mercoledì 2 aprile 2014

Marianna Madia e la staffetta generazionale nella Pubblica amministrazione



La parola d’ordine è rinnovamento. Il ministro della Semplificazione e la Pubblica amministrazione Marianna Madia illustra in commissione Affari costituzionale e Lavoro della Camera le linee programmatiche della staffetta generazionale, il meccanismo su cui sta lavorando per abbassare l’età media degli impiegati pubblici.

Serve «un grande progetto di staffetta generazionale», con «un processo di riduzione non traumatica dei dirigenti e dei dipendenti vicini alla pensione per favorire l'ingresso di giovani». Così il ministro per la Semplificazione e la Pa, Marianna Madia, in audizione davanti alle commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera, rilancia la sua proposta che ha già fatto discutere all'interno del governo.

«Se non si fa, non ci può essere rinnovamento» dell'amministrazione, «ma solo agonia», ha detto il ministro per il quale il progetto va ancora definito, sicché l'idea avanzata nei giorni scorsi di prevedere un'entrata ogni tre uscite «era solo un esempio». Il ministro ha auspicato anche l'introduzione di un «ruolo unico nella dirigenza pubblica» per superare le «distorsioni» nei ministeri, a causa delle quali «alle Politiche agricole o alla Salute si guadagna di più che alle Infrastrutture». Forte il richiamo sulla necessità di maggiore «mobilità nella Pa».

Per Madia il progetto "staffetta generazionale" «non vuole mettere in discussione gli equilibri» della spesa pubblica ottenuti con la riforma delle pensioni. Il ministro ha evidenziato, invece, i risparmi derivanti dalle differenza «tra gli stipendi attualmente pagati e quelli dei neo assunti». Madia ha aggiunto che «l'amministrazione non può permettersi e non ha bisogno di alcun blocco delle assunzioni». Ha bisogno invece «di cambiamento, di rinnovamento e di nuove competenze fresche».

Ma la Ragioneria generale dello Stato boccia la proposta del ministro di prepensionare gli statali per favorire il ricambio generazionale. Se si mandano via persone che non vengono rimpiazzate, ha detto Francesco Massicci (a capo dell'Ispettorato generale per la spesa sociale della Rgs) in un'audizione davanti alla commissione di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, «viene meno lo stipendio e la pensione ed è un costo neutrale. Ma se mando via persone che devo sostituire devo pagare lo stipendio, la pensione e la buonuscita e la legge deve prevedere una copertura», ha spiegato Massicci. Lo ha fatto precisando di non «conoscere le proposte» del governo e di non essere «nelle condizioni di poter valutare come nascono gli 85mia esuberi» cui ha fatto riferimento il commissario per la spending review Carlo Cottarelli.

Il ministro Madia, nella sua audizione, ha sottolineato poi l'esigenza di una maggiore mobilità per dare efficienza alla Pa. «La mobilità che serve nella Pa deve consentire spostamenti di personale, sia tra i diversi comparti sia tra diversi livelli amministrativi con un conseguente allineamento delle diverse tabelle retributive e degli inquadramenti» ha detto il ministro per il quale «la nostra amministrazione ha bisogno di un piano strategico di redistribuzione delle risorse». Secondo Madia «l'attuale disciplina della mobilità del personale non ha impedito di avere uffici in forte carenza di personale e altri con palesi eccedenze». E il ministro a tal proposito si è detta «pronta a un confronto innovativo di idee con le parti sociali».

Madia ha annunciato poi l'intenzione di introdurre un ruolo unico della dirigenza pubblica, eventualmente articolato per territorio e per specifici profili professionali, utile per superare le distorsioni generate dall'attuale sistema di reclutamento e di carriera. «Il ruolo unico - ha spiegato Madia - ci permette di raggiungere due importanti obiettivi: mettere ordine nelle retribuzioni e consentire una reale mobilità tra le amministrazioni, con la rotazione degli incarichi».

Quanto all'annunciato taglio del cuneo fiscale con ricadute sugli stipendi dei lavoratori dipendenti a reddito più basso, per Madia gli 80 euro in più in busta paga «di fatto significano, per il pubblico impiego, l'equivalente di un rinnovo contrattuale che altrimenti non sarebbe stato possibile».

Insomma, serve «un grande progetto di staffetta generazionale» con «un processo di riduzione non traumatica dei dirigenti e dei dipendenti vicini alla pensione per favorire l’ingresso di giovani. Se non si fa, non ci può essere rinnovamento dell’amministrazione, ma solo agonia». Il primo obiettivo che si pone il ministro per la Pubblica amministrazione Maria Anna Madia è «semplificare il linguaggio e l’azione amministrativa» in quanto spesso si approvano «norme illeggibili e circolari incomprensibili». Gli 80 euro in più in busta paga, ha detto Madia, che auspica un confronto innovativo con le parti sociali, «di fatto significano, per il pubblico impiego, l’equivalente di un rinnovo contrattuale che altrimenti non sarebbe stato possibile.


venerdì 28 marzo 2014

Visco: parti sociali frenano sviluppo e lavoro




"Rigidità legislative, burocratiche corporative, imprenditoriali, sindacali, sono sempre la remora principale allo sviluppo del nostro paese". Lo ha detto il governatore di Bankitalia Ignazio Visco rifacendosi alle parole di Guido Carli, durante la celebrazione del centenario della nascita dell'economista alla Luiss.

