate a agosto;

aprile 2022 per le nate a settembre;

maggio 2022 per le nate ad ottobre;

giugno 2022 per le nate a novembre;

luglio 2022 per le nate a dicembre.

 

Decorrenza autonome classe 1960

Per le autonome nate nel ’60, le finestre diventano:

 agosto 2020 per le nate a gennaio;

settembre 2020 per le nate a febbraio;

ottobre 2020 per le nate a marzo;

novembre 2020 per le nate a aprile;

dicembre 2020 per le nate a maggio;

gennaio 2021 per le nate a giugno;

febbraio 2021 per le nate a luglio;

marzo 2021 per le nate a agosto;

aprile 2021 per le nate a settembre;

maggio 2021 per le nate ad ottobre;

giugno 2021 per le nate a novembre;

luglio 2021 per le nate a dicembre.

 

Decorrenza autonome classe 1959

Per le autonome nate nel ’59 la prima decorrenza utile è:

 agosto 2019 per le nate a gennaio;

settembre 2019 per le nate a febbraio;

ottobre 2019 per le nate a marzo;

novembre 2019 per le nate a aprile;

dicembre 2019 per le nate a maggio;

gennaio 2020 per le nate a giugno;

febbraio 2020 per le nate a luglio;

marzo 2020 per le nate a agosto;

aprile 2020 per le nate a settembre;

maggio 2020 per le nate ad ottobre;

giugno 2020 per le nate a novembre;

luglio 2020 per le nate a dicembre.


Decorrenza dipendenti classe 1962

Per le dipendenti nate nel ’62, la prima decorrenza utile scatta a:

 febbraio 2021 per le nate a gennaio;

marzo 2021 per le nate a febbraio;

aprile 2021 per le nate a marzo;

maggio 2021 per le nate ad aprile;

giugno 2021 per le nate a maggio;

luglio 2021 per le nate a giugno;

agosto 2021 per le nate a luglio;

settembre 2021 per le nate in agosto;

ottobre 2021 per le nate a settembre;

novembre 2021 per le nate a ottobre;

dicembre 2021 per le nate a novembre;

gennaio 2022 per le nate a dicembre.

 

 

Decorrenza dipendenti classe 1961

Per le dipendenti nate nel ’61, la prima decorrenza utile scatta a:

 febbraio 2020 per le nate a gennaio;

marzo 2020 per le nate a febbraio;

aprile 2020 per le nate a marzo;

maggio 2020 per le nate ad aprile;

giugno 2020 per le nate a maggio;

luglio 2020 per le nate a giugno;

agosto 2020 per le nate a luglio;

settembre 2020 per le nate in agosto;

ottobre 2020 per le nate a settembre;

novembre 2020 per le nate a ottobre;

dicembre 2020 per le nate a novembre;

gennaio 2021 per le nate a dicembre.

 

 

Decorrenza dipendenti classe 1960

Per le dipendenti nate nel ’60, la prima decorrenza utile è partita da:

 febbraio 2019 per le nate a gennaio;

marzo 2019 per le nate a febbraio;

aprile 2019 per le nate a marzo;

maggio 2019 per le nate ad aprile;

giugno 2019 per le nate a maggio;

luglio 2019 per le nate a giugno;

agosto 2019 per le nate a luglio;

settembre 2019 per le nate in agosto;

ottobre 2019 per le nate a settembre;

novembre 2019 per le nate a ottobre;

dicembre 2019 per le nate a novembre;

gennaio 2020 per le nate a dicembre.

sabato 5 gennaio 2019

Pensioni finestre di uscita con Quota 100 e la Isopensione



Per chi deciderà di utilizzare quota 100 non ci saranno penalizzazioni, salvo il fatto che l’assegno pensionistico sarà inferiore in virtù del minore numero di anni di contribuzione. La norma conterrà però una serie di paletti. In pratica, una volta raggiunta quota 100 il primo assegno con la pensione verrà percepito dopo tre mesi se il numero delle domande per anticipare l’uscita dal lavoro dovesse essere superiore alle stime. Nel caso dei dipendenti pubblici la finestra è comunque di sei mesi, per effetto del preavviso che è di tre mesi. Un ulteriore vincolo consiste nel divieto di cumulo, ossia l’impossibilità di sommare alla pensione altri redditi da lavoro che superino il valore di 5 mila euro lordi annui. Tale divieto avrà durata pari agli anni di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia a 67 anni.

La pensione Quota 100 prevede i seguenti requisiti: 62 anni di età e 38 anni di contributi, la domanda potrà essere inviata a febbraio 2019 e si prevede la prima finestra di uscita ad aprile 2019, per chi ha maturato i requisiti al 31 dicembre 2018. Sono state previste 4 finestre di uscita per i dipendenti del settore privato, una ogni tre mesi, mentre per i dipendenti pubblici sono state previste due finestre di uscita una ogni sei mesi. Quindi, se la misura, per il momento ancora allo studio, dovesse mantenere queste ipotesi di finestre di uscita, in base al suo settore lavorativo (pubblico o privato), non potrà aderire alla prima finestra con uscita il 1° aprile 2019, in quanto matura i requisiti nel 2019. Bisogna attendere, che la riforma pensioni diventi ufficiale per sapere esattamente quando e come si potrà aderire alla nuova misura pensionistica.

