mercoledì 8 luglio 2015

Pensioni: la proposta del presidente dell’Inps Boeri



Un contributo di solidarietà sulle pensioni più ricche, per finanziare la flessibilità in uscita; la possibilità di lasciare il lavoro in anticipo di qualche anno spalmando su più anni il montante dei contributi, in maniera tale da non peggiore il debito previdenziale; un’operazione trasparenza sui vitalizi dei politici; l’armonizzazione dei trattamenti e (delle procedure), la possibilità di versare contributi aggiuntivi in base al principio che «non si va in pensione ma la pensione si prende» (e quindi la si può integrare in maniera volontaria di più e meglio di quanto non avvenga oggi) e la costruzione di una rete di protezione sociale per dare una risposta al problema degli over 55 che si trovano senza lavoro.

I cinque punti della proposta

Flessibilità sostenibile, una rete di protezione sociale dai 55 anni in su, unificazione delle posizioni assicurative (con la fine delle ricongiunzioni onerose), armonizzazione dei tassi di rendimento e nuove opportunità di versamenti perché «non si va in pensione, ma si prende la pensione». Sono i cinque punti sui quali si incardina la proposta di riforma del sistema previdenziale messa a punto dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, delineata alla Camera in occasione della presentazione della relazione annuale dell’Istituto.

Una bozza di riforma già «sottoposta all'attenzione dell’Esecutivo» e formulata, ha puntualizzato, «non per esigenze di cassa, ma ricercando maggiore equità, tanto fra le generazioni diverse che all'interno di ciascuna generazione».
Contributo solidarietà su pensioni elevate

In ogni caso per Tito Boeri è giusto «chiedere a chi ha redditi pensionistici elevati in virtù di trattamenti molto più vantaggiosi di quelli di cui godranno i pensionati del domani, un contributo al finanziamento di uscite verso le pensioni più flessibili».

Incentivi tempo indeterminato forse troppo costosi
«Incentivi fiscali così potenti difficilmente potranno essere mantenuti in via per lungo tempo. Sono molto, forse troppo costosi». È l’ulteriore valutazione del presidente dell’Inps sugli aiuti previsti nel Jobs act per i contratti a tempo indeterminato. Al tasso attuale di assunzioni «si può stimare che la perdita di gettito a regime di una decontribuzione triennale valida solo a partire dal 2015 sia di circa cinque miliardi. Se la decontribuzione dovesse poi continuare anche per tutto il 2016, al tasso attuale di assunzione e di utilizzo degli incentivi il costo salirebbe a 10 miliardi su base annua».

Apertura al Jobs Act - Boeri ha sottolineato i risultati raggiunti dal Jobs Act, con l'aumento dei contratti a tempo indeterminato in un periodo di ripresa anemica.

Retribuzione minima oraria - "Peccato" ha detto Boeri, che tale misura prevista nella legge delega al governo, sia stata messa da parte. L'introduzione di un salario minimo orario, secondo Boeri, è importantissime ed evita che la contrattazione collettiva lasci con meno tutele i lavoratori con meno tutele contrattuali.

Importante che le donne lavorino - La diversificazione, con due redditi che entrano in famiglia, è un valido strumento per difendere le famiglie dalla crisi.

Reddito minimo garantito - Come rimarcato in passato, le proposte secondo Boeri hanno il pregio di aprire il dibattito anche se hanno difetti di progettazione. "Il diavolo è nei dettagli" ha detto il presidente INPS che ha auspicato aggiornamenti che rendano più mirati ed efficaci i provvedimenti.

Flessibilità in uscita - Discorso analogo per reddito minimo. I testi proposti nelle audizioni alla Camera e al Senato, secondo Boeri, si "allontanano dai meccanismi del contributivo, riesumando gli schemi dell'anzianità" che, secondo l'INPS, è insostenibile. L'INPS può formulare proposte, ne ha tutto il diritto visto il capitale umano di cui dispone. Il confronto, comunque, deve "avvenire nelle sedi opportune" dice Boeri. Dobbiamo superare la "malattia dell'ultima sigaretta" di cui sono afflitte, secondo l'INPS, le ultime riforme pensioni: occorre dare stabilità.

