domenica 3 febbraio 2013
Lavoratrici dipendenti e l'aspettativa di maternità
L’aspettativa per maternità consiste in un periodo di tre mesi di aspettativa aziendale di cui la madre lavoratrice può fruire per assistere il figlio fino ai 3 anni di età
Per la richiesta di aspettativa di maternità è prevista una forma sostitutiva della retribuzione che viene pagata alle lavoratrici assenti dal servizio durante il periodo di gravidanza e puerperio.
Per usufruire della retribuzione le lavoratrici in aspettativa maternità devono avere un rapporto
di dipendente in essere con diritto a retribuzione.
Categorie particolari di lavoratrici: domestiche devono aver versato almeno un anno di contributi nei due anni precedenti il periodo di assenza obbligatoria o almeno sei mesi di contributi nell'anno precedente; agricole devono aver effettuato un minimo di 51 giornate di lavoro nell'anno precedente il periodo di assenza obbligatoria; autonome devono risultare iscritte negli elenchi degli artigiani o dei commercianti, o dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, prima del periodo indennizzabile per maternità e aver pagato i contributi relativi; parasubordinate devono avere un minimo di tre contributi mensili nei 12 mesi precedenti i 2 mesi anteriori al parto.
La richiesta di maternità per astensione obbligatoria spetta per un periodo massimo di cinque mesi; per astensione facoltativa, per un periodo non superiore a 11 mesi complessivi tra i due genitori, da fruire nei primi otto anni di vita del bambino.
La richiesta, motivata e corredata da adeguata documentazione, deve essere inviata direttamente alla Direzione Risorse Umane dell'ente di appartenenza. Continuano ad essere versati dall’azienda, invece, i contributi previdenziali.
Etichette:
aspettativa maternità,
contributi,
contributi previdenziali,
INPS,
lavoratrici dipendenti,
lavoro,
maternità,
richiesta di maternità
Elezioni politiche 2013: proposte sul lavoro e riforma
La riforma del Lavoro 2012 del governo tecnico Monti-Fornero va cambiata, tutte d'accordo le forze politiche in campagna elettorale, ma con piani che si scostano parecchio: i centristi di Monti pensano a un tempo indeterminato più flessibile e meno garantista (modello Ichino) che è basato sulla flessibilità del mercato del lavoro più che del posto di lavoro (flexsecurity), il Pd di Bersani propone meno precarietà, salari garantiti e riduzione delle tasse sul lavoro, il centrodestra di Berlusconi scommette sulle assunzioni agevolate e sui giovani, il Movimento 5 Stelle di Grillo chiede l'abolizione della Legge Biagi e sussidi di disoccupazione mentre Rivoluzione Civile di Ingroia si concentra su lavoro stabile e ripristino dell’articolo 18.
Tutti i partiti vogliono rivedere la riforma previdenziale firmata dal ministro dal ministro Elsa Fornero e tutti sono per una sforbiciata alle cosiddette pensioni d'oro. Così come sul lavoro la linea prevalente è una decisa detassazione per aumentare il potere d'acquisto dei salari e una grande attenzione ai giovani.
Vediamo in sintesi gli obiettivi sul lavoro, occupazione e mercato dl lavoro dei partiti che competono.
Centristi di Monti. Spezzare il dualismo fra lavoro ultra-garantito e contratti precari (sulla strada della Riforma Fornero). riscrivendo le regole del contratto a tempo indeterminato, che dovrebbe diventare meno costoso (in termini di contributi), e più flessibile (magari con una maggior possibilità di licenziare nei primi anni). Prevista una forte possibilità di ricorrere alla contrattazione di secondo livello poi ridurre a un anno il tempo medio di ricollocazione di chi perde il lavoro, incentivi per le assunzioni di giovani fino a 30 anni e over 55, detassazione selettiva del reddito dal lavoro delle donne.
