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venerdì 28 settembre 2018

Richiesta di disoccupazione NASpI: procedura online



La NASPI è un assegno che spetta ai lavoratori in disoccupazione involontaria, quindi chiunque ha perso il lavoro a partire dal 1° 2015, ha diritto ad un assegno di disoccupazione se ha lavorato almeno 3 mesi. E' un assegno che spetta ai lavoratori in disoccupazione involontaria, quindi chiunque perde il lavoro a partire dal 1° maggio scorso, ha diritto ad un assegno di disoccupazione se ha lavorato almeno 3 mesi.

La richiesta di disoccupazione, intesa come sussidio INPS, può essere compilata online. La prestazione spetta a tutti i lavoratori che hanno perso involontariamente il lavoro. In base alla tipologia di contratto, si ha diritto alla Dis-Coll (collaboratori) o alla NASpI, da cui però sono escluse alcune categorie, come ad esempio i dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni e gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato. La richiesta all’INPS deve avvenire entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, altrimenti si perde il diritto. Per gli aventi diritto alla NASpI, vediamo di seguito in che modo chiedere online il sussidio di disoccupazione.

Procedura online
Prima di tutto si dovrà comprovare il proprio status di disoccupato e poi, per richiedere tale sussidio, si deve:

eseguire il login nell’area dei Servizi online del sito ufficiale dell’INPS;

selezionare Invio domande di prestazioni a sostegno del reddito e cliccare sulla dicitura Naspi, che comparirà sulla barra di sinistra;

cliccare su Indennità di Naspi e poi su Invio domanda.

controllare propri dati anagrafici, le motivazioni del licenziamento e controllare con cura tutti i dettagli;

inviare la domanda di disoccupazione, mediante la quale verrà richiesta l’indennità.

Una nuova procedura sperimentale, consente di inviare la domanda anche in un altro modo, più diretto: al lavoratore che rimane senza lavoro arriva un link diretto nella propria area del sito INPS: da quella pagina potrà compilare la richiesta NASpI.

Per verificare lo stato della domanda e la decorrenza dei versamenti si utilizza sempre il portale INPS attraverso l’apposito servizio.

Importo sussidio
La retribuzione mensile, ossia, la misura dell'importo dell'assegno di disoccupazione pagato dall'INPS ogni mese con bonifico bancario, si calcola sommando tutte le retribuzioni imponibili ai fini previdenziali, ricevute negli ultimi 4 anni e dividendo il risultato per il numero di settimane di contribuzione. Il quoziente ottenuto va infine moltiplicato per il numero 4,33. La base di calcolo è l’imponibile previdenziale degli ultimi 4 anni, divisa per le settimane di contribuzione e moltiplicata per il coefficiente 4,33. Per le frazioni di mese, il valore giornaliero dell’indennità si determina dividendo l’importo ottenuto con calcolo appena esposto per 30. Si considerano tutte le settimane, interamente o parzialmente retribuite.

Per quanto riguarda il calcolo dell’importo dell’indennità di disoccupazione si deve dividere il totale delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni, per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicare il quoziente così ottenuto per il numero 4,33. In ogni caso l’importo dell’indennità di disoccupazione non può superare i 1.300 euro mensili.



mercoledì 28 marzo 2018

Assegno di ricollocazione dal 3 aprile 2018



Entra a regime dal 3 aprile l’assegno di ricollocazione, il contributo economico che va da 250 a 5.000 euro per i servizi per il lavoro che offrono un’opportunità di impiego ad un disoccupato che sia almeno da quattro mesi percettore di Naspi, la nuova indennità di disoccupazione, ma anche a chi rientra nelle politiche di contrasto alla povertà (nel Rei) o è in cassa integrazione straordinaria.

Si chiama  Assegno di ricollocazione  (AdR) ed è  un finanziamento che ogni disoccupato può richiedere  all'ANPAL (Agenzia nazionale delle politiche attive per il lavoro)  per avere aiuto nella ricerca di un nuovo lavoro. L'assistenza consiste in un  progetto personalizzato, sulla base del suo profilo,  che viene effettuata sia  direttamente dai Centri per l'impiego (CPI ) che da  enti privati come le Agenzie per il lavoro accreditate.

L'ANPAL ha una funzione di coordinamento dei centri per l'impiego territoriali e di gestione del sistema informativo unitario SIU ma l'erogazione dell'assegno è gestita dai Centri per l'impiego.

Il contributo non viene versato al soggetto disoccupato bensì all'ente , ma  solo se il progetto raggiunge effettivamente  l'obiettivo di una nuova occupazione.

Dal 2017 è stata attiva una sperimentazione su un campione di 30mila soggetti (non del tutto  utilizzata) e adesso si apre la possibilità di richiederlo per tutti gli aventi diritto, L assegno di ricollocazione è indirizzato alle persone disoccupate che percepiscono la Nuova Prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASPI) da almeno quattro mesi, purché non siano:

impegnate in analoghe misure di politica attiva erogate dalle Regioni e Province autonome (solitamente tali misure sono denominate contratto/assegno di ricollocazione, accompagnamento al lavoro o dote lavoro);

coinvolte in misure di politica attiva finanziate da un soggetto pubblico (quali corsi di formazione per l'inserimento lavorativo, corsi di formazione per l'adempimento dell'obbligo formativo, tirocini extracurriculari, servizio civile);

destinatarie di un finanziamento pubblico per l'avvio di un'attività di lavoro.

