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mercoledì 9 novembre 2016

Modello ISEE 2017 ecco tutte le novità



Il Modello Isee a partire dal 2017 sarà precompilato dall’Inps e dall’Agenzia delle Entrate.

Eseguire l’Isee è un problema per molti cittadini, infatti l’iter non è semplice, ma molto complesso e non alla portata di tutti, ma una grande novità sarà introdotta nel 2017 con la Legge di Stabilità  che prevede la semplificazione del modello Isee in quanto sarà l’Inps a fornire il cittadino del modulo Isee già precompilato, lasciando in bianco semplicemente i dati come quelli inerenti a dati variabili, dati relativi alla composizione del nucleo familiare e all’eventuale possesso di un portafoglio titoli collegato al conto corrente, che dovranno essere compilati dall’utente.

I contribuenti che avranno necessità di presentare il Modello Isee 2017 dovranno consegnare al Caf o al proprio commercialista meno dati sulla propria situazione economica. Niente più documenti relativi al proprio reddito e al patrimonio mobiliare e immobiliare: ci penseranno Inps e Agenzia delle Entrate.

L’ISEE misura la situazione economica tenendo conto di reddito, patrimonio e composizione del nucleo familiare. La dichiarazione con modello DSU va presentata nel momento in cui si richiede una prestazione sociale agevolata cioè servizi o aiuti economici rivolti a situazioni di bisogno o necessità (solo a titolo di esempio: dalle prestazioni ai non autosufficienti ai servizi per la prima infanzia, dalle agevolazioni economiche sulle tasse universitarie a quelle per le rette di ricovero in strutture assistenziali, alle eventuali agevolazioni su tributi locali).

Dopo la riforma dell’Isee del 2015 che ha introdotto l’obbligo di controllo incrociato dei dati dei richiedenti, la novità 2017 potrebbe cambiare ancora una volta le procedure e i documenti da presentare, riducendo il carico di adempimenti a carico dei cittadini e i tempi d’attesa.

Negli anni scorsi la compilazione del modello Isee prevedeva la richiesta del modello DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica) con il quale venivano reperiti i dati da utilizzare per la compilazione del modello ISEE, talvolta la compilazione e la procedura della richiesta di tali attestazioni era cosi lunga e tortuosa da indurre l’utente a rinunciare alle agevolazioni, borse di studi ed altri incentivi di cui poteva usufruire gratuitamente o avendo un rimborso spese.

La precompilazione dei modelli era già stata adottata per altre dichiarazioni come il 730 e per il modello Unico visto il buon funzionamento di tale servizio, si è pensato di adottare la stessa pratica anche per il modello Isee.

Secondo recenti analisi è stato accurato che con l’introduzione dell’abolizione dell’autocertificazione il numero dei nullatenenti italiani si è ridotto di circa il 70%. La precompilazione del modello Isee si pone l’obiettivo di aiutare gli utenti ad una procedura veloce e pratica, ma soprattutto è un incentivo a dichiarare il vero, in quanto le verifiche dei redditi saranno fatte direttamente dall'Agenzia delle Entrate e dai Ministeri del Lavoro e dell’Economia.

L’Isee precompilato 2017 semplifica gli adempimenti a carico dei cittadini. L’indicatore che misura la situazione economica dei cittadini sarà rilasciato con la maggior parte dei dati già predisposti. Bisognerà inserire soltanto i dati variabili, tra cui quelli relativi al nucleo familiare e ad eventuali titoli collegati a conto bancario.

Il primo vantaggio per il contribuente saranno tempi più celeri. Ad oggi i cittadini che hanno necessità di richiedere l’Isee per le prestazioni sociali agevolate devono attendere tempi molto lunghi. Inoltre, dopo la riforma del 2015, sono frequenti i casi in cui la dichiarazione Isee non viene accettata dall’Agenzia delle Entrate per mancanza di documentazione relativa a conti corrente (anche se privi di liquidità) e viene «rimandata al mittente».

L’Inps sarà alla testa dell’operazione e, con la collaborazione dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero del Lavoro, avrà il compito di predisporre la parte relativa alla dichiarazione della situazione economica e patrimoniale del contribuente.
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lunedì 18 luglio 2016

L'Agenzia dell'Entrate diventa social colloquia su Facebook


L'Agenzia delle Entrate inaugura la sua pagina Facebook ed entra in contatto con i cittadini per offrire una prima informazione su un tema di stretta attualità: il canone tv nella bolletta elettrica. Il servizio, realizzato dalle Entrate a costo zero e fornito sulla piattaforma Messenger, è un'innovazione destinata a cambiare radicalmente il rapporto con i contribuenti, che potranno dialogare con il Fisco in tempo reale e in maniera semplice, anche dal proprio smartphone, attraverso il social network più popolare in Italia, con 23 milioni di utenti che si collegano almeno una volta al giorno. Agenzia delle Entrate su Facebook e comunicazione in tempo reale via Messenger. Si potenzia così la presenza del Fisco sui social media, dopo i canali Twitter e YouTube, proponendosi non più solo come vetrina informativa su novità e adempimenti  ma anche come sportello virtuale di dialogo, accessibile da Desktop e Mobile.

Dal 18 luglio ciascuno potrà inviare le proprie domande alla pagina Facebook all’Agenzia delle entrate (attraverso l’applicazione Facebook Messenger): la risposta arriverà entro 24 ore o, nei casi in cui il quesito richieda un approfondimento, entro 5 giorni dalla richiesta. Non solo canone Rai in bolletta: via via l’assistenza dell’Agenzia via Facebook si amplierà e cercherà di risolvere i dubbi più comuni dei contribuenti.

Su Facebook e su tutti i canali social debuttano anche i filmati realizzati in collaborazione con l’Ente Nazionale Sordi per fornire informazioni nella lingua dei segni(Lis).

Per chi sceglie di utilizzare l’applicazione Facebook Messenger, scrivendo la propria domanda, la risposta arriva entro 24 ore o, nei casi in cui il quesito richieda un approfondimento, entro 5 giorni.
Per il momento, lo sportello social di prima informazione è dedicato al Canone RAI (ma sarà poi esteso a tutte le tematiche fiscali): sulla pagina Facebook ci sono i link ai contenuti informativi già presenti sul sito delle Entrate, come le risposte alle domande più frequenti, che possono servire a risolvere i primi dubbi, e le indicazioni per accedere a #EntrateinContatto, ponendo domande specifiche.

Il Fisco assicura il pieno rispetto della privacy: al contribuente che chiede informazioni non vengono richiesti dati personali, gli eventuali dati sensibili contenuti nei post su Facebook verranno rimossi, le informazioni scambiate non verranno utilizzati per altri scopi, ma serviranno solo a fornire al contribuente indicazioni utili per adempiere agli obblighi fiscali.

Infatti, l’Agenzia non richiederà alcun dato personale, ma si limiterà a rispondere a dubbi e aiutare i contribuenti ad adempiere correttamente agli obblighi fiscali. Il trattamento dei dati personali degli utenti risponderà, comunque, alle policy in uso sulla piattaforma Facebook, mentre i dati sensibili postati in commenti o post pubblici verranno rimossi. Le informazioni scambiate non saranno utilizzate per altri scopi, ma serviranno solo per aiutare e indirizzare i contribuenti nella soluzione dei loro quesiti.


mercoledì 29 giugno 2016

Indebito Inps : richiesta di restituzione delle somme percepite


Accade spesso ai pensionati e a chi spetta assegni di disoccupazione o di invalidità e altro vedersi recapitare dall’Inps comunicazioni relative alla restituzione di somme erogate ma ritenuti successivamente, per vari motivi, non dovuti. Nella maggior parte dei casi, le pretese dell’Istituto previdenziale si fondano su motivi reddituali, cosicché può succedere che, a distanza di molti anni e successivamente all'erogazione dell’indennità, l’Inps verifica che il reddito è maggiore di quello indicato dalla legge e chiede la ripetizione di quanto corrisposto.

I pagamenti erogati ma non dovuti riguardano:

prestazioni prive dei necessari requisiti;

prestazioni incumulabili o incompatibili con altre prestazioni;

prestazioni non dovute per limiti reddituali;

prestazioni incumulabili con redditi da lavoro;

prestazione erogate dopo il decesso del pensionato;

altro.

