martedì 9 settembre 2014
Il congedo non retribuito per malattia del bambino
Il padre o la madre, in alternativa, hanno diritto art. 47 Dlgs 151/2001:
nei primi 3 anni di vita del bambino, a congedi per malattia dello stesso, senza limiti di tempo , anche se la malattia non è in fase acuta;
dai 4 agli 8 anni di età del bambino, a 5 giorni lavorativi all'anno , per ciascun genitore, per un totale massimo di 10 giorni non fruibili contemporaneamente.
Lo stato della malattia deve essere documentato, con certificato medico specialista del SSN o convenzionato.
In entrambi i casi:
non sono previste visite di controllo;
i congedi non sono retribuiti;
è possibile chiedere l'anticipo del trattamento di fine rapporto (TFR);
I periodi di assenza per malattia del bambino di età compresa tra il terzo e l'ottavo anno saranno coperti da contribuzione figurativa ( punto 8 , circ. n. 15/2001 )
I criteri di determinazione del valore figurativo si applicano ai periodi di astensione per malattia del bambino successivamente al terzo anno di età e fino al compimento dell'ottavo anno (art. 15, comma 2, della legge 1204/1971, come sostituito dall' art. 3 della legge n. 53/2000 ).
Quando si verifica l’evento della malattia del figlio, i genitori lavoratori possono usufruire di giornate di congedo, alternativamente. Si tratta di permessi non retribuiti, ma di assenze giustificate e senza limiti fino ai 3 anni di età del bambino. Il diritto spetta anche in caso di adozione o affidamento. Necessaria la presentazione del certificato medico e di un’autocertificazione. Vediamo tutti gli aspetti, anche relativi alla scelta rispetto al congedo parentale. Tra le cause di sospensione del rapporto di lavoro consentite dalla legge c’è l’assenza dal lavoro per la malattia del proprio figlio. Si tratta di permessi non retribuiti che consentono ad entrambi i genitori, anche adottivi o affidatari, di poter svolgere la propria essenziale funzione familiare nei confronti del proprio bambino, nel momento del bisogno come uno stato di malattia, senza che l’assenza possa essere ritenuta ingiustificata.
Il congedo per malattia del bambino è previsto dall’art. 47 del Decreto Legislativo n. 151 del 2001, ossia il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità. Il testo prevede che “in caso di malattia del bambino i genitori naturali hanno diritto ad astenersi dal lavoro alternativamente”:
Per tutta la durata della malattia del bambino, senza limiti per i figli fino a 3 anni di età;
Per 5 giorni lavorativi all’anno per ciascun genitore, per i figli dai 3 agli 8 anni di età.
Permessi non retribuiti, nel settore pubblico sì. Come accennato già, i permessi per malattia del figlio sono concessi fino all’ottavo anno di età del bambino, rappresentano assenze giustificate, ma non sono retribuiti, salvo migliori condizioni previste dai contratti collettivi. Nel settore pubblico i congedi per la malattia del figlio sono retribuiti.
Sono considerate utili ai fini dell’anzianità di servizio (gli scatti di anzianità ad esempio). Sono esclusi invece ai fini della maturazione della tredicesima mensilità ed ai fini della maturazione delle ferie retribuite, lo stabilisce l’art. 48 del Decreto.
Relativamente alla copertura previdenziale, i permessi per la malattia del bambino fino a 3 anni di età sono accreditati come contributi figurativi per intero, mentre quelli fruiti successivamente, cioè dai 4 agli 8 anni di età del figlio danno diritto ad una copertura contributiva ridotta.
Diritto di assenza autonomo per ogni genitore. Il diritto spetta ad entrambi i genitori, che siano lavoratori con un rapporto di lavoro dipendente. Anzi, ciascun lavoratore detiene un proprio diritto, che autonomo rispetto a quello dell’altro. Il congedo per malattia del bambino, anche adottato o affidato, infatti spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto e non trovano applicazione, nel caso della malattia del figlio, le disposizioni sul controllo della malattia del lavoratore (attestazione medica, eventuale visita di controllo, ecc).