A chi ci si deve rivolgere per utilizzare l'assegno di ricollocazione ? Allo scadere del 4 mese di percezione della NASPI il sistema informativo unitario dell' ANPAL dovrebbe inviare via al potenziale destinatario una comunicazione che descrive il funzionamento dell' ADR .

La persona è  libera di decidere se usufruire di questo strumento e  può fare domanda di assegno di ricollocazione:

sul sito dell'ANPAL www.anpal.gov.it  oppure al Centro per l'impiego competente (quello del domicilio del percettore indicato nella domanda NASPI ) dove può scegliere l'ente da cui farsi seguire per il progetto di ricollocazione:  può essere il Centro stesso o le agenzie del lavoro accreditate dal Ministero o la Fondazione Consulenti del lavoro.  Non è indispensabile scegliere per il progetto un ente accreditato della propria zona di residenza.

Dopo  la domanda il CPI ha 15 giorni di tempo per definire l'assegno che viene destinato al lavoratore e fissare un primo appuntamento 

In caso affermativo, il cittadino deve recarsi all'appuntamento. In questo caso, sarà sospeso il Patto di servizio Personalizzato eventualmente sottoscritto dal destinatario con il CPI al momento della dichiarazione DID.
Il progetto di ricollocazione prevede iniziative di orientamento e formazione e contatti con aziende, fino all'offerta di un lavoro coerente con la figura del lavoratore.

I passaggi  previsti sono:

primo incontro e assegnazione di un tutor;

definizione e firma del  programma di ricerca di un lavoro con la collaborazione attiva della persona disoccupata;

eventuali corsi di formazione per migliorare l'occupabilità del soggetto.

Il soggetto disoccupato è tenuto a partecipare agli incontri concordati e ad accettare l'offerta congrua di lavoro; in caso contrario verranno applicate le dovute sanzioni che vanno da una prima riduzione fino alla perdita totale della prestazione di sostegno al reddito.

Il programma dura al massimo 6 mesi, prorogabili di altri sei  per ogni periodo di fruizione della NASPI.

Per dare diritto all'effettiva erogazione dell'assegno alle agenzie per il lavoro , la ricerca di lavoro deve portare:

a un contratto a tempo indeterminato , anche in apprendistato, o a un contratto a tempo determinato di almeno 6 mesi, (anche 3 mesi nelle regioni meridionali in via di sviluppo ).

Una volta che il disoccupato presenta domanda, sceglie chi eroga il servizio di assistenza: può essere un centro per l’impiego o un ente accreditato ai servizi per il lavoro. La richiesta dell’assegno è volontaria e si può presentare anche in via telematica. Il centro per l’impiego, entro 15 giorni, deve decidere se rilasciare o meno l’assegno dopo le verifiche. Se viene accettato si deve quindi elaborare il Patto di servizio personalizzato e il programma di ricerca intensivo. A quel punto il disoccupato deve ,può andare incontro a sanzioni che partono da una prima riduzione dell’assegno e arrivano alla sua perdita totale.

La somma viene intascata dal Centro per l’impiego o dall'agenzia privata per il lavoro “a risultato raggiunto”, cioè alla firma del contratto subordinato. Il disoccupato, per ottenere l’assegno, deve presentare al servizio pubblico (una novità è il coinvolgimento anche dei patronati) la dichiarazione di immediata disponibilità a lavorare, la “Did”, e richiedere la somma. Il servizio si conclude dopo 180 giorni, con una possibile proroga di altri 180 giorni in caso di assunzione con contratto di almeno sei mesi.



venerdì 2 dicembre 2016

Pensione APE: calcolo, costi e importo



Dal primo maggio del 2017 i lavoratori che compiranno 63 anni potranno raggiungere la pensione anticipata grazie all’APE: secondo l’Inps gli italiani che potrebbero beneficiare di questa misura introdotta dalla riforma pensioni in via sperimentale per due anni sono circa 350.000; vediamo quali sono i requisiti per richiedere l’uscita anticipata con l’anticipo pensionistico, quanto costa ottenerlo e come fare il calcolo dell’importo.

Ricordiamo innanzitutto le regole di base dell’anticipo pensionistico APE: lo possono utilizzare dipendenti pubblici e privati e lavoratori autonomi con 63 anni di età a cui mancano tre anni e sette mesi per il raggiungimento della pensione di vecchiaia, con almeno 20 anni di contributi.

I requisiti di accesso all’Ape Agevolato prevedono almeno 63 anni di età con 30 o 36 anni di contributi ed un assegno pensionistico lordo inferiore a 1500 euro mensili. Per accedere alla quota 41, invece, sono richiesti, oltre l’appartenenza ad una delle categorie da tutelare, 12 mesi di lavoro effettivo prima del compimento dei 19 anni e 41 anni di contributi versati.

Il trattamento è erogato dall’INPS ma finanziato dalle banche. Il lavoratore può scegliere quale percentuale farsi anticipare. Rappresenta una sorta di anticipo sulla pensione, che verrà poi restituito con rate distribuite su 20 anni.

L’APE sociale è pari alla pensione maturata senza costi aggiuntivi (le rate di restituzione del prestito sono a carico dello Stato) per assegni fino a 1.500 euro, mentre sull’eccedenza si paga invece una quota di rimborso. Di fatto, l’indennità di accompagnamento alla pensione senza nulla a pretendere è riservata per trattamenti fino alla soglia indicata.

