lunedì 24 novembre 2014

Età minima per iniziare a lavorare



L'art. 37 della Costituzione prevede che sia la legge a stabilire il limite minimo di età per il lavoro salariato e tale limite è stato disciplinato dall'art. 3 della L. n. 977/1967, modificato dall'art. 5 del D.Lgs n. 345/1999: "l'età minima di ammissione al lavoro è fissata al momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e comunque non inferiore ai 15 anni compiuti". Vige quindi il principio in virtù del quale l'età minima di ammissione al lavoro non può essere inferiore all'età in cui cessa l'obbligo scolastico. E' proprio questo il principio che è stato espresso dalla Legge Finanziaria 2007 (296/2006), in particolare ove si afferma che l'innalzamento dell'obbligo di istruzione ad almeno 10 anni determina quale "conseguenza" l'aumento da 15 a 16 anni dell'età per l'accesso al lavoro.

Premesso quanto sopra, poiché la stessa legge fa espressamente decorrere l'innalzamento dell'obbligo di istruzione a far data "dall'anno scolastico 2007/2008", dal 1° settembre 2007 decorre anche l'innalzamento a 16 anni dell'età di ingresso al lavoro per i minori.

Il lavoro dei  minori che non hanno compiuto i 15 anni e degli adolescenti di età compresa tra i 15 e i 18 anni compiuti) è disciplinato e tutelato dalla L. 17/10/67 n. 977. La regola generale posta dalla legge è che la età minima per la ammissione al lavoro, anche per gli apprendisti, è di 15 anni compiuti. Tuttavia questa regola incontra alcune eccezioni: in agricoltura e nei servizi familiari, l'età minima per l'ammissione al lavoro è di 14 anni compiuti, purché ciò sia compatibile con la tutela della salute del minore e non comporti la trasgressione dell'obbligo scolastico; nelle attività non industriali, i fanciulli di età non inferiore a 14 anni compiuti possono essere ammessi a lavori leggeri, che siano compatibili con la tutela della salute, non comportino trasgressione all'obbligo scolastico e sempre che il minore non sia adibito a lavoro notturno e festivo.

E' prevista una deroga anche per la preparazione o rappresentazione di spettacoli o riprese cinematografiche. In questo caso, l'ispettorato provinciale del lavoro, su conforme parere del prefetto e previo assenso scritto del genitore o tutore, può autorizzare l'ammissione al lavoro dei minori di età inferiore ai 15 anni e fino al compimento dei 18, sempre che il lavoro non sia pericoloso e non si protragga oltre le ore 24. Il rilascio di tale autorizzazione è subordinato all'esistenza di tutte le condizioni necessarie ad assicurare la salute fisica e la moralità del minore, nonché l'osservanza dell'eventuale obbligo scolastico. In ogni caso, il fanciullo o adolescente, dopo l'impegno in tali rappresentazioni, dovrà godere di un riposo di almeno 14 ore consecutive.

La legge appronta particolari tutele a favore dei fanciulli e adolescenti che siano impiegati al lavoro. In particolare, i minori di 16 anni non possono essere adibiti ai lavori pericolosi, insalubri e faticosi, è vietato adibire i minori a lavori sotterranei in miniere o cave o gallerie, nonché alla somministrazione di bevande alcooliche. L'ammissione al lavoro deve essere preceduta da una visita medica che certifichi l'idoneità del minore al lavoro cui sarà adibito. La legge prevede infine un particolare trattamento di salvaguardia in tema di ferie, orario di lavoro, lavoro notturno, riposo settimanale. La violazione delle norme della legge 977 comporta l'inflizione di sanzioni penali, peraltro modeste.

Dal punto di vista sostanziale si segnala che l’età minima di ammissione al lavoro non può, comunque, essere inferiore all’età in cui cessa l’obbligo scolastico essendo riconosciuto un collegamento funzionale tra l’accesso al lavoro e l’assolvimento dell’obbligo scolastico poiché quest’ultimo, volto a tutelare la crescita psico intellettiva del minore, fa presumere raggiunta da  parte dello stesso la maturità necessaria affinché possa svolgere legittimamente l’attività lavorativa.

Pertanto, l’età minima per accedere a un rapporto di lavoro è sottoposta ad un duplice requisito: il compimento dell’età minima prevista dalla legge (16 anni) e l’assolvimento dell’obbligo di istruzione (per almeno 10 anni). Se manca uno di essi non può, legittimamente, essere instaurato un contratto di lavoro.


domenica 23 novembre 2014

Pagamento delle retribuzioni non corrisposte: quale tutela per il lavoratore



Cosa può fare il lavoratore, quando il datore non corrisponde la retribuzione e le indennità di legge (malattia, assegni familiari, maternità, etc?).