I lavoratori dipendenti non hanno solo questa tipologia di assenza giustificata, e non retribuita, come fruibile nel caso di malattia del proprio figlio. Esiste un altro tipo di permessi e cioè l’ex astensione facoltativa, o congedo parentale. Viene riconosciuta, anche in questo caso, fino agli 8 anni del bambino.
Il vantaggio del congedo parentale è che in caso di astensione facoltativa viene riconosciuto, per le assenze richieste per i bambini fino ai 3 anni di età, il diritto alla retribuzione nella misura del 30% attraverso l’indennità per congedo parentale erogata dall’Inps per il tramite del datore di lavoro. E alcuni CCNL possono prevedere anche l’integrazione a carico del datore di lavoro (nel settore pubblico ricordiamo che il congedo per malattia del bambino è retribuito).
In realtà il diritto alla percezione dell’indennità nel congedo parentale può essere riconosciuta anche dai 4 agli 8 anni, a condizione che il reddito individuale del lavoratore richiedente non superi le 2,5 volte la misura del trattamento minimo di pensione (attualmente nel 2012 il reddito da non superare è pari a 15.612,22 euro). Per maggiori informazioni vediamo il trattamento minimo e il congedo parentale.
Le possibilità di scelta tra congedo parentale e permessi per malattia del bambino. Quindi il lavoratore ha una doppia possibilità di scelta per assentarsi dal lavoro in caso di malattia del bambino: richiedere un congedo parentale o un permesso per malattia del bambino, uno retribuito (fino ai tre anni, o anche dopo se in possesso di un reddito idoneo al requisito) e l’altro no.
Nel caso di congedo per malattia del bambino dopo i tre anni di età, l’opzione per il congedo parentale diventa utile se si ha ancora diritto all’indennità da parte dell’Inps, sempre per reddito individuale inferiore a 2,5 volte il trattamento minimo di pensione dell’anno. I genitori quindi dovranno fare una scelta, anche economica, su quale congedo richiedere, tenendo conto anche delle giornate e dei mesi consentiti dalla legge per entrambi i permessi fruibili.
Infatti, per quanto riguarda le assenze giustificate fruibili, ricordiamo solo ed esclusivamente durante il verificarsi dell’evento della malattia del bambino, la madre ha la possibilità di astensione facoltativa per congedo parentale fino a 6 mesi nei primi 8 anni del bambino, il padre invece fino a 7 mesi sempre negli 8 anni di età. Cumulativamente il congedo parentale può essere richiesto da entrambi i genitori per 10 mesi complessivi negli 8 anni. Di questi mesi, fino ai tre anni del bambino, l’Inps eroga l’indennità per un massimo di 6 mesi per entrambi i genitori. Questo per tutti i lavoratori. Se si ha il reddito idoneo, si ha diritto all’indennità fino ai 10 mesi totali negli 8 anni.
Oltre a queste assenze giustificate, e volendo retribuite, i genitori hanno anche la libertà di assenza, giustificata ma non retribuita, tramite il congedo per malattia del bambino fino ai tre anni di età di cui stiamo parlando in questo approfondimento, e poi dai 4 anni agli 8 anni, 5 giorni lavorativi all’anno per ciascun genitore, quindi utilizzando i permessi per malattia del bambino oltre i tre anni.
Quindi nei primi tre anni del bambino, i genitori possono utilizzare i 6 mesi retribuiti per entrambi i genitori anche nel caso di malattia del bambino e poi c’è la libertà, ma non retribuita, di assentarsi per la malattia del figlio. Dai 4 anni di età e fino agli 8 anni, si possono utilizzare il residuo individuale (6 o 7 mesi) e cumulato (10 mesi per entrambi) del congedo parentale, soprattutto se si ha diritto all’indennità dell’Inps, e poi utilizzare i 5 giorni lavorativi all’anno, per ciascun genitore, del congedo per malattia del bambino.
Ovviamente è il Ministero del lavoro (in una nota del 2006) che consente la facoltà di scelta per i genitori tra il congedo parentale e il congedo per malattia del bambino, stabilendo che il titolo di assenza dal lavoro può essere modificato su domanda del genitore interessato, ma nel caso di assenza per malattia del bambino caso bisogna rispettare le condizioni per la fruizione che a questo punto dettagliamo.
