In attesa della delega per la riforma fiscale ci sono buone notizie per commercianti, artigiani, professionisti e piccole imprese. Infatti, gli studi di settore potranno essere integrati, tenendo conto degli andamenti economici - e quindi dell'effetto della crisi - già nel 2011. E' una delle novità della circolare n. 8 del 16 marzo del 2012 dell'Agenzia delle Entrate che detta novità normative anche per il confronto con i contribuenti che non risultano in linea, con un invito alla collaborazione.
"Gli studi di settore – ha spiegato l'Agenzia delle Entrate - possono essere integrati sulla base degli andamenti economici già in relazione al periodo di imposta 2011", con un impatto quindi nelle dichiarazioni che dovranno essere fatte quest'anno dai contribuenti sottoposti agli studi: lavoratori autonomi, professionisti e piccole imprese. L'adeguamento, comunque, non sarà generalizzato: "si tratta di accorgimenti che possono riguardare determinati settori o aree territoriali, con l'obiettivo di rendere gli studi sempre più capaci di stimare i ricavi e i compensi degli operatori".
La circolare dell'Agenzia delle Entrate fornisce precisazioni in ordine ai benefici per i soggetti che per il 2011 risultano congrui e coerenti alle risultanze degli studi di settore. In particolare, nei confronti di tali soggetti: sono preclusi gli accertamenti di tipo "analitico-presuntivo"; la determinazione sintetica del reddito complessivo è ammessa solo a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato; è ridotto di un anno il termine per l'attività di accertamento. Questi "paletti" si applicano per i contribuenti che dichiarano, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell'applicazione degli studi. Sono comunque richieste le condizioni che abbiamo indicato fedelmente tutti i dati richiesti, che risultino coerenti con gli specifici indicatori previsti e che siano "potenzialmente" accertabili sulla base delle risultanze degli studi di settore.
L'Agenzia delle Entrate inoltre può invitare i contribuenti, in base ai dati del modello Unico, ad adempiere agli obblighi dichiarativi in materia di studi di settore. «Si tratta di inviti finalizzati all'incremento della compliance dichiarativa, ovvero all'incentivazione dei comportamenti virtuosi, senza effetti preclusivi al ravvedimento nei confronti dei destinatari. Per questi ultimi, infatti, è prevista la possibilità di operare il ravvedimento dell'omessa presentazione del modello degli studi di settore, attraverso una dichiarazione integrativa. In tal modo i contribuenti potranno beneficiare delle sanzioni ridotte sanando la violazione commessa».
domenica 18 marzo 2012
Studi di settore 2012 saranno adeguati alla crisi economica
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sabato 17 marzo 2012
Lavoro e giovani più precarietà per i laureati
Secondo il rapporto Almalaurea bisogna affrontare in modo deciso condizione giovani e degli studenti.
Cala l'occupazione, cala il lavoro stabile, cala il reddito: per i laureati italiani lo scenario non regala motivi di ottimismo. E questa abbondanza di segni negativi (meno, meno…) dovrebbe indurre la politica ad investire con urgenza in istruzione, ricerca, innovazione e cultura, anche considerando che mentre al contrarsi dell'occupazione negli altri Paesi è cresciuta la quota di occupati ad alta qualificazione, nel nostro Paese è avvenuto l’opposto. Questo è il la nota presentata dal consorzio Almalaurea.
Quindi aumenta la disoccupazione (in misura superiore rispetto all'anno passato) fra i laureati triennali: dal 16 al 19%. Ma non solo. Lievita anche, e risulta perfino più consistente, fra i laureati specialistici, quelli con un percorso di studi più lungo (dal 18 al 20%) e fra gli specialistici a ciclo unico come i laureati in medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza (dal 16,5 al 19%). Una tendenza che si registra finanche fra i laureati tradizionalmente caratterizzati da un più favorevole posizionamento sul mercato del lavoro, come, ad esempio, gli ingegneri.
Cresce la precarietà. Con la sola eccezione dei laureati specialistici a ciclo unico, a un anno dall'acquisizione della laurea diminuisce, fra i laureati occupati, il lavoro stabile. La stabilità riguarda il 42,5% dei laureati occupati di primo livello e il 34% dei laureati specialistici (con una riduzione, rispettivamente, di 4 e di 1 punto percentuale rispetto all'indagine del 2010). Nello stesso tempo si dilata la consistenza delle forme contrattuali a tempo determinato e interinale e del lavoro nero. Quest'ultimo, a un anno, riguarda il 6% dei laureati di primo livello, il 7% degli specialistici, l'11% di quelli a ciclo unico.