Nel programma della coalizione di Pierluigi Bersani si definisce il lavoro «parametro di tutte le politiche». Prevista la riduzione delle tasse su lavoro e impresa, magari con meccanismi che prevedono una riduzione del costo del lavoro che premi l’occupazione stabile. Poi abbiamo il contrasto alla precarietà, spezzare la «spirale perversa fra bassa produttività e compressione dei salari e dei diritti», un vasto piano a sostegno dell’occupazione femminile (contrasto alla disparità di redditi e carriere, politiche di welfare per la conciliazione famiglia-lavoro, più asili nido), maggior democrazia del lavoro attraverso una nuova legge sulla rappresentanza sindacale.
Pdl-Lega propongono un credito d’imposta per le imprese che assumono giovani o trasformano a tempo indeterminato i contratti a termine. Proposta l’esenzione dalle tasse per i giovani che aprono una nuova impresa. In programma anche il potenziamento della Borsa lavoro per facilitare l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. Diverse proposte fiscali, per imprese e dipendenti: IVA per cassa e rimborsi da 60 a 90 giorni, graduale abolizione Irap (partendo dalle perdite e dal costo del lavoro), graduale riduzione imposizione sul Turismo; detassazione straordinari e incentivi di produttività, graduale detassazione delle tredicesime, più sicurezza sui luoghi di lavoro. Aggiustamento della riforma Fornero per risolvere per sempre il problema degli esodati sia per rendere più flessibile e più vantaggioso per l’impresa l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. In particolare il programma prevede delle politiche fiscali per incentivare il ricorso alle pensioni integrative.
Il movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo prevede sostanzialmente due proposte fondamentali: abolizione Legge Biagi (legge 30/2003), che ha introdotto i contratti a progetto e introduzione di un sussidio di disoccupazione garantito. Altre proposte: impedire lo smantellamento delle industrie alimentari e manifatturiere con un prevalente mercato interno, favorire le produzioni locali, sostenere il No profit; abolire le stock option e prevedere un tetto massimo di 5 mila euro netti al mese agli stipendi di manager delle società quotate in Borsa e delle aziende partecipate dallo Stato (quota rilevante o maggioritaria).
La formazione che fa capo ad Antonio Ingroia Rivoluzione civile, parte dalla lotta alla precarietà. Si schiera a favore del contratto collettivo nazionale di lavoro (in contrapposizione al potenziamento della contrattazione decentrata) e chiede una legge su rappresentanza e democrazia sindacale. E poi introdurre un reddito minimo di disoccupazione, recuperare del fiscal drug (aumento delle tasse da inflazione) per le retribuzioni e detassazione delle tredicesime; più sicurezza sui luoghi di lavoro; incentivi alle imprese che investono in ricerca e sviluppo e in occupazione a tempo indeterminato. Inoltre vuole una legge sulla rappresentanza e la democrazia sui luoghi di lavoro.
Anche la formazione di Oscar Giannino Fare per fermare il declino propone un sussidio di disoccupazione per tutti, indipendentemente dalle dimensioni dell’impresa. Il programma prevede di sostenere il reddito di chi perde il lavoro (soluzione preferibile alla tutela del posto di lavoro e al sostegno di imprese inefficienti), e di introdurre strumenti di formazione per facilitare la ricerca di un nuovo lavoro. E’ un modello di fatto simile alla flexsecurity. Il pubblico impiego deve essere governato dalle stesse norme che sovrintendono al lavoro privato introducendo maggiore flessibilità sia del rapporto di lavoro che in costanza del rapporto di lavoro.
Tutti i partiti vogliono rivedere la riforma previdenziale firmata dal ministro dal ministro Elsa Fornero e tutti sono per una sforbiciata alle cosiddette pensioni d'oro. Così come sul lavoro la linea prevalente è una decisa detassazione per aumentare il potere d'acquisto dei salari e una grande attenzione ai giovani.
Vediamo in sintesi gli obiettivi sul lavoro, occupazione e mercato dl lavoro dei partiti che competono.
Centristi di Monti. Spezzare il dualismo fra lavoro ultra-garantito e contratti precari (sulla strada della Riforma Fornero). riscrivendo le regole del contratto a tempo indeterminato, che dovrebbe diventare meno costoso (in termini di contributi), e più flessibile (magari con una maggior possibilità di licenziare nei primi anni). Prevista una forte possibilità di ricorrere alla contrattazione di secondo livello poi ridurre a un anno il tempo medio di ricollocazione di chi perde il lavoro, incentivi per le assunzioni di giovani fino a 30 anni e over 55, detassazione selettiva del reddito dal lavoro delle donne.
