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martedì 26 luglio 2016

Riforma pubblico impiego: addio a posto fisso e scatti automatici




Secondo la bozza del nuovo testo unico sul pubblico impiego, vengono eliminate due delle certezze dei dipendenti pubblici. Il documento, che appartiene ad una parte della legge delega sulla riforma della P.A., prevede che ogni anno tutte le amministrazioni comunichino al ministero della Pubblica Amministrazione le "eccedenze di personale" rispetto alle "esigenze funzionali o alla situazione finanziaria": in pratica i dipendenti in esubero possono essere trasferiti in un altro ufficio, purché questo si trovi a 50 chilometri da quello di provenienza, con la mobilità obbligatoria.

In alternativa, le 'eccedenze' possono essere messe in 'disponibilità', ossia non lavorano e percepiscono l'80% dello stipendio, compresi i contributi per la pensione. Ma se entro due anni non riescono a trovare un altro posto, anche accettando un inquadramento più basso con relativo taglio dello stipendio, il loro «rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto» praticamente licenziati. In teoria un meccanismo simile c’è già adesso. Con le nuove regole, invece, ci sarà lo stop alle assunzioni e il procedimento disciplinare per il dirigente.

Una differenza non da poco.

Di fatto finora le amministrazioni hanno l'obbligo di segnalare il personale in eccesso. Ma chi non lo fa non viene sanzionato. Adesso, col nuovo piano, i dirigenti dovranno segnalare i dipendenti in eccesso e qualora non lo facessero potrebbero venire sanzionati.

Per quanto riguarda gli scatti di anzianità, la bozza del nuovo testo li elimina del tutto e prevede che il lavoro dei dipendenti pubblici sia valutato ogni anno dai dirigenti.

Sulla base di tale valutazione, verrà assegnato un aumento, variabile a seconda delle risorse disponibili e comunque erogato a non più del 20% dei dipendenti per ogni amministrazione. Tra le altre novità c'è anche l'obbligo della conoscenza dell'inglese per i concorsi pubblici e la visita fiscale automatica che scatterà per le assenze del venerdì e nei giorni prefestivi. Inoltre, la bozza prevede anche il buono pasto di 7 euro al giorno, uguale per tutti gli impiegati, stop anche all'indennità di trasferta.

Sullo stipendio la novità era nell'aria, visto che gli scatti di anzianità sono stati congelati a lungo. Il nuovo testo unico, però, li cancella per sempre. Ogni anno tutti dipendenti pubblici saranno valutati dai loro dirigenti per il lavoro fatto. E sulla base di quelle pagelle sarà assegnato un aumento, piccolo o grande a seconda delle risorse disponibili, a non più del 20% dei dipendenti per ogni amministrazione.

Nella bozza ci sono tante altre novità. L’obbligo della conoscenza dell’inglese come requisito per i concorsi pubblici. La visita fiscale automatica per le assenze fatte al venerdì e nei prefestivi. Un procedimento disciplinare più veloce, sull'esempio di quello in 30 giorni per gli assenteisti colti in flagrante. E ancora la fine dell’indennità di trasferta e il buono pasto uguale per tutti, sette euro al giorno. Tutte materie che vengono regolate per legge, togliendo margine di manovra ai sindacati.

In base alla riforma della pubblica amministrazione questa parte delle delega potrà essere esercitata già entro febbraio 2017, e non più entro settembre come più volte annunciato.



giovedì 19 febbraio 2015

Dipendenti Pa, è arrivata la circolare sul pensionamento obbligatorio



Governo fortemente inflessibile sul pensionamento obbligatorio dei dipendenti pubblici: chi snatura il diritto dovrà essere messo subito a riposo. Obbligati alla pensione i dipendenti pubblici. Nei loro confronti non opera l'incentivo della permanenza al lavoro fino a 70 anni d'età e non opera più neppure la facoltà di rimanere in servizio oltre i limiti d'età per conseguire il massimo della pensione.

Obbligo i dipendenti della Pa ad andare in pensione quando sono stati raggiunti i requisiti ovvero chi ha raggiunto i requisiti per il pensionamento. È quanto stabilisce una circolare firmata dal ministro Marianna Madia.

Il provvedimento prevede la risoluzione del rapporto di lavoro "obbligatoria, per coloro che hanno maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia ovvero il diritto alla pensione anticipata, avendo raggiunto l'età limite ordinamentale".