La quota 100 per anticipare la pensione e avviare il superamento della legge Fornero si avvicina. L’apposito decreto dovrebbe essere approvato tra il 10 e il 12 gennaio: sarà quindi quella la data in cui avremo informazioni precise sulle norme per l’accesso alla quota 100. Nel frattempo, il vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, cerca di mettere a tacere le polemiche sulla parziale indicizzazione delle pensioni sopra i 1.522 euro, assicurando che “nessun pensionato italiano prenderà di meno nel 2019 rispetto al 2018”. Non ci saranno effettivamente riduzioni, ma un mancato – in realtà parziale – aumento rispetto all'inflazione sì.

Il decreto per le regole sull'anticipo pensionistico arriverà quindi a gennaio. Ma per l’introduzione della quota 100 i lavoratori che hanno almeno 62 anni di età e 38 di contributi dovranno aspettare ancora: la pensione non dovrebbe arrivare prima di marzo-aprile. Si potrebbe quindi anticipare o posticipare di qualche giorno l’entrata in vigore rispetto al 1° aprile, ma in linea di massima i tempi non cambiano. Ciò che si dovrà invece capire riguarda le finestre temporali che permetteranno effettivamente ai lavoratori di andare in pensione. Una delle certezze della quota 100 è che verrà erogata sulla base di finestre diverse per i dipendenti statali e per i lavoratori nel settore privato. Per questi ultimi le finestre dovrebbero essere trimestrali. Ogni tre mesi, dunque, ma solamente se le domande ricevute non saranno troppe. Il governo ipotizza per il 2019 una platea di 315mila potenziali beneficiari. Se le richieste in un determinato periodo dovessero essere più del previsto, però, la finestra potrebbe diventare semestrale. Facendo così slittare la pensione per alcuni dei lavoratori di tre mesi. Ma anche su questo punto di certezze ce ne sono poche e bisognerà aspettare quanto meno il decreto.

Per i dipendenti statali le regole saranno sicuramente diverse. Le finestre sono semestrali e l’uscita anticipata verrà quindi rinviata di qualche mese. Una decisione presa per garantire la continuità amministrativa e permettere alla pubblica amministrazione di bandire nuovi concorsi e trovare i sostituti di chi lascerà il lavoro.

Sono previsti fondi di solidarietà aziendali, ovvero incentivi per le imprese che assumono al posto di chi va in pensione anticipata. Questi fondi, con finanziamenti ad hoc delle aziende interessate alla staffetta generazionale, potranno erogare un assegno previdenziale ai lavoratori cui manchino non più di tre anni al raggiungimento di quota 100, che abbiano cioè almeno 59 anni di età e 35 di contributi, a patto che ciò avvenga con accordi sindacali che prevedano l’assunzione d lavoratori in sostituzione di quelli prepensionati.

Questa tecnicamente si chiama Isopensione e riguarda le imprese private con più di 15 dipendenti che hanno lavoratori in esubero: con un accordo sindacale si può prevedere l’accesso alla pensione fino a 7 anni di anticipo rispetto ai normali requisiti per la pensione di vecchiaia (67 anni d’età con 20 di contributi) e per quella d’anzianità (43 anni e 3 mesi di contributi, uno in meno per le donne, indipendentemente dall'età).I lavoratori ricevono un assegno equivalente alla pensione per l’intero periodo di anticipo.


mercoledì 7 marzo 2018

Il contratto di apprendistato per il 2018: retribuzione, età e tipologie





L'apprendistato è lo strumento più diffuso per l'inserimento nel mercato del lavoro. Si tratta di un particolare rapporto all'interno del quale il lavoratore acquisisce delle competenze professionali attraverso l'inserimento all'interno dell'organizzazione produttiva del datore di lavoro presso il quale svolge le proprie mansioni. Il contratto di apprendistato è per definizione un contratto di lavoro a tempo indeterminato rivolto a giovani che studiano e che vogliono nel frattempo lavorare e formarsi anche a livello professionale in cui il datore di lavoro deve corrispondere all’apprendista:

la retribuzione per la prestazione di lavoro resa, ridotta, rispetto al reolgare contratto a tempo indeterminato, a motivo della inesperienza dell'apprendista;

la formazione necessaria (in parte interna e in parte esterna) all’acquisizione di una maggiore competenza professionale.

Per evitare abusi e uso improprio del contratto di apprendistato, che gode di agevolazioni dal punto di vista retributivo e contributivo, il legislatore ha introdotto specifici limiti numerici, in rapporto al numero di dipendenti dell'azienda.