Le cause dei pagamenti indebiti possono essere attribuiti ad un errore dell’INPS o ad un comportamento omissivo, il fenomeno è indice di una qualità del servizio e di meccanismi di controllo non certo impeccabili. Inoltre la mancata riscossione e le continue sanatorie assumono una connotazione pedagogica negativa, in un contesto sociale caratterizzato da un basso senso civico, e penalizzano quei pensionati che tengono sempre comportamenti corretti e responsabili o che si vedono recuperare prontamente il proprio debito.

In materia di previdenza ed assistenza obbligatoria, la ripetizione dell’indebito è ammessa nei soli casi di non addebitabilità al percepiente dell’erogazione non dovuta, per come disposto dall’art. 52 L. 88/89.

La norma citata così dispone: “Le pensioni a carico dell’ assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle gestioni obbligatorie sostitutive o, comunque, integrative della medesima, della gestione speciale minatori, delle gestioni speciali per i commercianti, gli artigiani, i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, nonché la pensione sociale, di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, possono essere in ogni momento rettificate dagli enti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione.

La legge prevede che la sanatoria dove prevista opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento del quale sia data espressa comunicazione all’interessato e che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. L’omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall’ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite.

E’ bene ricordare che l’Inps procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza.

Dunque la norma esaminata, subordina la irripetibilità a due condizioni essenziali:
1) che il pagamento sia avvenuto sulla base di un provvedimento definitivo;
2) la mancanza di dolo dell’interessato;

La legge, inoltre stabilisce il termine di decadenza di un anno per intraprendere l’azione di recupero. Il termine decorre dall'effettiva conoscenza o dalla concreta possibilità di conoscenza degli elementi necessari alle operazioni di recupero.

Quindi nei casi in cui l’indebito consegua alla omessa o incompleta segnalazione, da parte dell’interessato, di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione, che non siano già a conoscenza dell’Istituto, L’INPS procede al recupero delle somme indebitamente percepite, senza alcuna limitazione temporale, in quanto la omissione viene in sostanza equiparata dal legislatore al dolo, il che ne consente in ogni caso la recuperabilità.

Ed infatti, i termini di prescrizione decennali del credito decorrono, qualora l’indebito sia da ricollegare a situazioni che devono essere comunicate dal pensionato, dalla data della comunicazione stessa.

Vengono ricompresi nel comportamento doloso – oltre ai casi di attività illecita dell’interessato, come tali rilevanti anche in sede penale con conseguente obbligo di denuncia all'Autorità giudiziaria – anche l’indicazione di dati incompleti o l’omissione di denuncia di circostanze incidenti sul diritto o sulla misura della prestazione, purché l’omissione non riguardi atti o fatti già noti all'Istituto.

Il dolo va escluso nei casi in cui l’indebita erogazione sia dovuta ad errore dell’Istituto.

Gli indebiti pensionistici vengono recuperati attraverso una delle seguenti modalità:

compensazione con crediti, relativi a quote di prestazioni pensionistiche o assistenziali, vantati nei confronti dell’Istituto;

recupero mediante trattenute sulle prestazioni pensionistiche;

pagamento, anche rateale, mediante rimesse in denaro.

Non possono essere oggetto di compensazione i crediti dovuti all'interessato a titolo di assegni al nucleo familiare, pensione o assegno sociale e i trattamenti di invalidità civile se non per somme erogate per titolo di prestazione identico a quello per il quale deve essere operata la compensazione.

Il recupero delle somme indebitamente erogate può essere operato indistintamente su tutte le prestazioni pensionistiche di cui il debitore è titolare al momento della notifica dell’indebito.

Devono, comunque, essere rispettati i seguenti limiti:

l’ammontare delle trattenute sulle prestazioni pensionistiche deve essere limitato ad un quinto dell’importo della prestazione medesima;

il recupero sulle prestazioni pensionistiche deve far salvo in ogni caso l’importo corrispondente al trattamento minimo;

le somme da recuperare non possono essere gravate da interessi salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato;

nel caso in cui il debitore sia titolare di più trattamenti pensionistici la trattenuta di un quinto deve essere operata su ciascun trattamento, fermo restando il limite del trattamento minimo, che deve essere salvaguardato sul totale delle prestazioni.

Cosa deve fare il cittadino quando riceve una richiesta di rimborso?

Occorre innanzi tutto rivolgersi ad un avvocato previdenzialista di modo che possa valutare la possibilità o meno di contestare una richiesta di indebito. A questo punto vanno considerati alcuni punti importanti da tenere in considerazione.

Innanzi tutto occorre chiarire che le richieste di indebito sono soggette a prescrizione decennale, ossia l’Inps ha 10 anni di tempo per poter richiedere al cittadino la restituzione di somme indebitamente percepite. Fa eccezione al regime di prescrizione decennale solo la richiesta contributiva per cui l’Inps ha cinque anni di tempo per poter richiedere il pagamento di contributi non versati.

Altro punto da valutare sono le richieste di restituzione per indebiti reddituali. La normativa attuale prevede che l’Inps paghi le prestazioni per l’anno in corso e l’anno seguente provveda a richiedere i dati reddituali e sulla base di tali dati comunicati, l’Inps procede ad un conguaglio. Sovente però capita che l’Inps, dopo tale comunicazione, provvede a chiedere somme erogate. Dunque, per evitare che tali richieste di restituzione pervengano dopo un numero di anni spropositati l’art. 13 della legge 412 del 1991 ha previsto che l’Inps, salvo il dolo del percipiente, ha un anno di tempo dalla comunicazione dei dati reddituali per poter richiedere indietro le somme indebitamente percepite.

Concludendo, in presenza delle condizioni sopra evidenziate nessuna azione di recupero può essere operata dall'Istituto vigendo il principio generale di non ripetibilità delle somme in mancanza di dolo dell’assicurato, e, anche quando dovesse accertarsi la legittimità dell’azione di recupero dell’INPS, si può eccepire eventualmente l’intervenuta prescrizione del diritto al recupero delle somme, operando in tali casi la prescrizione decennale.



mercoledì 1 giugno 2016

Restituzione bonus 80 euro come funziona



Ecco quali saranno i dipendenti chiamati alla restituzione del Bonus erogato nel corso dell'anno 2015. Circa 1,4 milioni di persone che hanno ricevuto il bonus di 80 euro e dovranno restituirlo. La gran parte dovrà restituire tutta o parte della cifra ricevuta perché ha superato la soglia dei 24 mila euro di reddito, oltre la quale il bonus si riduce rapidamente fino a scomparire per i redditi superiori ai 26 mila euro. Ma circa 341 mila contribuenti lo dovranno restituire perché sono risultati “incapienti”, cioè hanno guadagnato meno di 8.000 euro, la soglia sotto la quale si perde il diritto al bonus.

Vediamo quali contribuenti sono interessati dalla restituzione del bonus 80 euro?

Si tratta fondamentalmente di tre tipologie di contribuenti:

coloro che hanno percepito un reddito inferiore alla no tax area ovvero agli 8.000 euro;

coloro che hanno percepito un reddito superiore al limite previsto dalla Legge (ovvero 26.000 euro);

coloro che hanno commesso o addirittura subito (nel senso che è stata l’Agenzia delle Entrate a commettere l’errore) errori nella compilazione della dichiarazione dei redditi modello 730 precompilato.

Il bonus da 80 euro mensili– tecnicamente un credito di imposta sull’IRPEF riservato ai lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi – è stato approvato nell'aprile del 2014, poche settimane prima delle elezioni europee. Il bonus spettava a tutti i lavoratori dipendenti che guadagnavano meno di 26 mila euro, ma –dato di fatto è una detrazione fiscale –non tocca a quei contribuenti che guadagnano meno di 8.000, per i quali è già prevista una riduzione totale dell’IRPEF. È noto dall'inizio che se nel corso dell’anno un contribuente fosse uscito da questi due limiti, superare i 26 mila euro o scendere sotto gli 8.000, sarebbe stato costretto a restituire tutta o parte della cifra che aveva ricevuto.

