La chiusura della procedura per deficit eccessivo"ci consente di avere più margine in parte nel 2013 ma soprattutto nel 2014" per combattere la disoccupazione giovanile, cui saranno destinate "tutte le disponibilità che ci saranno". Così il ministro del lavoro, Enrico Giovannini, dopo gli incontri di Bruxelles. Abbiamo indicato la disoccupazione giovanile come prioritaria e"siamo riusciti a far inserire il tema nel vertice di fine giugno", ha detto. Bisogna "aggiornare le regole sul mercato del lavoro e lo faremo spero entro l'estate". Il governo, dice, ha un "piano in tre mosse" per il lavoro giovanile,tagliando fisco e contributi.
Un Piano Nazionale contro la disoccupazione giovanile, prima del Consiglio europeo. Ad annunciarlo lo stesso Presidente del Consiglio Enrico Letta, incontrando Hermann Van Rompuy. Questo, spiega il premier, anche per "dare più forza al Vertice" che sarà dedicato proprio al tema della lotta alla disoccupazione.
Il Piano nazionale, ha aggiunto, per l'occupazione giovanile "sarà composto da molti interventi che toccano i problemi", tra i quali "l'istruzione e il Sud". Il Piano sarà varato prima del Consiglio europeo di fine giugno, così che sia approvato dal Parlamento prima dell'estate e sia operativo nel secondo semestre dell'anno.
Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni è pari al 41,9% nel primo trimestre del 2012 (dati non destagionalizzati) raggiungendo, in base a confronti tendenziali, il massimo storico assoluto, ovvero il livello più alto dal primo trimestre del 1977. Lo rende noto l'Istat.
La disoccupazione nell'Eurozona ha toccato ad aprile il livello più alto mai raggiunto dal 1995: il 12,2% contro l'11,2 dell'aprile 2012. Stessa cosa per quella giovanile, arrivata a quota 24,4%. L'Italia, con il suo 40,5% di giovani disoccupati, è al quarto posto dopo Grecia, Spagna e Portogallo. Lo ha reso noto Eurostat. Nell'Ue a 27 il tasso di disoccupazione si è attestato ad aprile all'11% (lo stesso livello di marzo) contro il 10,3% di aprile 2012. Nell'Eurozona invece il nuovo record è stato determinato dall'incremento segnato rispetto al dato di marzo 2013, quando i senza lavoro sono risultati pari al 12,1%. In termini assoluti, l"esercitò dei disoccupati dell'Eurozona è arrivato a contare lo scorso mese 19,3 milioni di persone (26,5 nell'insieme del'Ue), 95mila in più rispetto a marzo e 1,6 milioni in più rispetto a dodici mesi or sono. I Paesi con i tassi più bassi sono Austria (4,9%), Germania (5,4) e Lussemburgo (5,6). Quelli in cima alla classifica dei disoccupati sono Grecia (27%), Spagna (26,8) e Portogallo (17,8). Nel complesso dell'Ue e rispetto a un anno fa, sono 18 i Paesi che hanno registrato una crescita dei senza lavoro, mentre in 9 c'é stata una flessione. Eurostat segnala poi che anche sul fronte della disoccupazione giovanile, ovvero degli under 25, ad aprile nell'Eurozona (ma anche nell'Ue, dove il tasso è arrivato al 23,5%) sono stati registrati nuovi record. Livelli così alti non erano mai stati toccati dal 1995, cioé da quando è stato avviato il monitoraggio Eurostat comparabile. Nel complesso, i giovani disoccupati nei 17 Paesi euro sono arrivati ad essere 3,6 milioni (5,6 nell'Ue), 188 mila in più rispetto a un anno prima quando il tasso di disoccupazione giovanile era del 22,6%. Germania, Austria e Olanda sono i Paesi con meno ragazzi senza lavoro, con percentuali comprese tra il 7,5 e il 10,6%. Prima dell'Italia, tra i Paesi con i tassi più alti, si collocano invece Grecia (62,5), Spagna (56,4) e Portogallo (42,5).
sabato 1 giugno 2013
Un Piano Nazionale. Lavoro, giovani ed Euro
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Ricette dei consulenti del lavoro per rilanciare l'economia el'occupazione
“Riduzione della pressione fiscale e contributiva allo scopo di liberare risorse economiche per lavoratori ed imprese, da impiegare in consumi ed investimenti; possibilità di far ricorso al sistema creditizio, pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione e possibilità di conguaglio immediato; rifinanziamento della CIG in deroga e assunzioni agevolate.
