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lunedì 6 luglio 2015

Pensioni 2015 con la quattordicesima


L’Inps comunica in una circolare che è in pagamento la somma aggiuntiva (336 o 420 o 504 euro), la cosiddetta quattordicesima pensionati, sulla rata di pensione del mese di luglio 2015.
L’erogazione del beneficio è condizionata dal reddito posseduto dal pensionato.

La circolare dell'Istituto, la quale non presenta novità di rilievo rispetto a quanto stabilito negli anni scorsi, stabilisce che beneficiari dell'indennità, pagata nel mese di luglio, sono i pensionati con almeno 64 anni d'età in possesso per l'anno in corso di redditi personali non superiori a 9.767,16 euro all'anno, ossia una volta e mezzo l'importo annuo del trattamento minimo.

Per quanto concerne il requisito anagrafico, per quest’anno sono dunque interessate tutti le persone nate prima del 1952; più complesso è invece il meccanismo di accertamento reddituale, dal momento che, ai fini dell'attribuzione della quattordicesima, si tiene conto esclusivamente del solo reddito lordo del pensionato, senza cumulo con l'eventuale coniuge, e che inoltre non rilevano per espressa disposizione normativa i redditi derivanti dalla casa di abitazione, gli assegni al nucleo familiare, le indennità di accompagnamento, i redditi derivanti dal percepimento del trattamento di fine rapporto e le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata.

La circolare 130/15 sottolinea che ai fini del percepimento della quattordicesima non sono da considerare redditi le pensioni di guerra, le indennità per i ciechi parziali e l'indennità di comunicazione per i sordi prelinguali, l'indennizzo in favore di soggetti danneggiati da complicanze irreversibili a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, i sussidi economici che i Comuni e gli altri enti erogano agli anziani per bisogni strettamente connessi a situazioni contingenti e che non abbiano caratteristiche di continuità, nonché l'importo di 154,94 euro previsto in via permanente dal 2001 per i pensionati con trattamento minimo.

La legge prevede un trattamento differenziato del beneficio che si lega ai contributi versati per la pensione: si tratta di 336 euro per coloro che abbiano un'anzianità contributiva fino a 15 anni se ex dipendenti e fino a 18 anno se ex autonomi; di 420 euro per un'anzianità contributiva da 15 a 25 anni se ex dipendenti e da 18 a 28 anni se ex autonomi; di 504 euro per gli ex dipendenti con più di 25 anni di contributi e gli ex autonomi con più di 28. Ai fini del calcolo della fascia di aumenti spettante, nel caso in cui si tratti di una pensione ai superstiti il numero dei contributi accreditati in favore del coniuge va abbattuto del 40 per cento.

Nell'ipotesi in cui il reddito personale del pensionato superi la soglia di 9.769,61 euro, ma risulti inferiore al reddito finale comprensivo degli aumenti, la quattordicesima verrà erogata in misura ridotta per restare nella soglia massima consentita. Parimenti verrà ridotta l'indennità nel caso il pensionato compia i 64 anni nel corso del 2015: in tal caso essa sarà rapportata ai soli mesi successivi alla data del compleanno.

I pensionati con almeno 64 anni di età (nati quindi prima del 1 gennaio 1952) ed i disagiati riceveranno la quattordicesima pensionati dall'Inps nel mese di luglio. Come ogni anno, l’ente lo annuncia con la circolare n. 30 del 2 luglio 2015. Si tratta della mensilità aggiuntiva riconosciuta a coloro che si trovano in determinate condizioni reddituali e contributivi. E ci sono riconoscimenti anche per i pensionati ex Inpdap, ed ex Enpals, enti che sono confluiti nell’Inps.

Vediamo quali sono i limiti reddituali e tutte le informazioni anche per le gestioni ex Inpdap ed Enpals

La somma aggiuntiva è determinata con le modalità indicate nella Tabella A allegata alla legge in funzione dell’anzianità contributiva complessiva e della gestione di appartenenza a carico della quale è liquidato il trattamento principale. Si tratta delle seguenti cifre:

336 euro spettano ai pensionati ex lavoratori dipendenti che hanno fino a 15 anni di contribuzione accreditata (780 settimane). Ed ai pensionati ex lavoratori autonomi che hanno fino a 18 anni di contributi versati (936 settimane);

420 euro spettano ai pensionati ex lavoratori dipendenti che hanno da 15 anni e fino a 25 anni di contribuzione (da 781 a 1.300 contributi settimanali). Ed ai pensionati ex lavoratori autonomi che hanno da 18 anni a 28 anni di contributi versati (da 937 a 1.456 contributi settimanali);
504 euro spettano ai lavoratori dipendenti e autonomi che hanno rispettivamente più di 25 anni (oltre 1.301 contributi settimanali) e 28 anni di contributi versati (oltre 1.457 contributi settimanali).

