A partire dal gennaio 2011 è obbligatorio per le aziende italiane effettuare la valutazione dello stress da lavoro correlato. Esiste un obbligo di valutazione dei rischi da stress da lavoro correlato sancito dal Testo Unico in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
La valutazione dei rischi stress lavoro-correlato deve essere effettuata dal datore di lavoro, che non può delegare l’adempimento neanche ad un soggetto in possesso di specifiche competenze in materia.
Prima di entrare nel dettaglio della valutazione del rischio stress da lavoro correlato, richiamiamo alcune definizioni per meglio comprendere l’argomento.
Lo stress da lavoro può essere definito quale condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale e può essere una conseguenza del fatto che dei lavoratori non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro. In termini generici quindi è importante sottolineare come lo Stress non sia di per se una malattia, bensì una condizione innescata nell'organismo umano da parte di una fonte o sollecitazione esterna che comporta una serie di adattamenti che, se protratti nel tempo, possono assumere carattere di patologia.
Quando può esserci squilibrio?
Diciamo che si può verificare quando il lavoratore non si sente in grado di corrispondere alle richieste lavorative. Tuttavia non tutte le manifestazioni di stress da lavoro possono essere considerate come stress lavoro-correlato. Lo stress lavoro-correlato è quello causato in modo particolare da vari fattori propri del contesto e del contenuto del lavoro.
Le caratteristiche dello stress da lavoro possono riassumersi in due aspetti. Uno quello che si riferisce al ambiente lavorativo ossia scarsa comunicazione, mancanza di definizione di obiettivi, conflitti di ruolo, insicurezza dell’impiego, partecipazione ridotta al processo decisionale; mentre il secondo aspetto è quello che si riferisce al contenuto del lavoro ossia problemi di affidabilità, disponibilità o idoneità, carico di lavoro eccesivo o ridotto, carenza di ritmo sul lavoro, orari di lavoro poco flessibili e incapacità di creare reali turni di lavoro.
Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare la valutazione del rischio, avvalendosi del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), con il coinvolgimento del medico competente, ove nominato, affiancato preferibilmente da uno psicologo del lavoro e previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS/RLST). La valutazione si articola in due fasi: una necessaria e l’altra eventuale, da attivare nel caso in cui, nel corso della prima fase, si siano individuati elementi di rischio.
Importante sottolineare e distinguere il concetto di Stress da Lavoro Correlato, da quello di Mobbing inteso come una persecuzione sistematica messa in atto da una o più persone allo scopo di danneggiare chi ne è vittima fino alla perdita del lavoro. Se dunque i possibili rischi soprattutto a livello psicologico, evidenziati dagli indicatori sintomatici possono risultare analoghi, nello Stress manca la componente di intenzionalità che è invece presente nel mobbing.
Si chiama stress da lavoro correlato ed è una delle più comuni cause di malattia professionale tra i lavoratori, un “rischio psicosociale” assieme a sindrome da burnout e a forme estreme di mobbing e violenza sul lavoro. I rischi psicosociali sono definiti quali aspetti di organizzazione e gestione del lavoro che possono arrecare danni fisici o psicologici.
La sindrome da burnout rappresenta una vera e propria forma di esaurimento o logorio derivante dalla natura di alcune mansioni professionali. Più precisamente si tratta di una esperienza soggettiva di cattivo rapporto con il lavoro, che viene vissuta generalmente in una fase successiva ad uno stato di tradizionale stress lavorativo e con una forma grave che ha delle sue caratteristiche specifiche e delle conseguenze negative in termini di salute, di produttività e di soddisfazione lavorativa. Ove l’esito patologico colpisce le persone che esercitano professioni d’aiuto, qualora queste non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere. Questo fenomeno quindi, conosciuto già dagli anni ’70, è il risultato patologico di una componente di fattori di stress e di reazioni soggettive che colpisce solo quelle professioni rivolte ad aiutare altre persone (medici, infermieri, avvocati, sacerdoti…) e che porta il soggetto a “bruciarsi” attraverso un meccanismo di eccessiva immedesimazione nei confronti degli individui oggetto della attività professionale, facendosi carico in prima persona dei loro problemi e non riuscendo quindi più a discernere tra la loro vita e quella propria.