Il ministero delle Finanze ha pubblicato nei giorni scorsi i dati sulle dichiarazioni dei redditi del 2015, nei quali era presenta anche una tabella riassuntiva sulla distribuzione e sulla restituzione degli 80 euro. Da questi dati risulta che 11,2 milioni di italiani hanno ricevuto il bonus e 1,4 milioni lo dovranno restituire. Di questi, 651 mila contribuenti hanno dovuto restituire parte del bonus, perché sono passati dalla fascia sotto i 24.000 euro di reddito a quella sopra  i 26 mila. Altri 798 mila circa hanno invece dovuto restituirlo interamente. Di questi, circa 341 mila hanno dovuto restituire il bonus perché sono scesi sotto gli 8.000 euro di reddito annuo e sono diventati “incapienti”.

Vediamo chi è diventato incapiente ha diritto comunque a un rimborso delle imposte pagate.

Queste persone si trovano quindi nella situazione paradossale di dover restituire gli 80 euro ricevuti ma essere diventati nel contempo creditori nei confronti dello stato di un’altra somma.
Facciamo un esempio concreto: un lavoratore con un contratto che gli garantisce un reddito di 10 mila euro nel corso dell’anno. Dopo sei mesi in cui ha percepito regolarmente gli 80 euro in busta paga, e in cui ha pagato l’IRPEF sul suo reddito, il lavoratore riceve una riduzione di ore e quindi di stipendio, oppure perde il lavoro: di fatto il suo reddito a fine anno non arriva a 8.000 euro. Il contribuente dovrà restituire il bonus, ma nello stesso tempo, essendo diventato incapiente, ha diritto alla restituzione di tutta l’IRPEF versata nel corso dell’anno, o che avrebbe dovuto versare in sede di dichiarazione.

Si trova in questa situazione il 12,5 per cento di chi ha ricevuto il bonus, un contribuente su otto. La causa del problema è che il governo ha introdotto gli 80 euro sotto forma di bonus mensile e non come conguaglio a fine anno, cosa che avrebbe permesso di evitare gran parte dei casi di restituzioni.

L’aspetto più antipatico della vicenda è che i contribuenti interessati, pur avendo percepito il bonus di 80 euro a rate durante l’anno precedente, dovranno restituire l’importo considerato in un’unica soluzione.



venerdì 17 ottobre 2014

Regime dei Minimi: le novità della Legge di Stabilità 2015




Il regime fiscale agevolato per i contribuenti cosiddetti "minimi", introdotto a partire dal 1° gennaio 2008, in linea di massima, prevede l'applicazione di una imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 20%.

I contribuenti che iniziano una attività di lavoro autonomo e presumono di rispettare i requisiti previsti per l'applicazione del regime in esame, devono comunicarlo nella dichiarazione di inizio attività (modello AA9/9), barrando l'apposita casella nel quadro B.

In caso di inizio dell’attività nel corso del periodo d’imposta, il limite dei ricavi e dei compensi deve essere ragguagliato all’anno.

Il regime cessa di avere applicazione nell’anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti superino di oltre il 50% il limite dei 30.000 euro. In tal caso il contribuente diventerà debitore anche dell’Iva maturata per le operazioni effettuate antecedentemente al superamento del limite e comunque limitatamente all’esercizio in cui è avvenuto il superamento e potrà detrarre la relativa imposta sugli acquisti e sulle importazioni.

In tal caso il contribuente dovrà:

istituire i registri previsti dal titolo II del D.P.R. n. 633/1972 entro il termine per l’effettuazione della liquidazione periodica relativa al mese o al trimestre in cui è superato il limite;

adempiere agli obblighi ordinariamente previsti per le operazioni effettuate successivamente al superamento del limite;

presentare la comunicazione annuale dati Iva e la dichiarazione annuale Iva entro i termini ordinariamente previsti;

versare eventualmente l’imposta a saldo risultante dalla dichiarazione annuale relativa all’anno in cui è stato superato di oltre il 50% il limite di 30.000 euro entro i termini ordinariamente previsti;

annotare i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi e l’ammontare degli acquisti effettuati anteriormente al superamento del limite entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale Iva.

Rientrano nel regime dei contribuenti minimi i lavoratori autonomi e le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato che nell'anno solare precedente hanno conseguito compensi in misura non superiore a 30.000 euro.

Sono esclusi i soggetti non residenti che svolgono l'attività nel territorio dello Stato e coloro che si avvalgono di regimi speciali di determinazione dell'IVA.

I compensi rilevanti sono quelli richiamati in precedenza quando si è analizzato il regime "ordinario".
Per avvalersi del regime in esame è, altresì, necessario che i contribuenti:

I soggetti che iniziano l'attività possono immediatamente applicare il regime agevolato se prevedono di rispettare le predette condizioni, tenendo conto che, in caso di inizio di attività in corso d'anno, il limite dei 30.000 euro di ricavi o compensi deve essere ragguagliato all'anno.

Riguardo agli acquisti di beni strumentali, il limite va riferito all'intero triennio precedente e non ragguagliato ad anno. All'importo di 15.000 euro occorre far riferimento, pertanto, anche nell'eventualità che l'attività sia iniziata da meno di tre anni.

Il valore dei beni strumentali cui far riferimento è costituito dall'ammontare dei corrispettivi relativi alle operazioni di acquisto effettuate anche presso soggetti non titolati di partita IVA.

I contribuenti che applicano il regime dei contribuenti minimi usufruiscono, sostanzialmente, di due differenti tipi di agevolazioni:

 applicazione di una imposta sostitutiva del 20% sul reddito determinato secondo apposite regole che sostituisce sia l'Irpef e le relative addizionali che l'Irap e l'Iva;

 esonero dalla maggior parte degli obblighi contabili e dichiarativi.

Durante la permanenza nel regime agevolato, non è possibile esercitare il diritto di rivalsa né è possibile detrarre l'Iva assolta sugli acquisti nazionali e comunitari e sulle importazioni.

La fattura emessa non deve, pertanto, recare l'addebito dell'imposta.

Relativamente alle modalità di determinazione del reddito di lavoro autonomo su cui applicare l'imposta sostitutiva del 20%, vale il "principio di cassa".

Il Regime dei Minimi si rinnova: la Legge di Stabilità lo riforma ancora una volta introducendo dal 2015 un regime fiscale agevolato per i lavoratori autonomi con reddito fino a 15mila euro. L’imposta sostitutiva aumenta dal 5 al 15% ma scompare il limite dei 5 anni per la permanenza nel regime a tassazione forfettaria dedicata a lavoratori autonomi, piccole imprese e professionisti entro determinate soglie di reddito, ampliando la platea degli aventi diritto.

La nuova Riforma del Regime dei Minimi è contenuta nell’articolo 9 della bozza circolante della Legge di Stabilità 2015, ma per averne conferma bisognerà attendere il testo definitivo approvato dal Governo nel CdM, nonché il termine della discussione parlamentare.

Tra le novità di maggiore rilievo l’innalzamento dell’imposta forfetaria al 15% (sostitutiva di IRPEF, IRAP e addizionali). I minimi verranno inoltre esonerati dall’IVA, con una serie di eccezioni relative a particolari tipologie di operazioni (operazioni con l’estero, importazioni ed esportazioni). Per le operazioni su cui l’IVA è dovuta, questa va liquidata entro il giorno 16 del mese successivo all’effettuazione delle operazioni. Restano poi gli obblighi di numerazione e conservazione di fatture e bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi, e di conservazione dei relativi documenti.

Il nuovo Regime dei Minimi è applicabile a persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti e professioni i cui ricavi non superano quelli previsti in specifiche tabelle, che cambiano a seconda delle tipologie di attività, allegate alla Legge di Stabilità. Non rilevano ricavi e compensi derivanti dall’adeguamento degli Studi di Settore. Nel caso di più attività esercitate (con diversi codici ATECO), rileva il limite più elevato dei ricavi e compensi relativi alle diverse attività.

