domenica 20 ottobre 2013

La rete di imprese: una nuova forma di aggregazione di imprese




La rete d’imprese, o per meglio dire “il contratto di rete”, è un istituto di recente introduzione nel nostro ordinamento. Con il contratto di rete due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato.

La definizione di contratto di rete è contenuta nell’articolo 3 del Decreto Legge n.5/2009 (convertito in Legge n.33/2009), il quale lo definisce come quel contratto mediante il quale “più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”.

Il programma comune di rete, elemento imprescindibile, al cui interno sono indicati gli obblighi e i diritti reciproci delle parti, consente di differenziare la rete dagli altri contratti previsti dal Legislatore. Siamo stati infatti abituati a conoscere un Legislatore che definisce in maniera chiara e precisa (talvolta troppo precisa) il contenuto dei singoli negozi giuridici; col contratto di rete invece, si è voluto dar vita a un contratto “confezionato su misura”.

Il contratto di rete è stato oggetto di numerose modifiche e/o integrazioni che si sono susseguite a distanza di tempo anche ravvicinato, ma le più importanti sono certamente quelle contenute nei decreti crescita e crescita-bis (D.L. 83/2012 e D.L. 179/2012) che hanno previsto, oltre alla possibilità di istituire “reti-soggetto”, l’applicazione in capo al network di alcuni articoli del codice civile in tema di consorzi con attività esterna.

Ci sarebbe molto da dire: si potrebbe infatti parlare degli aspetti civilistici in tema di responsabilità della rete verso i creditori (artt. 2614 e 2615 cod.civ.), degli aspetti contabili e di rendicontazione civilistica (art. 2615-bis cod.civ.) ma mi soffermerò sugli aspetti fiscali, in particolar modo agevolativi, e sulle novità 2013.

L’art. 42 D.L. 78/2010 ha previsto un’agevolazione fiscale, fruibile fino al periodo d’imposta in corso al 31 Dicembre 2012, consistente in un regime di sospensione d’imposta sugli utili di esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati al fondo patrimoniale per la realizzazione degli investimenti previsti dal programma comune di rete. La Commissione Europea, espressasi con la Decisione definitiva C(2010) 8939 del 26 Gennaio 2011, ha ritenuto che questa agevolazione non costituisse Aiuto di Stato sul presupposto che la rete non potesse essere considerata un’entità distinta. Con il riconoscimento della soggettività giuridica accennata prima, ben si comprende l’intervento dell’Agenzia delle Entrate, formalizzato nella Circolare n. 20/E del 18 Giugno 2013 con cui si è previsto che le “reti-soggetto” non possono beneficiare del regime di sospensione di imposta che invece resta fruibile solo per le “reti-contratto” (tuttavia si ricorda che UNICO2013 ha rappresentato l’ultima chance per beneficiare dell’agevolazione).

A testimonianza dell’attualità dell’argomento evidenzio che il legislatore è recentissimamente intervenuto (Decreto Legge 28 Giugno 2013 n.76 convertito in Legge 9 Agosto 2013 n.99) per disciplinare alcuni aspetti giuslavoristici del contratto di rete, introducendo l’istituto della “codatorialità” e, mettendo mano alla disciplina del “distacco” o “comando”. Tralasciando la “codatorialità” che riguarda solo alcuni tipi di network (settore agricolo e agroalimentare) mi concentro sul distacco di lavoratori, che ricordo essere una fattispecie a confine con la somministrazione di manodopera. La Corte di Cassazione (sentenza n.594 del 17/01/2000) ha previsto che il distacco non si qualifica come somministrazione illecita di manodopera se in capo al distaccante esiste un “’interesse di natura anche non economica, tecnica o produttiva, ma anche morale o solidaristica” mentre, nell’ipotesi contraria, il D.Lgs. n. 276/2003 prevede come sanzione civilistica l’imputazione dei rapporti di lavoro in capo all’effettivo datore di lavoro.

Il Legislatore del 2013 ha previsto che qualora il distacco interessi lavoratori di imprese che sono parti di un contratto di rete, vi sia l’automatico riconoscimento dell’interesse del distaccante.
Con l’avvento del mercato globale, la necessità di competere con le grandi aziende multinazionali ha indotto il modello distrettuale ad evolversi in forme diverse, slegate dal legame con il territorio, ma ancora caratterizzate dalla nota della collaborazione interimprenditoriale, quali ad esempio la filiera produttiva, la catena di subfornitura, le reti di distribuzione (franchising) e, in generale, le c.d. reti tra imprese, sulle quali oggi si concentra l’attenzione del Legislatore e degli operatori italiani.

Licenziamento illegittimo se il dirigente rifiuta il lavoro perché declassante



Con sentenza n. 4673 del 2008 questa Corte ha cassato la sentenza della Corte d'Appello di Roma con la quale quest'ultima, in riforma della sentenza del Tribunale, aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato dalla società A.T. di Fiuggi con lettera del 24 maggio 1995, con condanna della società al pagamento di una somma per l'anticipato recesso e di altra somma per l'accertata dequalificazione professionale.

La Cassazione civile sezione lavoro nella sentenza del 3 ottobre 2013, n. 22625 ha stabilito che nel rapporto di lavoro subordinato è illegittimo il licenziamento del dirigente, che si rifiuta di svolgere qualsiasi prestazione,in quanto vi era stata la totale sottrazione delle mansioni. In tale ipotesi, si applica il principio di autotutela di cui all’art. 1460 c.c., in cui si afferma che il rifiuto del lavoratore di svolgere la prestazione può essere legittimo, e quindi inidoneo a giustificare il licenziamento, a condizione che sia proporzionato all'illegittimo comportamento datoriale.