Occorre premettere che la retribuzione ha una duplice funzione economico-sociale:
• da un lato rappresenta il corrispettivo della prestazione lavorativa;
• dall’altro costituisce il messo per il mantenimento del lavoratore e della sua famiglia.

L’insolvenza del datore di lavoro costituisce quindi violazione sia di un obbligo contrattuale sia di un obbligo costituzionale (articolo 36 della Costituzione).

Va anche ricordato che i crediti di lavoro, avendo natura “alimentare”, sono considerati privilegiati ai sensi dell’articolo 2751 del Codice civile, e danno diritto, oltre che agli interessi di mora, anche alla rivalutazione monetaria secondo appositi indici determinati periodicamente dall’ISTAT.

A fronte dell’omesso versamento, il lavoratore potrà:

rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa con risoluzione immediata del rapporto obbligando la ditta al pagamento del preavviso. Si precisa che il Centro per l’Impiego iscrive nelle liste di mobilità il lavoratore se accerta che lo stipendio non sia pagato da oltre due mesi.

Il lavoratore avrà quindi diritto all’indennità di disoccupazione poiché si tratta di dimissioni presentate per “giusta causa”. L’avere percepito successivamente dal datore di lavoro le somme spettanti, non preclude il diritto alla percezione dell’indennità di disoccupazione, anche se il lavoratore abbia ottenuto tali somme senza avere attivato una formale azione di contenzioso.

Tale principio è affermato dall’Inps nel messaggio del 20 luglio 2009, n. 16410:

attivare un procedimento giudiziale per il recupero del credito (esempio, un ricorso per decreto ingiuntivo);

presentare una denuncia all’Ispettorato del lavoro;

attivare un procedimento di diffida accertativa del credito innanzi alla Direzione Territoriale del lavoro;

chiedere l’intervento della Direzione Territoriale del Lavoro per un procedimento di conciliazione monocratica;

presentare in Tribunale un ricorso d’urgenza (ai sensi dell’articolo 700 del Codice di procedura civile) quando la retribuzione costituisce l’unico mezzo di sostentamento del lavoratore e della famiglia;

in ogni caso il lavoratore potrà agire per il risarcimento del danno derivato dall’insolvenza, nonché qualora tale insolvenza determini una disparità di trattamento tra lavoratori con un intento discriminatorio volto ad indurre il dipendente a dimettersi.

I crediti di lavoro sono retribuzioni maturate dal lavoratore e non pagate dal datore di lavoro insolvente.

L’Inps indennizza a seguito dell’intervento del Fondo di garanzia.

le retribuzioni maturate e non corrisposte degli ultimi 90 giorni del rapporto di lavoro rientranti nei dodici mesi che precedono la data (dies a quo) della domanda diretta all'apertura della procedura concorsuale o la data di deposito in tribunale del relativo ricorso.

I crediti di lavoro che possono essere posti a carico del Fondo sono :

la retribuzione propriamente detta

i ratei di tredicesima e di altre mensilità aggiuntive

le somme dovute dal datore di lavoro a titolo di prestazioni di malattia e maternità;

ESCLUSE :
l’indennità di preavviso

l’indennità per ferie non godute

l’indennità di malattia a carico dell’Inps che il datore di lavoro avrebbe dovuto anticipare.

I crediti di cui sopra possono essere corrisposti a carico del Fondo solamente se rientrano negli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro (tre mesi di calendario o, più precisamente, l’arco di tempo compreso tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e la stessa data del terzo mese precedente)

PROCEDURE CONCORSUALI
Fallimento
Concordato Preventivo
Amministrazione straordinaria
Liquidazione Coatta Amministrativa

FALLIMENTO DIES A QUO:
è la data della domanda diretta all'apertura del fallimento o, se più favorevole, quella del primo ricorso diretto all'apertura della suddetta procedura concorsuale indipendentemente da chi l'abbia proposta

oppure
la data del provvedimento di messa in liquidazione, di cessazione dell’esercizio provvisorio, di revoca dell’autorizzazione alla continuazione all’esercizio di impresa, per i lavoratori che dopo l’apertura di una procedura concorsuale abbiano effettivamente continuato a prestare attività lavorativa.