«Soppressione del trattenimento in servizio e modifica della disciplina della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro» - per la circolare del ministero della Pa che conferma e regola l'uscita obbligatoria (con poche eccezioni) dalla Pubblica amministrazione per chi abbia raggiunto l'età della pensione e ridefinisce la disciplina della risoluzione unilaterale. Il documento, appena firmato dalla ministra Marianna Madia, è in attesa di registrazione da parte della Corte dei conti, ma il ricambio generazionale dei dipendenti pubblici si può dire definitivamente avviato.

ll decreto legge Madia, entrato in vigore quest’estate, prevedeva dopo il 31 ottobre 2014 l’abolizione del trattenimento in servizio, che consentiva di continuare a lavorare dopo il raggiungimento dei requisiti per la messa a riposo. Ma per i magistrati il termine è stato, già nel dl, esteso al 31 dicembre 2015. "Essendo già scaduto" il termine del 31 ottobre 2014, "i trattenimenti non possono proseguire", si legge nel testo della circolare pubblicata sul sito della Funzione pubblica. "A tal fine, si considerano in essere i trattenimenti già disposti ed efficaci. I trattenimenti già accordati ma non ancora efficaci al 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore del decreto-legge) si intendono revocati ex lege".

Quanto alla disciplina speciale, si precisa, «la data limite per l'efficacia dei trattenimenti in servizio, seppure ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari è il 31 dicembre 2015, data oltre la quale coloro che ne stiano fruendo devono essere collocati a riposo. Per tali categorie di personale, pertanto, è ancora possibile disporre il trattenimento, che non potrà avere durata tale da superare la predetta data». Quanto al personale della scuola, il regime «ha esaurito i suoi effetti il 31 agosto 2014. Nessun dipendente del comparto scuola, quindi, può trovarsi ancora in servizio in virtù del trattenimento eventualmente operato».

Quanto alla disciplina speciale, si precisa, "la data limite per l’efficacia dei trattenimenti in servizio, seppure ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari è il 31 dicembre 2015, data oltre la quale coloro che ne stiano fruendo devono essere collocati a riposo". Per tali categorie di personale, pertanto, è ancora possibile "disporre il trattenimento, che non potrà avere durata tale da superare la predetta data". Riguardo al personale della scuola, il regime "ha esaurito i suoi effetti il 31 agosto 2014. Nessun dipendente del comparto scuola, quindi, può trovarsi ancora in servizio in virtù del trattenimento eventualmente operato". "L’intervento legislativo - spiega il Ministero - è volto a favorire il ricambio e il ringiovanimento del personale nelle pubbliche amministrazioni".

Innanzitutto, la circolare illustra i nuovi requisiti di età e contribuzione per maturare il diritto alla pensione, nelle due nuove alternative di pensione di vecchiaia e pensione anticipata; ricorda, tra l'altro, l'abrogazione delle finestre che fissavano la decorrenza della pensione e l'estensione del sistema contributivo, con il pro-rata, alle anzianità successive al 2011. Le nuove norme non si applicano, tuttavia, nei confronti dei lavoratori che hanno maturato i requisiti per la pensione entro il 31 dicembre 2011, i quali potranno conseguire la pensione in qualsiasi momento secondo il vecchio regime (ante riforma). Da questa deroga, la circolare fa scaturire un preciso obbligo per le p.a., ossia quello di dover collocare a riposo nel 2012 o negli anni successivi al compimento dei 65 anni quei dipendenti che nel 2011 erano già in possesso della massima anzianità contributiva (40 anni) o della «quota» (era 96) o comunque dei requisiti per la pensione.

"L'intervento legislativo - spiega il Ministero - è volto a favorire il ricambio e il ringiovanimento del personale nelle pubbliche amministrazioni". La risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro con la Pa continua a non applicarsi per i magistrati e i professori universitari cui si aggiungono anche i dirigenti di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale.

L'amministrazione è però tenuta a proseguire il rapporto di lavoro quando il dipendente "non matura alcun diritto a pensione al compimento dell'età limite ordinamentale o al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia". In questi casi l'amministrazione "deve proseguire il rapporto di lavoro con il dipendente oltre il raggiungimento del limite per permettergli di maturare i requisiti minimi previsti per l'accesso a pensione non oltre il raggiungimento dei 70 anni di età".