Sono queste le ricette che i consulenti del lavoro napoletani propongono per riavviare la macchina dell’economia e dell’occupazione”, ha spiegato il presidente dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Napoli Edmondo Duraccio.
“In questi anni, ha poi concluso, stiamo assistendo allo scempio del lavoro e della dignità dell’uomo. Il lavoro non deve essere più considerato una variabile indipendente del sistema economico: esso non ha colorazioni politiche e costituisce il fondamento della nostra Repubblica. E’ fondamentale ritrovare il dialogo tra le istituzioni, interrogandosi sulle cause della crisi economica ed occupazionale del paese”.
Estratto dal ilsole24ore.com.
Cancellazione dei requisiti che individuano le "vere" partite Iva introdotte dalla legge 92/2012; incremento a 8mila euro del limite economico annuo per il lavoro accessorio; abolizione dell'obbligo della causale per i contratti a termine sottoscritti fino al 31 dicembre 2016. Sono alcune delle proposte di modifica della normativa in vigore messe a punto dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro. Il documento parte dalla constatazione che la legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro (la legge Fornero"), «non ha centrato gli obiettivi occupazionali che si prefiggeva, forse perché pensata per un modello di mercato del lavoro già in espansione».
Al contrario si è verificato in particolare, un irrigidimento della flessibilità in entrata. A fronte di tale situazione i consulenti hanno individuato alcuni interventi che agiscono anche sulla riduzione del costo del lavoro. Per quanto riguarda i vincoli alla flessibilità in entrata introdotti dalla legge 92, le proposte sono rilevanti. Per le partite Iva si auspica la cancellazione dell'articolo 69 bis del Dlgs 276/2003, introdotto dalla riforma Fornero. Significa eliminare la possibilità di trasformare le prestazioni a partita Iva in collaborazione coordinata e continuativa se si verificano due di questi tre presupposti: rapporto superiore a otto mesi annui in due anni consecutivi; corrispettivo da partita Iva superiore all'80% dei corrispettivi annui complessivi del collaboratore sempre in due anni consecutivi; postazione fissa presso una sede del committente a disposizione del collaboratore.
Ritorno alla situazione prima della riforma anche per il contratto di associazione in partecipazione, che ha introdotto vincoli al numero di associati e al tipo di mansioni che si possono svolgere con questo tipo di rapporto. Per il tempo determinato, invece, si chiede la sospensione, fino alla fine del 2016, dell'obbligo di indicare la causale nonché dei periodi di sospensione obbligatoria tra due contratti (60-90 giorni in base alla legge 92, riducibili a 20-30 dai contratti collettivi rispetto ai 10-20 giorni prima della riforma). Meno vincoli anche all'apprendistato, per il quale devono essere eliminati i nuovi obblighi di stabilizzazione da parte delle aziende (50% degli apprendisti quando la legge sarà a regime), lasciando solo quelli previsti dai contratti nazionali. Per quanto riguarda la formazione, invece, si auspica la possibilità di standardizzare il percorso a livello nazionale, in modo da ridurre il puzzle oggi esistente in quanto ogni Regione può agire in modo autonomo. Sempre sul fronte della flessibilità, si propone l'innalzamento del tetto economico per lavoratore e per anno a 8mila euro per le imprese e gli studi professionali (oggi il tetto è di 5mila euro complessivi per il lavoratore che un tetto a 2mila se il committente è impresa o professionista). Inoltre si ritiene opportuno l'accorpamento giuridico di questo contratto con quello dell'impiego intermittente.