Prima di tutto bisogna chiarire il concetto di malattia, evento che dà diritto al congedo per malattia del bambino. Il Ministero del lavoro fornisce indicazioni in tal senso: per malattia del bambino deve intendersi la modificazione peggiorativa dello stato di salute e più precisamente una qualsivoglia alterazione anatomica e funzionale dell’organismo, anche localizzata, perciò non impegnativa delle condizioni organiche generali. A tale valutazione provvederà il medico specialista del Servizio sanitario nazionale.
Il lavoratore per poter fruire del congedo per malattia del figlio deve presentare al datore di lavoro il certificato di malattia rilasciato appunto dal medico specialista del Servizio sanitario nazionale o medico con esso convenzionato.
Il genitore che si assenta non è tenuto a rispettare le fasce di reperibilità, destinate al controllo dello stato di salute del genitore e non della malattia del figlio che pure ha dato motivo all’astensione da lavoro, la legge non pone alcuna condizione relativa alla gravità o la acutezza della malattia del figlio del lavoratore.
Il lavoratore e la lavoratrice, entrambi dipendenti, hanno diritto ai permessi per malattia del bambino ma non contemporaneamente. Cioè uno dei due genitori può chiedere il congedo ma non entrambi per gli stessi giorni. Questo non limita però il diritto al padre di assentarsi dal lavoro usufruendo del congedo per la cura della malattia dei figli durante lo stesso periodo in cui la madre sta fruendo di un periodo di congedo parentale. La condizione d’alternatività dei genitori nella fruizione dei congedi di cura dei figli, se entrambi lavoratori dipendenti, vale anche nel caso in cui si ammalano due figli contemporaneamente.
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Lavoro 2014: i profili e le professioni più richieste
Ecco i profili professionali che le imprese stanno cercando e come si muove il mercato del lavoro, l'analisi di Unioncamere sul 2014.
Anche per il 2014 il saldo occupazionale è in negativo (le uscite dal lavoro superano le assunzioni) ma il trend è in miglioramento: le imprese aumentano il numero di nuovi contratti e diminuiscono i licenziamenti. E’ quanto emerge dall’analisi trimestrale di Unioncamere e Ministero del Lavoro, che individua anche le professionalità richieste in questo momento dal mercato: alti profili intellettuali o scientifici, operai specializzati, conduttori di impianti, addetti alle vendite (calano invece le quotazioni di impiegati e tecnici). Tendenzialmente, le imprese puntano su addetti alla produzione e progettisti più che sul back office, per spingere sul core business.
Previste in tutto l’anno 1 milione 389mila assunzioni (+ 96mila rispetto al 2013): 34mila profili di alta specializzazione, con un incremento annuo di oltre il 15%. In termini assoluti, il maggior numero di nuovi contratti riguarderà profili qualificati in ambito Commercio e Servizi (220mila, +13%). Seguono 84.400 assunzioni di operai specializzati e60mila di conduttori di impianti e operai di macchinari. Diminuiscono le richieste di professioni tecniche ( a quota 63mila), con 800 assunzioni in meno, e quelle esecutive nel lavoro d’ufficio (circa 2mila in meno, per un totale di 67mila).
Professioni alto profilo: ingegneri energetici e meccanici, esperti marketing, analisti e progettisti software.
Medium skills: in aumento la ricerca di commessi e camerieri.
Operai specializzati: cresce la richiesta di elettricisti e operai addetti alle macchine confezionatrici.
Settore agricolo: +54mila assunzioni rispetto al 2013, con richieste di stagionali, addetti alla manutenzione di aree verdi e viticoltori.
Un dato rilevante riguarda la facilità con cui le aziende trovano i profili che cercano: il grado di difficoltà è ai minimi storici. Da una parte si tratta di un segnale positivo, sul fronte dell’incontro fra domanda e offerta di lavoro, dall’altra probabilmente dipende anche dal gran numero di persone espulse dal mercato del lavoro in questi anni di crisi, e quindi in cerca di nuova occupazione.