Rimane invariato il termine di preavviso per il recesso, che anche la nuova disposizione stabilisce in 6 mesi.




giovedì 22 gennaio 2015

Lavoratori pubblici: come evitare i licenziamenti a pioggia


Innanzitutto bisogna assicurarsi di avere a portata di mano:

certificazione necessaria al fine di impugnare il licenziamento;

consulenza legale (facoltativa);

modulistica per i ricorsi.

Nel caso in cui un lavoratore dipendente ritenga di aver subito un ingiusto licenziamento deve rivolgersi ad un Avvocato del Lavoro per esercitare il diritto al ricorso e veder riconosciute le proprie ragioni.

La prima fase viene svolta davanti ad una commissione di conciliazione presso la direzione provinciale del lavoro a cui il licenziamento deve comunque essere comunicato in breve tempo dal datore di lavoro. In tale fase il lavoratore può farsi assistere da un legale, essa è di preparazione alla seconda fase, eventuale, davanti al giudice del lavoro e tende ad evitare l’ingorgo giudiziale e allo stesso tempo a fornire una tutela adeguata al lavoratore. Solo dopo aver esperito questa fase, se le parti non accettano la proposta del conciliatore, si può passare alla fase giudiziale vera e propria.

Se il licenziamento resta il grande svantaggio per i neoassunti del settore privato con il contratto a tutele crescenti previsto dal Jobs Act, poiché sarà più facile rispetto al vecchio contratto a tempo indeterminato, nel settore pubblico gli statali attendono per capire quali saranno le loro regole a riguardo.

Il Ministro Madia ha già rassicurato gli animi di molti: gli statali godranno sempre e comunque del reintegro nei casi di licenziamento illegittimo, perché "si licenzia con i soldi di tutti".

La Madia ha dichiarato che tra il settore pubblico e privato esistono delle differenze oggettive, ma è giusto scavare un solco così profondo tra le due categorie di dipendenti?

Un altro esempio: per il dipendente pubblico, a differenza del privato, non può essere previsto il licenziamento individuale per motivi economici, al massimo possono configurarsi modalità di esubero collettive, come il caso delle Province.

La spina nel fianco dei dipendenti pubblici sarà invece il licenziamento per scarso rendimento.

Il licenziamento per i cosiddetti «fannulloni» esiste già dal 2009, in base a quanto disposto dalla Riforma Brunetta, per cui un dipendente pubblico può essere licenziato, tra le altre cose, per:

assenza ingiustificata per oltre 3 giorni nell'arco di 2 anni o per una settimana negli ultimi 10 anni;

presentazione di un certificato medico falso;

scarso rendimento, secondo i criteri stabiliti dalla legge;

falsa attestazione della presenza in servizio.

Quanto vengono applicate queste regole? Quasi per niente, poiché nel caso di un licenziamento illegittimo di un dipendente pubblico, sarebbe il dirigente il responsabile del danno erariale, dunque la persona su cui graverebbe l’onere del risarcimento.

E’ difficile che un dirigente sia disposto a rischiare i risparmi di famiglia per licenziare un dipendente: meglio il consueto patto di reciproco riconoscimento del diritto all’inefficienza, per cui il dirigente non mette sotto stress i dipendenti e questi non mettono sotto stress lui.

La prassi è dimostrata dai numeri riportati: ogni anno vengono licenziati poco più di 100 dipendenti pubblici l’anno, su 3,5 milioni, contro i 40.000 dipendenti privati, su 11.000, sulla questione tecnica è intervenuto Ichino, da giuslavorista d’esperienza, è entrato nei dettagli:

«Il testo unico dell’impiego pubblico stabilisce che, salve le materie delle assunzioni e delle promozioni, che sono soggette al principio costituzionale del concorso, per ogni altro aspetto il rapporto di impiego pubblico è soggetto alle stesse regole che si applicano nel settore privato».

Ma c’è chi, come il ministro per la Pubblica amministrazione Marianna Madia sostiene che gli statali sono esclusi, perché entrano per concorso e quindi seguono regole diverse: «Qualche volta anche i ministri sbagliano, concorso non significa inamovibilità. E sbaglia chi voleva l’espressa esclusione dei dipendenti pubblici. Non si rendono conto che il contratto a tutele crescenti costituisce l’unica soluzione possibile per il problema del precariato, anche nel settore pubblico.