Per la corresponsione dell’aumento viene considerata tutta la contribuzione (obbligatoria, figurativa, volontaria e da riscatto) del soggetto, nonché quella utilizzata per la liquidazione di supplementi. Nel caso di pensioni liquidate in regime internazionale deve essere considerata utile solo la contribuzione italiana. Nel caso di pensionato titolare di sola pensione ai superstiti la contribuzione complessiva utile ai fini dell’applicazione della tabella A viene ridotta in aliquota di reversibilità.

Nel caso in cui il pensionato è titolare di più trattamenti previdenziali, il beneficio sarà erogato unicamente sul trattamento previdenziale principale. Per trattamento principale deve intendersi quello con maggiore anzianità contributiva.

Per l’erogazione della somma aggiuntiva nel mese di luglio 2015, l’Inps richiede il possesso di determinati requisiti sia di età, che di contribuzione, che reddituali. Vediamoli.

Il primo requisito da controllare è il più semplice, ossia il requisito di età. Il beneficio spetta ai pensionati con almeno 64 anni di età. Per l’anno 2015 sono interessati tutti i soggetti nati prima del 1° gennaio 1952.

L’aumento spetta, in misura proporzionale, anche a coloro che compiono il 64° anno di età entro il 31 dicembre dell’anno di erogazione, con riferimento ai mesi di possesso del requisito anagrafico, compreso il mese di raggiungimento dell’età. Analogamente, il beneficio viene attribuito in maniera proporzionale sulle pensioni spettanti per un numero limitato di mesi, come ad esempio in caso di pensioni di nuova liquidazione con decorrenza diversa dal 1° gennaio.

Se è presente l’età giusta, si può procedere agli altri requisiti. L’importo della somma aggiuntiva dipende invece dagli anni di anzianità contributiva, che rappresenta un ulteriore requisito, quello di contribuzione. Gli importi sono gli stessi sia per il pensionato da lavoro dipendente che per il pensionato da lavoro autonomo, a cambiare sono gli anni di anzianità contributiva che danno diritto alla cifra di quattordicesima. Vediamo ora quali sono gli importi, legati ai requisiti di contribuzione. Vediamolo, unitamente all’importo della somma aggiuntiva spettante.

64 anni di età al 31 luglio 2015 per i pensionati Inps. Come di consueto, anche per l’anno 2015 la somma aggiuntiva viene attribuita sulla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 31 luglio 2015, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti. Per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° agosto 2015 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione.

64 anni entro il 30 giugno 2015 per i pensionati ex Inpdap. Per la gestione pubblica, la somma aggiuntiva viene attribuita sulla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 30 giugno 2015, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti.

Per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° luglio 2015 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione, sulla rata di dicembre 2015.

La quattordicesima viene erogata sulla base del solo reddito personale, che deve essere inferiore ai limiti, in relazione agli anni di contribuzione. Vediamo quali sono questi limiti:

10.122,86 di limite massimo per i lavoratori dipendenti che hanno pari o meno di 15 anni di contribuzione (pari o meno di 780 contributi settimanali) e per i lavoratori autonomi che hanno pari o meno di 18 anni di contribuzione (pari o meno di 936 contributi settimanali);

10.206,86 euro di limite massimo per i lavoratori dipendenti che hanno più di 15 anni di contribuzione e pari o meno di 25 anni di contribuzione (da 781 a 1.300 contributi settimanali) e per i lavoratori autonomi che più di 18 anni di contribuzione e pari o meno di 28 anni di contribuzione (da 937 a 1.456 contributi settimanali);

10.290.86 euro di limite massimo per i lavoratori dipendenti che hanno più di 25 anni di contribuzione (da 1.301 contributi settimanali in poi) e per i lavoratori autonomi che hanno più di 28 anni di contribuzione (da 1.457 contributi settimanali in poi).



lunedì 1 dicembre 2014

Pensioni per il 2015 aumenti saranno una chimera


Gli incrementi sulle pensioni che in genere scattano ogni inizio dell’anno, per essere queste adeguate all'inflazione, quest’anno saranno impercettibili e anzi per i primi mesi del 2015, le rate seppure di qualche euro si abbasseranno

Un’altra brutta notizia per i pensionati: l’inflazione tiene al palo gli assegni. Per il 2015 non ci sarà alcun aumento. Anzi, nei primi due mesi dell’anno – secondo quanto scrive Il Messaggero – l’importo potrà risultare leggermente più basso di quello del 2014, per il recupero di una piccola somma che era stata percepita in più”.

