lunedì 27 gennaio 2014

Electrolux, pesante taglio dei salari e chiusura in Friuli



Si è tenuto a Mestre l'incontro tra le parti sociali e l'azienda svedese di elettrodomestici che prevede la riduzione dei salari da 1.400 a 700 euro. I sindacati annunciano: "Andremo da Letta. Piano irricevibile, sarà lotta dura". La presidente del Friuli Serracchiani: "Soluzione è una: mantenere i 4 siti aperti".

Sospendere gli effetti della contrattazione di secondo livello che vale circa 130 euro al mese sugli attuali stipendi medi da 1.350 e andare verso la chiusura dello stabilimento di Porcia (Pordenone). In più taglio dell'80% dei 2.700 euro di premio aziendale e riduzione delle orario a 6 ore. Sono le richieste shock presentate da Electrolux ai sindacati, secondo le fonti consultate dal Sole 24 Ore, nel corso della riunione fiume di oggi a Mestre.

Il gruppo svedese ha lavorato ad una proposta che punta a ridurre gli attuali 24 euro di costo orario di 3-5 euro medi. Effetto della concorrenza asiatica, coreani di Samsung ed Lg in testa. Nessuno al momento può garantire, per esempio, che neppure lo stabilimento in Polonia si salvi dai complessivi 2.000 tagli previsti dalla multinazionale, di cui 1.500 in Europa.

Altre fonti hanno parlato di un'alternativa ancora più dura da parte di Electrolux: riduzione di circa il 40% di stipendio, per salvare i quattro stabilimenti italiani. In questo caso si tratterebbe di accettare un taglio dei salari dagli attuali 1.400 Euro mensili a 700-800 euro, sempre con una riduzione dell'orario a 6 ore. Tra le prospettive resterebbe valido un numero di esuberi aumentato rispetto all'inizio della trattativa: circa 700 fra Solaro (Milano), Forlì e Susegana (Treviso), che producono lavastoviglie, forni e piani cottura, frigoriferi.

Resta tuttavia in primo piano l'ipotesi chiusura per lo stabilimento Porcia (Pordenone) - dove si producono frigoriferi, 1.200 dipendenti in tutto, ma 2.000 lavoratori coinvolti con l'indotto - per il quale nei giorni scorsi prima Unindustria e poi la Regione hanno presentato il proprio piano per trattenere la multinazionale. Per il sito produttivo friulano l'azienda svedese non ha nemmeno presentato un piano industriale. Sul lavoro a Porcia il taglio sarebbe stimato in 7,50 euro l'ora ma il costo del prodotto finito graverebbe di 30 euro a pezzo mandando fuori mercato la produzione. A questo punto sono indispensabili interventi della Regione e del Governo. Ogni soluzione è da verificare.

La minaccia implicita è che se il piano non dovesse essere accettato verrebbero bloccati in toto gli investimenti che il gruppo avrebbe intenzione di fare in Italia. Qualora, invece, il piano fosse comunque approvato dai sindacati, si prevedono investimenti per 28 milioni di euro a Forlì, 40 milioni a Solaro e 22 a Susegana. Per la decisione definitiva c'è tempo fino ad aprile.

«Ora andremo a parlare della nostra vicenda che è paradigmatica per l'intero Paese con il premier Enrico Letta». È unanime la posizione dei sindacalisti che hanno incontrato a Mestre il gruppo Electrolux per affrontare il futuro dei quattro stabilimenti italiani. «Abbiamo atteso invano un confronto con il ministro per lo Sviluppo, Flavio Zanonato, che non c'è mai stato - hanno detto i delegati e le Rsu - ora andiamo direttamente da Letta perché Electrolux per sbarcare in Italia ha usato soldi degli italiani ed ora per guardare ad Est utilizza fondi Ue che in parte sono sempre nostri».