Il dipendente statale è uguale al dipendente privato. In realtà in Italia non è così,dipendente privato e dipendente pubblico non hanno le stesse difese, quest’ultimo può essere licenziato solo in casi eccezionali, estremi direi: omicidio del capoufficio e successivo stupro della di lui moglie così, per ulteriore sfregio.

Nel pubblico c’è una clamorosa zona grigia che nessun governo negli anni è riuscito a rischiarare (solo la Fornero all’epoca disse qualcosa di impegnativo sull’argomento). Il punto è questo: una delle ragioni più diffuse per cui l’imprenditore privato lascia a casa un dipendente, sono i conti dell’azienda che non vanno bene. Qui s’impone una prima riflessione, che riguarda le responsabilità dello stato (inteso come struttura sociale che comprende politica e magistratura).

Compito dello stato è vigilare perché gli imprenditori non licenzino ingiustificato, con la scusa di conti in disordine che in realtà nascondono ben altro. E questo compito non è affatto semplice, non è facile trovare un punto di sintesi virtuosa tra esigenze così diverse, se non opposte. (È del tutto inutile sottolineare che gli imprenditori seri non si privano dei dipendenti che lavorano seriamente).

Adesso ribaltiamo la prospettiva e trasferiamo la ragione principale di licenziamento nel campo privato all'interno del campo statale. La domanda che ne sorge è una sola: come si fa stabilire che “i conti sono in disordine” se un ministero, un ente parco, insomma queste robe mesozoiche qui, non producono una mazza, non vendono nulla, non esportano alcunché?

Come si fa a stabilire che un ministero dovrebbe dimagrire in termini di personale? È necessario trovare una chiave diversa, quindi, che non sia la produttività privata, decisamente più facile da riconoscere. E la chiave è compresa nella storia italiana, in quella storia che ci racconta come il mezzo secolo democristiano abbia gonfiato a dismisura quella burocrazia, ingozzandone furiosamente le fila di amici degli amici, di parenti, di cugini, di raccomandati dal prete del paese e chi più ne ha più ne metta. Un’eterna implosione.

In caso di licenziamento ingiusto dobbiamo ora distinguere diverse ipotesi e le stesse hanno una diversa conseguenza. Se si stratta di licenziamento discriminatorio ovvero basato su opinioni politiche, religiose, razza o sesso, il giudice dichiarerà nullo il licenziamento e disporrà il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro e potrà essere riconosciuto il diritto al risarcimento e ciò a prescindere dal numero di lavoratori dipendenti.

Nel caso invece di licenziamento per giusta causa rivelatosi però illegittimo perché il fatto contestato non sussiste o non poteva essere punito con il licenziamento, il giudice può reintegrare il lavoratore nel suo posto se si tratta di un’azienda con più di 15 lavoratori o 5 lavoratori nel caso di azienda di tipo agricolo. Può inoltre disporre la condanna al risarcimento danni il cui ammontare può arrivare alla cifra corrispondente a 12 mensilità.

Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ovvero nel caso in cui il datore di lavoro motivi il licenziamento con problemi economici dell’azienda, se il giudice ritiene che il licenziamento è illegittimo, non potrà condannare il datore a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro, ma dovrà pronunciare l’illegittimità dello stesso e condannare il datore di lavoro al risarcimento in forma pecuniaria per un ammontare massimo corrispondente a 24 mensilità. Il datore di lavoro può comunque procedere al reintegro.

Poniamo una domanda se le norme del Jobs Act si applicano ai dipendenti pubblici?. Come ricorda un recente studio Adapt sui decreti attuativi del Jobs Act , le fattispecie di licenziamento per giustificato motivo soggettivo e oggettivo per il dipendente pubblico – ovvero per scarso rendimento e situazione finanziaria dell’ente – sono già presenti nella normativa (decreti legislativi 165 del 2001 e 150 del 2009).

Il problema, a parte il licenziamento discriminatorio, sarebbe il licenziamento illegittimo, sulle cui conseguenze è intervenuto il Jobs Act e che, per il pubblico, sostiene il Ministro Madia, richiederebbe il reintegro in luogo della semplice indennità. Il punto, quindi, non è la maggiore o minore facilità nel licenziare, ma della tipologia di rimedi successivi al licenziamento.



mercoledì 2 aprile 2014

Marianna Madia e la staffetta generazionale nella Pubblica amministrazione



La parola d’ordine è rinnovamento. Il ministro della Semplificazione e la Pubblica amministrazione Marianna Madia illustra in commissione Affari costituzionale e Lavoro della Camera le linee programmatiche della staffetta generazionale, il meccanismo su cui sta lavorando per abbassare l’età media degli impiegati pubblici.