Se la cessazione del rapporto di lavoro è intervenuta durante la continuazione dell’attività dell’impresa, i dodici mesi dovranno essere calcolati a partire dalla data di licenziamento o di dimissioni del lavoratore.

Tale disposizione deve essere applicata solo a quei lavoratori che hanno effettivamente prestato attività lavorativa dopo l’apertura della procedura e non a coloro il cui rapporto, per l’intero periodo successivo, sia stata o sospeso.

Il responsabile del pagamento dei contributi e` esclusivamente il datore di lavoro e il contributo a carico del lavoratore e` trattenuto sulla retribuzione corrisposta al lavoratore stesso. E` prevista una sanzione amministrativa (da E 30,00 a E 125,00 per ogni dipendente) per il datore di lavoro che trattiene sulla retribuzione del lavoratore somme maggiori di quelle per le quali e` stabilita la trattenuta.

In caso di mancato pagamento della retribuzione alla scadenza del periodo di paga, il datore di lavoro non può procedere ad effettuare la trattenuta della quota dei contributi a carico del lavoratore.



Sicurezza sul lavoro: il responsabile della prevenzione è un consulente



Il decreto legislativo 81/2008 testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, impone al datore di lavoro l’obbligo di nomina del’RSPP ovvero: il responsabile della sicurezza sul lavoro predisposto alla valutazione dei rischi connessi all’attività lavorativa.

La figura del Responsabile del Servizio per la Prevenzione e la Protezione uno dei pilastri del nuovo assetto normativo introdotto dal Testo Unico sulla Sicurezza, il D.Lgs. 81 del 2008, in materia di sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

Per evitare il rischio di sanzioni, il datore di lavoro, dovrà nominare un RSPP esterno oppure, come specificato dalla normativa, frequentando un corso RSPP potrà svolgerlo in prima persona.

Il Decreto 81, infatti, specifica che un RSPP deve ricevere, obbligatoriamente, un’adeguata formazione relativamente alla disciplina della prevenzione dei rischi in generale e, in particolare, alle criticità relative alla sua situazione aziendale specifica.

Gli obblighi di vigilanza e controllo gravanti sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del Responsabile del servizio di prevenzione protezione (Rspp), il quale ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore nella individuazione dei fattori di rischio. A tale conclusione giunge la Cassazione con la sentenza 46820.

Alla Corte si era rivolto il responsabile di una società edile condannato in primo e secondo grado per un infortunio grave subito da un lavoratore caduto da una scala a mano. La difesa dell'imputato si fondava sull'incerta ricostruzione dell'evento; sulla circostanza che l'infortunato seppure assunto il giorno precedente a quello dell'evento era un operaio specializzato con oltre 30 anni di carriera per cui non necessitava di alcuna informazione e formazione; sul fatto che era stato nominato un geometra quale addetto al Servizio di prevenzione e protezione (Spp).

In ogni caso essendo la società una azienda di grandi dimensioni sarebbe stato onere del giudice verificare che nell'organigramma non vi fosse un delegato di fatto, non potendo la responsabilità dell'evento gravare sull'amministratore delegato.

Dello stesso avviso non è stata la Cassazione, per la quale la condotta incauta del lavoratore infortunato non può assurgere da sola a causa sopravvenuta sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area del rischio proprio della lavorazione svolta.

Il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore presenti carattere di eccezionalità, abnormità, esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute. Né l'evento può essere imputato ad una minima colpa dell'infortunato, il che avrebbe richiesto che questi conoscesse perfettamente i rischi del lavoro a cui era occupato e il corretto utilizzo dei mezzi fornitigli.

Nel caso in esame, però, il responsabile della società è stato incolpato anche per il deficit informativo e formativo a favore dell'infortunato, violando gli articoli 21 e 22 del Dlgs 626/94 (ora 36 e 37 del Dlgs 81/08), tenendo conto che la formazione adeguata va fornita al lavoratore in occasione dell'assunzione con riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni. Nel caso specifico l'adempimento formativo è risultato necessario e non superfluo, tenuto conto che l'utilizzo della scala doveva essere  effettuato in un cantiere pericoloso per il terreno di appoggio sconnesso e scivoloso.

In merito alla delega che sarebbe stata conferita ad un geometra, nessun documento è risultato agli atti processuali, né peraltro, la nomina di quest'ultimo quale addetto al Spp è stata ritenuta circostanza esimente dalla responsabilità, atteso che tale carica attribuisce un mero ruolo di consulenza.



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