venerdì 20 aprile 2018

Licenziamento per giusta causa: valutazione del giudice



Licenziamento per giusta causa: il giudice deve valutare le circostanze del caso concreto e la portata soggettiva della condotta di lavoratore e datore. Il licenziamento per giusta causa di un lavoratore per ingiustificata assenza è illegittimo se non vi sa stato un preventivo richiamo e l’azienda non abbia risposto alla richiesta di un periodo di ferie per gravi motivi familiari. A tal fine, occorre che i giudici di merito chiamati a vagliarne la correttezza, valutino le condotte di entrambe le parti e l’entità degli addebiti formulati.

Con sentenza n. 9339 del 16 aprile 2018, la Corte di Cassazione ha affermato che, in tema di valutazione della giusta causa e del conseguente licenziamento, occorre rifarsi non soltanto alla fattispecie astratta determinata dalla contrattazione collettiva ma è necessario valutare il comportamento inadempiente del dipendente tenendo presenti gli aspetti oggettivi e soggettivi in cui è maturato.

Il giudizio comparativo deve valutare non soltanto il comportamento del lavoratore ma anche quello del datore di lavoro; tale valutazione appare necessaria per comprendere se, sulla base dei principi di correttezza e buona fede, lo stesso abbia una parte di responsabilità relativa all’inadempimento contestato. Nel caso di specie l’assenza ingiustificata superiore a 3 giorni era stata preceduta da una richiesta di ferie per gravi ed improrogabili esigenze familiari alla quale il datore non aveva dato riscontro: pochi giorni dopo era deceduto il genitore del dipendente.

Al termine dei tre giorni, senza effettuare prima alcun richiamo, il datore di lavoro ha intimato al lavoratore il licenziamento per giusta causa per assenza ingiustificata. Il lavoratore presentava quindi ricorso, accolto in primo grado e poi respinto dalla Corte di Appello. La Corte di Cassazione ha nuovamente ribaltato il giudizio affermando che: Il giudice di secondo grado ha emesso la propria decisione senza procedere alla valutazione della gravità del licenziamento in un necessario giudizio di comparazione delle reciproche condotte alla stregua dei canoni di correttezza e buona fede.

Il dipendente aveva inviato al proprio datore di lavoro la domanda di fruizione delle ferie, motivata da “gravi ed improrogabili esigenze familiari”, per poter assistere il padre gravemente malato. L’azienda non aveva risposto e il dipendente si era, comunque, assentato nel periodo di ferie richiesto, durante il quale veniva colpito da lutto grave.

Allo scadere dei tre giorni dall’inizio dell’assenza ingiustificata, il datore di lavoro – senza effettuare prima alcun richiamo – ha proceduto con la contestazione dell’assenza ingiustificata, intimando il licenziamento per giusta causa al dipendente.

Il lavoratore ricorre in giudizio. La domanda di impugnativa del licenziamento era stata accolta in primo grado, mentre la Corte di Appello aveva riconosciuto legittima e proporzionata la decisione del datore di lavoro di licenziare il dipendente, ritenendo sussistente la proporzionalità della sanzione espulsiva, visto che il dipendente aveva superato i tre giorni di assenza ingiustificata previsti dal CCNL.

Con l’ordinanza n. 9339/2018, invece, la Suprema Corte ribalta il giudizio, ritenendo che “il giudice di secondo grado ha emesso la propria decisione senza procedere alla valutazione della gravità del licenziamento in un necessario giudizio di comparazione delle reciproche condotte alla stregua dei canoni di correttezza e buona fede”.

Secondo i Giudici, infatti, non basta il richiamo alla sanzione prevista dalla contrattazione collettiva, perché quest’ultima non può essere soggetta ad una applicazione slegata dalla realtà concreta nel quale si è svolto il rapporto di lavoro.

Il giudizio di comparazione – secondo la Corte – richiede che venga esaminato non solo il comportamento del lavoratore, ma anche la condotta del datore di lavoro, che nel caso di specie non aveva risposto alla richiesta di ferie, per gravi motivi famigliari, del lavoratore.

Pertanto, deve sempre essere accertato il rapporto di proporzionalità tra sanzione e infrazione e il giudice è obbligato ad accertare la reale entità e gravità delle infrazioni addebitate al dipendente, tenendo conto delle circostanze del caso concreto e della portata soggettiva della condotta.




mercoledì 18 aprile 2018

Modello 730/2018: chi lo deve presentare e chi è esonerato?



Dichiarazione dei redditi 730/2018 riferita all'anno di imposta 2017: ecco chi la deve presentare e quali sono i casi di esonero.