Costi
In base alle stime del Governo con il presupposto di una richiesta al 95% per tre anni con detrazione del 50% sulla quota interessi (vale per tutti), su una pensione di mille euro lordi (865 euro netti), l’APE sociale sarà di 899 euro senza nulla da restituire.

Su un trattamento lordo di 1.808 euro, invece, l’anticipo sarà di 1.404 euro netti al mese e, al momento della pensione, si applicherà una rata di 21 euro mensili per 20 anni.
Tenendo conto delle detrazioni, la pensione netta nel momento in cui viene maturata sarà pari a 1.386 euro.

La rata incide per lo 0,26% sul lordo per ogni anno di anticipo e per lo 0,34% sul netto. Quindi, nel caso in cui il trattamento sia percepito per tre anni, il costo di restituzione è di poco superiore all’1% (molto inferiore a quello dell’APE volontario, intorno al 4,6 – 4,7% annuo, sempre secondo i calcoli del governo).

Indennità
Vista la sua natura, l’APE sociale non è compatibile con un eventuale altro trattamento pensionistico diretto o con sussidi di disoccupazione, mentre lo è con altri redditi nei seguenti limiti: fino a 8mila euro da lavoro dipendente, fino a 4.800 euro da lavoro autonomo. Il trattamento non è soggetto a rivalutazione e si interrompe nel momento in cui il lavoratore raggiunge il diritto alla pensione anticipata.

Requisiti
Per accedervi, così come per l’APE volontario, bisogna avere 63 anni ma in più è necessario rientrare in alcune categorie specifiche di lavoratori e possedere determinati requisiti contributivi:

disoccupati senza ammortizzatori, invalidi al 74%, lavoratori che assistono parenti di primo grado con disabilità grave: 30 anni di contributi;

lavoratori impiegati in mansioni pesanti (elencate in tabella) in via continuativa per almeno sei anni: 36 anni di contributi.

Insomma, andare in pensione prima ha un costo: il lavoratore perde dal 2% al 5,5% per ciascun anno di anticipo. L’importo ottenuto e il costo dell’APE dipendono sia dal numero di anni di anticipo che dalla percentuale richiesta dal lavoratore (che può chiedere di farsi erogare dal 50% fino al 95% dell’assegno maturato).

Chi chiede un anticipo dell’85% della pensione netta maturata al momento dell’uscita con APE volontaria andrà incontro ad una rata media del 4,7% per ogni anno di anticipo.

Per capire bene i costi di questo meccanismo Tommaso Nannicini (sottosegretario alla presidenza del Consiglio) ha preparato un documento che illustra degli esempi, uno dei quali vede protagonista un lavoratore che ha maturato una pensione lorda di 1.000 euro, che netta diventa di 865 euro; chiedendo un anticipo dell’85% riceverà per tre anni un importo mensile di 736 euro, mentre da quando raggiungerà i requisiti per ottenere la pensione “vera”, il suo importo scenderà a 725 euro, con un costo medio del 4,6% per ogni anno di anticipo. Nell'esempio appena riportato si tiene già conto delle agevolazioni fiscali (lo Stato copre il 50% del premio assicurativo attraverso una detrazione).

Alcuni aspetti della pensione anticipata con l'APE devono essere ancora chiariti. Si può comunque pensare che chi chiede un importo pari al 95% dell’assegno maturato va incontro ad un costo tra il 5% e il 6% per ogni anno di anticipo, quindi la decurtazione massima (quella che andrà a colpire chi sceglie di uscire con 3 anni e 7 mesi di anticipo richiedendo l’importo massimo) può arrivare fino al 20%. Come detto, il costo diminuisce se si riduce l’entità dell’anticipo richiesto (chi si accontenta di ricevere il 50% dell’assegno maturato dovrà sopportare un costo medio del 3,2% per ogni anno di anticipo).



venerdì 9 ottobre 2015

Naspi: calcolo, durata e importo



Tutti gli eventi di disoccupazione involontaria che si verificano a partire dal 1° maggio 2015 in via del tutto sperimentale e dal 2017sarà erogata la Naspi, prevista dal Dlgs 4 marzo 2015.

Ne possono beneficiare tutti i lavoratori dipendenti, con la sola esclusione degli assunti a tempo indeterminato dalle pubbliche amministrazioni (Dlgs 165/01) e degli operai agricoli sia a tempo determinato che a tempo indeterminato. La Naspi è inoltre concessa in caso di dimissioni per giusta causa nei casi di risoluzione consensuale sottoscritta presso la Dtl in seno al tentativo obbligatorio di conciliazione introdotto dalla riforma Fornero.

Si ha diritto alla Naspi per un numero di settimane pari alla metà di quelle di contribuzione negli ultimi quattro anni di lavoro. Si ricorda, a tal proposito, che tale tipologia di assegno di disoccupazione non potrà essere percepita per più di 78 settimane, e fino a quando, comunque, permane lo status di disoccupazione. Nel caso in cui il lavoratore con diritto alla Naspi stipuli un nuovo contratto di lavoro della durata inferiore ai sei mesi, può interromperlo per un periodo massimo di sei mesi; se si instaura un nuovo rapporto di lavoro con retribuzione annuale inferiore al minimo consentito per fare la dichiarazione dei redditi, è possibile continuare a percepire l'assegno Naspi in percentuale ridotta. Nel caso di avvio di un’attività autonoma, il lavoratore è tenuto a informare l'Inps entro trenta giorni, dichiarare il reddito annuo previsto, e si avrà ancora diritto a percepire l'assegno Naspi per un importo pari all’80% di tale somma prevista.