Operazione "La mia pensione" - Sarà possibile, tramite il sito dell'Ente, simulare la pensione di vecchiaia sulla base di simulazioni fatte sulle statistiche in possesso dell'INPS per valutare in futuro quanto si percepirà.

Sono 5 i punti fondamentali della proposta presentata da Tito Boeri:

1) Protezione sociale per over 55: primo passo per il reddito minimo, al di sopra dei 55 anni è troppo difficile trovare un lavoro e per questo bisogna tutelare queste persone secondo Boeri e la povertà è triplicata durante la recessione. E' una misura di assistenza, che va finanziata con la fiscalità generale.

2) Unificazione dei trattamenti iniziata con il pagamento che avviene per tutti il primo del mese. Per ogni 3 pensionati vengono messe in pagamento quattro pensioni. Boeri propone di unificare la pensione tra regimi diversi, modificando senza oneri aggiuntivi (via le ricongiunzioni onerose) categorie come la gestione separata.

3) Armonizzazione. Ci sono forti asimmetrie tra i trattamenti previdenziali, non fondate sui diversi livelli contributivi e riflettono differenze macroscopiche tra generazioni e categorie. Stop ai trattamenti di favore. I vitalizi dei parlamentari sono "pensioni sottratte alle riforme previdenziali degli ultimi 25 anni" ha detto Boeri, auspicando un intervento di Camera e Senato: oggi non ci sono informazioni sul rendimento di tali vitalizi. Chi ha redditi pensionistici più elevati dovrà dare un contributo di solidarietà per le uscite flessibili.

4) Flessibilità sostenibile. Chi va in pensione prima deve spalmare il montante contributivo su più anni e, ogni anno in meno di età, è chiaro che l'assegno mensile si abbassi. Questa flessibilità non grava sulle generazioni future perché non fa aumentare il reddito pensionistico. Si può permettere a chi vuole uscire anticipatamente di farlo, senza gravare sulle generazioni future.

5) Non si va in pensione ma si prende la pensione. Anche i pensionati possono contribuire al finanziamento della previdenza di chi si è ritirato dalla vita attiva. L'INPS vuole offrire la possibilità di versare contributi a chi sta già percependo un trattamento previdenziali. Anche i datori di lavoro potranno versare contributi agli ex dipendenti secondo l'ultima proposta INPS.



lunedì 6 luglio 2015

Pensioni 2015 con la quattordicesima


L’Inps comunica in una circolare che è in pagamento la somma aggiuntiva (336 o 420 o 504 euro), la cosiddetta quattordicesima pensionati, sulla rata di pensione del mese di luglio 2015.
L’erogazione del beneficio è condizionata dal reddito posseduto dal pensionato.

La circolare dell'Istituto, la quale non presenta novità di rilievo rispetto a quanto stabilito negli anni scorsi, stabilisce che beneficiari dell'indennità, pagata nel mese di luglio, sono i pensionati con almeno 64 anni d'età in possesso per l'anno in corso di redditi personali non superiori a 9.767,16 euro all'anno, ossia una volta e mezzo l'importo annuo del trattamento minimo.

Per quanto concerne il requisito anagrafico, per quest’anno sono dunque interessate tutti le persone nate prima del 1952; più complesso è invece il meccanismo di accertamento reddituale, dal momento che, ai fini dell'attribuzione della quattordicesima, si tiene conto esclusivamente del solo reddito lordo del pensionato, senza cumulo con l'eventuale coniuge, e che inoltre non rilevano per espressa disposizione normativa i redditi derivanti dalla casa di abitazione, gli assegni al nucleo familiare, le indennità di accompagnamento, i redditi derivanti dal percepimento del trattamento di fine rapporto e le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata.

La circolare 130/15 sottolinea che ai fini del percepimento della quattordicesima non sono da considerare redditi le pensioni di guerra, le indennità per i ciechi parziali e l'indennità di comunicazione per i sordi prelinguali, l'indennizzo in favore di soggetti danneggiati da complicanze irreversibili a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, i sussidi economici che i Comuni e gli altri enti erogano agli anziani per bisogni strettamente connessi a situazioni contingenti e che non abbiano caratteristiche di continuità, nonché l'importo di 154,94 euro previsto in via permanente dal 2001 per i pensionati con trattamento minimo.

