domenica 26 marzo 2017

Call center: nuove regole sulla delocalizzazione



Per call center si intende l'insieme dei dispositivi, dei sistemi informatici e delle risorse umane in grado di gestire le chiamate telefoniche da e verso un'azienda. L'attività di un call center può essere svolta da operatori specializzati e/o risponditori automatici interattivi. Nei call center è definito inbound quell'operatore che lavora in ricezione telefonate: è il cliente a chiamare il call center, da un telefono fisso o mobile, e il lavoratore si limita a rispondere alle domande o a fornire l'assistenza richiesta. Nei call center si definisce invece outbound quell'operatore che lavora sulle telefonate in uscita. È dunque il call center, attraverso questo operatore, che contatta i clienti chiamandoli al telefono (soprattutto a quello di casa) per proporre offerte, prodotti o fare sondaggi e inchieste di mercato.

Il Ministero del lavoro  ha pubblicato ieri la  nota operativa 33/1328  con la quale sono state fornite le istruzioni sugli obblighi di comunicazione  per  i call center introdotti dalla legge di bilancio 2017 Le nuove norme anti-delocalizzazione si applicano a tutti gli operatori economici che utilizzano numeri pubblici   a prescindere dal carattere accessorio o prevalente di questa attività rispetto all'oggetto sociale e indipendentemente dal numero di dipendenti. Sono esclusi  le Pubbliche amministrazioni e gli enti non profit.

La nota ricorda che la  comunicazione obbligatoria della delocalizzazione dell'attività, anche con affidamento a terzi, in un paese extra UE va inviata con un preavviso di 30 giorni, e prevede l'obbligo di individuare i «lavoratori coinvolti». Il Ministero chiarisce che si fa riferimento ai lavoratori che, in conseguenza della delocalizzazione , subiscono una modifica della propria posizione lavorativa (tra cui il licenziamento). Nel comunicare il numero degli addetti, si devono indicare anche le unità produttive in cui  sono occupati, nonché le eventuali modifiche della posizione lavorativa.

Le nuove norme anti-delocalizzazione nel settore dei call center si applicano a tutti gli operatori che utilizzano numeri pubblici destinati all’utenza, a prescindere dal carattere accessorio o prevalente di questa attività rispetto all’oggetto sociale. Questa l’indicazione più importante della nota operativa 33/1328 del Lavoro pubblicata ieri, con la quale sono state fornite le istruzioni per attuare gli obblighi di comunicazione introdotti dalla legge di bilancio 2017 (la quale ha modificato l’articolo 24-bis del Dl 83/12) che dovranno essere applicati dalla data odierna.

La nota chiarisce che le norme non sono limitate alle aziende che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di call center, ma si rivolgono a qualsiasi operatore economico che svolge, indipendentemente dal numero di dipendenti, attività di call center utilizzando numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico.

Questa interpretazione, rileva la nota, è coerente con la nozione di “operatore economico” contenuta nel nuovo Codice degli appalti, che fa riferimento a tutti coloro che offrono beni e servizi sul mercato a prescindere dalla forma giuridica di riferimento. Sono esclusi dalla nozione le Pa, se assolvono i loro compiti istituzionali, e tutti i soggetti che svolgono attività prive di finalità lucrative.

Quanto ai contenuti della comunicazione che va inviata, con un preavviso di 30 giorni, dagli operatori economici che decidono di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center in un Paese non Ue, la nota spiega cosa debba intendersi con l’obbligo di individuare i «lavoratori coinvolti». La legge, secondo il Ministero, fa riferimento al numero complessivo dei lavoratori che, in conseguenza della delocalizzazione delle attività di call center, subiscono una modifica della propria posizione lavorativa (tra cui il licenziamento). Nel comunicare il numero degli addetti, si deve indicare anche le unità produttive in cui i medesimi sono occupati, nonché le eventuali modifiche della posizione lavorativa. Infine, la nota chiarisce le modalità con cui dovrà essere resa la comunicazione, per la parte di competenza del ministero del Lavoro, all’Inl.

Per svolgere questo adempimento sarà disponibile, dal 28 marzo, sui siti del ministero e dell’Inl un modello telematico; fino a tale data, le comunicazioni potranno essere effettuate compilando una tabella excel da inviare via email a deloc_callcenter@lavoro.gov.it.



lunedì 20 marzo 2017

Bonus famiglia: donne e lavoro tutti gli incentivi



Sono diversi gli incentivi pensati dal Governo per il mondo femminile e per le dipendenti del settore privato con l’obiettivo di agevolarne l’occupazione e la conciliazione lavoro-famiglia, sostenendo le donne, in parte, anche economicamente e magari cercando di contrastare il divario uomo-donna ancora oggi esistente su molti fronti (dal grado di occupazione, al livello retributivo, ai ruoli ricoperti, alle possibilità di carriera, agli impegni famigliari e così via).