Esistono tre tipologie di apprendistato, diverse per finalità, soggetti destinatari e profili normativi, con le caratteristiche e requisiti riassunti a seguire:

apprendistato per la qualifica e il diploma superiore, tra i 15 e i 25 anni con il conseguimento di un titolo di studio (qualifica o diploma professionale  e anche per l’assolvimento dell’obbligo scolastico;

apprendistato di alta formazione e ricerca, tra i 18 e i 29 anni con il conseguimento di un  diploma di istruzione secondaria superiore, di titolo di studio universitari e dell’alta formazione, compresi i dottorati di ricerca;

apprendistato professionalizzante o "contratto di mestiere", tra i 18 e i 29 anni* con la qualifica professionale, valida ai fini contrattuali  (non titolo di studio) . * Dal 2016 è possibile assumere con questo contratto anche  i lavoratori OVER 29 beneficiari di mobilità o di trattamenti di disoccupazione, senza limiti di età, ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale. Per l'accesso l'Inps ha chiarito che il lavoratore non deve necessariamente  percepire materialmente ad es. la NASPI ma semplicemente essere titolare del diritto.

Il contratto di apprendistato va stipulato in forma scritta ai fini della prova. Il contratto  deve contenere il piano formativo individuale definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali.

Nell'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma o certificato di specializzazione e nell'apprendistato di alta formazione e ricerca, il piano formativo individuale è  predisposto dalla istituzione formativa con il coinvolgimento dell'impresa.

L'apprendistato è una forma di contratto di lavoro a tempo indeterminato, finalizzato però alla formazione e alla occupazione dei giovani.

In altre parole,
l'apprendistato consente al giovane di poter svolgere contemporaneamente una mansione all'interno di una azienda e studiare e frequentare una scuola superiore o l'università al fine di acquisire il titolo di studio.

Al conseguimento della qualifica professionale, professionalizzante o di alta formazione e di ricerca, il giovane lavoratore ha avuto competenze direttamente sul campo per tutta la durata della sua formazione e una qualifica, che e potrà essere inserito definitivamente nell’impresa con la sua assunzione a tempo indeterminato. I benefici e i vantaggi del contratto di apprendistato però, non solo solo verso il giovane ma anche per le aziende e imprese, infatti, il datore di lavoro che assume giovani con contratti di apprendistato ottiene notevoli sgravi contributivi e fiscali a fronte di una retribuzione stabilita dal CCNL e di una formazione professionale sul campo.

Per il 2018 è stata prevista la possibilità di applicare la decontribuzione del 50% triennale per l’assunzione di giovani fino a 35 anni, poi dal 2019 il limite verrà riportato a 29 anni. Il riferimento è alle assunzioni a tempo indeterminato e alle conversioni da contratto a termine a contratto a tutele crescenti.  Per l’assunzione di  giovani entro 6 mesi dal conseguimento del titolo di studio che precedentemente avevano svolto apprendistato o alternanza scuola lavoro presso la stessa azienda è previsto uno sgravio contributivo totale triennale. Decontribuzione al 100% anche per l’assunzione di giovani del Sud e NEET iscritti al programma europeo Garanzia Giovani.

Per quanto riguarda lo stipendio che l'azienda paga all'apprendista contrattualizzato. Tale retribuzione, è stabilita dalla contrattazione collettiva, in base alla tipologia di contratto di apprendistato, alla qualifica da conseguire e al livello di inquadramento. Ai fini di determinazione della retribuzione spettante, si deve far riferimento alla normale retribuzione dei lavoratori qualificati di pari livello ed è progressiva, in generale si parte dal 60% fino ad arrivare al 100% della retribuzione dei lavoratori qualificati di pari livello. Sempre riguardo alla retribuzione, la legge dà la possibilità al datore di lavoro di inquadrare l’apprendista fino a due livelli in meno rispetto alla qualifica da conseguire e/o di riconoscere una retribuzione pari ad una percentuale di quella prevista per un lavoratore già qualificato, pertanto al lavoratore è riconosciuta una retribuzione che tenga conto sia delle ore di lavoro effettivamente prestate che delle ore di formazione nella misura minima del 35%.

giovedì 1 febbraio 2018

L'età per andare in pensione dal 2018



L'età per la pensione di vecchiaia, anticipata e l'anticipo pensionistico APE dal 2018. L'adeguamento alla speranza di vita dal 2019, un utile riepilogo può essere importante per conoscere le principali soluzioni attive per esercitare tale diritto e per andare in pensione nel 2018.

Dall’età minima di 66 anni e sette mesi delle lavoratrici del settore privato, alla conferma dell’Ape sociale, tante le novità in corso per il 2018.

Innanzitutto per il 2018, si passa definitivamente ad un adeguamento delle pensioni di vecchiaia con medesimo requisito per uomini e donne del settore privato. Queste ultime, in particolare, potranno esercitare un diritto alla pensione non appena raggiunti i 66 anni e sette mesi.