La legge prevede un trattamento differenziato del beneficio che si lega ai contributi versati per la pensione: si tratta di 336 euro per coloro che abbiano un'anzianità contributiva fino a 15 anni se ex dipendenti e fino a 18 anno se ex autonomi; di 420 euro per un'anzianità contributiva da 15 a 25 anni se ex dipendenti e da 18 a 28 anni se ex autonomi; di 504 euro per gli ex dipendenti con più di 25 anni di contributi e gli ex autonomi con più di 28. Ai fini del calcolo della fascia di aumenti spettante, nel caso in cui si tratti di una pensione ai superstiti il numero dei contributi accreditati in favore del coniuge va abbattuto del 40 per cento.

Nell'ipotesi in cui il reddito personale del pensionato superi la soglia di 9.769,61 euro, ma risulti inferiore al reddito finale comprensivo degli aumenti, la quattordicesima verrà erogata in misura ridotta per restare nella soglia massima consentita. Parimenti verrà ridotta l'indennità nel caso il pensionato compia i 64 anni nel corso del 2015: in tal caso essa sarà rapportata ai soli mesi successivi alla data del compleanno.

I pensionati con almeno 64 anni di età (nati quindi prima del 1 gennaio 1952) ed i disagiati riceveranno la quattordicesima pensionati dall'Inps nel mese di luglio. Come ogni anno, l’ente lo annuncia con la circolare n. 30 del 2 luglio 2015. Si tratta della mensilità aggiuntiva riconosciuta a coloro che si trovano in determinate condizioni reddituali e contributivi. E ci sono riconoscimenti anche per i pensionati ex Inpdap, ed ex Enpals, enti che sono confluiti nell’Inps.

Vediamo quali sono i limiti reddituali e tutte le informazioni anche per le gestioni ex Inpdap ed Enpals

La somma aggiuntiva è determinata con le modalità indicate nella Tabella A allegata alla legge in funzione dell’anzianità contributiva complessiva e della gestione di appartenenza a carico della quale è liquidato il trattamento principale. Si tratta delle seguenti cifre:

336 euro spettano ai pensionati ex lavoratori dipendenti che hanno fino a 15 anni di contribuzione accreditata (780 settimane). Ed ai pensionati ex lavoratori autonomi che hanno fino a 18 anni di contributi versati (936 settimane);

420 euro spettano ai pensionati ex lavoratori dipendenti che hanno da 15 anni e fino a 25 anni di contribuzione (da 781 a 1.300 contributi settimanali). Ed ai pensionati ex lavoratori autonomi che hanno da 18 anni a 28 anni di contributi versati (da 937 a 1.456 contributi settimanali);
504 euro spettano ai lavoratori dipendenti e autonomi che hanno rispettivamente più di 25 anni (oltre 1.301 contributi settimanali) e 28 anni di contributi versati (oltre 1.457 contributi settimanali).

Per la corresponsione dell’aumento viene considerata tutta la contribuzione (obbligatoria, figurativa, volontaria e da riscatto) del soggetto, nonché quella utilizzata per la liquidazione di supplementi. Nel caso di pensioni liquidate in regime internazionale deve essere considerata utile solo la contribuzione italiana. Nel caso di pensionato titolare di sola pensione ai superstiti la contribuzione complessiva utile ai fini dell’applicazione della tabella A viene ridotta in aliquota di reversibilità.

Nel caso in cui il pensionato è titolare di più trattamenti previdenziali, il beneficio sarà erogato unicamente sul trattamento previdenziale principale. Per trattamento principale deve intendersi quello con maggiore anzianità contributiva.

Per l’erogazione della somma aggiuntiva nel mese di luglio 2015, l’Inps richiede il possesso di determinati requisiti sia di età, che di contribuzione, che reddituali. Vediamoli.

Il primo requisito da controllare è il più semplice, ossia il requisito di età. Il beneficio spetta ai pensionati con almeno 64 anni di età. Per l’anno 2015 sono interessati tutti i soggetti nati prima del 1° gennaio 1952.

