domenica 3 novembre 2013

Parlamento italiano gli stipendi in tempi di crisi



Crisi economica, stipendi ridotti, concordati preventivi e fallimenti ? Per molti, ma non per tutti. Certamente non, per i parlamentari, che il loro ricco stipendio se lo trovano in ogni caso accreditato sul proprio conto corrente ogni mese, puntualmente. Ma a guardar bene non sono soltanto deputati e senatori a godere di ottimi ingressi: anche chi a Montecitorio ci lavora, pur non essendo un eletto, se la passa “egregiamente”.

I risultati secondo la «United for a fair economy», organizzazione che da Boston si batte contro la diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza. Dice una loro ricerca che se nel 1940 un amministratore delegato guadagnava 14 volte un lavoratore medio, oggi la proporzione è salita a 531 contro 1. E ci sono casi dove la distanza tra la base e il vertice di un’azienda è ancora maggiore: come per la Fiat, dove Sergio Marchionne guadagna 1.037 volte il suo dipendente medio. Un’esagerazione, la naturale evoluzione del capitalismo, oppure la giusta distanza? In ogni caso l’esatto opposto di quello che viene fuori sfogliando le tabelle allegate al bilancio della Camera dei deputati, in questi giorni all’esame dall’Aula. La distanza fra base e vertice è minima, la piramide delle busta paga si schiaccia come nemmeno negli Stati Uniti del 1940. E non perché la retribuzione dei vertici sia bassa, ma perché quella della base è molto elevata.

Il vertice di Montecitorio, il segretario generale, ha stipendio e responsabilità analoghe a quelle dell’amministratore delegato di una grande azienda: entra con uno stipendio di poco superiore ai 400 mila euro lordi l’anno, ai quali si aggiunge l’indennità di funzione.

Ma è scendendo verso la base nella piramide che cresce vertiginosamente la distanza delle retribuzioni dal mercato. Gli operatori tecnici - categoria nella quale rientrano i centralinisti, gli elettricisti e pure il barbiere di Montecitorio - vengono assunti con uno stipendio che supera di poco i 30 mila euro lordi l’anno. Ma già dopo 10 anni la loro busta paga è quasi raddoppiata, superando quota 50 mila, e a fine carriera può arrivare a 136 mila euro l’anno. Tradotto: un elettricista, un centralinista e un barbiere della Camera, anche se a fine carriera, messi insieme guadagnano quanto il segretario generale, che è pur sempre a capo di 1.500 persone.

E una fotografia che ha davvero poco a che fare con le busta paga dei lavoratori “normali”, sia del settore privato che di quello pubblico. Per capire: il reddito medio degli italiani, al netto della nostra evasione fiscale record, si ferma di poco sotto i 20 mila euro lordi l’anno. Quasi la metà di un centralinista della Camera dei deputati ad inizio carriera. E di esempi possibili ce ne sono altri ancora. Gli oltre 400 assistenti parlamentari, cioè i commessi di Montecitorio, guadagnano in media come il direttore di una filiale di banca, eppure in generale non svolgono compiti molto diversi dagli uscieri di altri simili uffici pubblici. Inoltre, sono numerosissimi: 0,7 per ogni deputato, dopo il taglio voluto dall’attuale segretario generale, mentre dieci anni fa il rapporto era addirittura 1 a 1.

La busta paga degli oltre 170 «consiglieri parlamentari» ha in media lo stesso peso di quella di un primario ospedaliero, ma a fine carriera supera i 350 mila euro l’anno. Mentre il primario ha la responsabilità di un reparto, i consiglieri si limitano a svolgere attività di studio e ricerca, o di assistenza giuridico legale e amministrativa.

In realtà a complicare i calcoli c’è anche quella moltitudine di indennità che si aggiungono allo stipendio minimo e che riguardano tutti i livelli dell’amministrazione: dai 662 euro netti mensili riservati al segretario generale giù fino ai 108,97 euro, sempre netti e al mese, per gli autisti parcheggiatori, passando per gli 85 riservati a chi lavora in cucina e per i 108 incassati dagli addetti al recapito della corrispondenza.

In Italia le imprese chiudono, gli imprenditori si ammazzano, le famiglie non ce la fanno più a pagare le tasse. Ma che lavoro in Parlamento problemi di soldi non ne ha: è il bello che tutti quegli stipendi d’oro glieli paghiamo noi cittadini.


Osservatorio Mercer 2013 stipendi neolaureati in UE



Primo contratto in Francia: 35mila euro. Primo contratto in Germania: 40mila euro. E in Italia? Lo scarto si allarga: addirittura 15mila euro.

Una recente ricerca dell'Osservatorio Mercer 2013 sul costo del lavoro, a messo in evidenza che i neolaureati assunti nel nostro paese percepiscono mediamente una retribuzione annua lorda di 25mila euro. Nulla a che vedere con i colleghi di Berlino che sempre secondo i dati forniti dalla ricerca ne incasserebbero almeno 10mila in più.

