martedì 1 ottobre 2013
Contratto di somministrazione per i giovani nel 2014
Il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dagli artt. 20 - 28 del D.Lgs. n. 276 del 2003 ed ha sostituito, senza peraltro alterarne la struttura essenziale, il lavoro interinale.
Ricordiamo che la somministrazione di lavoro si caratterizza per un duplice rapporto contrattuale nell'ambito del quale:
il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro, stipula un contratto di lavoro con un lavoratore, a tempo indeterminato o a tempo determinato, l'utilizzatore, che è un'azienda pubblica o privata, utilizza il lavoratore contrattualizzato dall'Agenzia per esigenze proprie e, a tal fine, stipula un contratto di somministrazione con la medesima agenzia.
L'incentivo per i datori di lavoro che assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, privi d’impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi ovvero privi di diploma di scuola media superiore o professionale (istituito in via sperimentale con l’articolo 1 del decreto legge 28 giugno 2013, n. 76 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99) spetta per le assunzioni a tempo indeterminato, anche a tempo parziale, e per i rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato instaurati in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro, ai sensi della Legge 142/2001.
Nel momento di profonda crisi dell’occupazione, i giovani hanno sempre maggiori difficoltà a collocarsi nel mercato del lavoro composto di precariato, tempo parziale, contratti a termine o subordinati tramite partita Iva, collaborazioni sporadiche e spesso fittizie. Si tratta di definizioni che nella maggior parte dei casi sfuggono a chi è in procinto di fare il suo ingresso nella realtà professionale, specie se la sua esperienza si riduce a quella descritta nel curriculum scolastico.
Introdotto dal D. Lgl. 276/2003, più comunemente noto come Legge Biagi, il contratto di somministrazione di lavoro ha sostituito quello interinale, riprendendone di fatto alcune caratteristiche basilari. Si tratta di un accordo stipulato fra tre parti: il somministratore, vale a dire l’azienda di lavoro interinale denominata anche Agenzia per il lavoro, la persona alla ricerca di un impiego, e l’azienda che richiede il lavoratore. Quest’ultima, l’utilizzatrice, si rivolge pertanto direttamente all’agenzia interinale che funziona da intermediaria tra la prima e il lavoratore. La somministrazione, attraverso i contratti collettivi di lavoro, va dalle imprese private alla pubblica amministrazione.
Il rapporto di lavoro per chi possiede un contratto di somministrazione, ossia tra Agenzia per il lavoro e l'utilizzatore, naviga in un meccanismo che, se da un lato consente maggiori possibilità di reperimento di un impiego, dall’altro non garantisce la stabilità del posto di lavoro. Infatti i contratti di somministrazione sono generalmente a tempo determinato, vale a dire della durata legata all’esigenza di produzione dell’azienda utilizzatrice, dalla quale dipende esclusivamente il controllo e la direzione sulla prestazione del lavoratore. Quest’ultimo, invece, è infatti formalmente e giuridicamente dipendente dalle società fornitrici. Anche la retribuzione, generalmente pari a quella prevista per i dipendenti dello stesso livello interni all’azienda utilizzatrice, rientra nelle competenze dell’Agenzia per il lavoro.
I contratti di somministrazione consentono l’assorbimento di manodopera giovanile all’interno del mondo del lavoro, rimediando in parte anche alla piaga sociale ed economica della disoccupazione attraverso la creazione di posti di lavoro. Il risvolto negativo sta nel fatto che non assicurano un posto stabile, anzi si reggono proprio sulla flessibilità e la temporaneità degli impieghi.
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Mercato del lavoro: con l'apprendistato
L’apprendistato secondo la riforma del mercato del lavoro è visto come principale strumento per lo sviluppo professionale del lavoratore, individuando tale istituto come la «modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro».
Formazione più agile, costi leggeri, minori vincoli sulle stabilizzazioni. E ancora: ridurre la differenza territoriale dei percorsi formativi e rafforzare l'alto apprendistato nell’università.
Sono le mosse per rilanciare l'apprendistato, l'appesantimento dei costi determinato dalla riforma Fornero è il primo tema da rivedere nel dossier di interventi proposti dalle imprese, oltre alla necessità di spostare il fulcro della formazione dall'aula all'azienda. Dai sindacati, invece, si sollecita l'attuazione del repertorio nazionale delle qualifiche e il maggior coinvolgimento dei fondi interprofessionali.