L’aumento spetta, in misura proporzionale, anche a coloro che compiono il 64° anno di età entro il 31 dicembre dell’anno di erogazione, con riferimento ai mesi di possesso del requisito anagrafico, compreso il mese di raggiungimento dell’età. Analogamente, il beneficio viene attribuito in maniera proporzionale sulle pensioni spettanti per un numero limitato di mesi, come ad esempio in caso di pensioni di nuova liquidazione con decorrenza diversa dal 1° gennaio.

Se è presente l’età giusta, si può procedere agli altri requisiti. L’importo della somma aggiuntiva dipende invece dagli anni di anzianità contributiva, che rappresenta un ulteriore requisito, quello di contribuzione. Gli importi sono gli stessi sia per il pensionato da lavoro dipendente che per il pensionato da lavoro autonomo, a cambiare sono gli anni di anzianità contributiva che danno diritto alla cifra di quattordicesima. Vediamo ora quali sono gli importi, legati ai requisiti di contribuzione. Vediamolo, unitamente all’importo della somma aggiuntiva spettante.

64 anni di età al 31 luglio 2015 per i pensionati Inps. Come di consueto, anche per l’anno 2015 la somma aggiuntiva viene attribuita sulla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 31 luglio 2015, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti. Per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° agosto 2015 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione.

64 anni entro il 30 giugno 2015 per i pensionati ex Inpdap. Per la gestione pubblica, la somma aggiuntiva viene attribuita sulla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 30 giugno 2015, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti.

Per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° luglio 2015 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione, sulla rata di dicembre 2015.

La quattordicesima viene erogata sulla base del solo reddito personale, che deve essere inferiore ai limiti, in relazione agli anni di contribuzione. Vediamo quali sono questi limiti:

10.122,86 di limite massimo per i lavoratori dipendenti che hanno pari o meno di 15 anni di contribuzione (pari o meno di 780 contributi settimanali) e per i lavoratori autonomi che hanno pari o meno di 18 anni di contribuzione (pari o meno di 936 contributi settimanali);

10.206,86 euro di limite massimo per i lavoratori dipendenti che hanno più di 15 anni di contribuzione e pari o meno di 25 anni di contribuzione (da 781 a 1.300 contributi settimanali) e per i lavoratori autonomi che più di 18 anni di contribuzione e pari o meno di 28 anni di contribuzione (da 937 a 1.456 contributi settimanali);

10.290.86 euro di limite massimo per i lavoratori dipendenti che hanno più di 25 anni di contribuzione (da 1.301 contributi settimanali in poi) e per i lavoratori autonomi che hanno più di 28 anni di contribuzione (da 1.457 contributi settimanali in poi).



Congedo di maternità le novità dal 2015



I genitori possono chiedere il congedo parentale nei primi 12 anni di vita del figlio, non più solo nei primi otto, e il congedo a ore può essere utilizzato anche se non è previsto dal contratto collettivo di riferimento. I genitori che intendono utilizzare il nuovo congedo parentale possono farlo presentando domanda all’INPS in modalità cartacea. E’ una soluzione provvisoria, valida per il solo mese di luglio 2015

La nuova legge di riforma interviene sulla disciplina del congedo di maternità, modificando quanto disposto in materia, rispettivamente, dagli articoli 16 e 26 del D.Lgs. 151/2001.

In particolare nel caso di ricovero del neonato si prevede che:
nel caso in cui il neonato venga ricoverato in una struttura (pubblica o privata) nel periodo previsto per l’astensione obbligatoria, la madre può chiedere  (una sola volta per ogni figlio) la sospensione del congedo obbligatorio  e goderne, in tutto o in parte, dalla data di dimissioni del neonato, previa presentazione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa. Tale facoltà può essere esercitata anche nel caso di congedo di maternità per adozione o affidamento;

nel caso di parto anticipato rispetto alla data presunta, i giorni di maternità obbligatoria che la lavoratrice non ha goduto prima del parto possono essere aggiunti a quelli successivi alla nascita, anche se la somma dei due periodi supera il limite complessivo dei 5 mesi (tale possibilità era concessa , ma non si poteva superare il limite dei 5 mesi).