Imprenditoria femminile

Per incentivare l’autoimprenditorialità e l’autoimpiego delle donne il decreto ministeriale dello Sviluppo Economico 140/2015 ha previsto un finanziamento agevolato, a tasso zero della durata massima di 8 anni, che copre il 75% delle spese, per investimenti fino a 1,5 milioni di euro. L’incentivo è riservato alla creazione di micro e piccole imprese competitive, a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile, e a sostenerne lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l’accesso al credito. I progetti devono essere completati entro 24 mesi dal finanziamento e possono riguardare i seguenti settori:

produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli;

fornitura di servizi in qualsiasi settore;

commercio e turismo;

attività riconducibili anche a più settori riguardanti la filiera turistico culturale e l’innovazione sociale: attività finalizzate a valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico, o al miglioramento dei servizi per ricettività e accoglienza. Produzione di beni e fornitura di servizi che creano nuove relazioni sociali o soddisfano nuovi bisogni sociali, anche attraverso soluzioni innovative.

Sono ammissibili le spese relative all’acquisto di suolo aziendale, fabbricati (comprese le ristrutturazioni), macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica, programmi informatici e servizi per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, brevetti, licenze e marchi, formazione specialistica di soci e dipendenti, consulenze specialistiche. Le domande possono essere inviate attraverso il sito di Invitalia.

Una delle novità di maggiore rilievo della Legge di Bilancio 2017 (articolo 1, comma 353, della legge 232/2016) per le donne in attesa è l’istituzione di un premio per le nascite o per le adozioni: un assegno di 800 euro che può essere richiesto a partire dal settimo mese di gravidanza da tutte le donne che diventeranno, o sono diventate, mamme dopo il 1° gennaio 2017. Il Bonus non è vincolato all’ISEE, può essere speso per qualsiasi esigenza e viene erogato in un’unica soluzione dall’INPS e non concorre alla formazione del reddito. Tra la documentazione richiesta:

la certificazione sanitaria rilasciata dal medico specialista del Servizio sanitario nazionale, attestante la data presunta del parto;

autocertificazione della data del parto e le generalità del bambino se l’istanza viene presentata dopo il parto;

il provvedimento giudiziario in caso di adozione/o affidamento preadottivo;

permesso di soggiorno nel caso in cui la madre non sia cittadina comunitaria.

Bonus Nido
La Legge di Stabilità 2017 ha introdotto anche un nuovo Bonus Nido per figli nati dopo il primo gennaio 2016 (comma 355) e pari a mille euro annui (ripartito in 11 mensilità). Non è previsto alcun vincolo ISEE e può essere riconosciuto anche alle famiglie con figli sotto i tre anni affetti da gravi patologie croniche, per l’assistenza domiciliare.

Voucher baby sitter e asili nido
A pochi mesi dalla nascita del figlio, le mamme lavoratrici sono chiamate a tornare al lavoro, con un neonato da affidare a cure altrui. Per sostenere le donne che lavorano e che hanno famiglia, il Governo ha introdotto nel 2013 la possibilità di fruire, in alternativa al congedo parentale, di un voucher pari a 600 euro mensili per nido o baby sitter: per sei mesi alle dipendenti, tre mesi alle autonome. Il beneficio, confermato e prorogato dalla Legge di Bilancio 2017, spetta alle donne lavoratrici che al termine del congedo di maternità ed entro gli undici mesi successivi tornano al lavoro e rinunciano al congedo parentale.