Serve «un grande progetto di staffetta generazionale», con «un processo di riduzione non traumatica dei dirigenti e dei dipendenti vicini alla pensione per favorire l'ingresso di giovani». Così il ministro per la Semplificazione e la Pa, Marianna Madia, in audizione davanti alle commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera, rilancia la sua proposta che ha già fatto discutere all'interno del governo.

«Se non si fa, non ci può essere rinnovamento» dell'amministrazione, «ma solo agonia», ha detto il ministro per il quale il progetto va ancora definito, sicché l'idea avanzata nei giorni scorsi di prevedere un'entrata ogni tre uscite «era solo un esempio». Il ministro ha auspicato anche l'introduzione di un «ruolo unico nella dirigenza pubblica» per superare le «distorsioni» nei ministeri, a causa delle quali «alle Politiche agricole o alla Salute si guadagna di più che alle Infrastrutture». Forte il richiamo sulla necessità di maggiore «mobilità nella Pa».

Per Madia il progetto "staffetta generazionale" «non vuole mettere in discussione gli equilibri» della spesa pubblica ottenuti con la riforma delle pensioni. Il ministro ha evidenziato, invece, i risparmi derivanti dalle differenza «tra gli stipendi attualmente pagati e quelli dei neo assunti». Madia ha aggiunto che «l'amministrazione non può permettersi e non ha bisogno di alcun blocco delle assunzioni». Ha bisogno invece «di cambiamento, di rinnovamento e di nuove competenze fresche».

Ma la Ragioneria generale dello Stato boccia la proposta del ministro di prepensionare gli statali per favorire il ricambio generazionale. Se si mandano via persone che non vengono rimpiazzate, ha detto Francesco Massicci (a capo dell'Ispettorato generale per la spesa sociale della Rgs) in un'audizione davanti alla commissione di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, «viene meno lo stipendio e la pensione ed è un costo neutrale. Ma se mando via persone che devo sostituire devo pagare lo stipendio, la pensione e la buonuscita e la legge deve prevedere una copertura», ha spiegato Massicci. Lo ha fatto precisando di non «conoscere le proposte» del governo e di non essere «nelle condizioni di poter valutare come nascono gli 85mia esuberi» cui ha fatto riferimento il commissario per la spending review Carlo Cottarelli.

Il ministro Madia, nella sua audizione, ha sottolineato poi l'esigenza di una maggiore mobilità per dare efficienza alla Pa. «La mobilità che serve nella Pa deve consentire spostamenti di personale, sia tra i diversi comparti sia tra diversi livelli amministrativi con un conseguente allineamento delle diverse tabelle retributive e degli inquadramenti» ha detto il ministro per il quale «la nostra amministrazione ha bisogno di un piano strategico di redistribuzione delle risorse». Secondo Madia «l'attuale disciplina della mobilità del personale non ha impedito di avere uffici in forte carenza di personale e altri con palesi eccedenze». E il ministro a tal proposito si è detta «pronta a un confronto innovativo di idee con le parti sociali».

Madia ha annunciato poi l'intenzione di introdurre un ruolo unico della dirigenza pubblica, eventualmente articolato per territorio e per specifici profili professionali, utile per superare le distorsioni generate dall'attuale sistema di reclutamento e di carriera. «Il ruolo unico - ha spiegato Madia - ci permette di raggiungere due importanti obiettivi: mettere ordine nelle retribuzioni e consentire una reale mobilità tra le amministrazioni, con la rotazione degli incarichi».

Quanto all'annunciato taglio del cuneo fiscale con ricadute sugli stipendi dei lavoratori dipendenti a reddito più basso, per Madia gli 80 euro in più in busta paga «di fatto significano, per il pubblico impiego, l'equivalente di un rinnovo contrattuale che altrimenti non sarebbe stato possibile».