Le retribuzioni (buste paga) sono in netto calo a un anno dalla laurea (pari a 1.105 euro mensili netti per i laureati di primo livello, 1.050 per gli specialistici a ciclo unico, 1.080 per gli specialistici), già non elevate, perdono ulteriormente potere d'acquisto rispetto alle indagini precedenti (la contrazione risulta compresa fra il 2 e il 6% solo nell'ultimo anno). Sarebbe un errore imperdonabile - precisa Cammelli presidente di Almalaurea - sottovalutare o tardare ad affrontare in modo deciso le questioni della condizione giovanile e della valorizzazione del capitale umano, non facendosi carico di quanti, anche al termine di lunghi, faticosi processi formativi, affrontano crescenti difficoltà ad affacciarsi sul mercato del lavoro, a conquistare la propria autonomia, a progettare il proprio futuro».
Un'altra brutta notizia per i giovani italiani. Oltre al tasso di disoccupazione giovanile superiore al 31% secondo i dati Istat di gennaio, ora arriva anche l'aumento della disoccupazione tra i laureati. È quanto ha stabilito il XIV rapporto almalaurea sulla condizione occupazionale dei nuovi dottori circa 400mila ragazzi coinvolti. Secondo il consorzio interuniversitario la disoccupazione dei laureati triennali è passata dal 16% del 2009 al 19% del 2010. Dato che lievita anche per i laureati specialistici, passato dal 18 al 20 per cento. Non vengono risparmiati neanche gli specialistici «a ciclo unico» come i laureati in medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza: anche per loro la disoccupazione è passata dal 16,5 al 19%.
E cosa succede a dieci anni dalla laurea? Se lo è chiesto lo stesso consorzio che nell'autunno del 2011 ha condotto un'indagine via web coinvolgendo un campione di laureati pre-riforma degli anni 2000, 2001 e 2002. Le conclusioni sono queste. Dalle 13 mila interviste realizzate, risulta che lavorano 88 intervistati su cento, valore in calo di 4 punti percentuali rispetto all’analoga rilevazione condotta nel 2006 (sui laureati del 1997-1998). Si dichiara alla ricerca di un lavoro il 10% (erano 6 su cento tra i laureati 1997-1998). Stabili 81 occupati su cento, di cui il 63% con un contratto a tempo indeterminato e il restante 18 con un lavoro autonomo. I laureati degli anni 2000-2001-2002, vedono la propria retribuzione mensile netta attestarsi, in media, a 1.620 euro (era di 1.466 euro tra i laureati del 1997-1998 intervistati nel 2006). In termini reali, gli stipendi sono rimasti pressoché costanti.
Cala l'occupazione, cala il lavoro stabile, cala il reddito: per i laureati italiani lo scenario non regala motivi di ottimismo. E questa abbondanza di segni negativi (meno, meno…) dovrebbe indurre la politica ad investire con urgenza in istruzione, ricerca, innovazione e cultura, anche considerando che mentre al contrarsi dell'occupazione negli altri Paesi è cresciuta la quota di occupati ad alta qualificazione, nel nostro Paese è avvenuto l’opposto. Questo è il la nota presentata dal consorzio Almalaurea.
Quindi aumenta la disoccupazione (in misura superiore rispetto all'anno passato) fra i laureati triennali: dal 16 al 19%. Ma non solo. Lievita anche, e risulta perfino più consistente, fra i laureati specialistici, quelli con un percorso di studi più lungo (dal 18 al 20%) e fra gli specialistici a ciclo unico come i laureati in medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza (dal 16,5 al 19%). Una tendenza che si registra finanche fra i laureati tradizionalmente caratterizzati da un più favorevole posizionamento sul mercato del lavoro, come, ad esempio, gli ingegneri.
Cresce la precarietà. Con la sola eccezione dei laureati specialistici a ciclo unico, a un anno dall'acquisizione della laurea diminuisce, fra i laureati occupati, il lavoro stabile. La stabilità riguarda il 42,5% dei laureati occupati di primo livello e il 34% dei laureati specialistici (con una riduzione, rispettivamente, di 4 e di 1 punto percentuale rispetto all'indagine del 2010). Nello stesso tempo si dilata la consistenza delle forme contrattuali a tempo determinato e interinale e del lavoro nero. Quest'ultimo, a un anno, riguarda il 6% dei laureati di primo livello, il 7% degli specialistici, l'11% di quelli a ciclo unico.