Necessari per entrambe le categorie anche un minimo di contributi pari a 20 anni. Per la pensione anticipata, invece, non è richiesto un minimo sull’età del richiedente, ma solo sui contributi maturati. In questo caso, per gli uomini è previsto un anno in più rispetto alle donne, ossia di 42 anni e 10 mesi di contributi. Le donne, invece, potranno esercitare tale diritto non appena raggiunti i 41 anni e 10 mesi e indipendentemente dall’età.

Sempre in merito al settore privato, una proposta di pensionamento anticipato fino a 7 anni nella nuova manovra finanziaria. In questo caso, si prevedrebbe la possibilità per i lavoratori e le lavoratrici di aziende con più di 15 dipendenti, di poter richiedere il pensionamento anticipato per il prossimo triennio 2018-2021.

Fino a 7 anni e prima dei requisiti di base per il diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata, tale anticipo pensionistico prevede l’erogazione di un assegno di esodo per i dipendenti in base ad un accordo stipulato tra la stessa azienda, i sindacati e l’Inps.

Il 2018, è un anno molto importante rispetto alla conferma della sperimentazione su importanti strumenti di flessibilità come l’Ape sociale. Confermata anche per il nuovo anno, la misura è molto utile per una uscita agevolata da parte dei lavoratori e per alcune importanti categorie appartenenti alla fascia dei lavori gravosi.

Si prevede in base alla Legge di Bilancio 2018, un accesso all’Ape sociale con 63 anni di età e 36 anni di contributi per i lavoratori appartenenti alla categoria dei lavori usuranti.

Ammessi all’Ape sociale, anche categorie specifiche come i disoccupati, gli invalidi (in merito bisognerà rispettare una specifica percentuale) e i careviger. Per l’accesso all’Ape sociale di tali categorie, è sempre richiesto il requisito anagrafico di almeno 63 anni, mentre per i requisiti contributivi, basteranno 30 anni.

Altre importanti misure flessibili per andare in pensione nel 2018, sono poi in relazione all’Ape sociale e per categorie addette ai lavori notturni.

Con l’Ape sociale rosa, la legge di Bilancio 2018, ha previsto dei requisiti contributivi più agevoli per le mamme lavoratrici. Si tratta, di uno sconto contributivo di un anno per ogni figlio e fino ad un massimo di due anni.

Lo sconto, potrà essere richiesto dalle mamme appartenenti alle categorie dei lavori usuranti (con uscita a 34 anni di contributi invece degli attuali 36). La misura è valida, anche se appartenenti alla categoria di caregiver, invalidi o disoccupati (con uscita a 28 anni invece degli attuali 30).

Per le categorie addette ai lavori notturni, è confermato per il 2018, il diritto a richiedere una pensione non appena maturati i requisiti di età di 61 anni e sette mesi e 35 anni di contributi.

La legge di stabilità 2017 ha introdotto alcune importanti novità sull'età per andare in pensione, prima fra tutte le possibilità di anticipare, con la nuova  APE fino a un massimo di tre anni e 7 mesi l'uscita dal mondo del lavoro, rispetto all'età prevista normalmente per la pensione di vecchiaia.

Ma qual è l'età prevista per legge per andare in pensione?

Fino al  2017  l'età per andare in pensione e ricevere la pensione di vecchiaia era fissata a :

66 anni e sette mesi  per gli uomini ( sia autonomi che dipendenti , pubblici e privati) e le donne che lavorano nel settore pubblico

65 anni e 7 mesi per le donne dipendenti del settore privato

66 anni e 1 mese per le donne lavoratrici autonome.

Dal 2018, per tutti , l'età per la pensione sarà a 66 anni e 7 mesi . Si parificano le condizioni tra uomini e donne. Da ricordare che alla pensione di vecchiaia hanno diritto tutti i lavoratori assicurati con la previdenza obbligatoria e che all'età stabilita abbiano un'anzianità contributiva di almeno 20 anni.

Dal 2019, l'età per la pensione passerà per tutti a 67 anni, con uno scatto di 5 mesi, come previsto dalla Riforma Fornero che ha modificato il meccanismo che collega l'aspettativa di vita all'età pensionabile, già introdotto con la riforma Dini. Ci sono pero delle eccezioni per alcune categorie.

La pensione di anzianità è stata abolita ed è stata sostituita da diverse discipline specifiche, sulle quali la recente legge di bilancio ha apportato recentemente alcune modifiche:

SOPENSIONE.  fruibile per le aziende interessati da eccedenze di personale dai lavoratori che raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento nei 7 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro) , e non più 4 . La norma si applica nel triennio 2018-2020.