Nel programma della coalizione di Pierluigi Bersani si definisce il lavoro «parametro di tutte le politiche». Prevista la riduzione delle tasse su lavoro e impresa, magari con meccanismi che prevedono una riduzione del costo del lavoro che premi l’occupazione stabile. Poi abbiamo il contrasto alla precarietà, spezzare la «spirale perversa fra bassa produttività e compressione dei salari e dei diritti», un vasto piano a sostegno dell’occupazione femminile (contrasto alla disparità di redditi e carriere, politiche di welfare per la conciliazione famiglia-lavoro, più asili nido), maggior democrazia del lavoro attraverso una nuova legge sulla rappresentanza sindacale.
Pdl-Lega propongono un credito d’imposta per le imprese che assumono giovani o trasformano a tempo indeterminato i contratti a termine. Proposta l’esenzione dalle tasse per i giovani che aprono una nuova impresa. In programma anche il potenziamento della Borsa lavoro per facilitare l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. Diverse proposte fiscali, per imprese e dipendenti: IVA per cassa e rimborsi da 60 a 90 giorni, graduale abolizione Irap (partendo dalle perdite e dal costo del lavoro), graduale riduzione imposizione sul Turismo; detassazione straordinari e incentivi di produttività, graduale detassazione delle tredicesime, più sicurezza sui luoghi di lavoro. Aggiustamento della riforma Fornero per risolvere per sempre il problema degli esodati sia per rendere più flessibile e più vantaggioso per l’impresa l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. In particolare il programma prevede delle politiche fiscali per incentivare il ricorso alle pensioni integrative.
Il movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo prevede sostanzialmente due proposte fondamentali: abolizione Legge Biagi (legge 30/2003), che ha introdotto i contratti a progetto e introduzione di un sussidio di disoccupazione garantito. Altre proposte: impedire lo smantellamento delle industrie alimentari e manifatturiere con un prevalente mercato interno, favorire le produzioni locali, sostenere il No profit; abolire le stock option e prevedere un tetto massimo di 5 mila euro netti al mese agli stipendi di manager delle società quotate in Borsa e delle aziende partecipate dallo Stato (quota rilevante o maggioritaria).
La formazione che fa capo ad Antonio Ingroia Rivoluzione civile, parte dalla lotta alla precarietà. Si schiera a favore del contratto collettivo nazionale di lavoro (in contrapposizione al potenziamento della contrattazione decentrata) e chiede una legge su rappresentanza e democrazia sindacale. E poi introdurre un reddito minimo di disoccupazione, recuperare del fiscal drug (aumento delle tasse da inflazione) per le retribuzioni e detassazione delle tredicesime; più sicurezza sui luoghi di lavoro; incentivi alle imprese che investono in ricerca e sviluppo e in occupazione a tempo indeterminato. Inoltre vuole una legge sulla rappresentanza e la democrazia sui luoghi di lavoro.
Anche la formazione di Oscar Giannino Fare per fermare il declino propone un sussidio di disoccupazione per tutti, indipendentemente dalle dimensioni dell’impresa. Il programma prevede di sostenere il reddito di chi perde il lavoro (soluzione preferibile alla tutela del posto di lavoro e al sostegno di imprese inefficienti), e di introdurre strumenti di formazione per facilitare la ricerca di un nuovo lavoro. E’ un modello di fatto simile alla flexsecurity. Il pubblico impiego deve essere governato dalle stesse norme che sovrintendono al lavoro privato introducendo maggiore flessibilità sia del rapporto di lavoro che in costanza del rapporto di lavoro.