Le retribuzioni (buste paga) sono in netto calo a un anno dalla laurea (pari a 1.105 euro mensili netti per i laureati di primo livello, 1.050 per gli specialistici a ciclo unico, 1.080 per gli specialistici), già non elevate, perdono ulteriormente potere d'acquisto rispetto alle indagini precedenti (la contrazione risulta compresa fra il 2 e il 6% solo nell'ultimo anno). Sarebbe un errore imperdonabile - precisa Cammelli presidente di Almalaurea - sottovalutare o tardare ad affrontare in modo deciso le questioni della condizione giovanile e della valorizzazione del capitale umano, non facendosi carico di quanti, anche al termine di lunghi, faticosi processi formativi, affrontano crescenti difficoltà ad affacciarsi sul mercato del lavoro, a conquistare la propria autonomia, a progettare il proprio futuro».
E cosa succede a dieci anni dalla laurea? Se lo è chiesto lo stesso consorzio che nell'autunno del 2011 ha condotto un'indagine via web coinvolgendo un campione di laureati pre-riforma degli anni 2000, 2001 e 2002. Le conclusioni sono queste. Dalle 13 mila interviste realizzate, risulta che lavorano 88 intervistati su cento, valore in calo di 4 punti percentuali rispetto all’analoga rilevazione condotta nel 2006 (sui laureati del 1997-1998). Si dichiara alla ricerca di un lavoro il 10% (erano 6 su cento tra i laureati 1997-1998). Stabili 81 occupati su cento, di cui il 63% con un contratto a tempo indeterminato e il restante 18 con un lavoro autonomo. I laureati degli anni 2000-2001-2002, vedono la propria retribuzione mensile netta attestarsi, in media, a 1.620 euro (era di 1.466 euro tra i laureati del 1997-1998 intervistati nel 2006). In termini reali, gli stipendi sono rimasti pressoché costanti.
Lavoro: anzi i senza non lavoro, deflagra la cig
Mentre si parla di nuove ipotesi di mercato del lavoro e della riforma tanto attesa un dato si evidenzia. Esplode la richiesta di ore di cassa integrazione guadagni a febbraio 2012.
Nel mese scorso le ore di cig sono state 81 milioni e 988 mila con un incremento del 49,12% rispetto al mese precedente, +5,16% rispetto a un anno fa. Sono i dati forniti dalla Cgil che sottolinea come siano oltre 400 mila i lavoratori coinvolti nei processi di cassa. In crescita, sempre a febbraio, anche la richiesta di cassa integrazione straordinaria. Il monte ore complessivo è stato infatti pari a oltre 25.700, in aumento del 20,39% rispetto al precedente mese di gennaio.
Nei primi due mesi dell'anno - sottolinea la Cgil - sono stati autorizzati 136,9 milioni di ore di cassa integrazione con un +5,16% sullo stesso periodo del 2011. ''Numeri che tradotti - chiarisce il sindacato che ha elaborato i dati diffusi dall'Inps nei giorni scorsi - vogliono dire 400 mila lavoratori a zero ore coinvolti nei processi di cassa che hanno subito un taglio del reddito per oltre 525 milioni di euro, pari a circa 1.300 euro per ogni singolo lavoratore''. ''Il nostro sistema produttivo - afferma il segretario confederale Vincenzo Scudiere - e' invischiato in una crisi profondissima con prospettive pericolose di declino. La cosiddetta 'recessione tecnica' comincia a dispiegare i suoi effetti sui lavoratori con un balzo deciso nella richiesta di ore di cassa. E' sempre più difficile immaginare una inversione di tendenza senza una ripresa nelle produzioni e nei consumi''.