APE VOLONTARIO (ad almeno 3 anni e 7 mesi dall'età pensionabile  con prestito garantito dalla pensione)- APE SOCIALE: anticipo pensionistico a 63 anni con indennità INPS o per lavoratori disoccupati o svantaggiati

PENSIONAMENTO ANTICIPATO PER I LAVORATORI ADDETTI A MANSIONI USURANTI

PENSIONAMENTO ANTICIPATO PER I LAVORATORI CD  "PRECOCI" ( con almeno 1 anno di contributi versati prima dei 19 anni di età)

Alle norme evidenziate sopra fanno eccezione i lavoratori  definiti dal d.lgs n. 67 2011:

addetti a lavori detti usuranti ( lavoro in miniere, cave , ad alte temperature,  nel settore vetro e dell'amianto) e addetti a mansioni pesanti  (addetti alla catena di montaggio,  lavoro per turni, lavoro notturno, conducenti mezzi pubblici) come   che possono andare in pensione dal 1° gennaio 2018 con i requisiti che seguono: i beneficiari di tale trattamento, sono coloro che tra il 1° gennaio al 31 dicembre 2018 avendo svolto questo tipo di attività per almeno 7 anni negli ultimi 10 anni di lavoro o per almeno metà della vita lavorativa complessiva, sono i possesso dei seguenti requisiti agevolati  per la pensione anticipata usuranti:

Lavoratori addetti a mansioni particolarmente usuranti  per almeno 78 giorni in un  anno:

se dipendenti: quota 97,6, età minima 61 anni e 7 mesi e con 35 anni di contributi versati;

se autonomi: quota 98,6, età minima di 62 anni e 7 mesi e 35 anni di contribuzione.

Lavoratori notturni a turni, con un numero di giorni lavorativi da 72 a 77 all’anno:

se dipendenti: quota 98,6, età minima 62 anni e 7 mesi + 35 anni di contributi

se autonomi: quota 99,6, età minima 63 anni e 7 mesi + 35 anni di contributi.

Lavoratori notturni a turni con un numero di giorni lavorativi da 64 a 71 all’anno:

se dipendenti: quota 99,6, età minima 63 anni e 7 mesi + 35 anni di contributi;

se autonomi: quota 100,6 con 64 anni e 7 mesi e 35 anni di contributi.

Grazie alla Legge di stabilità 2017 tali lavoratori non devono più attendere 12 mesi (18 mesi per i lavoratori autonomi) per la cd. "finestra" di accesso introdotta dalla riforma Fornero per le pensioni anticipate, ma potranno andare in pensione il primo giorno del mese successivo al perfezionamento dei requisiti. Questi requisiti restano validi fino al 31.12.2016,  infatti la stessa norma ha sospeso, solo per questi lavoratori, i futuri adeguamenti al meccanismo della  speranza di vita sino al 31 dicembre 2027.



lunedì 24 aprile 2017

Ape Sociale: caratteristiche, requisiti e beneficiari








L'Ape Sociale è un’indennità garantita dallo Stato ed erogata dall’Inps a lavoratori in stato di bisogno che chiedano di andare in pensione in anticipata. La domanda all’Inps per questa tipologia di pensione anticipata dovrà essere presentata nella finestra temporale compresa tra il 1 maggio e il 30 giugno 2017. Tale finestra sarà valida per tutti coloro che raggiungeranno i requisiti richiesti per l’accesso entro il 31 dicembre 2017.

Il lavoratore che presenterà domanda, inoltre, avrà comunicazione da parte dell’Inps della accettazione o il rigetto della stessa soltanto al termine del monitoraggio dell’istituto di previdenza. Per il 2018, invece, le domande di accesso alla pensione anticipata con l’Ape sociale potranno essere inoltrate dal 1 gennaio al 31 marzo 2018 per tutti coloro che raggiungeranno i requisiti necessari all’accesso nel corso dell’anno 2018.

L’indennità è corrisposta fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia o dei requisiti per la pensione anticipata. e sarà di IMPORTO pari alla rata mensile di pensione  calcolata al momento dell’accesso alla prestazione (se inferiore a 1500 euro) o pari a 1500 euro (con pensione pari o superiore a 1500 euro) . L'importo di tale indennità non  viene rivalutato.

 Nel caso in cui un fruitore dell’Ape sociale maturi i requisiti  per la pensione anticipata durante il godimento dell’Ape, decadrà automaticamente dalla
prestazione dell'Ape sociale.

Si rivolge ai lavoratori, dipendenti pubblici e privati, autonomi e ai lavoratori iscritti alla gestione separata che si trovino in una delle seguenti condizioni:

 disoccupati che abbiano finito  di percepire, da almeno tre mesi, la prestazione per la disoccupazione.

 lavoratori che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un  parente di primo grado convivente (genitore, figlio) con handicap grave;

invalidi civili con un grado di invalidità pari o superiore al 74%
.
 lavoratori dipendenti che svolgono da almeno sei anni in via continuativa un lavoro pesante o usurante, tra quelli elencati di seguito:

Operai dell'industria estrattiva, dell'edilizia e della manutenzione degli edifici;

Conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;

Conciatori di pelli e di pellicce;

Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;

Conduttori di mezzi pesanti e camion;

Infermieri ed ostetriche ospedaliere con lavoro per turni;

Addetti all'assistenza di persone non autosufficieti;

Insegnanti della scuola dell'infanzia e educatori degli asili nido;

Facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati;

Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia.

Operatori ecologici.