Un'inflazione dannosamente vicina allo zero non è una buona notizia, visto che si associa ad un'economia che non riesce a uscire dalla recessione. Ma gli incrementi ai minimi storici rilevati quest'anno dall'Istat porteranno dal prossimo gennaio 2015 una sorpresa poco gradita per i pensionati: la rivalutazione dei loro assegni sarà quasi impercettibile. Anzi, nei primi due mesi dell'anno l'importo potrà risultare leggermente più basso di quello del 2014, per il recupero di una piccola somma che era stata percepita in più.

Per capire esattamente cosa accadrà bisogna ricordare come funziona il meccanismo di adeguamento annuale delle pensioni, chiamato perequazione. Ogni anno gli importi vengono rivalutati sulla base dell'indice dei prezzi al consumo rilevato dall'Istat per l'anno precedente. Siccome l'Inps effettua i relativi calcoli più o meno a partire dal mese di novembre, viene stimato un indice provvisorio sulla base di quello dei primi nove mesi. Il relativo decreto del ministero dell'Economia sta per essere formalizzato, ma dati gli andamenti recenti si stima un incremento limitato allo 0,3 per cento, livello storicamente bassissimo (nel 2009 si arrivò allo 0,7 per cento).

Gli incrementi da "zero virgola" dell'inflazione, rilevati dall'Istat, porteranno dal prossimo gennaio una sorpresa poco gradita per i pensionati, perché la rivalutazione dei loro assegni sarà quasi impercettibile.

È vero che questi ritocchi, praticamente nulli, corrispondono a un livello dei prezzi di fatto congelato, per cui sulla carta non c'è perdita di potere d'acquisto. Ma per i pensionati, esclusi dal bonus da 80 euro, è un altro duro colpo.

All'inizio di quest'anno, sulla base dell'inflazione 2013, era stato riconosciuto un incremento provvisorio dell'1,2 per cento, che però con i dati definitivi è risultato leggermente più alto di quello effettivo, pari all'1,1. Di conseguenza l'Inps dovrà limare di quello 0,1 per cento gli aumenti dello scorso anno, ed anche recuperare con le prime due rate del 2015 i pochi euro percepiti in più dai pensionati.

L'effetto pratico è gli incrementi saranno quasi inesistenti, anche ragionando sulle cifre lorde. Una pensione pari all'importo del trattamento minimo, originariamente stimato per il 2014 a 501,38 euro al mese, viene rivista a 500,88 e su questa base portata a 502,38. L'aumento è quindi di un euro al mese.

Ma con tutta probabilità, gli interessati vedranno nella propria busta paga una somma ancora più bassa, perché l'Inps dovrà anche recuperare i poco più di 6 euro che non erano dovuti: se, come di consuetudine, lo farà tramite trattenute sulle rate di gennaio e febbraio il totale effettivo risulterà ancora più basso, circa 499 euro.

Su importi un po' più consistenti, più o meno al di sopra dei 600 euro mensili, inizia ad entrare in gioco il fisco. Che per la sua natura progressiva, ed in particolare a causa della detrazione decrescente riconosciuta ai pensionati, va ad intaccare anche i circa 2 euro al mese di aumento effettivo che spettano intorno ai mille euro di pensione o i poco meno di 4 che sarebbero riconosciuti per un assegno di valore doppio. E poi c'è sempre da restituire la manciata di euro in più percepiti nel corso del 2014.

Per ironia della sorte, su un livello di adeguamento all'inflazione già così basso operano anche le decurtazioni stabilite con la precedente legge di Stabilità. Per cui al di sopra di tre volte il trattamento minimo (circa 1.500 euro al mese), quell'esiguo 0,3 per cento teorico va applicato al 95 per cento; al di sopra delle quattro volte al 75 per cento; oltre le cinque volte il minimo al 50 per cento e infine al 45 per cento se l'importo della pensione è superiore a sei volte il trattamento minimo.

In pratica anche quell'esiguo incremento dovuto all'adeguamento alla pur bassa inflazione non ci sarà, anzi le prime due buste paga gennaio 2015 e febbraio 2015 risulteranno ancora più bassi dell’anno precedente proprio per il recupero che l’Inps si accinge a fare. Per fare un esempio una pensione di 501,38 euro al mese con molta probabilità per i primi due mesi del 2015 sarà di circa 499 euro per poi essere rivista e portata a 502,38 euro per il resto dell’anno.