«Quello che temevamo è successo. Electrolux ha presentato un piano che é sostanzialmente irricevibile ed impedisce alla parte sindacale di proseguire il confronto con l'azienda. È inutile rivolgere al gruppo dirigente della multinazionale svedese dell'elettrodomestico altre valutazioni», ha dichiarato Rocco Palombella, segretario generale della Uilm. «Da tempo - ha spiegato Palombella - denunciavamo il rischio di desertificazioni industriali e le proposte di riorganizzazione ascoltate oggi a Mestre inducono il Paese a rischiare tale disastro se il governo non riesce ad avanzare un piano organico di azioni mirate per tutelare il settore manifatturiero».

E l'azienda? Prima di prendere una decisione definitiva sullo stabilimento di Porcia, Electrolux considera che «debbano essere ricevute e considerate ulteriori potenziali proposte da parte di tutti gli attori coinvolti, che consentano alla fabbrica di colmare i gap ancora presenti», ha commentato il responsabile della contrattazione aziendale per Electrolux Italia, Marco Mondini, al termine della giornata di confronto a Mestre. Negli scorsi giorni la Regione Friuli Venezia Giulia ha presentato un piano di interventi per rilanciare l'industria regionale, e Unindustria Pordenone ha illustrato un contratto d'impresa che punta a ridurre il costo unitario del lavoro del 20%. «La decisione dell'azienda - ha concluso Mondini - verrà presa solo alla fine dei prossimi confronti e tenendo conto degli eventuali nuovi contributi che dovessero essere posti al tavolo negoziale».

«Il problema è che i prodotti italiani in tutto il campo dell'elettrodomestico sono di notevole qualità ma risentono di costi produttivi superiori a quelli dei nostri concorrenti», ha sottolineato il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato a margine di un convegno alla Farnesina, interpellato sull'incontro tra sindacati e la direzione italiana di Electrolux. «Sentiamo che proposta emerge», ha aggiunto il ministro, rimarcando l'impegno a «dare una mano a un comparto strategico per la nostra industria».

«Letta e Zanonato ci convochino immediatamente per valutare assieme le proposte da rilanciare alla multinazionale: il Governo non faccia il notaio della volontà svedese». Così in serata la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, intervenendo sulla vertenza Electrolux. «È inaccettabile - ha aggiunto - che il Governo assista inerte mentre accade quello che si temeva e che abbiamo denunciato. Per il Friuli Venezia Giulia la chiusura di Porcia è una prospettiva che non prendiamo in considerazione».

La vittima predestinata è lo stabilimento di Porcia (Pordenone), dove oltre al taglio più pesante sul fronte salariale non è previsto alcun piano industriale; questo perché le lavatrici prodotte nella fabbrica friulana costano, a pezzo, 30 euro di troppo, e sono vittima della concorrenza dei marchi Far Est, Samsung ed Lg. Per gli altri tre stabilimenti, ci sono comunque dei tagli lineari ma vi sarebbero come contropartita – se il piano passasse – investimenti di 40 milioni di euro per Solaro, 28 per Forlì e 22 per Susegana.


Il manager del 2014 è digitale le nuove professioni



Secondo lo studio “CEO Briefing 2014 - The Global Agenda: Competing in a Digital World” condotto da Accenture ed Economist Intelligence Unit (EIU), nel mondo i top manager hanno fiducia nella ripresa del proprio business e dell’economia nel 2014. Benché molti vedano le esportazioni e il lancio di nuovi prodotti e servizi come motori di sviluppo, la ricerca mette in luce le grandi potenzialità degli investimenti nel digitale per stimolare la crescita e conquistare nuovi clienti.

La nuova frontiera tra le professioni digitali? Si chiama Real time bidding (Rtb) manager. In pochi sanno chi è e che cosa fa, ma a detta dei recruiter di alti profili sarà questa la figura professionale su cui scommettere nel 2014. Uno stratega commerciale, capace di decidere in tempo reale dove pubblicare i banner, certo della possibilità di raggiungere immediatamente il target previsto dalla sua campagna pubblicitaria. In che modo? L'esperto di Rtb partecipa a un'asta virtuale, per aggiudicarsi gli spazi del catalogo che viene messo a disposizione da editori e concessionarie su appositi mercati. Così, per esempio, l'Rtb manager che agisce per conto di un inserzionista proprietario di una nota marca di abbigliamento può cercare di conquistare una "finestra" all'interno di siti di e-commerce in cui sono attivi utenti che hanno acquistato vestiti online. È lì che piazzerà il suo banner, a un prezzo che sarà quello finale dell'asta. Il ruolo richiede una profonda conoscenza della pianificazione pubblicitaria oltre che un solido background tecnico maturato nella gestione di piattaforme media, con la capacità di sfruttare al meglio le informazioni che gli utenti del web rendono pubbliche, attraverso motori di ricerca e social network.