Continuano i tempi duri per i giovani: gli impieghi a loro disposizione diminuiscono, rappresentando il 27,2% dei nuovi posti di lavoro, contro il 30,4% del 2013. In termini assoluti, le assunzioni di giovani sotto i 30 anni saranno a fine anno circa 167mila. Per quanto riguarda invece le donne, si abbassa al 16,8% (dal 18-19%) il numero di posizioni per cui sono ritenute più adatte, e non a favore di posti tradizionalmente maschili ma di quelli per i quali la differenza di genere non è considerata rilevante. Si conferma, infine, la tendenza al ribasso degli ultimi anni per le assunzioni di lavoratori immigrati.
Contratti
Per quanto riguarda le forme contrattuali, prevale il lavoro dipendente (il 93% dei posti disponibili, in crescita del 9%), in gran parte con assunzioni dirette da parte delle imprese (in calo i contratti di somministrazione). In flessione di circa il 7% le collaborazioni. Cresce anche per questo 2014 il numero delle uscite, 1,5 milioni di unità, e il saldo complessivo resterà a fine anno negativo per 144mila posti.
I fabbisogni occupazionali cambiano in base alle congiunture economiche. Professioni ora molto ricercate potrebbero non esserlo più nel medio termine. Per questo è importante conoscere le tendenze che regolano l’universo del lavoro. Per studiare i movimenti della domanda e gli sbocchi professionali è possibile consultare, oltre ai rapporti del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, le previsioni dell’Isfol sui fabbisogni occupazionali. Vediamo nel dettaglio i 10 lavori in ascesa e le 10 professioni in declino.
Le prime dieci professioni a maggior crescita occupazionale dovrebbero, secondo i dati Isfol, determinare circa il 70% del totale delle nuove posizioni occupazionali previste per il 2015. Tra queste vi sono lavori a bassa qualifica, come personale addetto ai servizi di igiene e pulizia, professioni a media qualifica come personale di segreteria, esercenti, addetti alla ristorazione, esercenti delle vendite all'ingrosso e personale ad elevata specializzazione come tecnici delle scienze quantitative fisiche e chimiche, tecnici delle attività finanziarie ed assicurative e specialisti in scienze giuridiche.
L'Associazione artigiani piccole imprese di Mestre ha analizzato i dati emersi da un'indagine del Ministero del Lavoro: se all'inizio della recessione (2009 per la Cgia) i lavoratori introvabili erano infermieri, ostetriche, falegnami e acconciatori, oggi conviene investire su professioni con un'elevata specializzazione in altri settori.
Analisti e progettisti di software, tecnici programmatori, ingegneri energetici e meccanici, esperti della sicurezza sul lavoro: sono queste le attività che nel 2014 daranno luogo a 29mila nuovi posti di lavoro. Di questi ben 8500 rischiano di restare scoperti. L'unica consolazione?Questo dato è di gran lunga inferiore a quello riferito al 2009: i posti liberi per mancanti di figure specializzate erano 17,600, quasi il doppio.
Qualche anno fa erano richieste persone in grado di svolgere per lo più attività manuali: basti pensare che meno di 5 anni fa si calcolava ci fossero circa 520 posti liberi come panettieri e 700 da falegname. Oggi invece la aziende continuano a denunciare penuria di personale nei settori tecnologici ad alta specializzazione, soprattutto per quanto riguarda l'informatica.
La preparazione dei giovani è spesso al di sotto delle richieste avanzate e molte società hanno ancora metodi di ricerca del personale poco efficaci: si basano ancora su canali informali, passaparola e conoscenze personali. Tra i fattori che determinano questo disallineamento tra domanda e offerta c'è anche il fenomeno della cosiddetta "disoccupazione d'attesa": nei settori dove è richiesta una particolare specializzazione, le condizioni offerte dalla società non soddisfano i candidati. Magre retribuzioni, poca stabilità e scarse prospettive di carriera sembrano essere il motivo per cui molti candidati di valore preferiscono rinunciare in attesa di proposte più vantaggiose.