Insomma, serve «un grande progetto di staffetta generazionale» con «un processo di riduzione non traumatica dei dirigenti e dei dipendenti vicini alla pensione per favorire l’ingresso di giovani. Se non si fa, non ci può essere rinnovamento dell’amministrazione, ma solo agonia». Il primo obiettivo che si pone il ministro per la Pubblica amministrazione Maria Anna Madia è «semplificare il linguaggio e l’azione amministrativa» in quanto spesso si approvano «norme illeggibili e circolari incomprensibili». Gli 80 euro in più in busta paga, ha detto Madia, che auspica un confronto innovativo con le parti sociali, «di fatto significano, per il pubblico impiego, l’equivalente di un rinnovo contrattuale che altrimenti non sarebbe stato possibile.


martedì 25 marzo 2014

Prepensionamenti nella P.A. per aiutare i giovani



L'idea del Governo è quella di incentivare prepensionamenti nella pubblica amministrazione per favorire i giovani. Così il Ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia, secondo cui la 'ricetta' potrebbe essere quella di "una sana mobilità obbligatoria".

85mila esuberi? Numero e terminologia sbagliati
Per quanto riguarda il numero degli esuberi, il Ministro si è limitato a dire che 85 mila è "un numero e una terminologia assolutamente sbagliati e distorti anche rispetto al piano Cottarelli". "L'idea sarà quella di provare ad avere uscite, anche con prepensionamenti", ha spiegato aggiungendo che in questo modo si aiuterebbero i giovani "ad entrare nella P.A.". E ha concluso: "Penso ad una sana mobilità obbligatoria, laddove il rispetto è quello del diritto del lavoratore, laddove non ci siano degli ostacoli burocratici".

"Tavolo con i sindacati? Non è detto"
"Non è detto che ci saranno dei tavoli, perché abbiamo tempi molto stretti" ha spiegato il ministro Madia a chi le chiedeva di un confronto con le categorie del pubblico impiego sulla riforma dello Stato: "non lo so, può anche darsi, ma non per forza". "Abbiamo chiesto ai sindacati proposte oltre il piano Cottarelli" ha aggiunto.

Piano Cottarelli? "Strategico per l'Italia"
Quanto al piano Cottarelli Madia sottolinea come si tratti di un "lavoro importante e strategico per l'Italia". Un lavoro per cui, precisa Madia rivolta al commissario alla spending review, "lo voglio ringraziare". Il ministro, a margine del convegno 'I manager pubblici che vogliamo' spiega come l'intenzione sia quella di "ringiovanire la pubblica amministrazione" e "parliamo di prepensionamenti per reimmettere energie nuove nella P.A.". Infatti, sottolinea Madia, "ci sono generazioni che non hanno avuto un canale sano di accesso nella P.A., vincitori di concorsi non assunti e precari vittime di uno Stato che non ha concesso canali sani e trasparenti di accesso, come dice la nostra Costituzione".

L'occupazione per il 2014 sarà nera
All'orizzonte l'occupazione non ha un futuro roseo. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in commissione alla Camera spiega le linee programmatiche del dicastero: "Il 2014 "credo sarà un anno ancora di grande sofferenza" per il lavoro. Indipendentemente dalle considerazioni legate alle dinamiche del Pil, - precisa il ministro - la dinamica dell'occupazione continuerà ad essere molto pesante", come "immancabile coda della crisi". "Cercheremo di accelerare al massimo" il recupero.

"Camusso: "No a tagli lineari". Il leader della Cgil da Riccione è intervenuta sulle parole del ministro Madia:  "Il problema è quanti dipendenti pubblici si tagliano" perchè se la si fa così "non si sta parlando della riforma della p.a. ma si sta parlando di un altro taglio lineare"


"Siamo assolutamente serafici sul fatto che possiamo sfidare questo governo sulla riforma della pubblica amministrazione". Il leader della Cgil Susanna Camusso è intervenuto a Riccione al congresso regionale Cgil Emilia Romagna spiegando che il punto di partenza sarà l'autonomia negoziale del rapporto di lavoro pubblico. Camusso ha fatto una premessa: "o noi cambiamo profondamente la pubblica amministrazione oppure - ha detto - è molto difficile immaginare che sia il motore della creazione di lavoro e del cambiamento del modo in cui si considera e si cura il paese".

Camusso ha poi ricordato che sia la Cgil che il sindacato di categoria non si sono mai detti contrari ad una riorganizzazione del settore. "Bisognerebbe avere un'idea di qual è il progetto - ha detto ancora Camusso - non si può avere un'idea al rovescio. Il problema è quanti dipendenti pubblici si tagliano, perchè se la si fa così non si sta parlando della riforma della p.a. ma si sta parlando di un altro taglio lineare, del fatto che si può sul lavoro pubblico come sulle pensioni trovare le risorse per tenere insieme un Paese che continua a essere uguale a se stesso".