Le conseguenze dell'immobilismo della politica e della società italiana "sono diverse da quelle che si manifestavano negli anni settanta: mentre allora era l'inflazione, oggi è il ristagno".
I "segnali di risveglio che vediamo sono incoraggianti, ma vanno confermati con un'azione riformatrice costante" dice il governatore, aggiungendo che "solo affrontando risolutamente i nodi strutturali" sarà possibile riprendere un sentiero di crescita robusta e duratura.


"Mi sembra un riproporre di ricette che hanno già mostrato il loro fallimento". Così il segretario generale della Cgil, Camusso, rispondendo al Governatore di Bankitalia,Visco, che, ricordando Guido Carli,ha criticato la rigidità di imprese e sindacati che 'frena lo sviluppo'. "Visco -ha aggiunto Camusso- richiamando Carli ha riprodotto un vecchio concetto dei 'lacci e lacciuoli'.Quella,se non erro,era la stagione nella quale il Paese ha cominciato a disinvestire sul lavoro,a precarizzarlo".

Il segretario generale della Uil, Angeletti,replica alle accuse formulate dal governatore di Banca d'Italia,Visco,sul ruolo di imprese e sindacati nella crisi attuale. Secondo il leader della Uil, la Banca d'Italia, come azionista della Bce, non ha gestito nel modo migliore la crisi, come dimostrerebbe il numero di disoccupati in Europa, decisamente superiore a quello degli Stati Uniti."Hanno fatto delle politiche per le quali metà dei giovani non hanno lavoro. Una forma di autocritica ci piacerebbe sentirla".

Il segretario della Cisl, Bonanni, risponde a distanza al governatore della Banca d'Italia, Visco, che ha affermato che la rigidità frena il Paese chiedendo quindi riforme strutturali da varare con urgenza. "Ci sono alte autorità che spesso parlano a vanvera, non si deve fare di tutto un'erba un fascio, e questo purtroppo è anche il comportamento di alte autorità. Stanno gridando allo sfascio e stanno diventando loro gli untori del populismo italiano. Se il governatore della Banca d'Italia, Visco rendere un servizio al Paese dovrebbe parlare con coraggio delle banche invece di scaricare responsabilità sui sindacati".



Dal primo aprile 2014 taglio stipendi dei manager pubblici



Dall'1 aprile i compensi dei manager delle società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dal Tesoro, sono soggetti immediatamente al tetto definito in base allo stipendio del presidente della Corte di Cassazione. Lo rende noto il Mef specificando che i limiti non riguardano le Enel, Eni, Finmeccanica, né Ferrovie, Cdp e Poste. La nuova misura ministeriale sui compensi riguarda soltanto le società partecipate non quotate. Il nuovo tetto sarà definito in base alla retribuzione del presidente della Corte di Cassazione.

Tre fasce per i tetti agli stipendi degli amministratori delegati e dei presidenti delle società controllate dal Mef. Dal 1° aprile i compensi dei manager delle società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dal Tesoro, sono soggetti immediatamente al tetto definito in base allo stipendio del presidente della Corte di Cassazione. Una nota del Mef elenca tutti i numeri, elaborati in base a valore della produzione, investimenti e numero di dipendenti. Dal 1° aprile entrerà, infatti, in vigore, il decreto ministeriale 166/2013. L'entrata in vigore del decreto, spiega il Mef, impone «l'immediato adeguamento ai nuovi limiti dei compensi riconosciuti agli amministratori, come affermato dall'adunanza generale del Consiglio di Stato».

Per ciascuna fascia, specifica il Tesoro, è stato fissato un limite retributivo: per gli amministratori delle società della prima fascia il tetto è pari al 100% del trattamento economico del presidente della Cassazione (311.658,53 euro lordi); per la seconda fascia il tetto è pari all'80% (249.326,82 euro); per la terza fascia il tetto è pari al 50% (155.829,27 euro).