I dati elaborati dal Centro Studi di Confartigianato sull'occupazione in Italia: la classifica delle regioni e dei settori con il maggior numero di annunci di lavoro.
In questo periodo di difficile congiuntura economica, che sta portando molte imprese addirittura a chiudere, trovare lavoro non è sempre facile. Consapevole della situazione il Centro Studi di Confartigianato, rielaborando i dati dei rapporti ISTAT ed Eurostat sul 2014, ha stilato una classifica delle regioni in cui si trova più facilmente impiego, tra le quali primeggiano quelle localizzate nelle aree del Centro Nord.
Regioni
In generale, nel primo trimestre 2014 in Italia l’indice di occupazione è sceso dello 0,9%, ma in sei regioni l’occupazione è migliorata:
in Trentino Alto Adige c’è stato un incremento del +2,5%;
in Valle d’Aosta del +2%;
in Toscana del +1,7%;
nel Lazio del +0,3%;
in Emilia Romagna e Marche de +0,1%.
Dal punto di vista del settore, sembra essere più facile trovare lavoro in: informatica (produzione di software, consulenze), grazie alla diffusione di Internet e del commercio elettronico (+10,4%), con un peso dell’occupazione delle piccole imprese del 47,2%;
servizi di assistenza sociale residenziale (+8,4%) e non residenziale (+7,6%) e ristorazione (+5,6%);
studi professionali (+5,5% per architettura e ingegneria);
fabbricazione dei macchinari, dove l’occupazione sale del +5% e in cui il 43,7% dell’occupazione è in piccole imprese;
confezione di articoli di abbigliamento (+4,9%), con un peso dell’occupazione delle piccole imprese pari al 70%.
A reggere è principalmente l’occupazione dei lavoratori con più di 35 anni di età, cresciuta del +0,9% nel corso dell’ultimo anno, e dei lavoratori autonomi in calo solo del -0,2% contro una perdita 367.000 posti di lavoro per i dipendenti e un calo annuo del -1,2%. In totale in Italia ci sono 5,3 milioni di persone con gravi difficoltà nel mercato del lavoro:
•3,2 milioni di disoccupati;
•1,7 milioni di inattivi;
•1,2 milioni che hanno perso il posto dall’inizio della crisi (dal 2008 ad oggi).
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Estratto conto Inps è possibile verificare i propri contributi
I Lavoratori vicini alla pensione possono controllare accedendo al sito INPS l’elenco dei contributi che risultano registrati negli archivi a favore del lavoratore fin dall'apertura della sua posizione assicurativa, nella quale sono raccolti i contributi da lavoro, figurativi e da riscatto.
Consultando l'estratto il lavoratore può verificare la presenza di tutti i contributi versati autonomamente o dai propri datori di lavoro al fine di segnalare per tempo eventuali discordanze o inesattezze all’Inps. E’ utile per avere un quadro chiaro e riepilogativo della propria posizione previdenziale.
All’estratto conto contributivo si può accedere direttamente on line dal sito istituzionale www.inps.it, attraverso il seguente percorso: Servizi online>Servizi per il cittadino > Inserimento codice identificativo PIN > Fascicolo Previdenziale del Cittadino(dal menu a sinistra)> Posizione Assicurativa > Estratto Conto oppure direttamente tramite il Box Servizi correlati presente in fondo a questa pagina nella sezione a destra. Per accedere ai Servizi on line è necessario dotarsi del proprio codice di identificazione personale (PIN), che si può richiedere on line al seguente link: richiedi e gestisci il tuo PIN on line.
Nell’estratto contributivo sono riportati in alto a destra i dati anagrafici dell’interessato, mentre nella tabella ci sono i dati relativi ai versamenti previdenziali. In particolare:
• Periodo di riferimento;
• Tipologia di contribuzione (lavoro dipendente, artigiano, commerciante, servizio militare ecc.)
• Contributi utili (espressi in giorni, settimane o mesi), sia per il raggiungimento del diritto sia per il calcolo della pensione;
• Retribuzione o Reddito;
• Azienda (datori di lavoro);
• Eventuali Note (riportate alla fine dell’estratto).