Il calcolo sui beni strumentali deve seguire le seguenti regole:

per i beni in locazione finanziaria, rileva il costo sostenuto dal concedente;
per i beni in locazione, noleggio o comodato, rileva il valore normale;
i beni in utilizzo promiscuo concorrono nella misura del 50%;
non rilevano i beni il cui costo unitario è superiore a quanto 516,4 euro;
non rilevano i beni immobili utilizzati nell’attività d’impresa o nell’esercizio della professione.

Possono avvalersi del Regime dei Minimi le nuove imprese o le persone che intraprendono attività professionale che comunicano, con la dichiarazione di inizio attività, di presumere la sussistenza dei requisiti di reddito.

Sono invece esclusi:

le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali IVA o di altri regimi forfettari di determinazione del reddito;

i soggetti non residenti, ad eccezione dei cittadini comunitari o dei paesi dello Spazio Economico Europeo;

i soggetti la cui attività prevalente è costituita da cessione di immobili, fabbricati, terreni edificabili, mezzi di trasporto nuovi;

gli esercenti attività d’impresa o i professionisti che sono anche azionisti di altre società di persone, associazioni, Srl.


sabato 6 settembre 2014

Rimborso IVA si allarga la platea dei contribuenti



Si allarga la platea dei contribuenti che possono richiedere il rimborso IVA infrannuale in via prioritaria, ovvero entro 3 mesi dalla richiesta. Tale possibilità è, infatti, ora estesa anche ai produttori di aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi, con Decreto MEF del 10 luglio 2014.

La richiesta per la restituzione dell’imposta a credito potrà essere inoltrata, dai nuovi contribuenti interessati, a partire dal terzo trimestre 2014, tramite il modello Iva TR.

A partire dalla richiesta di rimborso infrannuale (modello IVA TR) relativa al 3° trimestre 2014, da presentare entro il 31 ottobre 2014, potranno richiedere il rimborso IVA infrannuale in via prioritaria, ovvero entro 3 mesi dalla richiesta, anche i produttori di aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi. E' quanto ha stabilito il Decreto del Ministero dell'Economia del 10.07.2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24.07.2014. La nuova categoria di soggetti si aggiunge alle altre quattro categorie di contribuenti già ammessi al rimborso IVA prioritario con precedenti decreti.

Il rimborso IVA in via prioritaria. I contribuenti IVA che hanno maturato, nel 1°, 2° o 3° trimestre del periodo d’imposta (2014 nel caso di specie), un credito IVA superiore a € 2.582,28 e che rispettano, nel singolo trimestre, determinati requisiti, possono, in base a quanto disposto dall’art. 38-bis, comma 2, DPR n. 633/72, richiedere il rimborso del credito Iva, ovvero portarlo in compensazione nel modello F24 con altri tributi, contributi e premi.

Esistono alcune categorie di contribuenti, individuate da specifici decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, che sono ammesse all'erogazione prioritaria del rimborso IVA, ossia entro 3 mesi dalla richiesta, secondo quanto stabilito dall'art. 38-bis, comma 9, D.P.R. n. 633/1972.

Dal 2007 ad oggi sono state individuate quattro categorie di contribuenti per le quali è previsto il rimborso IVA in via prioritaria. Si tratta, in particolare, dei seguenti soggetti:

subappaltatori edili che effettuano prevalentemente prestazioni di servizi con applicazione del meccanismo del reverse charge (D.M. 22.03.2007);

La nuova categoria di contribuenti, che rientra nel codice di classificazione delle attività economiche Ateco 2007 30.30.09, si aggiunge alle seguenti, già in possesso del lasciapassare, individuate, come stabilito dalla Finanziaria 2007, attraverso successivi decreti ministeriali:

subappaltatori edili che effettuano prevalentemente prestazioni di servizi con applicazione del meccanismo del reverse charge (Dm 22 marzo 2007)

operatori economici che si occupano del recupero e della preparazione per il riciclaggio di cascami e rottami metallici (cosiddetti "ferrosi"), appartenenti alla categoria Atecofin 37.10.1, corrispondente al codice 38.32.10 della nuova tabella Ateco 2007, in vigore dal 1° gennaio 2008 (Dm 25 maggio 2007);

operatori economici che producono zinco, piombo, stagno e semilavorati, appartenenti alla categoria Atecofin 27.43.0, corrispondente al codice 24.43.00 della tabella Ateco 2007 (Dm 18 luglio 2007);

produttori di alluminio e semilavorati individuati dal codice Atecofin 27.42.0, corrispondente al codice 24.42.00 della classificazione Ateco 2007 (Dm 21 dicembre 2007).

Inoltre, il contribuente deve possedere gli ulteriori requisiti previsti dal Dm 22 marzo 2007; occorre cioè che:

eserciti l’attività da almeno tre anni;

l’eccedenza detraibile richiesta a rimborso sia d’importo almeno pari a 10mila euro, in caso di rimborso annuale, ovvero a 3mila euro, in caso di rimborso trimestrale;

l’eccedenza richiesta a rimborso sia almeno pari al 10% dell’importo complessivo dell’Iva assolta sugli acquisti e sulle importazioni effettuati nel periodo di riferimento.

La possibilità di ottenere il rimborso Iva entro tre mesi dalla richiesta è subordinata al rispetto dei presupposti di legge ossia cioè quando sono effettuate operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8-bis e 9 dello stesso “decreto Iva” per un ammontare superiore al 25% dell’ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate.

lunedì 10 febbraio 2014

730 per il 2014 a credito con doppio controllo sui familiari a carico



A partire dal 2014, doppio controllo - del sostituto d'imposta e delle Entrate - sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia dei contribuenti che presentano un modello 730 con importi a credito complessivamente superiori a 4.000 euro.

Le detrazioni Irpef applicate nella dichiarazione dei redditi 2014 riservano un’amara sorpresa per molti contribuenti: addio al rimborso automatico in busta paga se si ha diritto a detrazioni fiscali oltre 4mila euro, per carichi di famiglia o per crediti in eccedenza dell’anno precedente. In questi casi, scatteranno i controlli dell’Agenzia delle Entrate per la restituzione di somme in eccedenza e solo dopo una verifica si avrà diritto a incassare il credito d’imposta: lo prevede la Legge di Stabilità 2014 (comma 586).

Per le dichiarazioni presentate a partire dall’anno 2014, ovvero per i modelli 730/2014 relativi ai redditi dell’anno 2013 viene introdotta una forma di controllo preventivo volto a contrastare l’erogazione di indebiti rimborsi dell’imposta sul reddito delle persone fisiche da parte dei sostituti d’imposta o dell’Agenzia delle Entrate nell’ambito dell’assistenza fiscale.

L’Agenzia delle Entrate, entro sei mesi dalla scadenza dei termini previsti per la trasmissione telematica della dichiarazione (sei mesi decorrenti dal 30 giugno e dal 10 novembre per il modello 730 integrativo), ovvero dalla data della effettiva trasmissione, ove questa sia successiva alla scadenza di detti termini, effettuerà dei controlli preventivi, anche documentali, sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni.

Il rimborso che risulterà spettante al termine delle operazioni di controllo preventivo verrà successivamente erogato dalla stessa Agenzia delle Entrate e non più dal sostituto di imposta.

L’effetto pratico di questo ulteriore controllo, ulteriore rispetto a quello già eseguito dal sostituto di imposta o dal CAF/professionista abilitato, è quello di allungare ulteriormente i tempi del rimborso dell’eccedenza di imposta del contribuente.

I controlli devono, infatti, essere effettuati entro sei mesi dalla scadenza dei termini di invio delle dichiarazioni all’Agenzia delle Entrate posticipando di conseguenza il termine del rimborso stesso. Quest’ultimo sarà poi erogato direttamente dall’Agenzia delle Entrate con una tempistica che non è stata definita dal disegno di legge.

Oltre al controllo preventivo sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia rimangono in essere gli ulteriori possibili controlli previsti in materia di imposte sui redditi.

La relazione illustrativa al disegno di legge chiarisce che “il controllo preventivo è diretto al riscontro dei dati esposti nelle dichiarazioni che presentano elementi sintomatici di particolari criticità e non pregiudica gli altri controlli previsti dalla disciplina in materia di imposte sui redditi.