Il nuovo sostegno contro la disoccupazione viene erogato a chi è disoccupato e vanta contributi per almeno 13 settimane nei 4 anni che precedono la perdita del lavoro, nonché 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi antecedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. Tutte le condizioni devono essere presenti contemporaneamente.

L’ammontare della Naspi si ottiene sommando gli imponibili previdenziali degli ultimi 4 anni, dividendo il risultato per le settimane di contribuzione e moltiplicando il tutto per 4,33. Se l’importo che si ottiene è pari o inferiore a 1.195 euro, l’indennità sarà il 75% di questo importo; se è superiore si aggiunge anche il 25% della differenza. Si applica un massimale di 1.300 euro e di importo differente in relazione alla differenti tipologie di contratto di lavoro, se co.co.co, co.co.pro, a progetto.

La Naspi diminuisce del 3% al mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione; Il beneficiario riceverà la Naspi per un numero di settimane pari alla metà di quelle coperte da contribuzione negli ultimi 4 anni.

Chi fruirà della Naspi dovrà, a pena di decadenza, partecipare alle iniziative di orientamento e riqualificazione, proposte dai centri per l’impiego. ( Ad esempio se si aveva una retribuzione di 1.000 euro, si avrà un assegno mensile Naspi di 750 euro; se si aveva uno stipendio di 1.500 euro, si dovrà calcolare il 75% di quella somma e l'ulteriore 25% della differenza dal tetto massimo per ricevere l'assegno mensile di sostegno al reddito, pari a 1.195 euro).

La durata del nuovo ammortizzatore sociale sarà rapportata alla contribuzione del lavoratore e si protrarrà per un massimo di 24 mesi, per coloro che hanno lavorato negli ultimi quattro anni. Il minimo è invece stato fissato a 18 mesi alla data 1 gennaio 2017. Per ricevere la Naspi è necessario inoltrare istanza telematica all’Inps entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

lunedì 6 luglio 2015

Pensioni 2015 con la quattordicesima


L’Inps comunica in una circolare che è in pagamento la somma aggiuntiva (336 o 420 o 504 euro), la cosiddetta quattordicesima pensionati, sulla rata di pensione del mese di luglio 2015.
L’erogazione del beneficio è condizionata dal reddito posseduto dal pensionato.

La circolare dell'Istituto, la quale non presenta novità di rilievo rispetto a quanto stabilito negli anni scorsi, stabilisce che beneficiari dell'indennità, pagata nel mese di luglio, sono i pensionati con almeno 64 anni d'età in possesso per l'anno in corso di redditi personali non superiori a 9.767,16 euro all'anno, ossia una volta e mezzo l'importo annuo del trattamento minimo.

Per quanto concerne il requisito anagrafico, per quest’anno sono dunque interessate tutti le persone nate prima del 1952; più complesso è invece il meccanismo di accertamento reddituale, dal momento che, ai fini dell'attribuzione della quattordicesima, si tiene conto esclusivamente del solo reddito lordo del pensionato, senza cumulo con l'eventuale coniuge, e che inoltre non rilevano per espressa disposizione normativa i redditi derivanti dalla casa di abitazione, gli assegni al nucleo familiare, le indennità di accompagnamento, i redditi derivanti dal percepimento del trattamento di fine rapporto e le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata.

La circolare 130/15 sottolinea che ai fini del percepimento della quattordicesima non sono da considerare redditi le pensioni di guerra, le indennità per i ciechi parziali e l'indennità di comunicazione per i sordi prelinguali, l'indennizzo in favore di soggetti danneggiati da complicanze irreversibili a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, i sussidi economici che i Comuni e gli altri enti erogano agli anziani per bisogni strettamente connessi a situazioni contingenti e che non abbiano caratteristiche di continuità, nonché l'importo di 154,94 euro previsto in via permanente dal 2001 per i pensionati con trattamento minimo.

La legge prevede un trattamento differenziato del beneficio che si lega ai contributi versati per la pensione: si tratta di 336 euro per coloro che abbiano un'anzianità contributiva fino a 15 anni se ex dipendenti e fino a 18 anno se ex autonomi; di 420 euro per un'anzianità contributiva da 15 a 25 anni se ex dipendenti e da 18 a 28 anni se ex autonomi; di 504 euro per gli ex dipendenti con più di 25 anni di contributi e gli ex autonomi con più di 28. Ai fini del calcolo della fascia di aumenti spettante, nel caso in cui si tratti di una pensione ai superstiti il numero dei contributi accreditati in favore del coniuge va abbattuto del 40 per cento.

Nell'ipotesi in cui il reddito personale del pensionato superi la soglia di 9.769,61 euro, ma risulti inferiore al reddito finale comprensivo degli aumenti, la quattordicesima verrà erogata in misura ridotta per restare nella soglia massima consentita. Parimenti verrà ridotta l'indennità nel caso il pensionato compia i 64 anni nel corso del 2015: in tal caso essa sarà rapportata ai soli mesi successivi alla data del compleanno.

I pensionati con almeno 64 anni di età (nati quindi prima del 1 gennaio 1952) ed i disagiati riceveranno la quattordicesima pensionati dall'Inps nel mese di luglio. Come ogni anno, l’ente lo annuncia con la circolare n. 30 del 2 luglio 2015. Si tratta della mensilità aggiuntiva riconosciuta a coloro che si trovano in determinate condizioni reddituali e contributivi. E ci sono riconoscimenti anche per i pensionati ex Inpdap, ed ex Enpals, enti che sono confluiti nell’Inps.

