domenica 3 marzo 2013

Previsioni di Gidp-Hrda sulle prossime campagne di selezione del personale


Sulla ripresa dell’occupazione arriva un debole segnale di speranza dalle grandi aziende del Nord. Molto prudentemente e con una concentrazione preminente sugli impiegati, quelle imprese tornano ad assumere o a stabilizzare rapporti di lavoro precari. Ma la qualità dei nuovi contratti resta ancora bassa, collocandosi soprattutto tra le varie forme di lavoro a tempo e a minori garanzie.

Il dato positivo sta in una percentuale, il 77%. È questa infatti la quota di direttori del personale che prevede di fare nuove assunzioni entro il primo semestre di quest’anno. Anche se solo il 12% di chi assumerà conta di inserire un numero di lavoratori che superi il 5% dell’organico attuale. È quanto emerge da un’indagine dell’associazione di direttori delle risorse umane Gidp-Hrda . Diciamo che quasi 8 su 10 prevedono inserimenti di personale concentrati nel Nord Italia, una volta su due stanno in una multinazionale e, nel 69% dei casi, lavorano in grandi aziende (più di 250 dipendenti). Un cauto ottimismo, dunque, piuttosto concentrato e che esclude la maggior parte delle aziende, cioè le piccole e medie soprattutto del Sud.

Esaminando il dettaglio si vede che le previsioni di assunzioni si concentrano sugli impiegati: quasi il 70% dei direttori del personale punta su inserimenti di questi lavoratori. Tuttavia solo poco più della metà (54%) avrà un contratto a tempo indeterminato, tutti gli altri dovranno accontentarsi (nell’ordine) del contratto a tempo determinato, dell’apprendistato, della somministrazione e dei contratti a progetto.

Passando alla categoria quadri, la percentuale di chi conta di assumere si dimezza rispetto alle previsioni sugli impiegati: 37% dei rispondenti. Ancora meno sono i capi del personale che inseriranno operai (28%), ma i veri esclusi sono i dirigenti, per i quali si prevedono assunzioni solo nel 14% dei casi. «Con l’ansia generata dalla crisi di tagliare i costi – ha spiegato il presidente di Gidp-Hrda Paolo Citterio - le aziende tendono infatti ad affidare ai quadri mansioni di livello dirigenziale e a non sostituire i manager usciti. Per tutte le categorie lavorative, impiegati, quadri e dirigenti, la maggior parte delle assunzioni avverrà per posizioni della funzione commerciale.

Solo poco più di uno su tre direttori del personale (il 37%) vuole poi scommettere sui giovani assumendo neolaureati. «C’è però almeno un dato positivo – ha commentato Citterio - ed è che, nonostante le difficoltà dell’impianto della legge Fornero, il 33% delle assunzioni di neolaureati avverrà con contratti di apprendistato». Il tipo di laurea, però, conterà molto sulla probabilità di entrare in azienda: i più gettonati (32% delle preferenze) sono gli ingegneri, seguiti dai dottori in economia (18%) e dai laureati in informatica (14%).

Contratto sostituzione maternità per il 2013

Nell'ambito degli strumenti volti alla creazione di nuove opportunità di lavoro particolare importanza rivestono le agevolazioni concesse al datore di lavoro in caso di assunzione a tempo determinato per sostituzione di lavoratrici o lavoratori in maternità.

Il Ministero del lavoro ha chiarito che il contratto a termine stipulato per la sostituzione di lavoratrici in congedo di maternità può essere rinnovato senza l’intervallo dei 60 o 90 giorni previsto dalla riforma Fornero. Pertanto, in base al chiarimento ministeriale per il rinnovo del contratto sostituzione, il Testo unico sulla maternità prevale sulla normativa relativa al contratto a termine. L’intervallo è il lasso di tempo che deve passare tra la scadenza di un contratto a termine e il rinnovo del rapporto tra le parti attraverso la stipula di un altro contratto, sempre a tempo determinato. Quindi niente intervalli per le sostituzioni per maternità.

In caso di assunzione a tempo determinato (anche con contratto a tempo parziale) per sostituzione di maternità è previsto uno sgravio contributivo - limitatamente alla quota a carico del datore di lavoro - e dei premi assicurativi INAIL del 50%.

Ricordiamo che questo beneficio si applica a favore delle aziende:

con meno di 20 dipendenti che assumono per sostituire lavoratori subordinati in maternità (congedo di maternità o di paternità, congedo parentale e congedo per malattia del figlio). In tal caso l'agevolazione si applica fino al compimento di un anno di età del figlio del lavoratore o della lavoratrice in congedo o, nel caso di minore adottato o in affidamento, per un anno dal suo ingresso nel nucleo familiare;

in cui operano lavoratrici autonome (coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane ed esercenti attività commerciali) in astensione dal lavoro per maternità.