In questo periodo sappiamo bene quanto sfuggire alla preoccupazione della disoccupazione sia arduo, in maggior misura per i giovani. Basti valutare che il deficit di posti di lavoro, negli ultimi cinque anni, è cresciuto in maniera esponenziale proprio tra le fila dei laureati, fino a sfiorare nel 2012 ben il 22,9 % dei neo-dottori. Senza contare che il mercato del lavoro si prospetta agli occhi di milioni di giovani, laureati e non, più complesso di quanto si possa immaginare. La natura dei contratti in circolazione è varia e difficile da capire e le nuove leve devono riuscire ad orientarsi senza rischiare di annegare come nelle sabbie mobili. Quello dell’apprendistato risulta essere una delle formule maggiormente rappresentative dell’ingresso nel mondo professionale non solo del nostro Paese, ma dell’Europa intera. Da una parte le aziende godono di forte agevolazioni fiscali che incentivano all’assunzione, dall’altra ai giovani viene garantita sia la formazione che una tutela paragonabile a quella degli altri contratti di lavoro subordinato.
Il contratto di apprendistato consente ai giovani di fare il primo passo nella mercato del lavoro sotto la guida e la supervisione di occhi esperti. Si tratta di una formula rivolta ai giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, che delega all’azienda responsabile dell’assunzione il compito di monitorare e migliorare la formazione dell’apprendista attraverso un insegnamento di tipo pratico, tecnico-professionale. In questo modo viene garantita ai giovani una sorta di fase di transizione tra gli studi e il lavoro, in cui vengono preparati alle esigenze e alle regole del mercato, senza correre il rischio di disorientarsi o restare vittime dell’implacabile crisi occupazionale.
Esistono tre tipi fondamentali di contratto di apprendistato: quello per la qualifica e il diploma professionale, quello professionalizzante, e l’apprendistato di alta formazione e ricerca. Il primo si rivolge soprattutto agli adolescenti che abbiano almeno 15 anni, ha una durata massima di tre anni e consente, in un percorso di studio e lavoro, di conseguire una qualifica o diploma professionale. La seconda tipologia, invece, riguarda una fascia d’età superiore, compresa tra i 18 e i 29 anni, prevede un apprendimento di tipo tecnico-professionale e una formazione sul lavoro che può estendersi fino ad un massimo di 6 anni. Infine, l’apprendistato di alta formazione e ricerca è mirato all’acquisizione di un titolo di studio di livello secondario, di alta formazione, o per la specializzazione tecnica superiore. Anche in questo caso sono i giovani dai 18 ai 29 anni a poter essere assunti con quest’ultima formula di contratto.
Qualsiasi contratto di apprendistato si basa sulla disciplina previdenziale e assistenziale prevista dalla legge 25/1955, e assicura, pertanto, ai giovani apprendisti le garanzie di un normale lavoratore: assistenza per infortunio o sanitaria per malattie, congedo matrimoniale, indennità di maternità. L’apprendista viene assunto all’interno di un inquadramento, vale a dire grado, che non può essere inferiore di oltre due livelli rispetto a quello di chi svolge la stessa mansione all’interno dell’azienda. Inoltre, nel percorso di perfezionamento è prevista una regolare retribuzione mensile, non stabilibile in base a tariffe di cottimo. Questa tipologia di assunzione offre alle giovani generazioni l’opportunità di inserimento graduale e guidato nel mondo del lavoro, e consente loro di perfezionarsi nel corso di un’esperienza pratica, potendo contare su un compenso.
Nell’ambito dell’apprendistato e dei contratti somministrazione di lavoro sono stati chiariti i limiti di utilizzabilità. Ferma restando la possibilità di ricorrere a personale apprendista fornito da una agenzia di somministrazione – si prevede infatti che il datore di lavoro può assumere un dato numero di apprendisti direttamente o “indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro.
domenica 29 settembre 2013
Profili professionali più richiesti 2014 2015
Entro il 2015 il numero degli occupati con un titolo di laurea, al netto delle entrate e delle uscite dalle imprese, crescerà di 379,6 mila unità e i gruppi professionali che ne beneficeranno di più saranno soprattutto due. Da un lato ci saranno le figure di alto profilo, ovvero tutte le professioni intellettuali, scientifiche e di alta specializzazione. Dall’altro, tutti quei profili più strettamente tecnici.