Vediamo quali sono i limiti reddituali e tutte le informazioni anche per le gestioni ex Inpdap ed Enpals

La somma aggiuntiva è determinata con le modalità indicate nella Tabella A allegata alla legge in funzione dell’anzianità contributiva complessiva e della gestione di appartenenza a carico della quale è liquidato il trattamento principale. Si tratta delle seguenti cifre:

336 euro spettano ai pensionati ex lavoratori dipendenti che hanno fino a 15 anni di contribuzione accreditata (780 settimane). Ed ai pensionati ex lavoratori autonomi che hanno fino a 18 anni di contributi versati (936 settimane);

420 euro spettano ai pensionati ex lavoratori dipendenti che hanno da 15 anni e fino a 25 anni di contribuzione (da 781 a 1.300 contributi settimanali). Ed ai pensionati ex lavoratori autonomi che hanno da 18 anni a 28 anni di contributi versati (da 937 a 1.456 contributi settimanali);
504 euro spettano ai lavoratori dipendenti e autonomi che hanno rispettivamente più di 25 anni (oltre 1.301 contributi settimanali) e 28 anni di contributi versati (oltre 1.457 contributi settimanali).

Per la corresponsione dell’aumento viene considerata tutta la contribuzione (obbligatoria, figurativa, volontaria e da riscatto) del soggetto, nonché quella utilizzata per la liquidazione di supplementi. Nel caso di pensioni liquidate in regime internazionale deve essere considerata utile solo la contribuzione italiana. Nel caso di pensionato titolare di sola pensione ai superstiti la contribuzione complessiva utile ai fini dell’applicazione della tabella A viene ridotta in aliquota di reversibilità.

Nel caso in cui il pensionato è titolare di più trattamenti previdenziali, il beneficio sarà erogato unicamente sul trattamento previdenziale principale. Per trattamento principale deve intendersi quello con maggiore anzianità contributiva.

Per l’erogazione della somma aggiuntiva nel mese di luglio 2015, l’Inps richiede il possesso di determinati requisiti sia di età, che di contribuzione, che reddituali. Vediamoli.

Il primo requisito da controllare è il più semplice, ossia il requisito di età. Il beneficio spetta ai pensionati con almeno 64 anni di età. Per l’anno 2015 sono interessati tutti i soggetti nati prima del 1° gennaio 1952.

L’aumento spetta, in misura proporzionale, anche a coloro che compiono il 64° anno di età entro il 31 dicembre dell’anno di erogazione, con riferimento ai mesi di possesso del requisito anagrafico, compreso il mese di raggiungimento dell’età. Analogamente, il beneficio viene attribuito in maniera proporzionale sulle pensioni spettanti per un numero limitato di mesi, come ad esempio in caso di pensioni di nuova liquidazione con decorrenza diversa dal 1° gennaio.

Se è presente l’età giusta, si può procedere agli altri requisiti. L’importo della somma aggiuntiva dipende invece dagli anni di anzianità contributiva, che rappresenta un ulteriore requisito, quello di contribuzione. Gli importi sono gli stessi sia per il pensionato da lavoro dipendente che per il pensionato da lavoro autonomo, a cambiare sono gli anni di anzianità contributiva che danno diritto alla cifra di quattordicesima. Vediamo ora quali sono gli importi, legati ai requisiti di contribuzione. Vediamolo, unitamente all’importo della somma aggiuntiva spettante.

64 anni di età al 31 luglio 2015 per i pensionati Inps. Come di consueto, anche per l’anno 2015 la somma aggiuntiva viene attribuita sulla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 31 luglio 2015, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti. Per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° agosto 2015 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione.

64 anni entro il 30 giugno 2015 per i pensionati ex Inpdap. Per la gestione pubblica, la somma aggiuntiva viene attribuita sulla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 30 giugno 2015, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti.

Per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° luglio 2015 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione, sulla rata di dicembre 2015.

La quattordicesima viene erogata sulla base del solo reddito personale, che deve essere inferiore ai limiti, in relazione agli anni di contribuzione. Vediamo quali sono questi limiti:

10.122,86 di limite massimo per i lavoratori dipendenti che hanno pari o meno di 15 anni di contribuzione (pari o meno di 780 contributi settimanali) e per i lavoratori autonomi che hanno pari o meno di 18 anni di contribuzione (pari o meno di 936 contributi settimanali);

10.206,86 euro di limite massimo per i lavoratori dipendenti che hanno più di 15 anni di contribuzione e pari o meno di 25 anni di contribuzione (da 781 a 1.300 contributi settimanali) e per i lavoratori autonomi che più di 18 anni di contribuzione e pari o meno di 28 anni di contribuzione (da 937 a 1.456 contributi settimanali);

10.290.86 euro di limite massimo per i lavoratori dipendenti che hanno più di 25 anni di contribuzione (da 1.301 contributi settimanali in poi) e per i lavoratori autonomi che hanno più di 28 anni di contribuzione (da 1.457 contributi settimanali in poi).



domenica 28 dicembre 2014

Cassa integrazione a chi si applica, importo e durata



La legge prevede due tipi di cassa integrazione, quella ordinaria e quella straordinaria.