La realizzazione di tali interventi determinerebbe una sorta di balzo all'indietro, prima del 18 luglio 2012, data di entrata in vigore della legge 92. Oltre ad altri interventi relativi alla responsabilità solidale, al documento unico di regolarità contributiva e al contributo di fine rapporto che finanzia l'Aspi, i consulenti del lavoro ritengono opportuno introdurre uno sgravio fiscale di cinque anni (totale per retribuzioni fino a 40mila euro e al 50% fino a 80mila euro) per i lavoratori under 30 o over 50, nonché contributi ridotti per 3 anni se si stabilizza un dipendente a termine. Infine una riduzione di cinque punti percentuali del costo del lavoro a tempo indeterminato ottenibile tramite 12,2 miliardi di euro recuperati con una revisione delle tariffe Inail, la razionalizzazione del Fondo di tesoreria, utilizzo del 50% delle risorse recuperate dalla lotta all'evasione fiscale, la riduzione della spesa pubblica.
Sono queste le ricette che i consulenti del lavoro napoletani propongono per riavviare la macchina dell’economia e dell’occupazione”, ha spiegato il presidente dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Napoli Edmondo Duraccio.
“In questi anni, ha poi concluso, stiamo assistendo allo scempio del lavoro e della dignità dell’uomo. Il lavoro non deve essere più considerato una variabile indipendente del sistema economico: esso non ha colorazioni politiche e costituisce il fondamento della nostra Repubblica. E’ fondamentale ritrovare il dialogo tra le istituzioni, interrogandosi sulle cause della crisi economica ed occupazionale del paese”.
Estratto dal ilsole24ore.com.
Cancellazione dei requisiti che individuano le "vere" partite Iva introdotte dalla legge 92/2012; incremento a 8mila euro del limite economico annuo per il lavoro accessorio; abolizione dell'obbligo della causale per i contratti a termine sottoscritti fino al 31 dicembre 2016. Sono alcune delle proposte di modifica della normativa in vigore messe a punto dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro. Il documento parte dalla constatazione che la legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro (la legge Fornero"), «non ha centrato gli obiettivi occupazionali che si prefiggeva, forse perché pensata per un modello di mercato del lavoro già in espansione».
Al contrario si è verificato in particolare, un irrigidimento della flessibilità in entrata. A fronte di tale situazione i consulenti hanno individuato alcuni interventi che agiscono anche sulla riduzione del costo del lavoro. Per quanto riguarda i vincoli alla flessibilità in entrata introdotti dalla legge 92, le proposte sono rilevanti. Per le partite Iva si auspica la cancellazione dell'articolo 69 bis del Dlgs 276/2003, introdotto dalla riforma Fornero. Significa eliminare la possibilità di trasformare le prestazioni a partita Iva in collaborazione coordinata e continuativa se si verificano due di questi tre presupposti: rapporto superiore a otto mesi annui in due anni consecutivi; corrispettivo da partita Iva superiore all'80% dei corrispettivi annui complessivi del collaboratore sempre in due anni consecutivi; postazione fissa presso una sede del committente a disposizione del collaboratore.
Ritorno alla situazione prima della riforma anche per il contratto di associazione in partecipazione, che ha introdotto vincoli al numero di associati e al tipo di mansioni che si possono svolgere con questo tipo di rapporto. Per il tempo determinato, invece, si chiede la sospensione, fino alla fine del 2016, dell'obbligo di indicare la causale nonché dei periodi di sospensione obbligatoria tra due contratti (60-90 giorni in base alla legge 92, riducibili a 20-30 dai contratti collettivi rispetto ai 10-20 giorni prima della riforma). Meno vincoli anche all'apprendistato, per il quale devono essere eliminati i nuovi obblighi di stabilizzazione da parte delle aziende (50% degli apprendisti quando la legge sarà a regime), lasciando solo quelli previsti dai contratti nazionali. Per quanto riguarda la formazione, invece, si auspica la possibilità di standardizzare il percorso a livello nazionale, in modo da ridurre il puzzle oggi esistente in quanto ogni Regione può agire in modo autonomo. Sempre sul fronte della flessibilità, si propone l'innalzamento del tetto economico per lavoratore e per anno a 8mila euro per le imprese e gli studi professionali (oggi il tetto è di 5mila euro complessivi per il lavoratore che un tetto a 2mila se il committente è impresa o professionista). Inoltre si ritiene opportuno l'accorpamento giuridico di questo contratto con quello dell'impiego intermittente.