L'indagine condotta dall'Osservatorio Mercer è stata redatta su un campione di 340 aziende italiane o stanziate in Italia, con fatturato medio sopra ai 128 milioni di euro e con un organico di circa 260 dipendenti. Nello specifico la ricerca racconta che un disegnatore meccanico in Italia, con un anno e mezzo di esperienza in curriculum può ambire a un massimo di 24mila euro annui, diversamente da quanto potrebbe attingere da Londra, ovviamente considerando anche il cambio in sterline, la sua parcella salirebbe di circa 41mila. Senza dimenticare benefit e scatti di carriera, con il doppio criterio di competenze specifiche e anni di esperienza: più competenze hai, maggiore è il premio salariale, più anni di produzione accumuli, maggiore è il fisso netto.

Secondo Elena Oriani, direttrice di Mercer Italia: "I neolaureati italiani costano poco rispetto a francesi, tedeschi e inglesi. Questa è un'opportunità per le multinazionali del nostro paese, che potrebbero reclutare giovani italiani e inserirli in un sistema di rotazione cross-countries, accrescendo così la cultura internazionale dell'azienda, prima che il giovane italiano si rivolga autonomamente all'estero per avviare la propria carriera".

I bonus erogati nel 2013 sono scesi fino al 20%: incentivi alleggeriti di 20mila euro rispetto al target prefissato.

Sempre secondo la ricerca le donne percepiscono uno stipendio dell'8% più basso rispetto ai colleghi uomini, nulla di nuovo in questo senso, anche se la forbice si restringerebbe scalando le gerarchie aziendali fino alla posizione di direttore generale o direttore di prima linea. La forbice si restringe nelle posizione di direzione. O meglio, si restringerebbe: scalando le gerarchie aziendali fino alla posizione di direttore generale o direttore di prima linea, le "quota rosa" aziendali tendono allo zero.

I numeri sono confermati dalla ricerca. Che avanza una proposta: piani per intercettare i talenti in fuga, inserendoli in schemi di formazione internazionale. Il ragionamento è lineare, soprattutto per colossi con una fatturazione sopra i 200 milioni: «I neolaureati italiani costano poco rispetto a francesi, tedeschi e inglesi - spiega Elena Oriani, direttrice di Mercer Italia -. Questa è un'opportunità per le multinazionali del nostro paese, che potrebbero reclutare giovani italiani e inserirli in un sistema di rotazione "cross-countries", accrescendo così la cultura internazionale dell'azienda, prima che il giovane italiano si rivolga autonomamente all'estero per avviare la propria carriera».


Orientamento anticipato alle medie e docenti formati in azienda: ecco le ultime novità sul decreto Scuola


Per il decreto Carrozza, la commissione Cultura della Camera punta a licenziarlo per farlo approdare in Aula a Montecitori. Ma sul provvedimento pesano diverse questioni, a partire dal valzer delle coperture che potrebbero mettere a rischio l'intero articolato che a regime vale circa 470 milioni di euro (deve ancora arrivare il parere della commissione Bilancio)

Ci sono però anche nodi politici. In particolare, due. Sulle eventuali modifiche del cosiddetto bonus maturità (ieri in commissione c'è stata tensione tra il relatore al dl 104 Giancarlo Galan, che punta a una robusta revisione, e il Governo, che invece frena).

Sono poi stati accantonati gli emendamenti sull'alternanza scuola-lavoro e sul potenziamento dell'apprendistato nella scuola, negli Its e nell'università.

A quanto si apprende il ministero del Lavoro volti a far conoscere il valore educativo e formativo dell'apprendistato.  Mentre avrebbe dato parere negativo ad analoga proposta firmata dal Pd, in particolare dalla vice presidente della commissione Cultura, Manuela Ghizzoni, che propone di introdurre la possibilità per gli istituti scolastici di stipulare convenzioni con imprese per far svolgere agli studenti periodi di formazione presso le aziende sulla base di un contratto di apprendistato (in sostanza una sorta di "Erasmus in azienda").

Per ora sono stati approvati un'ottantina di emendamenti. Molti, piccole limature al testo o semplici precisazioni. Ma c'è anche qualche novità, e qualcuna di rilievo. All'articolo 8 dedicato ai percorsi di orientamento dei ragazzi è approvato un emendamento che anticipa l'attività di orientamento all'ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado (scuole medie), oltre agli ultimi due anni delle superiori. È stato approvato anche un emendamentoall'articolo 16 del dl Carrozza che apre alla formazione in azienda dei docenti impegnati nelle attività di alternanza scuola-lavoro al fine di promuovere lo sviluppo professionale specifico dei docenti coinvolti, attraverso l'apprendimento degli strumenti tecnico-laboratoriali più avanzati.



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