La presentazione della dichiarazione dei redditi non sempre è obbligatoria. Infatti, in linea di massima l'obbligo viene meno quando il legislatore sa che la sua presentazione non comporterebbe il pagamento di imposte, o perchè già trattenute dal sostituto, o perchè già tassati alla fonte o perchè esenti.

Il contribuente è tenuto a presentare la dichiarazione se ha conseguito redditi nell’anno 2017 e non rientra nelle ipotesi di esonero.

La dichiarazione deve comunque essere presentata se le addizionali all’Irpef non sono state trattenute o sono state trattenute in misura inferiore a quella dovuta. La dichiarazione deve essere presentata anche se sono stati percepiti esclusivamente redditi che derivano dalla locazione di fabbricati per i quali si è optato per la cedolare secca.

La dichiarazione può essere presentata, anche in caso di esonero, per dichiarare eventuali spese sostenute o fruire di detrazioni o per chiedere rimborsi relativi a crediti o eccedenze di versamento che derivano dalle dichiarazioni degli anni precedenti o da acconti versati per il 2017.

Dato che dal 16 aprile 2018 è possibile modificare la dichiarazione dei redditi che le Entrate hanno precompilato, vediamo nel dettaglio quali sono i casi in cui l'obbligo di dichiarare i redditi viene meno, così come elencati nelle istruzioni dell'Agenzia delle Entrate.

La dichiarazione dei redditi è obbligatoria solo per certe categorie di contribuenti, soggetti alle imposte sul reddito, IRPEF e addizionali comunali e regionali, ai quali però, è riconosciuta la facoltà di portare in detrazione o in deduzione dal reddito prodotto nell'anno precedente a quello di dichiarazione, determinate spese scaricabili dalle tasse, al fine di abbassare l'imposta dovuta allo Stato.

Per sapere chi deve fare la dichiarazione dei redditi occorre innanzitutto verificare se:
sulla base dei redditi prodotti nell'anno di imposta precedente, si rientra tra i soggetti obbligati o esonerati;

si hanno i requisiti per presentare la dichiarazione dei redditi tramite modello 730;

si deve presentare il modello Redditi 2018 ex Unico.

L'obbligo di presentare la dichiarazione 2018 è per tutti i contribuenti che nel periodo d’imposta 2017 hanno posseduto uno dei redditi indicati all’art. 6 del T.U.I.R., ossia:

Redditi fondiari;

Redditi di capitale;

Redditi di lavoro dipendente;

Redditi di lavoro autonomo;

Redditi d’impresa;

Redditi diversi.

Come indicato dalle istruzioni dell'Agenzia delle Entrate, possono utilizzare il modello 730 precompilato o ordinario, i contribuenti che nel 2018 sono:
pensionati o lavoratori dipendenti (compresi i lavoratori italiani che operano all'estero per i quali il reddito è determinato sulla base della retribuzione convenzionale definita annualmente con apposito decreto ministeriale);

persone che percepiscono indennità sostitutive di reddito di lavoro dipendente (es. integrazioni salariali, indennità di mobilità);

soci di cooperative di produzione e lavoro, di servizi, agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e di piccola pesca;

sacerdoti della Chiesa cattolica;

giudici costituzionali, parlamentari nazionali e altri titolari di cariche pubbliche elettive (consiglieri regionali, provinciali, comunali, ecc.);

persone impegnate in lavori socialmente utili;

lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato per un periodo inferiore all’anno. Questi contribuenti possono rivolgersi:

al sostituto d’imposta, se il rapporto di lavoro dura almeno dal mese di aprile al mese di luglio 2018;

un Caf-dipendenti o a un professionista abilitato, se il rapporto di lavoro dura almeno dal mese di giugno al mese di luglio 2018 e si conoscono i dati del sostituto d’imposta che dovrà effettuare il conguaglio;

personale della scuola con contratto di lavoro a tempo determinato, che si può rivolgere al sostituto d’imposta o a un Caf-dipendenti o a un professionista abilitato, se il contratto dura almeno dal mese di settembre dell’anno 2017 al mese di giugno dell’anno 2018;

lavoratori che posseggono soltanto redditi di collaborazione coordinata e continuativa almeno nel periodo compreso tra il mese di giugno e il mese di luglio 2018 e conoscono i dati del sostituto che dovrà effettuare il conguaglio, presentando il Mod. 730 a un Caf-dipendenti o a un professionista abilitato;

produttori agricoli esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta (Mod. 770 semplificato e ordinario), IRAP e IVA.