Il real time bidding vale oggi il 3% del mercato dell'advertising digitale, ma si stima che, investendo in scelte innovative, il valore possa crescere in maniera costante in pochi anni, raggiungendo i livelli degli Stati Uniti, dove rappresenta il 30% del totale del mercato. Digital, ma non solo, nella top ten dei manager più richiesti dalle aziende, secondo l'osservatorio realizzato da Michael Page, una delle più importanti società di selezione di personale specializzato a livello internazionale. «La strategia commerciale di diversificazione - spiega il managing director Tomaso Mainini - sta spingendo molte aziende a esplorare nuovi mercati geografici e a investire su nuove tecnologie per fidelizzare i propri clienti e raggiungerne di ulteriori». Una tendenza che sta prendendo piede da qualche mese ed è confermata «da un incremento del 20% di richieste di manager con esperienza nell'export e nel digital» continua Mainini. In quest'ambito i professionisti più richiesti sono l'e-commerce manager e il Chief technology officer. Il primo è responsabile del canale di vendita online e la sua mission è assicurare il raggiungimento degli obiettivi di fatturato, attraverso la messa a punto del catalogo prodotti. Il secondo profilo, invece, individua le migliori tecnologie adatte all'azienda e organizza gli interventi per mantenerle efficienti e operative. A questi profili si aggiungono le nuove figure del lean manager e del proposal engineer, ruoli fondamentali se l'azienda intende ridurre gli sprechi, oltre che rendere competitiva la propria divisione sales. Il lean manager si occupa di ottimizzare i processi, abbassando i costi operativi; è responsabile dell'applicazione del just in time e dell'armonizzazione dei flussi di materiali e informazioni. Il proposal engineer, invece, ricopre un ruolo chiave nel business delle imprese che operano su commessa: supporta le divisioni sales nella stesura dell'offerta commerciale, curandone gli aspetti tecnici, spesso in tempi ristrettissimi. Nella top ten dei più richiesti anche direttore commerciale, finance & administration manager, direttore risorse umane e direttore amministrazione, finanza e controllo. «Sono tutte professionalità - conclude Mainini - che anche in un momento di difficoltà del mercato possono garantire ai manager con una solida esperienza alle spalle un incremento di retribuzione tra il 20 e il 25 per cento».