In particolare, prima dell’erogazione del rimborso, qualora questo sia determinato, anche in parte, da detrazioni per carichi di famiglia e/o da eccedenze d’imposta derivanti dalla precedente dichiarazione, il controllo preventivo viene effettuato sulla documentazione attestante i carichi di famiglia che hanno dato luogo al rimborso ovvero all’eccedenza d’imposta”.

La norma prevede un controllo preventivo sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro non estensibile, salvo modifiche in sede di conversione, al caso frequente di mancanza di detrazioni per carichi di famiglia con contemporanea presenza di cospicui crediti di imposta.

La relazione illustrativa invece accomuna la presenza delle detrazioni di famiglia alle eccedenze di imposta derivanti dalla precedente dichiarazione, dando adito ad un primo dubbio: cosa succede se un contribuente non ha carichi di famiglia ma ha un’eccedenza a credito riportata dall’anno precedente di importo superiore a 4.000 euro? Tale dichiarazione è soggetta all’ulteriore controllo dell’Agenzia delle Entrate o può essere liquidata dallo stesso sostituto di imposta o CAF/professionista abilitato che è intervenuto con possibilità di ottenere il rimborso dell’imposta direttamente nella busta paga o nella rata di pensione, a partire dal mese di luglio (per i pensionati a partire dal mese di agosto o di settembre)?

Se lo scopo della norma è quello di verificare la spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia se ne dovrebbe dedurre che, in mancanza delle stesse, le relative dichiarazioni non dovrebbero essere assoggettate a questo ulteriore controllo indipendentemente dall’importo del credito.

Qualora invece la finalità della norma sia quella di verificare tutte le situazioni a credito IRPEF di importo superiore a 4.000 euro non si comprende l’esplicito riferimento dell’articolo ai carichi di famiglia. In quest’ultimo caso sarebbe stato sufficiente un riferimento all’ammontare dell’eccedenza di imposta IRPEF.

Ricordiamo che sono considerati familiari fiscalmente a carico i membri della famiglia che nel corso dell’anno solare oggetto della dichiarazione hanno posseduto un reddito complessivo uguale o inferiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.

Nel limite di reddito di 2.840,51 euro che il familiare deve possedere per essere considerato fiscalmente a carico, devono essere computate anche le seguenti somme, che non sono comprese nel reddito complessivo:

le retribuzioni corrisposte da Enti e Organismi Internazionali, da Rappresentanze diplomatiche e consolari, da Missioni, dalla Santa Sede, dagli Enti gestiti direttamente da essa e dagli Enti centrali della Chiesa Cattolica;

la quota esente dei redditi di lavoro dipendente prestato nelle zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto lavorativo da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

il reddito d’impresa o di lavoro autonomo assoggettato ad imposta sostitutiva nel caso di applicazione del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (art. 27, commi 1 e 2, D.L. n. 98/2011);

il reddito d’impresa o di lavoro autonomo assoggettato ad imposta sostitutiva in applicazione del regime per le nuove attività produttive (art. 13, legge n. 388/2000 - Finanziaria 2001);

il reddito dei fabbricati assoggettato alla cedolare secca sulle locazioni.

Mentre non deve essere considerato il reddito degli immobili sfitti (rendita catastale) assoggettati ad IMU (imposta municipale unica) prevista dal D.Lgs. n. 23/2011.

Possono essere considerati familiari a carico, anche se non conviventi con il contribuente o residenti all’estero:
il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;

i figli (compresi i figli naturali riconosciuti, adottivi, affidati o affiliati) indipendentemente dal superamento di determinati limiti di età e dal fatto che siano o meno dediti agli studi o al tirocinio gratuito; gli stessi pertanto ai fini dell’attribuzione della detrazione non rientrano mai nella categoria “altri familiari”.

Possono essere considerati a carico anche i seguenti altri familiari, a condizione che convivano con il contribuente o che ricevano dallo stesso assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’Autorità giudiziaria:
il coniuge legalmente ed effettivamente separato;

i discendenti dei figli;

i genitori (compresi i genitori naturali e quelli adottivi);

i generi e le nuore;

il suocero e la suocera;

i fratelli e le sorelle (anche unilaterali);

i nonni e le nonne (compresi quelli naturali).

Se ne ricava che i contribuenti senza familiari a carico non saranno sottoposti a controllo aggiuntivo, e continueranno a ricevere i rimborsi automaticamente senza alcun controllo. Ricordiamo che la legge considera a carico i familiari, anche se non conviventi, che hanno conseguito un reddito complessivo inferiore 2.840,51 euro. Per familiari si intendono coniuge (a meno che non sia intervenuta separazione legale) e figli. Si possono considerare a carico anche i conviventi (fermo restando il precedente limite di reddito) seguenti: coniuge legalmente ed effettivamente separato, discendenti dei figli, genitori, generi e nuore, suoceri, fratelli e sorelle, nonni.



giovedì 23 gennaio 2014

Cartelle esattoriali niente sanatoria per quelle Inps e Inail




I debiti Inps e Inail non rientrano nella sanatorie delle cartelle esattoriali, in quanto tali istituti non possono considerarsi uffici dell'amministrazione statale in senso stretto. Gli accertamenti esecutivi, invece, sono inclusi nel procedimento, a condizione che le relative somme siano state consegnate entro il 31 ottobre scorso. Lo ha precisato una direttiva interna di Equitalia spa.

L'esclusione per Inps e Inail si basa sostanzialmente su un'interpretazione dell'agenzia delle Entrate. È da ritenere che la decisione di Equitalia sia supportata anche da altre autorevoli interpretazioni istituzionali: in caso contrario, lascia fortemente perplessi il fatto che una società per azioni, ancorché pubblica, restringa autonomamente il perimetro della sanatoria decisa dal legislatore. Tanto più che in ogni occasione Equitalia non manca di evidenziare di non avere alcuna discrezionalità.

Per capire se i tributi inseriti nelle cartelle/avvisi rientrano nella sanatoria, e quindi possono essere pagati senza gli interessi di mora, i contribuenti devono prendere visione della propria situazione debitoria e verificare innanzitutto la data in cui le somme dovute sono state affidate all'agente della riscossione e il tipo di atto ricevuto. Queste informazioni sono contenute nell'estratto di ruolo che si può chiedere agli sportelli di Equitalia.

Occorre in ogni caso essere consapevoli che l'esclusione dei contributi previdenziali rende ulteriormente priva di appeal una definizione cui, molto probabilmente, aderiranno pochi soggetti. È prevedibile quindi un deciso insuccesso di questo istituto che a questo punto mal si comprende per quale ragione sia stato voluto dal legislatore. Infatti, come ricorda anche la direttiva Equitalia, il pagamento degli importi dovuti (imposte, sanzioni e aggio della riscossione) va eseguito in un'unica soluzione (entro il 28 febbraio 2014).

A fronte di un pagamento così a breve scadenza il risparmio riguarda i soli interessi per ritardata iscrizione a ruolo e di mora. Questa scelta pone, come evidenziato da più parti, il serio dubbio che chi l'abbia ispirata abbia voluto escludere a priori i debitori di somme di una certa rilevanza oppure non abbia idea della crisi finanziaria che interessa gli imprenditori. Si dimentica forse che vari contribuenti non hanno versato l'Iva lo scorso anno per attendere la cartella di pagamento tra qualche mese da parte di Equitalia (aggravandosi di sanzioni piene, aggi e interessi), pur di accedere ad una rateazione a 72/120 rate.

Da segnalare, infine, per gli accertamenti esecutivi che la data del 31 ottobre che consente la definizione riguarda l'affidamento delle relative somme ad Equitalia da parte dell'agenzia delle Entrate e non l'emissione dell'atto di accertamento.

Parte l'operazione sanatoria per le cartelle che riguarderà non solo i tributi erariali ma anche tributi come il bollo dell'auto e le multe per la violazione del codice della strada. Esclusi, invece, i debiti Inps e Inail. Lo annuncia Equitalia in una nota. La scadenza è fissata per il 28 febbraio ma sono già 200 i contribuenti che hanno aderito.