La dichiarazione di redditi è obbligatoria quando:

Il contribuente è titolare di Partita IVA, anche se nel 2017 non ha prodotto alcun reddito.

Il contribuente ha cambiato lavoro nel corso del 2017 e per questo ha ricevuto più di una certificazione unica 2018 da parte di diversi datori di lavoro e nel caso in cui l'imposta corrispondente al reddito complessivo superi le 10,33 euro.

Il lavoratore è percettore di indennità pagate dall'Inps per cassa integrazione, mobilità in deroga o ordinaria, disoccupazione NASpI, nel caso in cui non siano state effettuate per errore le relative ritenute o se non si rientra nelle condizioni di esonero presentazione dichiarazione dei redditi.

Il contribuente che ha percepito redditi da lavoro dipendente ha fruito erroneamente di deduzioni e detrazioni non spettanti.

Il contribuente che ha percepito redditi da lavoro dipendente ha ricevuto retribuzioni pagate da privati non sostituti d'imposta.

Il contribuente ha percepito redditi sui quali l'imposta si applica separatamente, fatta eccezione per TFR, arretrati, indennità per la cessazione di cococo, qualora erogati da soggetti che hanno l'obbligo di effettuare le ritenute alla fonte.

I contribuenti con reddito da lavoro dipendente e/o percettori di redditi assimilati senza detrazioni e trattenute addizionali comunale e regionale all'IRPEF. In questo caso, l'obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi è previsto solo se l'importo dovuto per ciascuna addizionale supera i 10,33 euro.

I contribuenti che hanno percepito redditi a titolo di plusvalenze, come ad esempio i guadagni di trading online, e redditi di capitale da assoggettare ad imposta sostitutiva.

Ci sono però dei redditi che non devono essere dichiarati in quanto dichiarati dal legislatore come redditi esenti.

Sono considerati redditi esenti e pertanto esclusi da tassazione e dall'obbligo della dichiarazione dei redditi, i seguenti redditi:

la maggiorazione sociale sulla pensione;

l’indennità di mobilità per la parte reinvestita nella costituzione di società cooperative;

l’assegno di maternità per la donna disoccupata;

le pensioni erogate ai cittadini resi invalidi e ai congiunti di cittadini italiani deceduti, a seguito di scoppio di armi e ordigni esplosivi lasciati incustoditi o abbandonati dalle Forze armate in tempo di pace in occasione di esercitazioni combinate o isolate;

le pensioni dei cittadini italiani, stranieri e apolidi diventati invalidi durante lo svolgimento del loro dovere o a seguito di attentati terroristici o di criminalità organizzata e la reversibilità corrisposta ai superstiti delle vittime del dovere, del terrorismo o della criminalità organizzata;

gli assegni per la collaborazione ad attività di ricerca conferiti da università, osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, enti pubblici e di ricerca;

le pensioni tabellari spettanti per menomazioni subite durante il servizio militare;

le pensioni tabellari corrisposte ai Carabinieri ausiliari, per il servizio di leva nella Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco e militari volontari qualora la menomazione sia occorsa durante il servizio di leva.

Le rendite Inail, fatta eccezione dell'indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta, sono esenti. Allo stesso modo, anche le rendite corrisposte da organismi non residenti a causa di un infortunio o malattia professionale, sono esenti ma il titolare deve presentare all'Agenzia delle Entrate, un'autocertificazione attestante la natura risarcitoria della somma percepita.


lunedì 9 aprile 2018

Pensione in contanti: modalità di pagamento


I pensionati possono presentare domanda di pagamento in contanti: i limiti previsti dalla legge e le modalità di richiesta.

Il versamento delle pensioni, da diversi anni, avviene con metodi tracciabili (es.: accredito su conto corrente bancario o postale). A d imporre questa limitazione anche alle pensioni è stata la legge sulle transazioni finanziarie in vigore dal 2012, che ha limitato a 1.000 euro il tetto massimo per i pagamenti in moneta. Tuttavia è ancora possibile richiedere il pagamento in contanti (ma solo fino al limite massimo consentito per legge) presentando specifica richiesta, da inoltrare utilizzando l’apposito modulo.

Pagamento pensione in contanti
Il pagamento in contanti della pensione, come dicevamo, può essere richiesto solo se l’importo mensile non supera i 1.000 euro. Il modello di richiesta del pagamento dell’assegno pensionistico in contanti deve essere presentato presso un Ufficio Postale.