Per Anas, Invimit e Rai lo stipendio dell'amministratore delegato sarà di 311.658,53 euro, mentre quello dei presidente di 93.497,56 euro. Nelle note viene specificato che per il presidente-ad di Anas lo stipendio fissato è di 301mila euro. Invimit ha stabilito un compenso di 90mila euro per il presidente e 300mila euro per l'ad. Per Coni servizi, Consap, Consip, Enav, Euro (solo ad), Gse, Invitalia, Ipzs, Sogei e Sogin per l'amministratore delegato il tetto è 249.326,82 euro, mentre per il presidente 74.798,05. La nota specifica che il Cda di Coni Servizi del 2013 ha stabilito per il presidente un compenso di 110mila euro e per l'ad di 240mila euro. Nel 2013 è stato nominato il nuovo Ad di Eur per il quale sono stati confermati gli stessi compensi del precedente Ad (270 mila euro). Il Cda di Invitalia del 2013 ha stabilito per il presidente un compenso pari a 90mila euro e per l'Ad un compenso pari a 300mila euro. Ai sensi del Dl 201/2011 nel luglio 2012 Sogei ha ridotto la composizione del Cda da cinque a tre membri, unificando le cariche e le deleghe di presidente e amministratore delegato. Nel settembre 2013, su proposta dello stesso presidente il Cda ne ha deliberato la riduzione degli emolumenti a 301 mila euro. Il Cda di Sogin del 2013 ha stabilito per il presidente un compenso pari a 72 mila euro e per l'Ad un compenso pari a 242 mila euro. Per Arcus, Istituto Luce, Italia Lavoro, Ram, Sogesio, Studiare Sviluppo il tetto per l'amministratore delegato è di 155.829,27 euro, mentre quello del presidente è 46.748,78 euro.

Per ciò che riguarda Cdp, Ferrovie dello Stato e Poste italiane il compenso (articolo 2389, terzo comma, del codice civile) per l'ad e il presidente del consiglio di amministrazione non può essere superiore al 75% di quanto deliberato in occasione del precedente mandato. Il Cda di Cdp ha stabilito per il presidente un compenso di 225 mila euro e per l'Ad un compenso pari a 788 mila euro con una riduzione del 25% rispetto al precedente mandato ai sensi dell'articolo 23-bis, comma 5-quater del Dl 201/2011. Il Cda di Ferrovie dello Stato ha stabilito per il presidente un compenso di 225 mila euro e per l'Ad un compenso pari a 90 mila euro per la carica di amministratore delegato (con una riduzione del 25% rispetto al precedente mandato ai sensi dell'articolo 23-bis, comma 5-quater del Dl 201/2011) e di 753 mila come rapporto dirigenziale. Per Eni, Enel, Finmeccanica in sede di rinnovo degli organi di amministrazione è sottoposta all'approvazione dell'assemblea degli azionisti una proposta in materia di remunerazione degli amministratori con deleghe e delle loro controllate per una riduzione dei compensi analoga a quella delle società emittenti strumenti finanziari quotati diversi da azioni.

Per il presidente delle società controllate dal Tesoro cui siano state conferite deleghe che accompagnano quelle conferite all'amministratore delegato, può essere deliberato un compenso pari al massimo al 30% di quello deliberato per quest'ultimo. E' quanto prevede il decreto ministeriale sugli stipendi dei manager.
Nel suo comunicato il Tesoro richiama anche le norme che regolano i compensi per gli amministratori di tutte le società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni che emettono azioni (ENI, ENEL, Finmeccanica) o altri titoli negoziati su mercati regolamentati (Ferrovie dello Stato spa, Cassa Depositi e Prestiti spa, Poste Italiane spa) e loro controllate. Per queste società non sono attualmente previsti limiti in valore assoluto alle retribuzioni. 
Per le società di diritto italiano che emettono azioni quotate su mercati regolamentati e controllate da pubbliche amministrazioni italiane – quali Eni, Enel e Finmeccanica – l’assemblea degli azionisti – in occasione dei rinnovi dei consigli di amministrazione - deve deliberare in merito ad una proposta di adeguamento dei compensi dei presidenti e degli amministratori con deleghe alla norma richiamata, e il rappresentante del Ministero dell’Economia e delle Finanze in assemblea è vincolato a votare favorevolmente tale proposta. Resta inteso che per queste società la maggioranza assembleare potrebbe determinare un esito del voto diverso da quanto auspicato dalla norma. 

Poiché tale norma è in vigore a decorrere dal 21 agosto 2013, l’obbligo di conformarsi ad essa corre per tutte le società che nominano nuovi amministratori dopo questa data: in tal senso le prossime assemblee di Enel, Eni e Finmeccanica sono chiamate a deliberare al riguardo.

Anche le società che in occasione di nomine effettuate nei dodici mesi precedenti l’entrata in vigore della norma abbiano spontaneamente deliberato compensi inferiori a quelli percepiti dagli amministratori nel mandato precedente sono obbligate ad effettuare una ulteriore riduzione dei compensi, almeno nella misura della quota mancante all’abbattimento prescritto del 25% rispetto ai compensi deliberati per gli amministratori precedenti. La norma si applica anche alle società controllate da queste. «Per le società controllate dallo Stato che emettono strumenti finanziari quotati diversi dalle azioni - conclude il Ministero - la riduzione del 25% degli amministratori con deleghe opera, come detto, ex lege.»


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