Secondo quanto previsto dalla Legge di Stabilità approvata a dicembre, entro il 28 febbraio i contribuenti hanno la possibilità di pagare in un'unica soluzione, senza interessi di mora e interessi di ritardata iscrizione a ruolo, le cartelle e gli avvisi di accertamento esecutivi affidati entro il 31 ottobre 2013 a Equitalia per la riscossione. I cittadini interessati dovranno attivarsi per valutare la loro situazione e scegliere se aderire. In caso di dubbi - suggerisce la società di riscossione - è sempre opportuno chiedere chiarimenti agli sportelli di Equitalia dove gli addetti forniranno tutte le informazioni necessarie e la massima assistenza. Rientrano nella possibilità di regolarizzazione, per esempio, le entrate erariali come l'Irpef e l'Iva e, limitatamente agli interessi di mora, anche le entrate non erariali come il bollo dell'auto e le multe per violazione al codice della strada elevate da Comuni e Prefetture. Restano invece escluse le somme dovute per effetto di sentenze di condanna della Corte dei Conti, i contributi richiesti dagli enti previdenziali (Inps, Inail), i tributi locali non riscossi da Equitalia e le richieste di pagamento di enti diversi da quelli ammessi (l'elenco è disponibile sul sito www.gruppoequitalia.it). La definizione agevolata è applicabile anche in presenza di rateizzazioni, sospensioni giudiziali o altre situazioni particolari.

Secondo quanto previsto dalla Legge di Stabilità 2014, entro il prossimo 28 febbraio i contribuenti hanno la possibilità di pagare in un'unica soluzione, senza interessi di mora e interessi di ritardata iscrizione a ruolo, le cartelle e gli avvisi di accertamento esecutivi affidati entro il 31 ottobre 2013 a Equitalia per la riscossione.

domenica 18 agosto 2013

Fisco le scadenze per i contribuenti a partire da agosto 2013



Ricordiamo che tutti gli adempimenti fiscali, la cui scadenza è compresa tra l'1 ed il 20 agosto del 2013, possono essere effettuati entro il 20 agosto del 2013 senza l'applicazione di sanzioni o corrispettivi aggiuntivi a titolo di interessi.

E' questa infatti la cosiddetta tregua fiscale estiva che ha permesso ai contribuenti di andare in vacanza e procedere agli adempimenti fiscali dopo il Ferragosto. Ne consegue che quello del 20 agosto del 2013 è il termine ultimo per tanti adempimenti fiscali.

Il Fisco chiama in cassa dopo una breve pausa estiva. L'ultima scadenza è stata infatti il 9 agosto scorso con il versamento dell'imposta di bollo. Ma martedì 20 agosto arriva la 'valanga'. Sono infatti ben 262 le scadenze per i contribuenti: 258 versamenti diversi, 1 comunicazione e 3 adempimenti contabili.

Insomma una quantità notevole nel quale bisogna muoversi.

Ecco alcune delle scadenze principali in particolare per le persone fisiche:

Versamento della terza rata dell'Irpef relativa ai maggiori ricavi o compensi indicati nella dichiarazione dei redditi,con applicazione degli interessi nella misura dello 0,42%

Persone fisiche titolari di partita Iva che rateizzano e che hanno effettuato il primo versamento entro il 17 giugno: versamento terza rata primo acconto 2013 e saldo 2012 dell'Irpef

Persone fisiche titolari di partita Iva che rateizzano e che hanno effettuato il primo versamento entro il 17 giugno: terza rata acconto Irpef sui redditi soggetti a tassazione separata da indicare in dichiarazione e non soggetti a ritenuta alla fonte.

Persone fisiche titolari di partita Iva soggette agli studi di settore che rateizzano e che hanno effettuato il primo versamento entro l'8 luglio: versamento terza rata primo acconto 2013 e saldo 2012 dell'Irpef.

Soggetti che si adeguano alle risultanze degli studi di settore nella dichiarazione dei redditi e nella dichiarazione Irap che hanno scelto il pagamento rateale ed hanno effettuato il primo versamento entro l'8 luglio.

Versamento della terza rata dell'Irap relativa ai maggiori ricavi o compensi indicati nella dichiarazione dei redditi, con applicazione degli interessi nella misura dello 0,42%.

Cedolare secca per le persone fisiche soggette agli studi di settore: versamento saldo 2012 e primo acconto 2013.

Versamento dell'Iva dovuta per il secondo trimestre (maggiorata dell'1% ad esclusione dei regimi speciali).

Versamento, in unica soluzione o come prima rata, dell'Ires, a titolo di saldo per l'anno 2012 e di primo acconto per l'anno 2013, con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo.

Per chi è soggetto agli studi di settore versamento della terza rata dell'Irap relativa ai maggiori ricavi o compensi indicati nella dichiarazione dei redditi, con applicazione degli interessi nella misura dello 0,42%.

Versamento dell'imposta sostitutiva applicata su ciascuna plusvalenza realizzata nel secondo mese precedente (regime del risparmio amministrato).

sabato 27 aprile 2013

Crediti Iva 2013 le strade per il recupero


E' il 30 aprile l'ultima data utile per inoltrare la richiesta di rimborso. Il modello, da inviare telematicamente, è disponibile sui siti dell'Agenzia delle Entrate e del Ministero dello sviluppo economico.

Ancora pochi giorni per chiedere a rimborso o in compensazione il credito Iva del primo trimestre 2013. Entro martedì 30 aprile i contribuenti che, a seguito della prima liquidazione periodica dell'anno, dispongono di un'eccedenza di imposta detraibile di importo superiore a 2.582,28 euro e che sono in possesso di determinati requisiti, possono presentare il modello "IVA TR".

I contribuenti rientranti in determinate categorie, individuati con decreto del ministro dell'Economia e delle finanze, sono ammessi all'erogazione prioritaria del rimborso entro tre mesi dalla richiesta. Si tratta dei:

contribuenti che hanno effettuato nel trimestre prevalentemente prestazioni di subappalto in edilizia (codice "1" nel frontespizio della richiesta) e hanno emesso fatture senza addebito di imposta (articolo 17, comma 6, lettera a), Dpr 633/1972)

contribuenti che svolgono le attività individuate dal codice ATECOFIN 2004 37.10.1, cioè quelle di recupero e preparazione per il riciclaggio di cascami e rottami metallici (codice "2" nel frontespizio della richiesta)

contribuenti che svolgono le attività individuate dal codice ATECOFIN 2004 27.43.0, cioè che producono piombo, zinco, stagno e semilavorati (codice "3" nel frontespizio della richiesta)

contribuenti che svolgono le attività individuate dal codice ATECOFIN 2004 27.42.0, cioè che producono alluminio e semilavorati (codice "4" nel frontespizio della richiesta).

Dal 1° gennaio 2013, l'aumento del volume d'affari con le operazioni effettuate nei confronti di soggetti passivi, debitori dell'Iva in un altro Stato Ue, riduce la possibilità di rispettare le condizioni per chiedere a rimborso l'Iva trimestrale (o annuale) a credito. La novità va considerata da chi sta predisponendo la richiesta di rimborso del credito Iva del primo trimestre 2013, tramite l'invio dell'istanza (modello Iva TR), entro il prossimo 30 aprile. Dal 1° gennaio 2013, i soggetti passivi stabiliti in Italia devono fatturare le "cessioni di beni e prestazioni di servizi" (diverse dalle operazioni bancarie, finanziarie e assicurative dell'articolo 10, nn. da 1 a 4 e 9), "effettuate nei confronti di un soggetto passivo che è debitore dell'imposta in un altro Stato" Ue (anche se non sono soggette ad Iva in Italia, ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies).

Deve essere indicato al posto dell'Iva l'annotazione «inversione contabile» e l'eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale. Sempre da quest'anno, queste operazioni concorrono a formare il volume d'affari del contribuente, a differenza di quanto avveniva in passato.