Bonus bebè
Confermato e prorogato dall’ultima Legge di Bilancio anche il Bonus bebè, riservato alle famiglie con ISEE non superiore ai 25.000 euro annui. Si tratta di un assegno annuale erogato per un massimo di tre anni dall’INPS di importo variabile in base al reddito:

960 euro (80 euro al mese per 12 mesi), nel caso in cui il valore dell’ISEE non sia superiore a 25.000 euro annui;

1.920 euro (160 euro al mese per 12 mesi), nel caso in cui il valore dell’ISEE non sia superiore a 7.000 euro annui.
Welfare aziendale

Bonus bebe, che è un’agevolazione riservata ai neo genitori che hanno un nuovo figlio o che adottano, o prendono in affido, un minore, entro il 31 dicembre 2017.
A chi spetta il bonus bebè Inps? Possono fare richiesta del bonus bebè le Cittadine Italiane, le Cittadine di uno Stato membro dell'Unione Europea e le Cittadine Extracomunitarie munite di regolare permesso di soggiorno

Quanto spetta di bonus bebè? Per le famiglie che hanno un reddito ISEE entro i 25.000 euro annui, il contributo economico è pari a 80 euro a mese mentre per chi ha un reddito ISEE pari o inferiore a 7.000 euro, l’importo bonus bebè è di 160 euro al mese.
Durata bonus bebè: il bonus spetta dal giorno della nascita del bambino, o dal sua entrata in famiglia in caso di adozione o affidamento, fino a 3 anni.

Alle donne che vogliano creare nuove imprese sono destinate le agevolazioni regolate con il decreto dei ministeri dello Sviluppo economico e dell’Economia dell’8 luglio 2015 n. 140, che fissa i criteri e le modalità di concessione degli incentivi a tasso zero dedicati alle neo imprenditrici. Si tratta di agevolazioni che puntano a sostenere, in tutta Italia, la nascita e lo sviluppo di micro e piccole imprese a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile: finanziamenti senza interessi, per progetti di investimento fino a 1,5 milioni di euro. Le agevolazioni consistono in un finanziamento a tasso zero della durata massima di 8 anni, che può coprire fino al 75% delle spese totali.I progetti possono riguardare la produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato e della trasformazione dei prodotti agricoli o servizi, in tutti i settori, compresi il commercio e il turismo. Le domande possono essere inviate attraverso il sito di Invitalia.

Per aiutare le donne che vogliono tornare al lavoro dopo la maternità è stato introdotto dal 2013 il voucher mensile di 600 euro spendibile per l’acquisto di servizi di baby sitting, o per il pagamento della retta del nido, per un massimo di sei mesi. Il beneficio viene concesso alle donne che al termine del congedo di maternità ed entro gli undici mesi successivi, rinunciano al congedo parentale per tornare al lavoro. Dal 2016 il voucher è concesso anche alle lavoratrici autonome.

Bonus bebè
Per le famiglie con Isee non superiore ai 25.000 euro annui è ancora attivo anche il bonus bebè concesso dall’Inps: si tratta di un assegno annuale di 960 euro (80 euro al mese per 12 mesi), nel caso in cui il valore dell’Isee non sia superiore a 25.000 euro annui; 1.920 euro (160 euro al mese per 12 mesi), nel caso in cui il valore dell’Isee non sia superiore a 7.000 euro annui.


martedì 14 marzo 2017

Colloquio disciplinare il lavoratore non puo mancare all'appuntamento fissato



In caso di provvedimento disciplinare, il lavoratore che fa richiesta di essere sentito oralmente per rendere le proprie giustificazioni non ha diritto ad un differimento dell'incontro per il colloquio fissato dal datore di lavoro per una certa data , in particolare se adduce una generica impossibilità di presenziare. Infatti l'obbligo di accogliere tale richiesta sussiste solo a fronte di un'esigenza difensiva non altrimenti tutelabile. Questa la conclusione della Corte di Cassazione nella sentenza n. 5314 del 2 marzo 2017.

Nel caso specifico il lavoratore aveva richiesto un colloquio difensivo oltre il termine di 5 giorni  dal momento della contestazione dell'addebito. Prima di questo termine come noto il  datore di lavoro non puo irrogare il provvedimento disciplinare (nel caso di specie il licenziamento) per consentire al lavoratore di presentare eventuali giustificazioni del suo comportamento (art. 7 c.2 Statuto dei lavoratori). Tuttavia il datore, a seguito di tale richiesta, aveva convocato il lavoratore per una certa data,e questi non si era presentato , fornendo giustificazioni mediche vaghe e non documentate.

La Cassazione nel rigettare il suo ricorso contro il licenziamento, ha confermato la decisione del giudice di merito che non ha giudicato in alcun modo inadempiente il datore di lavoro . Ha inoltre precisato che "la convocazione è evidentemente strumentale al colloquio a difesa e  non esiste alcuna norma della negoziazione collettiva, né l'art. 55 del D. Igs n. 165 2001, che preveda un  diritto del lavoratore al differimento dell'incontro".