La realizzazione di tali interventi determinerebbe una sorta di balzo all'indietro, prima del 18 luglio 2012, data di entrata in vigore della legge 92. Oltre ad altri interventi relativi alla responsabilità solidale, al documento unico di regolarità contributiva e al contributo di fine rapporto che finanzia l'Aspi, i consulenti del lavoro ritengono opportuno introdurre uno sgravio fiscale di cinque anni (totale per retribuzioni fino a 40mila euro e al 50% fino a 80mila euro) per i lavoratori under 30 o over 50, nonché contributi ridotti per 3 anni se si stabilizza un dipendente a termine. Infine una riduzione di cinque punti percentuali del costo del lavoro a tempo indeterminato ottenibile tramite 12,2 miliardi di euro recuperati con una revisione delle tariffe Inail, la razionalizzazione del Fondo di tesoreria, utilizzo del 50% delle risorse recuperate dalla lotta all'evasione fiscale, la riduzione della spesa pubblica.
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Tecnopatia, riconosciuto il danno da mouse
Con sentenza definitiva della Corte d’Appello di l’Aquila del 14 Febbraio 2013 è stato riconosciuto un indennizzo, con inabilità lavorativa pari al 15%, ad un bancario per accertata tecnopatia causata da uso eccessivo del mouse del computer dopo la rinuncia da parte dell’Inail di interporre ricorso in Cassazione.
I fatti. I giudici, confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Pescara, hanno riconosciuto ad un lavoratore di 53 anni, dipendente della Caripe dal 1983, impiegato come addetto alla «movimentazione titoli», la «sindrome pronatoria» dell’arto superiore destro causata da «overuse» da mouse del computer. La consulenza tecnica d’ufficio in primo grado (in secondo grado non è stata rinnovata), infatti, aveva ricondotto l’insorgenza della malattia all’esercizio della sua abituale attività lavorativa. In particolare il funzionario utilizzava il mouse tutti i giorni dalle 8:15 fino alle 17:00; 18:00, ora di chiusura della Borsa.
La perizia medica. Secondo la perizia, che ha citato anche la letteratura anglosassone sulla materia, “nella SOU (sindrome da over ouse) accade che la ripetuta attività muscolo-tendinea esaurisca la capacità ricostitutiva dei tessuti (tendini, muscoli, legamenti, etc.) che manifestano un danno locale acuto di tipo flogistico, nell’esercizio cronico il danno cumulativo tende ad estendersi alle strutture limitrofe compromettendo il microcircolo di uno o di tutti i compartimenti (normalmente già poco estensibili) del segmento interessato con un sub-edema interstiziale ipertensivo che, l’eventuale ulteriore flogosi riparativa, stabilizza fino a provocare ispessimento e retrazione della trama connettivale ed un ulteriore aumento di tensione. Nell’avambraccio, questa condizione può condurre all’instaurarsi di una sindrome compartimentale cronica, con eventuale associato danno nervoso”.
La tesi dell’Inail. Bocciata dunque la tesi dei sanitari dell’Inail secondo cui l’uso eccessivo del mouse non poteva cagionare la tecnopatia de qua, dovendosi al contrario ritenere che la malattia fosse di origine congenita. Infatti: “Lo sforzo richiesto ad un impiegato per manovrare il mouse del computer, non può giustificare.. .un superlavoro del muscolo stesso”.