La riforma consente ai genitori lavoratori o lavoratrici dipendenti di fruire dei periodi di congedo parentale residui fino a 12 anni di vita del figlio oppure fino ai 12 anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato. E’ possibile effettuare questa richiesta anche con effetto retroattivo, per congedi fruiti a partire dal 25 giugno 2015, che è il giorno di entrata in vigore della nuova norma. La presentazione di queste domande in forma cartacea è consentita solo per questo mese di luglio 2015: successivamente, l’INPS comunicherà la messa a punto del nuovo sistema informatico per la presentazione delle domande online.

Congedo di maternità
Si tratta del periodo in cui è vietato adibire al lavoro le donne, generalmente da 2 mesi prima del parto a 3 mesi dopo la nascita. Qui la novità principale riguarda la possibilità di sospendere questo congedo – una volta per ogni figlio – in caso di ricovero del neonato, e di riprenderlo dopo le sue dimissioni. Finora invece il congedo doveva essere fruito consecutivamente a prescindere dalle condizioni di salute del bambino, anche se recentemente la Corte Costituzionale aveva stabilito con la sentenza 116/2011 il diritto all’interruzione in caso di ricovero per parto prematuro. Viene previsto inoltre che spetti alla madre l’indennità di maternità, ovvero il pagamento dell’80 per cento della retribuzione ordinaria per tutto il periodo di congedo, anche nel caso di un contemporaneo licenziamento per colpa grave oltre che naturalmente per i casi di cessazione dell’attività dell’azienda e risoluzione a termine del contratto, già previsti. Questa indennità viene garantita alle lavoratrici iscritte alla Gestione Separata anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, come è già per le lavoratrici dipendenti.

Congedo di paternità
Dal 2012 è obbligatorio un congedo di paternità di un giorno – estendibili a 3 – se la madre rinuncia a 2 dei suoi. Se ne sente parlare poco perché è un istituto tutto sommato recente e limitato, ma il decreto ne estende alcuni aspetti. Il padre lavoratore dipendente avrà infatti diritto al congedo completo che spetterebbe alla madre – oltre che nei casi di morte e grave infermità della madre o di abbandono e di affidamento esclusivo del bambino – anche in condizioni meno traumatiche: quando semplicemente la madre sia lavoratrice autonoma, e come tale avente comunque diritto ad una indennità di maternità (generalmente l’80 per cento del salario minimo giornaliero). L’indennità viene estesa al padre lavoratore autonomo nel caso di morte della madre o di abbandono.

Dal punto di vista delle agevolazioni concesse in caso di maternità/paternità, le madri casalinghe possono essere equiparate alle lavoratrici autonome, o meglio alle “lavoratrici non dipendenti”, pertanto deve essere ritenuta ammissibile la fruizione dei riposi giornalieri per allattamento durante il primo anno di vita del bambino da parte dei padri anche nel caso in cui la madre del bambino sia casalinga.

Sintetizzando la novità più rilevante in materia di congedo parentale introdotta dal decreto sulla conciliazione dei tempi lavoro-famiglia attuativo del Jobs Act è che i genitori possono chiederlo nei primi 12 anni di vita del figlio e non più nei primi otto anni.

Ma ci sono anche altre modifiche che, ad esempio, codificano il diritto al congedo parentale a ore, mettendo regole precise, anche nei casi in cui non ci siano previsioni specifiche nei contratti collettivi nazionali di lavoro o in quelli decentrati o aziendali. Vediamo in sintesi come cambia il congedo parentale in base al decreto, che come è noto introduce misure di maggior flessibilità anche per quando riguarda il congedo di maternità obbligatorio e la possibilità per il padre di chiederlo in alternativa alla madre.

Per quanto riguarda il trattamento economico, la retribuzione al 30% che prima era assicurata solo in caso di godimento nei primi tre anni di vita del bambino viene ora portata a sei anni. Decade la norma in base alla quale, dopo questo periodo (i primi sei anni del figlio) il diritto successivi in caso di reddito inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione (in pratica viene abolito il comma 3 dell’articolo 34 del Dl 151/2001).

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