Il lavoratore ha diritto – entro 5 giorni di calendario dal ricevimento della lettera di contestazione, che salgono a 10 giorni nel settore del credito cooperativo e a 15 giorni nel settore delle Assicurazioni (ANIA) – a formulare le proprie difese per iscritto e/o richiedendo un colloquio.

E’ necessario evidenziare come ogni procedimento disciplinare faccia storia a sé; inoltre la casistica delle possibili infrazioni è pressoché illimitata: ne consegue che è impossibile creare una bozza standard di lettera di controdeduzioni.

A titolo assolutamente generale, la lettera di contestazione ha lo scopo d’individuare una o più inadempienze nella prestazione lavorativa ascrivibili al lavoratore interessato.  Ne consegue che la lettera di controdeduzioni o il colloquio devono evidenziare se il lavoratore abbia commesso veramente delle inadempienze; oppure se il lavoratore fosse realmente in grado di tenere una condotta diversa da quella contestata; oppure ancora se ciò fosse impossibile o almeno difficile per le circostanze più diverse.

E’ necessario esaminare la lettera di contestazione individuando quali siano i punti di forza e i punti di debolezza e poi fornire le spiegazioni in ordine a ciascun elemento della contestazione.
In primo luogo devono essere verificati gli aspetti formali – la tempestività, la precisione nell'identificare i fatti contestati ecc. – e quindi gli aspetti sostanziali.

Per valutare e controbattere gli aspetti sostanziali è necessario esaminare la normativa aziendale che disciplina l’operatività contestata. Qualora la contestazione riguardi materie di particolare difficoltà tecnica, sarà opportuno che il sindacalista si consulti con una persona che abbia specifiche competenze al riguardo; in caso di coinvolgimento di altri soggetti, occorre sempre ricordare il vincolo di riservatezza al quale è tenuto il sindacalista.

Qualora siano già state fornite al proprio responsabile o alle funzioni ispettive alcune spiegazioni sui fatti contestati, sarà necessario tenerne conto nella stesura delle difese.
Non serve tentare di smentire fatti oggettivi ed accertati.

E’ importante sottolineare problematiche che riguardano carenze organizzative e procedurali dell’azienda, carichi di lavoro, carenze nella formazione, carenze nella comunicazione di nuove normative, carenze procedurali eccetera.

La lettera di controdeduzioni deve essere redatta in maniera lineare e sintetica, senza polemiche, che avrebbero quale unico risultato quello di esacerbare la situazione.

Nella lettera sarà opportuno evitare di trattare questioni riguardanti difficoltà di carattere personale e così pure coinvolgere altri colleghi di lavoro; al più tali aspetti potranno essere trattati in sede di colloquio. In ogni caso, la chiamata di corresponsabilità con altri lavoratori è sempre da valutare con la massima cautela.

La scelta fra la lettera di controdeduzioni ed il colloquio dipende da diverse variabili.
La lettera è indicata nei casi in cui la situazione è nel complesso definita e vi sono sufficienti elementi per dare una giustificazione esaustiva dei fatti contestati.

Nei casi incerti, può essere preferibile il colloquio, che consente al sindacalista d’intervenire sulle situazioni di contesto già accennate (carenze organizzative e procedurali dell’azienda, carichi di lavoro, eccetera).

Il colloquio può dare una personalità fisica a quella che può apparire come una mera pratica burocratica dell’ufficio del personale, ma per alcuni può anche essere una situazione di stress e come tale da evitare.  La richiesta di colloquio permette però di avere qualche giorno in più per approfondire meglio la contestazione e preparare le proprie difese.

Nel colloquio l’azienda solitamente si limita a verbalizzare le spiegazioni del lavoratore: è quindi necessario arrivare al colloquio con una traccia scritta delle proprie difese.

E’ anche possibile presentare al colloquio una memoria scritta che affronta gli aspetti formali e sostanziali, mentre il sindacalista aggiungerà verbalmente le proprie osservazioni circa le situazioni di contesto (le lacune aziendali). Il verbale del colloquio risulterà così formato dalla memoria scritta e dalla verbalizzazione di quanto dichiarato dal sindacalista.

E’ possibile formulare le proprie difese in una lettera ed in più richiedere anche il colloquio.
E’ importante che la richiesta del colloquio sia esplicita: inserire nella lettera di controdeduzioni frasi del genere “il sottoscritto è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento” è da evitare, perché crea incertezza su quali siano le concrete intenzioni del lavoratore.


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