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giovedì 25 dicembre 2014

Articolo 18 cosa cambia per il 2015



"Altro che rivoluzione copernicana", il governo Renzi "ha cancellato il lavoro a tempo indeterminato, generalizzando la precarizzazione". Così la leader della Cgil, Susanna Camusso, dopo l'ok del Cdm ai decreti attuativi del Jobs Act: norme "ingiuste, sbagliate e punitive". "Il governo ha accolto la nostra reiterata richiesta di un intervento pubblico per l'Ilva: è un fatto decisamente positivo", sostiene invece il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo. Ma, aggiunge, "diverso è il nostro giudizio sul Jobs Act. Consideriamo infatti - spiega - negativamente la monetizzazione dei licenziamenti collettivi, fatto che non aiuterà il mondo del lavoro".

Contratto a tutele crescenti e indennizzi “da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mesi”. E poi niente ‘opting out’, cioè niente super-indennizzo per aggirare il reintegro dei lavoratori licenziati illegittimamente, e delega fiscale. E ancora le misure per Taranto e sull’Ilva, la legge Europea 2014 e la proroga dei contratti dei precari delle province. Sono tante e diverse le novità varate dal Consiglio dei Ministri della Vigilia. Nelle immagini una scheda riassuntiva dei principali provvedimenti.

Addio al reintegro nei licenziamenti economici e in una buona parte dei licenziamenti disciplinari. Per i neo assunti, dal 2015, scatterà il contratto a tutele crescenti, e le nuove norme, è una novità dell'ultim'ora, si estenderanno anche ai licenziamenti collettivi (che sono economici per definizione). È quanto prevede il Dlgs con la nuova normativa sul contratto a tutele crescenti appena varato dal Governo, assieme a una prima lettura del Dlgs sull'Aspi.

Nel testo che cambia l'articolo 18, è previsto che le tutele crescenti per i licenziamenti economici illegittimi partiranno da 2 mensilità per anno di servizio con un tetto di 24 mensilità. È prevista l'introduzione di un indennizzo minimo di 4 mensilità, da far scattare subito dopo il periodo di prova, con l'obiettivo di scoraggiare licenziamenti facili. Visto che i contratti a tutele crescenti godranno dei benefici fiscali e contributivi contenuti nella legge di stabilità. E' confermata la conciliazione veloce: qui il datore di lavoro può offrire una mensilità per anno di anzianità fino a un massimo di 18 mensilità, con un minimo di due.

Sul fronte disciplinari c'è un mini-restyling alla legge Fornero. La reintegra resterà per i soli casi di insussistenza materiale del fatto contestato. Non è più prevista la clausola dell'opting out, che avrebbe consentito al datore di lavoro di poter convertire la tutela reale in un indennizzo monetario. Oggi la tutela reale scatta in due casi: se il fatto non sussiste o se è punito con una sanzione conservativa nei CCNL. La differenza con la nuova normativa è questa: viene meno il riferimento ai CCNL e si delimita il fatto al solo fatto materiale. Non si eliminerà la discrezionalità dei giudici.

Solo un primo esame con approvazione “salvo intese” per il secondo decreto legislativo, quello che darà vita alla nuova Aspi. Evidentemente i problemi di copertura che fino a ieri avevano trattenuto i tecnici del ministero del Lavoro e di palazzo Chigi alla Ragioneria (mancherebbero circa 300 milioni) devono ancora essere superati. Il nuovo ammortizzatore universale per chi perde il lavoro dovrebbe entrare in funzione verso giugno prossimo e sarebbe accessibili con sole 13 settimane di contributi. Il sussidio dovrebbe crescere con la durata del contratto (detto appunto a tutele crescenti) fino a 24 mesi, ovvero 6 in più rispetto ai 18 previsti a regime dall'Aspi Fornero.


Non trapelano indicazioni sull'ammontare che non dovrebbe però superare il tetto del 1090 euro mensili. L'estensione della platea dovrebbe comprendere la transizione fino a esaurimento dei Cocopro. e i contratti in somministrazione, oltre a tutti i nuovi contratti a tutele crescenti, naturalmente, a prescindere dal settore di appartenenza. Resta l'idea di base di legare la durata del sussidio alla contribuzione pregressa (con scalettatura ancora da definire. come detto) e resta l'assegno di disoccupazione che scatta dopo l'esaurimento della nuova Aspi ma non è chiaro se sarà già contenuta in questo dlgs. Vi si accederebbe con un Isee basso, un ammortizzatore di ultima istanza che sarà legato a una condizionalità: la partecipazione del beneficiario a programmi di reinserimento lavorativo. Con la nuova Aspi, che armonizza l'attuale Aspi e l mini-Aspi non cambierà lo schema della contribuzione dovuta da datori e dipendenti (con un carico per due terzi sui primi e un terzo sui secondi): l'1,30% dovuto per la disoccupazione e l'1,4% per l'Aspi sui contratti a termine. Con l'evidente obiettivo di incentivare anche sotto questo profilo la migrazione dai contratti a termine verso i nuovi contratti a tutele crescenti.



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