Importante precisare che anche i pensionati che percepiscono una rata mensile di pensione inferiore a 1.000 euro e intendono scegliere questa opzione, devono stare attenti a non superare il limite consentito per il pagamento in contanti, che può essere superato a causa di somme aggiuntive quali competenze arretrate, tredicesima o eventuali rimborsi.

Pensione: pagamenti tracciabili
A fronte della normativa vigente, i pensionati che nn possono ricevere il trattamento in contanti a causa del superamento del tetto massimo, devono sempre e comunque comunicare all’Istituto di previdenza (consulta le sedi INPS) quale modalità alternativa al contante scelgono per riscuotere la pensione.

Le possibilità sono:
accredito in conto corrente postale o bancario;
su libretto postale;
su carta ricaricabile.

Per prendere visione del rateo pensione, è sempre possibile utilizzare i servizi digitali del sostituto d’imposta (INPS) per accedere al proprio profilo e verificare le informazioni a riguardo.

Poniamo alcune domande.

Quando devo scegliere come ricevere la pensione?  "La scelta riguardante il metodo di pagamento della pensione deve essere fatto al momento di presentazione della domanda di pensionamento. Sia che questa sia effettuata online, che tramite patronato, difatti, deve essere compilato un apposito campo sulla scelta del metodo di pagamento. Se non viene effettuata alcuna scelta, l’Inps mette in pagamento la pensione presso l’ufficio postale più vicino al domicilio del pensionato".

Quali sono i metodi di pagamento della pensione?  "La legge per tutti' ricorda che la pensione può essere pagata: presso un ufficio postale, in contanti; con accredito sul proprio conto corrente; con accredito sul proprio libretto di risparmio; attraverso una carta prepagata ("si tratta di un sistema ancora sperimentale, non presente in tutte le città"); con assegno circolare non trasferibile, emesso solo dalla banca, inviato al proprio domicilio. Il pagamento può essere effettuato anche a una persona delegata."

Quando viene pagata la pensione? "Secondo la nuova disciplina, dal primo giugno 2015 ogni prestazione dell’Inps deve essere pagata nel primo giorno di ciascun mese, o il giorno successivo se si tratta di giornata festiva o non bancabile, con un unico mandato di pagamento: l’unica eccezione è costituita dal mese di gennaio, in cui il pagamento deve essere effettuato il secondo giorno bancabile. Tuttavia, bisogna considerare che le giornate bancabili possono essere differenti, a seconda che il pagamento avvenga tramite Poste Italiane o un diverso Istituto di credito. A partire dal 2017, i pagamenti saranno effettuati nella seconda giornata bancabile, e non più nella prima".

Posso cambiare ufficio di pagamento se mi trasferisco?  Il pensionato può cambiare in qualsiasi momento l’ufficio in cui riscuote la pensione. "Per chiedere il cambio dell’ufficio - spiega 'La legge per tutti' - è necessario utilizzare i seguenti moduli, reperibili nella sezione modulistica del sito dell’Inps: modulo AP03, per richiedere il pagamento della pensione presso una banca; modulo AP04, per richiedere il pagamento della pensione presso Poste Italiane. Se l’interessato è titolare di più pensioni deve presentare un modulo unico. La domanda va presentata presso la propria sede Inps o presso lo sportello in cui si riscuote il trattamento".

Posso delegare un’altra persona a riscuotere la pensione? "È senz'altro possibile delegare un terzo alla riscossione della pensione, ma è necessario che questi sia munito di una specifica delega. La delega può essere rilasciata all’atto di presentazione della domanda di pensione o successivamente, presentando un apposito modulo. La delega deve essere autenticata dal funzionario dell’Inps che riceve la domanda e convalidata dall’Istituto, che rilascerà una comunicazione in duplice copia indirizzata all’ufficio pagatore della prestazione e al pensionato. Ogni volta che il delegato si reca alle Poste o in banca per ricevere la pensione - si ricorda - è tenuto a presentare la comunicazione rilasciata dall’Inps".

Perché la pensione che mi viene pagata è più bassa di quella liquidata? "All’atto della liquidazione della pensione viene stabilito l’ammontare lordo annuo, che deve essere diviso per 13 mensilità. La cifra che si riceve alla mano, però, non è pari a 1/13 della pensione lorda, in quanto sul trattamento viene effettuato il prelievo fiscale. L’Inps, in pratica, è un sostituto d’imposta ed è tenuto a trattenere l’Irpef, le addizionali regionali e comunali; inoltre è obbligato a trattenere eventuali prestiti - cessioni del quinto o eventuali importi pignorati".


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