La prima riguarda i lavoratori dell'industria (esclusi i dirigenti) e può essere disposta nel caso di contrazione o sospensione dell’attività produttiva, derivante o da eventi aziendali transitori, non imputabili al datore di lavoro né ai lavoratori, o da situazioni temporanee di mercato. In presenza di un caso come quelli indicati, il datore di lavoro può decidere di sospendere in tutto o in parte l’attività lavorativa, rivolgendo un'istanza all'INPS al fine di ottenere l’ammissione alla cassa integrazione ordinaria.

Quest’ultima può essere concessa per un periodo massimo di 3 mesi continuativi, eccezionalmente prorogabili trimestralmente fino a un limite massimo complessivo di 1 anno. In ogni caso, la sospensione, anche se non consecutiva, non può superare i 12 mesi in un biennio.

La cassa integrazione salariale straordinaria viene invece concessa nei casi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale; di crisi aziendale di grande rilevanza sociale; di fallimento o altre procedure concorsuali, purché non continui l’attività. Come si vede, in questo caso – e a differenza della cassa ordinaria – il provvedimento può essere adottato a fronte di situazioni di crisi di presumibile durata anche lunga, ma anche nel caso in cui la contrazione dell’attività dipenda dalla semplice decisione del datore di lavoro di riorganizzare o ristrutturare la propria attività, a prescindere dal fatto che ciò sia imposto da una crisi.

Qualora ricorra un’ipotesi come quelle sopra descritte, dunque, il datore di lavoro può sospendere in tutto o in parte l’attività lavorativa, previa autorizzazione del ministro del lavoro.

La sospensione straordinaria può essere disposta entro limiti temporali diversi a seconda della causa che l’ha determinata: 2 anni, prorogabili per altri 2, per le ristrutturazioni e le riconversioni aziendali; 12 mesi in caso di crisi aziendale; 12 mesi, prorogabili per altri 6, quando sussistano fondate prospettive di continuazione o ripresa dell'attività, in caso di procedure concorsuali. La Cassa integrazione guadagni non può comunque protrarsi complessivamente per più di 36 mesi nel quinquennio.

La cassa integrazione straordinaria si applica ai lavoratori (esclusi i dirigenti) che abbiano maturato un'anzianità aziendale di almeno 90 giorni.

Secondo la definizione dei tecnici dell’Inps «la Cigs è una prestazione economica erogata per fare fronte a gravi situazioni di eccedenza occupazionale che potrebbero portare a licenziamenti di massa». Il suo terreno di applicazione, al contrario della cassa integrazione ordinaria (a cui si ricorre per problemi temporanei, come un calo inaspettato della domanda o l’inutilizzabilità di un macchinario), è rappresentato dalle situazioni straordinarie, che possono dipendere da problemi della singola azienda, come pure del suo settore merceologico o di un’intera economia, come sta accadendo di fatto per la gran parte delle richieste dal 2008 a oggi.

A chi si applica?
Per accedere alla cassa integrazione straordinaria sono necessari requisiti precisi che riguardano tanto i lavoratori quanto le aziende. Ne hanno diritto: operai, quadri, dipendenti o soci di cooperative di produzione e lavoro, poligrafici e giornalisti con un rapporto di lavoro subordinato da almeno 90 giorni, le cui imprese abbiano occupato in media nei sei mesi precedenti più di 15 dipendenti. Ne sono espressamente esclusi i dirigenti, gli apprendisti e i lavoratori a domicilio.

Sono ammesse al trattamento le seguenti tipologie di aziende: industriali, edili, cooperative agricole, artigiane (il cui fatturato nel biennio precedente sia dipeso per almeno il 50 per cento da un solo committente destinatario di Cigs),aziende appaltatrici di servizi di mensa e ristorazione le cui imprese committenti siano interessate da Cigs, imprese editrici di quotidiani, periodici e agenzie di stampa a diffusione nazionale (per cui non vale il limite minimo dei 15 dipendenti), nonché le imprese commerciali con più di 200 dipendenti.

Quanto incassa il lavoratore?
L’indennità è pari all’80 per cento della retribuzione che il dipendente avrebbe percepito lavorando, fino a un massimo di 40 ore settimanali, e comunque al di sotto di un tetto di retribuzione mensile stabilito di anno in anno. L’importo è inoltre decurtato del 5,84 per cento (pari all’aliquota contributiva prevista a carico degli apprendisti).

Quanto dura?
La durata cambia a seconda della motivazione con cui si chiede la cassa integrazione straordinaria. Ne esistono tre tipologie diverse: 1) nei casi in cui la Cigs è richiesta per «riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione aziendale» può durare 24 mesi, prorogabili di 12 mesi per due volte con due provvedimenti distinti; 2) se la motivazione è «crisi aziendale» la durata massima è 12 mesi, prorogabili per un altro anno; 3) per «procedure esecutive concorsuali» l’assegno viene erogato per 12 mesi con una sola proroga possibile di sei mesi.

Chi la paga?
Gli assegni sono pagati dallo Stato, che li eroga attraverso l’Inps; a sua volta l’Inps riceve i versamenti delle imprese(tutte quelle che hanno le caratteristiche per usufruire della cassa straordinaria) nella misura dello 0,90 per cento delle retribuzioni mensili (lo 0,30 per cento a carico dei lavoratori e lo 0,60 per cento a carico dei datori di lavoro). In anni normali il saldo è in genere positivo, senza oneri per le casse pubbliche, ma le cose cambiano durante le crisi economiche.