REQUISITI
Per ottenere l’indennità è necessario avere, al momento della richiesta, i seguenti requisiti:

almeno 63 anni di età;

almeno 30 anni di anzianità contributiva. Solo per i lavoratori che svolgono attività difficoltose o rischiose l’anzianità contributiva minima  richiesta è di 36 anni;

maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi;

non essere titolari di alcuna pensione diretta. L’accesso al beneficio è inoltre subordinato alla cessazione di qualunque attività lavorativa anche autonoma.

DURATA
L’indennità è corrisposta ogni mese per 12 mensilità nell’anno, fino all’età  della pensione di vecchiaia.

INCOMPATIBILITA’
L'indennità per l'APE sociale non è compatibile con  l'indennità di disoccupazione involontaria, con l’assegno di disoccupazione (ASDI), né con l’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale.

E’ compatibile invece con lo svolgimento di attività lavorativa ma  solo se i relativi redditi non superano:

8.000 euro annui come dipendente o parasubordinato

4.800 euro annui come lavoratore  autonomo

DIPENDENTI PUBBLICI
Per i dipendenti pubblici che cessano l’attività e che richiedono l’APE sociale i  termini di pagamento delle prestazioni di fine servizio iniziano dal compimento
dell’età per la pensione di vecchiaia e in base alle norme vigenti.

TRATTAMENTO FISCALE DELL'INDENNITA' APE
L'indennità APE SOCIALE sarà imponibile fiscalmente  come un reddito  in sostituzione di quello di lavoro dipendente,  ma non non avrà alcuna contribuzione correlata.

giovedì 8 dicembre 2016

Ricerca lavoro: nelle assunzioni l’età non può essere discriminante



L'età non può essere utilizzata quale discriminante per l'assunzione di un dipendente ma non può essere usata neanche per chiedere un risarcimento danni.

Le direttive Ue prevedono una parità di trattamento in materia di occupazione che non possono utilizzare l’età come una discriminante per l’assunzione di un dipendente, ma cosa accade quando un candidato si presenta per un lavoro ma manca l’intento di occupare veramente quel posto?

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea  ha stabilito, con sentenza del 28 luglio 2016, che l’assunzione non può essere subordinata all'età del candidato se quest’ultimo davvero desidera trovare un’occupazione.

Tale sentenza si rifà alla vicenda di un uomo che fu scartato dalla selezione dei tirocinanti perché aveva superato il limite di età. Costui, quindi, chiese a tale azienda che gli fossero risarciti i danni e in risposta l’uomo fu chiamato per sostenere un nuovo colloquio per valutare le sue effettive attitudini e meriti. Tale persona, però, si rifiutò di sostenerlo e continuò con la causa di risarcimento.


Ecco allora cosa prevedono le direttive europee e come si è arrivati a tale sentenza.

Quando si è alla ricerca di un lavoro il fattore età gioca oggi un ruolo fondamentale, infatti se il candidato ha un’età compresa tra i 35 ed i 40 anni  avrà non poche difficoltà a trovare un impiego, le aziende piccole/medio/grandi preferiscono giovani poiché sono più inclini alle nuove tecnologie e sono dotati di una mente molto più aperta ed elastica, queste sono alcune delle obiezioni che sollevano i datori di lavoro quando si parla di età e lavoro.

Le cose però potrebbero cambiare poiché le questione è approdata alla corte di giustizia europea la quale si è pronunciata sulla questione, in particolare i giudici di Lussemburgo hanno ricordato ed evidenziato come le direttive numero 2000/78/CE e 2006/54/CE siano molto chiare sulla questione, infatti indicano e fissano i principi generali relativi alla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e l’attuazione delle pari opportunità e trattamento sul tema del lavoro dove l’età, in nessun modo deve essere considerato un fattore discriminatorio per l’assunzione di personale.

Questo tema molto sentito nel nostro paese, è approdato alla corte di giustizie europea grazie ad un uomo che non era stato assunto proprio a causa della sua età considerata non più molto giovane, l’uomo non si è perso d’animo ed aveva chiesto all'azienda un risarcimento danni per la discriminazione subita, in seguito a ciò l’azienda aveva deciso di fissare un secondo colloquio con l’uomo con l’intento di valutare effettivamente i suoi meriti e le sue attitudini professionali, l’uomo non ha accettato il secondo colloquio insistendo sulla questione del risarcimento.

La questione è approdata alla Corte di Giustizia europea, la quale ha ricordato che l’età non può essere un fattore discriminante ai fini di un’assunzione, al tempo stesso all’uomo non sono stati riconosciuti il risarcimento dei danni chiesti, poiché secondo gli stessi giudici era chiaro l’intento dell’uomo di ottenere un risarcimento e non un posto di lavoro.