Dallo studio emerge come i top manager vedano i mercati esteri come leva principale per crescere. Il 58% degli intervistati afferma che intende intensificare gli investimenti al di fuori del mercato nazionale, contro il 42% che si concentrerà sul mercato interno, Italia, Canada, Cina e Giappone su tutti. Al contrario, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Corea del Sud punteranno maggiormente sulle esportazioni.
Nei prossimi tre anni il 68% degli intervistati conta di promuovere la crescita sul mercato domestico attraverso lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, mentre il 32% si concentrerà sulla valorizzazione dell’offerta esistente. Per quanto riguarda i mercati esteri, il 70% dichiara di focalizzarsi sulla vendita di nuovi prodotti e servizi. In entrambi i casi, la maggior parte degli intervistati vede prioritaria la conquista di nuovi clienti, piuttosto che il consolidamento di quelli attuali.
“I top manager sono molto positivi rispetto al 2014, soprattutto per ciò che riguarda la possibilità di vendere nuovi prodotti a nuovi clienti in nuovi mercati”, ha affermato Brian Gardner, senior editor di EIU. “Tuttavia, il rischio è quello di perseguire la crescita solo attraverso queste strade, trascurando gli investimenti che sono necessari per cogliere appieno le potenzialità di crescita. L’ingresso di nuovi attori sul mercato, il calo della domanda dei consumatori e il consolidamento di diversi settori sono stati spesso ricordati dagli intervistati come i tre maggiori rischi che le imprese devono affrontare”.
Le potenzialità ancora non sfruttate del digitale
Nonostante le tecnologie digitali siano considerate dalla larga maggioranza degli intervistati elementi destinati ad avere un forte impatto nei prossimi 12 mesi sul proprio business, meno di un terzo (31%) le utilizza come leva per stimolare la crescita o trovare nuovi modi per raggiungere i clienti. Il 59% degli intervistati continua a percepire il digitale esclusivamente come strumento per migliorare l’efficienza dei processi e ridurre i costi.
“La possibilità di crescere nel prossimo futuro dipenderà in misura sempre maggiore dall’uso strategico del digitale per penetrare in nuovi mercati, creare esperienze innovative per i clienti e proporre prodotti e servizi del tutto nuovi. Molte imprese stanno ancora orientando i propri investimenti digitali verso l’obiettivo sbagliato”, ha commentato Bruno Berthon, Managing Director di Accenture Strategy. “Per aprirsi a nuovi mercati con nuovi prodotti e servizi, occorre spostare l’obiettivo degli investimenti digitali dal miglioramento dell’efficienza interna alla vera conquista delle opportunità che il mercato offre”.
Investire nel capitale umano
La fiducia nella ripresa dell’economia ha un impatto positivo sulle risorse umane: il 65% degli intervistati prevede un aumento del proprio organico nel corso del 2014 e il 75% intende aumentare l’investimento complessivo nel capitale umano, superando coloro che hanno previsto investimenti nei beni materiali e immateriali. Secondo i top manager, infatti, l’istruzione e la formazione sono al primo posto tra i fattori che possono migliorare la competitività della propria organizzazione e anche del proprio Paese.


Perché i giovani non trovano lavoro. E’ importante la lingua inglese



L'attestato di conoscenza di una lingua straniera, detto anche diploma linguistico, è una certificazione riconosciuta a livello internazionale che, dopo aver superato un esame presso una scuola o un Istituto culturale abilitato, documenta ufficialmente il livello di padronanza linguistica raggiunto dal candidato.
Per la lingua inglese, i certificati riconosciuti sono numerosi e di diverso genere, a seconda del paese anglofono che li rilascia (Gran Bretagna, Irlanda, USA, Canada, ...) e delle finalità per le quali si intende conseguirli, che possono essere generali o relative a un settore professionale (insegnamento, ambito commerciale, legale, finanziario, ecc…), propedeutiche a un percorso di studi o richieste per motivi di lavoro, non solo all'estero.
Generalmente, gli esami e i relativi certificati sono suddivisi in vari gradi di competenza che vanno dall’elementare all’avanzato, per i quali è stata elaborata una corrispondenza con i livelli di riferimento stabiliti dal Consiglio d’Europa nel Quadro comune europeo di riferimento per le lingue.

L’importanza di reagire ai momenti di stress e alle crisi aziendali. La capacità di cogliere le occasioni per colmare le proprie lacune. Dalle lingue straniere ai corsi di formazione. I suggerimenti di Alessandro Trevia, Human Resource Director di Zimmer

Qual è secondo lei l’errore che non deve fare mai un candidato licenziato in occasione di una selezione?
In fase di selezione ho visto molti cv che non si capivano. Le persone, per paura, nascondevano con delle situazioni poche chiare quello che era accaduto. Si deve essere trasparenti. Per quanto mi riguarda, perdere il lavoro è un problema personale, un rallentamento, ma non è uno stop. Non bisogna mai mentire quello che è accaduto. In fase di colloquio si deve essere trasparenti e chiari, mai dire che è sempre colpa dell'azienda, si può fare un critica costruttiva, può essere che sia fallita per ragioni finanziare, ma si deve riuscire a rintracciare anche propri eventuali errori.