Nel corso del 2010 la cassa integrazione guadagni straordinaria (comprensiva della cassa integrazione in deroga che il governo ha aggiunto nel 2009 per imprese e lavoratori che non ne avrebbero avuto diritto secondo la norma) è costata all’Inps 2,8 miliardi di euro, che sommati al saldo negativo dell’anno precedente e a quello (al momento solo stimato) del 2011 produce un onere totale di oltre 6 miliardi di euro.



domenica 6 luglio 2014

Pensioni, 5 luglio 2014 ultimo giorno per chiedere la correzione all'Inps



Il 5 luglio 2014, si concreta la prima decadenza triennale per gli errori commessi dall’Inps nel calcolo dell’importo dei ratei delle pensioni. Infatti le disposizioni in materia di decadenza previdenziale triennale trovano applicazione esclusivamente per le prestazioni riconosciute dal 6 luglio 2011. D'ora in avanti si dovrà tener presente che per chiedere la verifica e la correzione dell'importo dell'assegno si dovrà agire entro tre anni dalla liquidazione.

La precisazione è stata fornita anche dall’Inps il 19 maggio 2014 con proprio messaggio n. 4774 del 2014. L’Istituto, in tal modo, s’è voluto conformare alla decisione della Corte Costituzionale n. 69 del 2014 che, in particolare e giova ribadirlo, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 38 del d.l. n. 98 del 2011 laddove prevedeva che i nuovi termini decadenziali – più brevi rispetto a quelli previgenti – si applicavano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data del 6 luglio 2011.

Ora, invece, dopo l’intervento della Corte Costituzionale il termine di decadenza della domanda giudiziale volta a ottenere l’adeguamento della misura della pensione, già riconosciuta in un importo inferiore a quello spettante, deve decorrere dalla data di ricezione da parte del pensionato del provvedimento di liquidazione del trattamento pensionistico o, laddove non disponibile, dalla riscossione del primo rateo.

Ciò ha portato l'INPS a stabilire che il termine di decadenza della domanda giudiziale volta a ottenere l'adeguamento della rendita già riconosciuta in un importo inferiore a quello spettante deve decorrere dalla data di ricezione da parte del pensionato del provvedimento di liquidazione del trattamento pensionistico o, laddove non disponibile, quella di riscossione del primo rateo di pensione.

Per le prestazioni erogate a carico della gestione dello spettacolo e degli sportivi professionisti, in assenza di una eventuale data di ricezione del provvedimento, vale la data di riscossione del primo rateo. Da tale momento decorre il termine di decadenza. Per quanto riguarda la gestione dei dipendenti pubblici la riserva di giurisdizione rimane a esclusivo favore della Corte dei Conti rimanendo invariata rispetto alla previgente normativa (di norma 30 giorni per il Comitato di vigilanza).

La nuova norma aveva fissato il nuovo termine di decadenza in tre anni, con riferimento alle prestazioni pensionistiche, e in un anno, con riferimento alle prestazioni previdenziali temporanee (tra le altre la malattia, l’Aspi, il Fondo di garanzia TFR).

Il legislatore, in sostanza, nella norma in questione non aveva previsto alcun regime transitorio con riguardo agli errori di calcolo commessi dall’Inps negli anni precedenti all’entrata in vigore della norma (art. 38 cit.): il 6 luglio 2011.

Al riguardo il Tribunale di Roma ha sollevato una questione di legittimità costituzionale e la Corte Costituzionale con sentenza n. 69 del 2014 ha affermato l’incostituzionalità dell’art. 38 cit. per la irragionevole lesione che esso recava all’affidamento dei cittadini alla certezza del diritto.
A seguito della decisione della Corte Costituzionale, dunque, si deve tener presente che per chiedere la verifica e la correzione dell’importo della pensione si dovrà agire entro tre anni dalla liquidazione.


domenica 2 febbraio 2014

Incentivo per favorire la ricollocazione lavorativa beneficiari ASpI




Ai datori di lavoro interessati spetta un incentivo pari al 50% dell’importo dell’indennità mensile residua ASpI, che sarebbe stata corrisposta al lavoratore se lo stesso non fosse stato assunto. L’incentivo è destinato al datore di lavoro che abbia instaurato un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato con un lavoratore avente titolo a percepire l’indennità.

L'INPS con Circolare n.175 del 18 dicembre 2013 ha fornito indicazioni in merito all'incentivo per favorire la ricollocazione lavorativa di:
soggetti privi di occupazione;
beneficiari dell Assicurazione Sociale per l'Impiego (ASpI)

Destinatari. Il beneficio è riferito alle assunzioni a tempo pieno e indeterminato di soggetti in godimento dell’indennità ASpI. In considerazione della “ratio legis”, la nuova misura potrà riferirsi anche a lavoratori che siano destinatari dell’Assicurazione sociale per l’impiego, e cioè a soggetti che - avendo inoltrato istanza di concessione - abbiano titolo alla prestazione ma non l’abbiano ancora percepita.

Considerato - inoltre –che la norma è chiaramente finalizzata alla creazione di stabile occupazione per i soggetti (percettori/destinatari ASpI) che ne sono sprovvisti, si potrà accedere all’incentivo anche in caso di trasformazione a tempo pieno e indeterminato di un rapporto a termine già instaurato con un lavoratore, titolare di indennità ASpI, cui, in forza della previsione contenuta all’articolo 2, c. 15 della legge n. 92/2012, sia stata sospesa la corresponsione della prestazione in conseguenza della sua occupazione a tempo determinato.