La prossima volta che vi trovate in una situazione del genere, ricordate al selezionatore che non possono utilizzare il fattore età come scusa per non assumervi.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europa comunica che le direttive numero 2000/78/CE e numero 2006/54/CE devono essere interpretate favorevolmente riguardo la questione dell’abolizione di qualsiasi limite di età discriminatorio nei confronti dei candidati. Ricordiamo che la prima direttiva, ovvero quella del 2000, stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento sia per quanto concerne le condizioni di lavoro che in materia di occupazione.

La seconda, invece, e cioè quella del 2006, sancisce la parità di trattamento tra gli uomini e le donne sia in materia di impiego che di occupazione.  Secondo i giudici di Lussemburgo, quindi, entrambe le direttive devono essere lette come atte ad impedire che l’accesso al mondo del lavoro sia vietato a coloro che hanno un’età avanzata.

Risultò quindi chiaro che il fine ultimo dell’uomo fosse quello di ottenere un risarcimento danni piuttosto che un impiego vero e proprio.  La Corte di Giustizia Europa, quindi, è stata chiamata a valutare tale vicenda ed ha comunicato che le direttive 2000/78 e 2006/54 devono essere prese sì in considerazione (in quanto l’assunzione non deve essere subordinata all’età) basti che però il loro utilizzo non sfoci nella frode o nell’abuso.



sabato 8 novembre 2014

Associazione in partecipazione e la lettera di assunzione



La lettera di assunzione è il documento che consente di individuare con certezza gli elementi essenziali che caratterizzano il rapporto di lavoro. Tale lettera, che ai sensi dell’art. 4bis comma 2 D.Lgs. n. 181/00 deve essere consegnata al lavoratore al momento dell’assunzione, deve contenere le condizioni di lavoro applicate al rapporto, di cui all’art. 1 comma 1 D.Lgs. n. 152/97, ovvero: a) l’identità delle parti; b) il luogo di lavoro; c) la data di inizio del rapporto di lavoro; d) la durata del rapporto di lavoro, precisando se si tratta di rapporto di lavoro a tempo determinato o indeterminato; e) la durata del periodo di prova se previsto; f) l’inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore, oppure le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro; g) l’importo iniziale della retribuzione e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo di pagamento; h) la durata delle ferie retribuite cui ha diritto il lavoratore o le modalità dei determinazione e di fruizione delle ferie; i) l’orario di lavoro; l) i termini di preavviso in caso di recesso.

L’informazione circa le indicazioni di cui alle lettere e), g), h), i) ed l) può essere effettuata mediante il rinvio alle norme del contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro.

In ordine alla distinzione tra contratto di associazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili d’impresa, la giurisprudenza ha ritenuto riconducibile al primo caso la fattispecie in cui sussista l’obbligo del rendiconto periodico da parte dell’associante e l’esistenza per l’associato di un rischio d’impresa, seppur limitato.

Rientrano invece nel secondo caso le situazioni in cui sussiste un effettivo vincolo di subordinazione più ampio del generico potere dell’associante d’impartire direttive ed istruzioni al cointeressato. Per cogliere la prevalenza, secondo una sentenza della Cassazione del 2011, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti è necessaria un’indagine del giudice di merito che porti ad una valutazione complessiva e comparativa dell’assetto negoziale, quale voluto dalle parti e quale in concreto posto in essere.

L’art. 1 comma 31 della legge n. 92 del 2012 ha abrogato anche l’art. 86 comma 2 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003 che, ai fini di evitare fenomeni elusivi della disciplina di legge sull’associazione in partecipazione e della disciplina dei contratti collettivi, prevedeva: “in caso di rapporti di associazione in partecipazione resi senza una effettiva partecipazione e adeguate erogazioni a chi lavora, il lavoratore ha diritto ai trattamenti contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione corrispondente del medesimo settore di attività, o in mancanza di contratto collettivo, in una corrispondente posizione secondo il contratto di settore analogo, a meno che il datore di lavoro, o committente, o altrimenti utilizzatore non comprovi, con idonee attestazioni o documentazioni, che la prestazione rientra in una delle tipologie di lavoro disciplinate nel presente decreto ovvero in un contratto di lavoro subordinato speciale o con particolare disciplina, o in un contratto nominato di lavoro autonomo, o in altro contratto espressamente previsto nell’ordinamento”.

L’aliquota contributiva pari a quella delle collaborazioni a progetto. Un ulteriore novità riguarda l’impatto del costo del lavoro nelle associazioni. Viene elevata l’aliquota contributiva per la gestione separata Inps nella stessa misura delle collaborazioni a progetto, ossia il 27,72%.


Età minima per lavorare con l’associazione in partecipazione



L'associazione in partecipazione è una tipologia di lavoro autonomo con cui il lavoratore (associato) partecipa agli utili dell’impresa (associante) e ottiene un’adeguata erogazione di  compenso per un tipo di prestazione lavorativa può essere la più varia.

Il contratto di associazione in partecipazione non richiede una forma particolare e può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato.