Nei prossimi anni i datori di lavoro si troveranno ad assumere sempre più figure ad alta qualificazione, sia per sostituire i professionisti che lasceranno le imprese per raggiunti limiti d’età, sia per quelle posizioni aggiuntive che si andranno creando grazie a investimenti e a sviluppi organizzativi. A beneficiare di più delle dinamiche positive saranno gli ingegneri che fino al 2015 mostreranno una variazione occupazionale più del 12 per cento. Tra loro, quelli più richiesti saranno gli ingegneri meccanici, gli ingegneri metallurgico-minerari, gli elettrotecnici, gli ingegneri elettronici e in telecomunicazioni, gli ingegneri chimici e quelli civili.
Nel insieme, tra sostituzioni e assunzioni aggiuntive, il numero totale delle nuove assunzioni sarà pari a circa 40.000 unità. E probabilmente si svilupperà in maniera importante anche la richiesta di quelle figure appartenenti all’area degli specialisti dell’educazione e della formazione. Tra loro ci saranno i consiglieri dell’orientamento, i formatori e gli esperti nella progettazione formativa e curriculare. Evoluzione positiva anche per gli specialisti in Scienze giuridiche, in particolare per esperti legali in imprese ed enti pubblici così come per gli architetti, gli urbanisti e per gli specialisti del recupero e della conservazione del territorio. Tra gli specialisti in Scienze sociali saranno richiesti soprattutto quelli in Scienze economiche e in Scienze sociologiche e antropologiche. In termini di volumi totali cresceranno soprattutto le assunzioni di esperti in Scienze gestionali e commerciali (quasi 80mila). In questo caso, la gran parte delle assunzioni saranno per sostituire le figure in uscita e le professioni coinvolte saranno soprattutto gli specialisti in contabilità e in problemi finanziari.
Tra le professioni tecniche quelle che cresceranno di più saranno i profili finanziari e assicurativi. Tra loro ci saranno soprattutto i tecnici della gestione finanziaria, quelli del lavoro bancario, i periti, i valutatori di rischi, i liquidatori tecnici e gli esperti dell’intermediazione titoli. Registreranno un trend positivo anche i tecnici in Scienze della vita, in particolare gli agronomi e i biochimici. Cresceranno dell’8,5 per cento le opportunità occupazionali dei tecnici della sicurezza e della protezione ambientale. Si tratterà, nel loro caso, soprattutto di tecnici del controllo della qualità industriale, addetti al controllo ambientale, figure esperte nello smaltimento dei rifiuti e tecnici della sicurezza degli edifici e della sicurezza sul lavoro. In ripresa, tra i tecnici delle Scienze quantitative, le prospettive degli informatici. Tra i tecnici delle Scienze ingegneristiche, saranno richiesti soprattutto profili con conoscenze legate alle costruzioni civili e i tecnici metallurgico-minerari.
Vediamo le cause degli alti livelli di disoccupazione?. Probabilmente tra le ragioni non c’è corrispondenza tra le figure professionali disponibili sul mercato e quelle richieste dalle aziende. E’ stato per esempio rilevato uno scarso numero di laureati a indirizzo tecnico-scientifico, in particolare ingegneri informatici, oggi molto ricercati anche se spesso sottopagati. Non si tratta di una carenza del sistema formativo ma di un eccesso strutturale di domanda di laureati in ingegneria a indirizzo informatico che si dovrebbe tradurre in un aumento delle loro retribuzioni medie, fatto che non si riscontra nei dati rilevati, che semmai indicano il contrario: tra il 2008 e il 2012, a un anno dalla laurea, le retribuzioni reali registrate dalle indagini AlmaLaurea per questo gruppo di laureati si sono ridotte di quasi il 10 per cento l’analisi condotta dimostra come nell’ultimo anno la disoccupazione è aumentata sia per i laureati triennali (dal 19 al 23 per cento) sia per quelli specialistici (dal 20 al 21 per cento) sia per chi ha conseguito una laurea a ciclo unico.
Al contrario, le differenze maggiori riguardano la tipologia del corso di laurea scelto. Con il trascorrere del tempo dal conseguimento del titolo, la condizione tende a migliorare soprattutto per i laureati in Medicina o nelle professioni sanitarie, seguiti dai laureati nelle materie economico-statistiche e da quelli in Ingegneria.
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