Pensioni INPS per le donne nel 2015 bastano 57 anni



La pensione anticipata è una strumento previdenziale che sostituisce la pensione di anzianità. Si consente sostanzialmente al lavoratore che non ha raggiunto l'età per ottenere la pensione di vecchiaia, ma che ha versato un elevato numero di contributi di ottenere una pensione. Si tratta di uno strumento introdotto con la riforma delle pensioni Monti-Fornero nel 2011.

Le donne lavoratrici che hanno almeno 35 anni di contributi e 57 anni di età e che volessero andare in pensione, ma con l’assegno calcolato interamente con il metodo contributivo, potranno continuare a presentare la domanda all’Inps. In questo senso dovrebbe esprimersi una circolare dell’Istituto di previdenza che potrebbe essere firmata, riaprendo in sostanza i termini che altrimenti sarebbero scaduti.

La possibilità in esame è stata introdotta nel 2004 e prevede, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2015, la possibilità per le lavoratrici dipendenti con 35 anni di versamenti di ritirarsi a 57 anni (58 per le lavoratrici autonome) ma con l'importo della pensione calcolato interamente col sistema contributivo (prendi quanto hai versato in tutta la vita lavorativa) anziché col retributivo (pensione pari al 70% dello stipendio con 35 anni di contributi). Normalmente la donna che sceglie di sfruttare questa possibilità prende dunque almeno il 15-20% in meno.

Come quello che dovrebbe essere comunicato  dall’Inps riaprendo i termini per la cosiddetta «opzione donna».

Di regola la donna che sceglie questa possibilità prende almeno il 15-20% in meno. Nei primi anni sono state poche centinaia le lavoratrici che hanno scelto l’opzione donna. Ma dopo la riforma Fornero, che ha cancellato le pensioni di anzianità e aumentato bruscamente l’età per la pensione di vecchiaia, il numero di domande all’Inps si è impennato, anche perché questa possibilità è spesso rimasta l’unica per non finire esodati (senza lavoro e senza pensione). Così nel 2013 sono state 8.846 le richieste e quest’anno, fino a settembre, ne sono già arrivate altre8.652.

Ricordiamo che la riforma delle pensioni del 2004 prevedeva che le lavoratrici potessero andare in pensione a 57 anni se dipendenti e a 58 anni se autonome, in entrambi i casi con almeno 35 anni di contributi, e applicando l’adeguamento alle speranze di vita (tre mesi in più dal primo gennaio 2013). In cambio del ritiro anticipato, la lavoratrice accetta una decurtazione della pensione, che viene calcolata interamente con il metodo contributivo.

Secondo una precedente circolare dell’Inps, che aveva tenuto conto del fatto che sulla vecchia pensione di anzianità si applicava la cosiddetta finestra mobile, passava cioè un anno dalla maturazione dei requisiti alla decorrenza della pensione, il termine per le domande scadeva a fine 2014 (novembre, tenendo conto che bisogna presentarla un mese prima) anziché il 31 dicembre 2015.

Donne in pensione: si torna indietro, ma a condizione di una diminuzione di bonus. E’ noto come la legge Fornero abbia alzato le pensioni per uomini e donne. Drasticamente. Dall’Inps, tuttavia, arriva una vera e propria svolta per il ‘gentil sesso’: potranno andare in pensione a 57 anni con 35 anni di contributi. A patto, tuttavia, di una minorazione dell’assegno pensionistico: – 20%, addirittura.

Chi, infatti, fra le lavoratrici, decide di andare in pensione prima, a 57 anni per le dipendenti e a 58 per le autonome, con 35 anni di contributi, sceglie di calcolare la sua pensione finale esclusivamente con sistema contributivo, sulla base dunque dei contributi versati durante la propria vita lavorativa, invece che con il più remunerativo sistema retributivo.
In questo modo di riceve una pensione pari al 70% dello stipendio, per cui si ha una riduzione dell’assegno pensionistico finale e questi tagli alla pensione rappresentano i risparmi per lo Stato. Dovrebbero essere 6mila le lavoratrici donne che il prossimo anno matureranno i requisiti di accesso alla pensione anticipata secondo tale regola. Al momento, nonostante si attendano ancora regole ufficiali dall'Inps, non è prevista l'estensione di questa possibilità di uscita anticipata anche agli uomini, come si era auspicato.



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