In questi ultimi tempi le è capitato durante una selezione di avere a che fare con un candidato che aveva perduto il posto?
Li ho incontrati. Mi è successo, anche di recente. Uno dei candidati migliori durante una recente selezione ha avuto un momento di rottura con un'azienda durante il quale ha trovato il modo di tentare un'attività in proprio, poi ha trovato un altro posto in un'altra impresa. Per quanto mi riguarda questo era il candidato migliore. Ha mostrato la capacità di reagire a momenti di stress. Aveva capito che l'azienda non era quella giusta, così come l'azienda aveva capito che lui non era la figura adeguata a quella posizione. E hanno interrotto il rapporto. Durante il colloquio con questa persona abbiamo parlato a lungo proprio di quanto accaduto.

E per lei era importante capire cosa era accaduto?
In questo momento perdere il lavoro ci sta. E' dovuto alla condizione contingente. Nel caso specifico di questo candidato invece il "buco" risaliva al 2002. E' stato interessante capire anche perché il comportamento in queste occasioni ci aiuta a capire come la persona reagisce al momento di stress. Io ho lavorato anche all'estero e mi sono accorto che in altri paesi, l'interruzione del lavoro viene vissuta forse in maniera meno traumatica di quanto non accada in Italia.

Qual è secondo lei la migliore cosa che può fare un giovane che perde il lavoro per non vedere diminuito il vostro interesse?
E' molto importante investire ancora nella formazione. Molti giovani, purtroppo me ne accorgo ogni giorno, non sanno l'inglese. Ecco investire in questo momento con un'esperienza all'estero, una full immersion per recuperare il terreno, è importantissimo. Se invece le lingue si conoscono bene, ci sono tantissime possibilità di formazione anche finanziate dall'Unione europea. Purtroppo l'università non ci dà molte soddisfazioni.

E per i giovani che non sono laureati?
Anche per loro quel che conta di più e fare vedere che non ci si è fermati. Ci vuole anche il coraggio di accettare qualcosa non in linea con il curriculum. In questo momento preferisco vedere un capo-contabile che accetta di fare il contabile, che un giovane che rimane fermo. Sarebbe incomprensibile.

C’è un consiglio possibile anche per figure più mature?

Anche per loro sono importanti le lingue. Anche nel loro caso sono pochi quelli che masticano bene l'inglese. Anche per un 45-50enne l'inglese è un valore aggiunto. Ad ogni modo per loro è anche molto importante riuscire anche a svolgere un'attività di natura consulenziale. Se è giusto che un direttore vendite non accetti di andare a fare il porta-porta, è però sensato andare a vendere un proprio progetto con una propria struttura e poi rientrare per trovare la giusta soluzione.

L'Italia si conferma il paese Ue con la più bassa incidenza di under 30 sui contratti di assunzione: 1,2 su 10. Per capirsi, un giovane "reclutato" ogni 10 posizioni aperte. In Germania e Regno Unito la proporzione sale del doppio e del triplo, con rapporti stabili anche in piena recessione a 2,6 su 10 e a 3 su 10. Il gap si rispecchia in una probabilità di disoccupazione che sembra ancorata più all'età che al curriculum. Secondo un'elaborazione McKinsey su dati Eurostat, per gli under 30 la possibilità di essere inattivi è di 3,5 volte superiore a quelle dei colleghi che rientrano nella popolazione adulta. Il confronto con l'Europa è spietato: la forbice, sul tasso medio di disoccupazione registrato tra 1992 e 2013, oscilla tra il 2,3 della Gran Bretagna, il 2,2 della Francia e addirittura l'1,2 della Germania. E tra la province italiane? La frattura resta dov'è. O si allarga. In città dove i tassi di inoccupati sopra i 30 o i 40 anni d'età viaggiano su standard (relativamente) positivi, le percentuali si gonfiano fino a sei volte tanto nella fascia tra 15 e 29 anni. A Pavia e Verona, rispettivamente prime e seconde nel ranking di «massima criticità» elaborato da McKinsey su dati Eurostat, una disoccupazione adulta del 4,1% e del 2,4% cresce tra gli under 30 fino al 24,4% e al 13,8%.


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