Il dipendente licenziato era stato assunto con la qualifica di direttore generale con contratto a tempo determinato scadente il 31 dicembre 96; nel mese di agosto 1994 il consiglio di amministrazione era stato rinnovato con la nomina di un nuovo presidente ed erano state introdotte modifiche allo statuto aziendale in base alle quali il direttore generale non aveva più la rappresentanza legale attribuita al presidente; il licenziato aveva ritenuto che tale modifica e alcuni comportamenti aziendali avessero determinato la sua dequalificazione, e si era pertanto rifiutato di rendere la prestazione; con lettera del 24 maggio 95 l'azienda lo aveva licenziato per giusta causa contestandogli il rifiuto della prestazione e l'abbandono del servizio.

La Corte ha rilevato, con riferimento alla denunciata dequalificazione, che dalle deduzioni del ricorso di primo grado non contestate e dall'esito della prova testimoniale, era emerso che la privazione di compiti in precedenza attribuiti al lavoratore si era estesa ben oltre l'attuazione della modifica statutaria. La Corte d'Appello ha affermato infatti che il nuovo statuto del 1994 si era limitato a sottrarre al direttore generale la rappresentanza legale dell'azienda attribuendola al presidente, mantenendo però in capo al direttore generale i poteri di gestione.

Il nuovo statuto non consentiva al presidente di intromettersi nella gestione della società così come, invece, era avvenuto, essendosi il Presidente attribuito il potere di firma su ogni atto esterno e quindi anche sugli atti di gestione, come quelli relativi ai rapporti con le banche, i fornitori, i consulenti, gli enti , interpretando il concetto di rappresentanza legale in modo così ampio da inglobare qualsiasi potere relativo ai rapporti esterni benché lo Statuto attribuisse al direttore competenze di rilevanza esterna sotto la sua esclusiva responsabilità. Ha osservato, altresì, che il presidente si inseriva anche materialmente nella gestione tenendo contatti diretti con i dipendenti, con i professionisti esterni, i consulenti, seppure non impedendoli al direttore, di cui però controllava ogni attività esterna al momento della firma sugli atti istruiti dal dipendente licenziato.


Professionisti sul web offerte di lavoro per freelance



La svolta del mondo di internet e del web ha cambiato non solo le abitudini ma anche il modo di lavorare e di produrre.

Adesso è fondamentale avere le condizioni per creare senza limiti, aprire nuove prospettive, lanciare nuove idee e  al tempo stesso sono necessarie una solida formazione e specializzazioni sempre più pertinenti. In questo contesto si muovono e aumentano sempre di più gli esperti e i professionisti del lavoro freelance sul web. Infatti, scegliere un freelance significa poter affidare un importante progetto della propria azienda ad un esperto che conosce perfettamente la materia, che si tratti di un web designer, di un programmatore, di un traduttore o di un copywriter. scegliere un freelance significa poter "assumere" temporaneamente un professionista senza dover coprire i costi aggiuntivi tipici dell'impiego fisso.

Vediamo come funzionano le offerte di lavoro per i freelance sul web.

Un esperto autonomo può dedicarsi a diversi clienti, ottimizzando il proprio profilo professionale e aggiornando in continuazione le proprie capacità. E’ questo il nuovo modo di produrre che permette di liberare le potenzialità della web economy, dell'e-commerce e di tutta la realtà digitale proponendo e cercando i progetti che le aziende offrono per tagliare i costi. Il lavoro di freelance funziona su due livelli: uno è una proposta del proprio progetto o individuare il progetto presentato dall’aziende che si avvicini alle proprie caratteristiche lavorative, specializzazione.

Chi sono i freelance? sono risorse specializzate nel proprio settore di competenza, elementi sempre più rilevanti per far fronte alle esigenze aziendali su progetti a breve o medio termine; il più delle volte sono figure di alto profilo, che possono  quindi affidabili, di grande qualità e a prezzi competitivi. Un mercato da cui le aziende possono “attingere” selezionando al meglio secondo le proprie necessità. In generale i professionisti maggiormente ricercati dalle aziende fanno capo al mondo tecnologico e dell’online, così come quello della grafica e del copywriting.

Innanzitutto questa tipologia di lavoro si può chiamare cloudworking, crowdsearching oppure semplicemente collaborazione a distanza. Ormai è fatto noto che copywriter, ingegneri, designer, giornalisti, architetti, assistenti virtuali frequentano i grandi mercati online che incrociano domanda e offerta di lavoro in outsearching in cerca di opportunità globali.

I datori di lavoro italiani iscritti a Freelancer sono 6.500 e finora hanno messo in Rete oltre 33.000 progetti da realizzare in tutto il mondo. Dove? L'Asia è in pole position: quasi il 30% sono affidati in India (immaginate, basta un click e sei in contatto con un abile ed economico programmatore di Bangalore), seguono Pakistan e Bangladesh (8 e 7%). I vantaggi sono presto detti: con 350-400 euro cominci il tuo e-commerce e risparmi sul costo del lavoro di una o più persone a contratto e comunque dai lavoro.

I portali di riferimento tra la domanda e l’offerta di lavoro in questa specifica modalità sono numerosi e rappresentano un punto di riferimento per i tanti professionisti sparpagliati in tutto il mondo. Tra le piattaforme di outsearching più interessanti troviamo:

odesk.com;
elance.com ;
freelancer.com;.
twago.it

Secondo i dati di freelancer.com, i 10 campi di lavoro in maggiore crescita nel primo trimestre dell’anno sono: BPO - Business Process Outsourcing, Article Submission, Technical Writing, 3D Modeling, Email Marketing, Android, PowerPoint, Wordpress, HTML5 consulting, Illustrator design

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