Per quanto riguarda i dirigenti, ha spiegato Camusso, "vorremmo evitare che diventi una gigantesca campagna di nomine della politica. L'abbiamo già sperimentata, e oggi già succede in tutta la sanità - ha detto - dove tanta parte delle nomine non solo non avviene in ragione delle competenze e degli obiettivi, ma dell'appartenenza a chi governa".

lunedì 23 dicembre 2013

Lavoro e articolo 18. Si torna a parlare dello Statuto dei lavoratori



E si torna a parlare dell' articolo 18 ...............

Il leader dei metalmeccanici Fiom Maurizio Landini ha chiesto a Matteo Renzi di battersi per ''ripristinare l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori per tutelarli dai licenziamenti ingiustificati''. Ed sembrea in risposta il neo segretario del Pd Matteo Renzi parlando di occupazione, ribadisce l'ipotesi di un sussidio di disoccupazione di due anni e sul articolo 18.

«La discussione solo articolo 18 sì o no ci riporta alla casella di partenza. Non è importante un articolo ma semplificare per dare garanzie a tutti» e creare possibilità di investimento.  «Non torniamo - è stato l' invito di Renzi- a discussioni ideologiche. La rivoluzione sul lavoro è possibile se tutti abbandoniamo le certezze altrimenti se ripartiamo da solito percorso perdiamo la strada per tornare a casa».

«Oggi  solo un lavoratore su tre ha la Cig, gli altri..... Abbiamo il 12,7% di disoccupazione. Io penso ad una maggiore flessibilità in uscita, ma lo Stato deve garantire una indennità per i primi due anni di disoccupazione per mantenere la famiglia e un sistema serio di formazione professionale».

Renzi conferma che il piano per il lavoro del Partito democratico «verrà presentato a gennaio». Ma Marianna Madia, che pure è la responsabile Pd per il lavoro, allarga le braccia sconsolata.

«Guardi, abbiamo fatto una riunione di segreteria ancora giovedì, l’altro ieri, proprio su questo: il piano-lavoro, che Renzi vorrebbe pronto entro un mese. E naturalmente di tutto abbiamo discusso meno che dell’abolizione dell’articolo 18. Ancora mi chiedo, anzi, chi ha messo in giro la notizia che noi si starebbe ragionando su questo: probabilmente, qualcuno che vuol mandare tutto a gambe all’aria».

Ora, dunque, la questione sarebbe addirittura il chi: cioè, chi è che nel Pd ha parlato dell’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori? «Non Renzi - spiega Marianna Madia - che probabilmente non sarebbe contrario, ma ha chiaro che non è questo il tempo per una simile discussione, e infatti l’ha ripetuto anche alla presentazione del libro di Vespa». E se non Renzi, chi allora? Gutgeld, forse, solitamente definito consigliere economico del neo-segretario Pd? «Magari ne ha scritto - dice la Madia -. Ma naturalmente una cosa è quello che scrive Gutgeld e altra quello che decidiamo noi».

Ma tant’è che Stefano Fassina - viceministro all’Economia - prendesse il bastone e randellasse: il piano lavoro di Renzi «è inutile, se non dannoso», ed è «deprimente il ritorno dell’ossessione sull’articolo 18 e sulle regole, dopo i conclamati fallimenti della ricetta neoliberista». Che Matteo Renzi lo abbia detto oppure lo abbia soltanto pensato, non è granché importante in questo caso: perché - al di là della polemica a “uso interno” - quel che riemerge in queste ore con disarmante nettezza è uno dei tabù (forse il più solido e attuale) che da anni divide la sinistra italiana.

«E sarebbe anche singolare che qualcuno la ponesse - annota da Strasburgo Stefano Fassina, che della difesa dei diritti in senso lato ha fatto per anni una bandiera -. Parlare di come licenziare mentre le aziende non assumono a causa della crisi, è un esercizio di ottimismo o di cinismo, non saprei dire. Senza contare che, in larga misura, l’articolo 18 già non esiste più: visto che la riforma Fornero in materia di mercato del lavoro lo ha di fatto surrogato, lasciando alle aziende - grandi e piccole - la possibilità di licenziare per ragioni economiche. E infatti reintegri per giusta causa non se ne vedono più...».


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