Beneficiari. Possono accedere alla nuova misura incentivante tutti i datori di lavoro, comprese le Cooperative che instaurano con soci lavoratori un rapporto di lavoro in forma subordinata ex art. 1, co. 3, legge n. 142/2001 e successive modificazioni, nonché le imprese di somministrazione di lavoro con riferimento ai lavoratori assunti  a scopo di somministrazione.

L’incentivo è pari al 50% dell'importo dell'indennità residua ASpI cui il lavoratore avrebbe avuto titolo se non fosse stato assunto. L’importo viene corrisposto sotto forma di contributo mensile e spetta solamente per i periodi di effettiva erogazione della retribuzione al lavoratore.

Qualora questi sia stato retribuito per tutto il mese, il contributo compete in misura intera; in presenza di giornate non retribuite (per eventi quali, ad es., astensione dal lavoro per sciopero, malattia, maternità, ecc.), invece, l'importo mensile dovrà essere diviso per i giorni di calendario del mese da considerare e il quoziente così ottenuto, moltiplicato per il numero di giornate non retribuite, dovrà essere detratto dal contributo riferito allo stesso mese. Sono considerate retribuite anche le giornate in cui si è in presenza di emolumenti ridotti.

Si precisa,  che la somma a credito dell'azienda non potrà comunque essere superiore all'importo della retribuzione erogata al lavoratore interessato nel corrispondente mese dell'anno, comprendendovi anche le eventuali competenze ultramensili calcolate pro quota.

Il beneficio introdotto dalla disposizione in argomento non può comunque superare la durata dell'indennità ASpI che sarebbe ancora spettata al lavoratore che viene assunto, durata da determinarsi con riferimento alla decorrenza iniziale dell'indennità stessa, detraendo i periodi di cui l'interessato ha già usufruito all'atto dell'assunzione.

Condizioni di accesso al beneficio
Le imprese sono tenute a  trasmettere all’INPS una dichiarazione che attesti che, nell’anno di assunzione e nei due esercizi finanziari precedenti, non si siano percepiti aiuti nazionali, regionali o locali eccedenti i limiti complessivi degli aiuti "de minimis"; è, altresì, necessario quantificare gli incentivi “de minimis” già fruiti nel triennio alla data della richiesta.

Indicazioni operative per i datori di lavoro
Per accedere al contributo (art.7, c. 5, lettera b) del DL 76/2013), i datori di lavoro devono trasmetteranno alla Sede presso la quale assolvono i propri obblighi contributivi la dichiarazione di responsabilità secondo il form allegato alla presente circolare.

L’avvenuta ammissione al beneficio sarà resa nota attraverso comunicazione da inoltrar all’azienda secondo i consueti canali e all’intermediario autorizzato, utilizzando la funzionalità “contatti” del cassetto previdenziale aziende. Alla comunicazione dovrà essere allegato un prospetto con il piano di fruizione della misura mensile massima dell’incentivo.

Per poter beneficiare dell’incentivo, il datore di lavoro è tenuto ad inviare presso la competente Sede I.N.P.S. una dichiarazione di responsabilità per il tramite della  funzione ‘Contatti’ del ‘Cassetto previdenziale’, selezionando nel campo ‘Oggetto’ la denominazione ‘L.92/2012 art. 2, c. 10bis (assunzione beneficiari ASpI)’.

La Sede dell’Istituto:
- comunicherà al datore di lavoro istante l’accoglimento [o il respingimento] dell’istanza impiegando la funzione ‘Contatti’ del ‘Cassetto previdenziale’; a tale comunicazione sarà allegato un prospetto con il piano di fruizione della misura mensile massima d’incentivo fruibile;
- attribuirà il codice di autorizzazione ‘8D’ avente il significato ‘Azienda destinataria del contributo previsto dall’articolo 2, comma 10bis della Legge 28 giugno 2012, n. 92 per l’assunzione di lavoratori beneficiari di ASpI’.
Per quanto concerne il flusso UniEmens, il datore di lavoro beneficiario dell’incentivo valorizzerà all’interno di <DenunciaIndividuale>, <DatiRetributivi>, elemento <Incentivo> i seguenti elementi : - in <TipoIncentivo> sarà inserito il valore ‘ASpI’ [‘Incentivo per assunzione
lavoratori beneficiari di ASpI’];
- in <CodEnteFinanziatore>, sarà inserito il valore ‘H00’;
- in <ImportoCorrIncentivo’ sarà indicato l’importo posto a conguaglio nel mese;
- in <ImportoArrIncentivo’ sarà indicato l’importo posto a conguaglio e riferito a
periodi pregressi.

Tali dati saranno esposti anche nel DM2013 virtuale con i seguenti codici:
- ‘L434’ [‘Conguaglio incentivo per assunzione lavoratori beneficiari di ASpI’];
- ‘L435’ [‘Arretrati conguaglio incentivo per assunzione lavoratori beneficiari di
ASpI’].

Laddove il datore di lavoro sia tenuto alla restituzione di un beneficio fruito sebbene non spettante, in <DenunciaIndividuale>, <DatiRetributivi>, elemento <AltreDebito> saranno inseriti i seguenti elementi: in <CausaleADebito> sarà inserito il codice ‘M303’ [‘Restituzione incentivo per assunzione lavoratori beneficiari di ASpI’];
- in <ImportoADebito> sarà indicato l’importo da restituire.
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