Anche nel 2012 l'emissione della fattura era obbligatoria per le prestazioni di servizi "generiche", rese a soggetti passivi Iva stabiliti in altri Paesi Ue, anche se queste operazioni non sono soggette a Iva, ai sensi dell'articolo 7-ter, Dpr n. 633/1972. L'imposta è dovuta nell'altro Paese Ue ad opera del committente, attraverso l'inversione contabile. Fino allo scorso anno, però, era previsto che queste operazioni fossero escluse dal calcolo dal volume d'affari, ai sensi dell'articolo 20, comma 1, Dpr n. 633/1972. L'aumento delle operazioni che concorrono a formare il volume d'affari riduce le possibilità di richiedere a rimborso l'Iva a credito trimestrale (o annuale), usufruendo della disposizione contenuta nell'articolo 30, comma 3, lettera b, Dpr 633/1972 (articolo 38-bis, comma 2, Dpr 633/1972, per il rimborso trimestrale).

Si tratta dei soggetti che richiedono la restituzione dell'eccedenza a credito nel caso in cui siano effettuate cessioni all'esportazione e operazioni assimilate (operazioni non imponibili di cui agli articolo 8, 8-bis e 9, dpr 633/1972) per un ammontare superiore al 25% "dell'ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate" (articolo 30, comma 3, lettera b, dpr 633/1972). L'importo su cui calcolare il 25% dovrebbe coincidere con il volume d'affari, anche se l'Agenzia delle Entrate potrebbe limitare la penalizzazione descritta, in via interpretativa, considerando che l'"ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate" corrisponda soltanto a quelle operazioni che soddisfano il presupposto territoriale, escludendo le cessioni e le prestazioni di cui all'articolo 21, comma 6-bis, Dpr n. 633/1972, cioè quelle extraterritoriali. In particolare, per il rimborso Iva trimestrale, viene compilato il rigo TD2 e il rimborso compete se il rapporto percentuale tra l'ammontare delle operazioni non imponibili (numeratore) e quello complessivo delle operazioni effettuate (denominatore) risulta superiore al 25 per cento.

sabato 23 marzo 2013

Lavoro e fisco la prima fotografia del Ministero dell’economia del 2013

Quasi 10 milioni di italiani hanno l'Irpef pari a zero. La busta paga media sale a 19.655 euro mentre la metà dei contribuenti dichiara meno di 15.723 euro e 9 su 10 non superano i 35.600. Questa è la fotografia scattata dal ministero dell'Economia che ha pubblicato le dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche relative all'anno d'imposta 2011. I lavoratori autonomi sono a i primi in classifica per i redditi Irpef e i paperoni d'Italia sono circa 28.000.

Il reddito complessivo totale a livello nazionale dichiarato è pari a 805 miliardi di euro mentre il reddito medio è pari a 19.655 euro. Sia il reddito totale che quello medio sono in aumento rispetto all'anno precedente (rispettivamente +1,5% e +2,1%), in linea con l'andamento del Pil nominale.

La regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (23.210 euro), seguita dal Lazio (22.160 euro), mentre la Calabria ha il reddito medio più basso con 14.230 euro. Nel 2011 si registra un ulteriore allargamento del divario nord-sud rispetto al 2010: si riscontra infatti una crescita superiore del reddito complessivo medio nelle regioni settentrionali rispetto al resto del Paese; gli incrementi variano da un massimo del 2,2% al nord-ovest ad un minimo dell'1,0% nelle isole.

Circa 9,7 milioni di contribuenti hanno imposta netta Irpef pari a zero. Si tratta, in modo prevalente di contribuenti con livelli reddituali compresi nelle soglie di esenzione, ovvero di contribuenti la cui imposta lorda si azzera con le numerose detrazioni riconosciute dal nostro ordinamento.

Il 5% dei contribuenti con i redditi più alti, detiene il 22,9% del reddito complessivo, ossia una quota maggiore a quella detenuta dal 55% dei contribuenti con i redditi più bassi. Il 90% dei soggetti dichiara invece un reddito complessivo fino a 35.601 euro. Il numero totale di contribuenti che hanno assolto direttamente l'obbligo dichiarativo attraverso la presentazione dei modelli di dichiarazione Unico e 730, ovvero indirettamente attraverso la dichiarazione dei sostituti d'imposta (Modello 770), è circa 41,3 milioni (-0,5% rispetto all'anno precedente).

I ricchi d'Italia sono circa 28mila: tanti infatti sono i soggetti tenuti al pagamento del contributo di solidarietà del 3% sulla parte di reddito eccedente i 300 mila euro, per un ammontare complessivo di 260 milioni di euro (poco più di 9.000 euro in media, deducibili dal reddito complessivo Irpef).

I lavoratori autonomi hanno il reddito medio più elevato, pari a 42.280 euro mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori è pari a 18.844 euro. Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti è pari a 20.020 euro, quello dei pensionati a 15.520 euro e, infine, il reddito medio da partecipazione è pari a 16.670 euro. Rispetto all'anno d'imposta 2010 i redditi medi d'impresa (+3,7%), da pensione (+3,6%) e da lavoro autonomo (+2,3%) crescono piu' del reddito medio complessivo (+2,1%), mentre il reddito medio da lavoro dipendente (+1,1%) e da partecipazione (+1,0%) crescono meno.

C'è anche un balzo dell'addizionale regionale all'Irpef che ammonta complessivamente a 11 miliardi di euro (+27% sul 2010)), influenzato dall'innalzamento delle aliquote di 0,33 punti percentuali che ha portato l'aliquota base all'1,23% (0,9% nel 2010), raggiungendo un importo medio per contribuente pari a 360 euro. L'addizionale regionale media più alta si registra nel Lazio (450 euro), seguito dalla Campania (430 euro) mentre la più bassa in Basilicata (240 euro). L'addizionale comunale ammonta invece complessivamente a 3,4 miliardi di euro (+11% rispetto al 2010) con un importo medio pari a 130 euro.

Le detrazioni fiscali ammontano a più di 62 miliardi di euro, il 94% delle quali è composto da carichi di famiglia (18,2%), redditi da lavoro dipendente e pensione (67,1%) e oneri detraibili al 19% (8,5%). Nel 2011 le deduzioni ammontano a 30,9 miliardi di euro di cui 22,4 miliardi relative a oneri deducibili e 8,5 miliardi a deduzioni per abitazione principale. Risultano in flessione le deduzioni dei contributi ai servizi domestici e familiari (-4,4%), delle detrazioni per erogazioni a favore di istituzioni religiose (-3,5%) e delle detrazioni per erogazioni a favore delle Onlus (-6,9%), che sembrano essere frutto di scelte di riallocazione della spesa delle famiglie mentre continuano ad aumentare le spese sostenute per addetti all'assistenza personale (badanti) (+5,6%).

domenica 14 ottobre 2012

Pensioni e assegni d'invalidità con sopratassa


Vi sono state delle novità “nascoste” presenti nella legge di stabilità. Si è parlato di tagli all'Irpef e aumento dell'Iva.

L'Irpef verrà applicato sulle pensioni di guerra e su quelle di invalidità per i contribuenti che hanno redditi superiori ai 15.000 euro.

E' previsto anche un taglio sui permessi per i disabili o per la cura di parenti con handicap, ossia chi usufruisce della legge 104. In questo caso è dimezzata la retribuzione per i 3 giorni, a meno che i permessi non siano fruiti per le patologie del dipendente stesso della P.a o per l'assistenza a figli o a coniuge. Quindi, non sono calcolati i permessi per i genitori: quei giorni saranno pagati al 50%.