Per evitare rapporti elusivi della normativa opera la presunzione legale di rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato in questi due casi:
(N.B. Viene precisato che tale presunzione opera nel caso in cui l'apporto di lavoro non presenti i requisiti della collaborazione con Partita IVA)
Il lavoro dei ragazzi (i minori che non hanno compiuto i 15 anni) e degli adolescenti (persone di età compresa tra i 15 e i 18 anni compiuti) è disciplinato e tutelato dalla L. 17/10/67 n. 977.

La regola generale posta dalla legge è che la età minima per la ammissione al lavoro, anche per gli apprendisti, è di 15 anni compiuti. Tuttavia questa regola incontra alcune eccezioni: in agricoltura e nei servizi familiari, l'età minima per l'ammissione al lavoro è di 14 anni compiuti, purché ciò sia compatibile con la tutela della salute del minore e non comporti la trasgressione dell'obbligo scolastico; nelle attività non industriali, i fanciulli di età non inferiore a 14 anni compiuti possono essere ammessi a lavori leggeri (meglio precisati nel DPR 4/1/71 n. 36), che siano compatibili con la tutela della salute, non comportino trasgressione all'obbligo scolastico e sempre che il minore non sia adibito a lavoro notturno e festivo.

E' prevista una deroga anche per la preparazione o rappresentazione di spettacoli o riprese cinematografiche. In questo caso, l'ispettorato provinciale del lavoro, su conforme parere del prefetto e previo assenso scritto del genitore o tutore, può autorizzare l'ammissione al lavoro dei minori di età inferiore ai 15 anni e fino al compimento dei 18, sempre che il lavoro non sia pericoloso e non si protragga oltre le ore 24. Il rilascio di tale autorizzazione è subordinato all'esistenza di tutte le condizioni necessarie ad assicurare la salute fisica e la moralità del minore, nonché l'osservanza dell'eventuale obbligo scolastico. In ogni caso, il fanciullo o adolescente, dopo l'impegno in tali rappresentazioni, dovrà godere di un riposo di almeno 14 ore consecutive.

La legge appronta particolari tutele a favore dei fanciulli e adolescenti che siano impiegati al lavoro. In particolare, i minori di 16 anni non possono essere adibiti ai lavori pericolosi, insalubri e faticosi, precisati dal DPR 20/1/76 n. 432 (in ogni caso, la legge stessa pone precisi limiti in ordine al sollevamento e trasporto di pesi da parte dei fanciulli e degli adolescenti); è vietato adibire i fanciulli e gli adolescenti a lavori sotterranei in miniere o cave o gallerie, nonché alla somministrazione di bevande alcooliche. L'ammissione al lavoro deve essere preceduta da una visita medica che certifichi l'idoneità del minore al lavoro cui sarà adibito. La legge prevede infine un particolare trattamento di salvaguardia in tema di ferie, orario di lavoro, lavoro notturno, riposo settimanale. La violazione delle norme della legge 977 comporta l'inflizione di sanzioni penali, peraltro modeste.

L’Art. 2549 del codice civile disciplina l’associazione in partecipazione: “Con il contratto di associazione in partecipazione (att. 219) l`associante attribuisce all`associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto”.

L’apporto può essere costituito anche da prestazioni di lavoro rese dall’associato nei confronti dell’associazione. Più precisamente, trattasi di attività lavorativa in forma autonoma. Ma essa che può  avere connotazioni del tutto analoghe alle prestazioni di lavoro rese in regime di lavoro subordinato (quindi ad esempio il rispetto di orari di lavoro).

Proprio per questo sottile limite tra lavoro subordinato e queste prestazioni di lavoro rese dall’associato nei confronti dell’associazione come apporto, secondo l’art. 2459 del codice civile, che è intervenuta la legge Fornero introducendo alcuni importanti limiti, nel tentativo di contrastare l’utilizzo improprio dell’associazione in partecipazione.

Qualora l’apporto dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con l’unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato”.

Il limite di tre associati è nell’apporto di lavoro nella “medesima attività”, che è da intendersi come tipologia di attività, indipendentemente dal luogo in cui viene resa. Ne consegue che qualora un’azienda svolga la sua attività in più unità produttive, la medesima attività è da riferire nella totalità delle unità produttive e non in riferimento ad una sola. Quindi gli associati che apportano lavoro devono essere tre in tutte le unità. Inoltre la norma precisa che il limite di tre associati si applica “indipendentemente dal numero degli associanti”.

Qualora il conferimento dell'associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non possa essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti (a meno che gli associati siano legati da  rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo). Il limite non opera in assenza di apporto di lavoro e qualora l’associato è un soggetto imprenditore.

Eccezione: il limite dei tre associati non si applica nei seguenti casi:
• alle imprese a scopo mutualistico;
• agli associati individuati mediante elezione dall'organo assembleare di cui all'articolo 2540, il cui contratto sia certificato; I rapporti di associazione in partecipazione con  apporto di lavoro, instaurati o attuati senza che vi sia stata un'effettiva partecipazione dell'associato agli utili dell'impresa o dell'affare, o senza consegna del  rendiconto, si presumono, salva prova contraria, rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

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