La decisione. Secondo il tribunale di Pescara, decisione confermata anche in appello, invece: “Il consulente tecnico d’ufficio, sulla scorta della documentazione in atti, nonché di diretti e specifici accertamenti, tenendo anche adeguatamente conto degli elementi indicati dalla stessa parte attrice, ha accertato che il ricorrente è affetto da ‘sindrome pronatoria con compressione del nervo mediano all’avambraccio destro da overuse’, ed altresì stabilito che l’insorgenza di tale malattia deve ritenersi determinata dai fattori morbigeni cui il medesimo è stato nell’esercizio della sua abituale attività lavorativa”.
Per queste ragioni il tribunale ha dichiarato l’inabilità generica del 15% e condannato l’Inail a corrispondere al lavoratore il relativo indennizzo ai sensi dell’articolo 13 del Dlgs 38/2000, più interessi.
Inca, primo caso in Italia. La vicenda – ha commentato l’Inca Cgil – assume particolare rilievo perché si tratta del primo caso accertato in Italia e va incontro alle nuove esigenze di tutela dalle malattie professionali che possono essere causate dall’uso massivo delle nuove tecnologie, quali i computer.
I fatti. I giudici, confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Pescara, hanno riconosciuto ad un lavoratore di 53 anni, dipendente della Caripe dal 1983, impiegato come addetto alla «movimentazione titoli», la «sindrome pronatoria» dell’arto superiore destro causata da «overuse» da mouse del computer. La consulenza tecnica d’ufficio in primo grado (in secondo grado non è stata rinnovata), infatti, aveva ricondotto l’insorgenza della malattia all’esercizio della sua abituale attività lavorativa. In particolare il funzionario utilizzava il mouse tutti i giorni dalle 8:15 fino alle 17:00; 18:00, ora di chiusura della Borsa.
La perizia medica. Secondo la perizia, che ha citato anche la letteratura anglosassone sulla materia, “nella SOU (sindrome da over ouse) accade che la ripetuta attività muscolo-tendinea esaurisca la capacità ricostitutiva dei tessuti (tendini, muscoli, legamenti, etc.) che manifestano un danno locale acuto di tipo flogistico, nell’esercizio cronico il danno cumulativo tende ad estendersi alle strutture limitrofe compromettendo il microcircolo di uno o di tutti i compartimenti (normalmente già poco estensibili) del segmento interessato con un sub-edema interstiziale ipertensivo che, l’eventuale ulteriore flogosi riparativa, stabilizza fino a provocare ispessimento e retrazione della trama connettivale ed un ulteriore aumento di tensione. Nell’avambraccio, questa condizione può condurre all’instaurarsi di una sindrome compartimentale cronica, con eventuale associato danno nervoso”.
La tesi dell’Inail. Bocciata dunque la tesi dei sanitari dell’Inail secondo cui l’uso eccessivo del mouse non poteva cagionare la tecnopatia de qua, dovendosi al contrario ritenere che la malattia fosse di origine congenita. Infatti: “Lo sforzo richiesto ad un impiegato per manovrare il mouse del computer, non può giustificare.. .un superlavoro del muscolo stesso”.
La decisione. Secondo il tribunale di Pescara, decisione confermata anche in appello, invece: “Il consulente tecnico d’ufficio, sulla scorta della documentazione in atti, nonché di diretti e specifici accertamenti, tenendo anche adeguatamente conto degli elementi indicati dalla stessa parte attrice, ha accertato che il ricorrente è affetto da ‘sindrome pronatoria con compressione del nervo mediano all’avambraccio destro da overuse’, ed altresì stabilito che l’insorgenza di tale malattia deve ritenersi determinata dai fattori morbigeni cui il medesimo è stato nell’esercizio della sua abituale attività lavorativa”.
Per queste ragioni il tribunale ha dichiarato l’inabilità generica del 15% e condannato l’Inail a corrispondere al lavoratore il relativo indennizzo ai sensi dell’articolo 13 del Dlgs 38/2000, più interessi.
Inca, primo caso in Italia. La vicenda – ha commentato l’Inca Cgil – assume particolare rilievo perché si tratta del primo caso accertato in Italia e va incontro alle nuove esigenze di tutela dalle malattie professionali che possono essere causate dall’uso massivo delle nuove tecnologie, quali i computer.
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