A questo si aggiungono i calcoli sugli effetti dello sconto Irpef e dell'aumento Iva. Il primo, sostiene il Caf Cisl, vale al massimo 280 euro l'anno. L'Iva invece tassa i consumi e potrebbe erodere tra i 273 euro (calcoli Codacons) e i 500 euro (Coldiretti): l'aumento di un punto delle aliquote intermedia (dal 10 all'11%) e alta (dal 21 al 22%) colpisce l'acquisto di quasi tutti i beni, con l'esclusione di quelli considerati essenziali come il pane o la pasta. La futura aliquota dell'11%, ad esempio, si applicherà sui libri di scuola e sul latte, sui medicinali e sulle carni, sull'energia elettrica e sul cinema. Di fatto a perderci, nello scambio Irpef-Iva sono le famiglie che consumano più di quanto risparmiano, quelle cioè a reddito medio basso. Ma ci rimettono anche i commercianti. È vero che c'è un aumento dei prezzi (forse 8 decimi di punto) ma questo non dà più guadagni, bensì frena i consumi, sostiene Confcommercio.
Per le pensioni e le indennità di accompagnamento per gli invalidi, le pensioni di guerra di ogni genere, gli assegni previdenziali reversibili, le tredicesime e le indennità dei ciechi civili, le pensioni privilegiate dei militari, quelle connesse alle decorazioni all'Ordine militare, e perfino i "soprassoldi" (così ancora si chiamano gli assegni mensili) legati alle medaglie al Valor militare. Tutte queste prestazioni non saranno più esentasse, come oggi, ma sottoposte all'imposizione progressiva dell'Irpef per tutti i contribuenti che dichiarano oltre 15 mila euro annui lordi.
Le prestazioni dell'Inps legate all'invalidità sono 2 milioni e 733 mila. L'importo medio è piuttosto modesto, 404 euro mensili, ma le cifre in ballo sono impressionanti: pensioni e assegni di invalidità costano 3,8 miliardi di euro l'anno, le indennità di accompagnamento raggiungono addirittura i 12,9 miliardi di euro l'anno. Ed è proprio lì che i tagli (e i conseguenti risparmi) saranno più consistenti. Mentre le pensioni e gli assegni sono già commisurati al reddito, l'indennità di accompagnamento, anche questa esentasse, viene concessa agli invalidi che non possono camminare o hanno bisogno di assistenza per le attività quotidiane a prescindere dal reddito percepito. D'ora in poi chi beneficia di queste prestazioni e ha già redditi superiori ai 15 mila euro dovrà inserire gli assegni nella dichiarazione Irpef e sottoporli all'imposta.
L'effetto combinato meno Irpef più Iva penalizzerà le persone in gravi difficoltà economiche: i pensionati al minimo, i titolari di assegno sociale e i cassaintegrati subiranno l'aumento dell'Iva ma
nessun beneficio dalla riduzione delle aliquote Irpef". Lo afferma la Cgia di Mestre che ha svolto un'indagine. A regime, spiega lo studio, "questi aumenti potranno raggiungere i 75 euro all'anno.
Ha commentato Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre - che in questa  fase di crisi profonda non si possono certo penalizzare i pensionati al minimo, i disoccupati o i cassaintegrati che, nella stragrande maggioranza dei casi, rientrano nell'area di esenzione fiscale e quindi non potranno godere della diminuzione delle aliquote dell'Irpef prevista dalla legge di stabilità".
Secondo l'elaborazione della Cgia di Mestre un pensionato al minimo di 66 anni con un reddito annuo di 7.321 euro "se manterrà gli stessi consumi del 2012, nel 2013 si ritroverà a pagare 22,75 euro in più di Iva, mentre nel 2014 l'aumento salirà a 45,50 euro". Prendendo invece ad esempio un pensionato titolare di assegno sociale con un reddito annuo di 5.577 euro questo, "se manterrà gli stessi consumi del 2012, nel 2013 pagherà 16,2 euro in più e nel 2013 subirà un aggravio di 32,4 euro". Ancora peggiori le conseguenze che subirà un cassaintergrato con moglie e un figlio a carico con un'indennità di circa 900 euro al mese: "Se questo nucleo familiare terrà gli stessi consumi del 2012, nel 2013 l'aggravio dovuto all'aumento dell'Iva sarà di 35 euro, mentre nel 2014 il maggior carico fiscale sarà di 71 euro.

domenica 18 marzo 2012

Studi di settore 2012 saranno adeguati alla crisi economica

In attesa della delega per la riforma fiscale ci sono buone notizie per commercianti, artigiani, professionisti e piccole imprese. Infatti, gli studi di settore potranno essere integrati, tenendo conto degli andamenti economici - e quindi dell'effetto della crisi - già nel 2011. E' una delle novità della circolare n. 8 del 16 marzo del 2012 dell'Agenzia delle Entrate che detta novità normative anche per il confronto con i contribuenti che non risultano in linea, con un invito alla collaborazione.

"Gli studi di settore – ha spiegato l'Agenzia delle Entrate - possono essere integrati sulla base degli andamenti economici già in relazione al periodo di imposta 2011", con un impatto quindi nelle dichiarazioni che dovranno essere fatte quest'anno dai contribuenti sottoposti agli studi: lavoratori autonomi, professionisti e piccole imprese. L'adeguamento, comunque, non sarà generalizzato: "si tratta di accorgimenti che possono riguardare determinati settori o aree territoriali, con l'obiettivo di rendere gli studi sempre più capaci di stimare i ricavi e i compensi degli operatori".

La circolare dell'Agenzia delle Entrate fornisce precisazioni in ordine ai benefici per i soggetti che per il 2011 risultano congrui e coerenti alle risultanze degli studi di settore. In particolare, nei confronti di tali soggetti: sono preclusi gli accertamenti di tipo "analitico-presuntivo"; la determinazione sintetica del reddito complessivo è ammessa solo a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato; è ridotto di un anno il termine per l'attività di accertamento. Questi "paletti" si applicano per i contribuenti che dichiarano, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell'applicazione degli studi. Sono comunque richieste le condizioni che abbiamo indicato fedelmente tutti i dati richiesti, che risultino coerenti con gli specifici indicatori previsti e che siano "potenzialmente" accertabili sulla base delle risultanze degli studi di settore.

L'Agenzia delle Entrate inoltre può invitare i contribuenti, in base ai dati del modello Unico, ad adempiere agli obblighi dichiarativi in materia di studi di settore. «Si tratta di inviti finalizzati all'incremento della compliance dichiarativa, ovvero all'incentivazione dei comportamenti virtuosi, senza effetti preclusivi al ravvedimento nei confronti dei destinatari. Per questi ultimi, infatti, è prevista la possibilità di operare il ravvedimento dell'omessa presentazione del modello degli studi di settore, attraverso una dichiarazione integrativa. In tal modo i contribuenti potranno beneficiare delle sanzioni ridotte sanando la violazione commessa».

venerdì 30 dicembre 2011

Contribuenti: in arrivo 900 milioni di rimborsi fiscali

Dopo il comunicato stampa  della Agenzia delle Entrate sono in arrivo per oltre un milione di contribuenti più di 900 milioni di euro di rimborsi.
La notizia reale, oltre che per il milione di contribuenti coinvolti nella restituzione annunciata, è il fatto che l'Agenzia delle Entrate ha cominciato a smaltire i rimborsi fino alle dichiarazioni presentate nel 2010 (per i redditi dell'anno precedente quindi). Nei 900 milioni sono comprese inoltre anche le restituzioni del canone Rai agli over 75 con pensioni non superiori a 516 euro. Si tratta di oltre 4 milioni di euro per il pagamento di quasi 40 mila posizioni. Le Entrate hanno attuato un piano di accelerazione dei rimborsi: sono ora in pagamento gli importi richiesti con la dichiarazione 2010, presentata lo scorso anno. L'obiettivo e' quello di ''rasserenare il rapporto con il contribuente, aiutandolo anche a superare i periodi di crisi''.
Tra i beneficiari dei pagamenti in corso figurano i contribuenti a basso reddito a cui nel 2011 sono stati inviati quasi 50.000 bonus, per una spesa di più di 20 milioni. Un contributo significativo arriva in particolare per professionisti e piccole imprese: a famiglie e aziende nel 2011 sono stati erogati complessivamente quasi 2 milioni di rimborsi per un importo complessivo di circa 8,7 miliardi di euro. L'Agenzia delle Entrate mette in evidenza che oltre 6 miliardi sono arrivati nell'anno a 41.000 imprese, artigiani e professionisti relativamente a restituzioni Iva, mentre sfiorano 2,5 miliardi i rimborsi erogati per Irpef e Ires. Per quest’ultima si manifesta quest'anno l'effetto dello smaltimento dei rimborsi degli anni d'imposta più vecchi compiuto negli anni scorsi dall'Agenzia delle Entrate che, nel 2011, ha erogato poco più di 7.000 rimborsi alle aziende per oltre 1,1 miliardi di euro, in calo rispetto allo scorso anno.
Per le imposte minori ossia registro, concessioni governative e altre, sono stati erogati più di 26.000 rimborsi per un importo complessivo di quasi 200 milioni di euro.
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