È infatti possibile assumere lavoratori a tempo determinato in sostituzione di tali lavoratrici per un periodo massimo di 12 mesi e, comunque, entro il primo anno di vita del bambino o, nel caso di minore adottato o in affidamento, per un anno dal suo ingresso nel nucleo familiare.

Comunque una delle causali più diffuse della stipula dei contratti a termine è quella riguardante la sostituzione di lavoratrici assenti per maternità, assenti da lavoro per il congedo obbligatorio di 5 mesi. Data la frequenza dell’evento maternità per le lavoratrici italiane, molte aziende ricorrono al contratto a termine per ragioni giustificative per assumere a tempo determinato lavoratori in loro sostituzione. Possibilità che è prevista dal Decreto Legislativo n. 368 del 2001.

La riforma del mercato del lavoro ha introdotto importanti novità per i contratti a termine: gli intervalli per il rinnovo del contratto sono stati elevati a 60 e 90 giorni, provocando non pochi problemi ai lavoratori col contratto scaduto ed alle imprese che glielo devono rinnovare. Prima della riforma gli intervalli erano rispettivamente di 20 giorni, per i contratti scaduti fino a 6 mesi, e di 30 giorni per i contratti superiori a 6 mesi. Dal 18 luglio 2012 in poi gli intervalli passano a 60 giorni per i contratti fino a 6 mesi e 90 giorni per i contratti superiori a 6 mesi. Vediamo cosa succede ai contratti a termine per ragioni giustificative.

I contratti a termine per espressa previsione del Decreto Legislativo n. 151 del 2001 possono essere stipulati anche per ragioni sostitutive, che vanno dalla sostituzione per lavoratore destinato ad una trasferta o distaccato, alla sostituzione per inidoneità temporanea al lavoro, dalla sostituzione dei lavoratori per sciopero alla sostituzione più diffusa, ossia quella per l’assenza da lavoro per maternità.

Ed è proprio su quest’ultimo caso che si è reso necessario un chiarimento ministeriale sul rispetto degli intervalli per il rinnovo del contratto a termine. Era importante capire, data la particolarità del contratto, che si esaurisce al rientro della lavoratrice madre, se le società che hanno assunto un lavoratore per ragioni sostitutive possono utilizzare lo stesso lavoratore per ulteriori sostituzioni per maternità, senza rispettare gli intervalli.

In buona sostanza, essendo sorto il contratto per specifiche ragioni giustificative, alla data dell’effettivo rientro della lavoratrice in maternità, il contratto si esaurisce senza possibilità di proroga (che è senza intervalli). Per questa ragione, le parti, datore di lavoro e lavoratore, possono stipulare un nuovo contratto di lavoro liberamente, senza intervalli, riguardando lo stesso ulteriori eventuali ragioni giustificative, come ad esempio la sostituzione di un’altra lavoratrice in congedo di maternità.

sabato 2 marzo 2013

Crisi imprese: boom di protesti e sofferenze

Le piccole imprese italiane sono alle prese con un vero e proprio boom di protesti e sofferenze e almeno una su due non riesce più a pagare gli stipendi ai propri dipendenti ed è costretta a rateizzare o dilazionare i pagamenti, a causa della mancanza di liquidità. A lanciare l'allarme è la Cgia di Mestre, secondo cui, dall'inizio della crisi, i titoli di credito che alla scadenza non hanno trovato copertura sono cresciuti del 12,8%, mentre le sofferenze bancarie delle aziende hanno fatto registrare un'impennata spaventosa: +165%.

Alla fine del 2012 l'ammontare complessivo delle insolvenze ha superato i 95 miliardi di euro.
Nel 2012 la retribuzione lorda per dipendente nelle grandi imprese e il costo del lavoro sono aumentati, nel confronto con l'anno precedente, rispettivamente dell'1,2% e dell'1,1%. Lo rileva l'Istat nel confronto con il 2011. Lo scorso anno, quindi, la crescita dei salari è stata inferiore all'inflazione, pari al 3%.

Nel 2012 l'occupazione nelle grandi imprese, le aziende con almeno 500 lavoratori, scende dello 0,9% su base annua al lordo dei dipendenti in cassa integrazione. L'Istat mette in evidenza che al netto della cig il calo diventa pari all'1,6%. Si tratta di una nuova diminuzione, che si aggiunge e acuisce quella del 2011
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