Etichette:
Cinque Stelle,
elezioni politiche 2013,
Fare per fermare il declino,
legge biagi,
legge Monti-Fornero,
PD,
PDL –LEGA,
Pietro Ichino,
riforma del lavoro,
Rivoluzione civile,
Scelta Civica
sabato 2 febbraio 2013
Lavoro: aziende con le mani legate per assumere
Allarme rosso per l'assunzione di lavoratori licenziati e disoccupati. La legge di stabilità ha tagliato i fondi, azzerando gli incentivi necessari a dare lavoro agli ex dipendenti di imprese con meno di 15 addetti: le aziende che offrono occupazione si trovano di fatto con le mani legate perché non possono usufruire degli sgravi contributivi, riservati agli iscritti alle liste di mobilità. Liste precluse a chi è licenziato da un'impresa con meno di 15 addetti. Lo denuncia Unimpresa che ha scritto una lettera al Presidente del Consiglio, Monti,e al ministro del Lavoro, Fornero. Sollecitando una immediata azione affinché si ristabilisca il principio di uguaglianza tra lavoratori ed aziende e affinché il Governo attivi ogni urgente iniziativa per ripristinare le disposizioni della legge 236/93 (articolo 4).
”La legge di stabilità per il 2013 non ha rifinanziato le agevolazioni, legate all’iscrizione nella lista di mobilità, per le aziende che assumono lavoratori licenziati in forma individuale e in gran parte provenienti da piccole aziende” ha spiegato il delegato alle relazioni industriali di Unimpresa, Paolo Stern. Secondo il responsabile delle relazioni industriali di Unimpresa “la mancata possibilità di fruire dei benefici della mobilità determina, per le aziende che vogliono assumere nuovo personale, un aggravio di costi contributivi di circa il 20%. Sono proprio le PMI quelle maggiormente penalizzate dalla mancata proroga del beneficio perché lo stesso incide pesantemente in quel bacino occupazionale di riferimento. Infatti generalmente la mobilità infra-aziendale del personale avviene per categorie di imprese omogenee e quindi le piccole imprese ricercano spesso personale che abbia maturato esperienza in ambiti simili ai propri. Oggi l’assunzione di questo tipo di personale non è più incentivata”.
“Da non sottovalutare – aggiunge Stern – la circostanza che per i lavoratori espulsi nell’ambito di procedure collettive il regime della mobilità persisterà fino a tutto il 2016. Ancora una volta le imprese più piccole ed i loro occupati subiscono un trattamento di sfavore che rischia di far disperdere patrimoni di alta professionalità in un periodo in cui il Paese non può permettersi di perdere nemmeno un ulteriore posto di lavoro”.
”La legge di stabilità per il 2013 non ha rifinanziato le agevolazioni, legate all’iscrizione nella lista di mobilità, per le aziende che assumono lavoratori licenziati in forma individuale e in gran parte provenienti da piccole aziende” ha spiegato il delegato alle relazioni industriali di Unimpresa, Paolo Stern. Secondo il responsabile delle relazioni industriali di Unimpresa “la mancata possibilità di fruire dei benefici della mobilità determina, per le aziende che vogliono assumere nuovo personale, un aggravio di costi contributivi di circa il 20%. Sono proprio le PMI quelle maggiormente penalizzate dalla mancata proroga del beneficio perché lo stesso incide pesantemente in quel bacino occupazionale di riferimento. Infatti generalmente la mobilità infra-aziendale del personale avviene per categorie di imprese omogenee e quindi le piccole imprese ricercano spesso personale che abbia maturato esperienza in ambiti simili ai propri. Oggi l’assunzione di questo tipo di personale non è più incentivata”.
“Da non sottovalutare – aggiunge Stern – la circostanza che per i lavoratori espulsi nell’ambito di procedure collettive il regime della mobilità persisterà fino a tutto il 2016. Ancora una volta le imprese più piccole ed i loro occupati subiscono un trattamento di sfavore che rischia di far disperdere patrimoni di alta professionalità in un periodo in cui il Paese non può permettersi di perdere nemmeno un ulteriore posto di lavoro”.
Etichette:
assunzione,
disoccupati,
fondi,
lavoratori,
legge di stabilità 2013,
licenziati,
liste di mobilità,
Paolo Stern,
riforma del lavoro,
sgravi contributivi,
Unimpresa
Iscriviti a:
Post (Atom)