Nel caso in cui vengano riscontrate delle anomalie è possibile inoltrare una segnalazione utilizzando la procedura attivabile dal percorso: Servizi online>Servizi per il cittadino > Inserimento codice identificativo PIN > Fascicolo Previdenziale del Cittadino(dal menu a sinistra)> Posizione Assicurativa > Segnalazioni contributive.
Se si vuole sapere a che punto siete nella lunga (sempre più lunga) strada che porta verso la pensione? Oppure volete controllare se l'azienda per la quale state lavorando - e sulla quale avete sentito voci poco rassicuranti - sta versando regolarmente i vostri contributi? Se una volta l'unica soluzione era armarsi di molto tempo e pazienza e recarsi di persona presso la sede dell'Inps più vicina, oggi potete avere la risposta anche restando comodamente seduti a casa vostra: scoprite qui come richiedere l'estratto conto contributi dell'Inps online.
Estratto conto Inps online, come funziona
Come richiedere l'estratto conto contributi dell'Inps online? La prima cosa da fare è registrarsi al sito dell'Inps e fare domanda per il rilascio del PIN, cioè un codice segreto di identificazione personale che viene richiesto dal sistema per effettuare le operazioni online. Andando sul sito inps.it, in basso a destra, nella sezione 'Servizi Online', c'è una barra con un lucchetto e la scritta 'il PIN online': cliccando su di essa si accede all'area per la richiesta. Una volta all'interno di quest'ultima, basta seguire le istruzioni fornite dal sistema nella sezione 'Devi richiedere un nuovo PIN?'. Se invece avete ricevuto a casa una lettera dove sono indicati i primi 8 caratteri del PIN, per completarlo e attivarlo dovete entrare nell'area 'Devi attivare il tuo PIN?'. In entrambi i casi, alla fine della procedura, vi troverete con un codice segreto di 16 caratteri alfa-numerici.
Con il PIN in vostro possesso, il passo successivo che dovete compiere è tornare alla sezione 'Servizi online' e cliccare sulla barra 'Al servizio del cittadino' e inserire nella maschera di richiesta il vostro codice fiscale e il PIN (N.B.:se tra un accesso e l'altro passa molto tempo, il sistema disattiva automaticamente il PIN e all'atto della nuova consultazione vi invita a rinnovarlo con una semplice procedura guidata). Una volta entrati, vi troverete davanti una schermata con il seguente elenco di servizi:
Quello che interessa a voi è il Fascicolo Previdenziale del cittadino. Cliccateci sopra e si aprirà una nuova scheda che vi mostrerà di default la vostra anagrafica. A questo punto, nel menù a sinistra selezionate 'Posizione Assicurativa': si aprirà un menù a cascata la cui prima voce è 'Estratto Conto'. Cliccando su questa scritta atterrerete in una nuova pagina dove potrete consultare tanto l'estratto conto previdenziale ordinario che quello della cosiddetta gestione separata (che registra i contributi versati con il lavoro parasubordinato). Il pulsante 'Stampa' a fine pagina vi permetterà di fare una o più copia dei documenti di vostro interesse.
Come leggere l'estratto conto Inps?
Capito come richiedere l'estratto conto contributi dell'Inps online, più complesso è invece interpretarlo, soprattutto con i continui cambiamenti riguardanti la normativa delle pensioni. Quello che comunque si può subito verificare è se i contributi versati corrispondono al periodo di tempo lavorato: in questo caso infatti le settimane sono conteggiate a fianco del nome del datore di lavoro, così come il reddito percepito. Se da questo semplice controllo doveste accorgervi che qualcosa non quadra, rivolgetevi immediatamente alla sede Inps a voi più vicina e segnalate l'anomalia. Gli uffici e il personale dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale vi aiuteranno a risolvere eventuali problematiche, oltre a fornirvi - qualora ne aveste bisogno - un calcolo preciso dell'anzianità contributiva maturata, dicendovi, in definitiva, quando potrete andare in pensione.
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