L'aumento consistente di febbraio è dovuto soprattutto allo scatto della cassa in deroga che con oltre 31 milioni di ore segna un +133,96% sul mese precedente. Nel bimestre gennaio-febbraio le ore autorizzate di cassa in deroga 45,3 milioni) segnano un +10,44% sullo stesso bimestre del 2011. Nel bimestre l'aumento tendenziale maggiore per la cigd e' per il commercio (oltre 15 milioni di ore con un +28,46%). La cassa integrazione ordinaria (cigo) a febbraio ha segnato un +23,9% sul mese precedente con 25,1 milioni di ore autorizzate. Nei primi due mesi del 2012 il totale delle ore di cigo è stato pari a 45,5 milioni con un aumento sullo stesso periodo dello scorso anno del +21,47%. In aumento la richiesta di ore anche per la cassa integrazione straordinaria (cigs) con 25,7 milioni di ore autorizzate a febbraio (+20,39% su gennaio).
In diminuzione a febbraio il numero di aziende che fanno ricorso ai decreti di cigs. Da gennaio sono state 824 per un -30,23% sullo stesso periodo del 2011 e riguardano 1.568 unità aziendali (-13,61% sull'anno passato). La richiesta di decreti cigs da parte di gruppi industriali con insediamenti in più territori resta maggiore, anche nella riduzione del numero di decreti, rispetto alle aziende presenti in un unico territorio. Diminuisce il ricorso per crisi aziendale (447 domande per un -41,80%) ma rappresenta il 54,25% del totale dei decreti, così come frena il ricorso al fallimento (63 domande per un -20,25%).
Nel mese scorso le ore di cig sono state 81 milioni e 988 mila con un incremento del 49,12% rispetto al mese precedente, +5,16% rispetto a un anno fa. Sono i dati forniti dalla Cgil che sottolinea come siano oltre 400 mila i lavoratori coinvolti nei processi di cassa. In crescita, sempre a febbraio, anche la richiesta di cassa integrazione straordinaria. Il monte ore complessivo è stato infatti pari a oltre 25.700, in aumento del 20,39% rispetto al precedente mese di gennaio.
Nei primi due mesi dell'anno - sottolinea la Cgil - sono stati autorizzati 136,9 milioni di ore di cassa integrazione con un +5,16% sullo stesso periodo del 2011. ''Numeri che tradotti - chiarisce il sindacato che ha elaborato i dati diffusi dall'Inps nei giorni scorsi - vogliono dire 400 mila lavoratori a zero ore coinvolti nei processi di cassa che hanno subito un taglio del reddito per oltre 525 milioni di euro, pari a circa 1.300 euro per ogni singolo lavoratore''. ''Il nostro sistema produttivo - afferma il segretario confederale Vincenzo Scudiere - e' invischiato in una crisi profondissima con prospettive pericolose di declino. La cosiddetta 'recessione tecnica' comincia a dispiegare i suoi effetti sui lavoratori con un balzo deciso nella richiesta di ore di cassa. E' sempre più difficile immaginare una inversione di tendenza senza una ripresa nelle produzioni e nei consumi''.
L'aumento consistente di febbraio è dovuto soprattutto allo scatto della cassa in deroga che con oltre 31 milioni di ore segna un +133,96% sul mese precedente. Nel bimestre gennaio-febbraio le ore autorizzate di cassa in deroga 45,3 milioni) segnano un +10,44% sullo stesso bimestre del 2011. Nel bimestre l'aumento tendenziale maggiore per la cigd e' per il commercio (oltre 15 milioni di ore con un +28,46%). La cassa integrazione ordinaria (cigo) a febbraio ha segnato un +23,9% sul mese precedente con 25,1 milioni di ore autorizzate. Nei primi due mesi del 2012 il totale delle ore di cigo è stato pari a 45,5 milioni con un aumento sullo stesso periodo dello scorso anno del +21,47%. In aumento la richiesta di ore anche per la cassa integrazione straordinaria (cigs) con 25,7 milioni di ore autorizzate a febbraio (+20,39% su gennaio).
In diminuzione a febbraio il numero di aziende che fanno ricorso ai decreti di cigs. Da gennaio sono state 824 per un -30,23% sullo stesso periodo del 2011 e riguardano 1.568 unità aziendali (-13,61% sull'anno passato). La richiesta di decreti cigs da parte di gruppi industriali con insediamenti in più territori resta maggiore, anche nella riduzione del numero di decreti, rispetto alle aziende presenti in un unico territorio. Diminuisce il ricorso per crisi aziendale (447 domande per un -41,80%) ma rappresenta il 54,25% del totale dei decreti, così come frena il ricorso al fallimento (63 domande per un -20,25%).
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