mercoledì 27 giugno 2012

Riforma del lavoro 2012 è legge


La riforma del lavoro è legge. Il testo è stato approvato dalla Camera con 393 sì, 74 no e 46 astenuti.
"Questa riforma non è perfetta – ha affermato il ministro del lavoro, Elsa Fornero, in un'intervista al Wall Street Journal- ma è buona, soprattutto per quelli che entrano nel mercato del lavoro. E' un tentativo per far "cambiare agli italiani il loro atteggiamento in molti sensi" sul fronte del mercato del lavoro. "Stiamo cercando - spiega il ministro - di proteggere le persone, e non il loro posto di lavoro. Deve cambiare l'atteggiamento delle persone. Il posto di lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso sacrifici".

"Questa riforma non risponde a quello che si era detto dall'inizio, e cioè che da queste norme ci sarebbero stati più posti di lavoro". Così il leader della Cisl Raffaele Bonanni, commenta l'approvazione definitiva della riforma del lavoro alla Camera, ai microfoni del Gr Rai. "C'é stato un approccio ideologico da parte del governo, come se agire su questo ambito potesse creare le condizioni di una nuova economia, di un rilancio". E sulle modifiche alla riforma, "Solo sul tema degli ammortizzatori sociali bisognerebbe allungare i tempi per utilizzare il nuovo criterio dell'Aspi, proprio per non creare difficoltà ai lavoratori. Sul resto, meno si tocca e meglio è; d'altronde il ministro Fornero vuol toccare solo per peggiorare".

Vediamo alcune novità
I collaboratori a progetto avranno un minimo contrattuale. A seguito di una modifica apportata al Senato, la legge Fornero interviene sulla disciplina del corrispettivo collaboratori a progetto.
Viene infatti modificato l'articolo 63 del decreto legislativo n.276 del 2003 «Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto»).  Si prevede che il corrispettivo non possa essere inferiore ai minimi stabiliti per ciascun settore di attività dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati.
In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell'attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto.
La riforma del lavoro 2012 Fornero prevede che gravidanza, malattia ed infortunio non comportano estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo. In caso di gravidanza, inoltre, la durata del rapporto è prorogata di 180 giorni, salvo previsione contrattuale più favorevole. In caso di infortunio o malattia, salva diversa previsione contrattuale, la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza.

Novità in vista anche per il contratto a tempo determinato per il quale la riforma del lavoro apporta modifiche importanti all'impianto normativo attualmente in vigore. Da un lato, per favorire le esigenze di flessibilità delle imprese, viene eliminato il cosiddetto causalone nell'ipotesi del primo rapporto a tempo determinato presso il singolo datore di lavoro, nel caso di prima missione nell'ambito della somministrazione. Il contratto a tempo determinato potrà così essere stipulato, per una durata massima di 12 mesi, senza che venga apposta la causale all'atto della stipula. Più tutele invece per i lavoratori, date dal computo anche dei periodi prestati in somministrazione ai fini del tetto massimo di 36 mesi, effettuabili in veste di lavoratore a termine presso lo stesso datore di lavoro nonché dall'aumento delle pause obbligatorie tra un contratto e l'altro che sale da 10 a 60 giorni per i contratti inferiori a sei mesi e da 20 a 90 per quelli di durata superiore.

Con la nuova legge si procede con una ridistribuzione delle tutele dell'impiego, da un lato contrastando l'uso improprio degli elementi di flessibilità relativi a talune tipologie contrattuali dall'altro adeguando la disciplina dei licenziamenti,collettivi ed individuali. Con riferimento ai licenziamenti individuali, in particolare, si interviene operando importanti modifiche all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (che reca la cd. tutela reale, consistente nella reintegrazione nel posto di lavoro. E' stata lasciata inalterata la disciplina dei licenziamenti discriminatori (ove si applica sempre la reintegrazione), si modifica il regime dei licenziamenti disciplinari (mancanza di giustificato motivo soggettivo) e dei licenziamenti economici (mancanza di giustificato motivo oggettivo): queste ultime due fattispecie presentano un regime sanzionatorio differenziato a seconda della gravità dei casi in cui sia accertata l'illegittimità del licenziamento, il quale si concretizza nella reintegrazione (casi più gravi) o nel pagamento di un'indennità risarcitoria (casi meno gravi). Infine, si introduce uno specifico rito per le controversie giudiziali aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti.

Riforma del lavoro le nuove regole della Fornero


«Il lavoro non è un diritto, bisogna guadagnarselo», nonostante che il diritto ad avere un posto di lavoro è tutelato dalla Costituzione.

Il diritto al lavoro non è mai stato messo in discussione come non potrebbe essere mai visto quanto affermato dalla nostra Costituzione. E' quanto sottolineano al ministero del Lavoro, precisando che nell'intervista al il ministro Elsa Fornero ha fatto riferimento: "alla tutela del lavoratore nel mercato e non a quella del singolo posto di lavoro, come sempre sottolineato in ogni circostanza". Al quotidiano Wall street journal il ministro aveva affermato che il Governo italiano sta cercando "di proteggere le persone, e non il loro posto di lavoro. Deve cambiare l'atteggiamento delle persone.

Il posto di lavoro non é un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso sacrifici". E poi ha affermato il ministro del Lavoro: "Questa riforma non è perfetta ma è buona, soprattutto per quelli che entrano nel mercato del lavoro. E' un tentativo per far "cambiare agli italiani il loro atteggiamento in molti sensi" sul fronte del mercato del lavoro. "Stiamo cercando – ha spiegato il ministro - di proteggere le persone, e non il loro posto di lavoro. Deve cambiare l'atteggiamento delle persone. Il posto di lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso sacrifici".

«Continuo a considerare questa riforma una buona riforma», ma il governo è comunque «disposto a fare cambiamenti», perché non ci sono aspetti intoccabili. Così il ministro del Lavoro, intervenendo questa mattina alla trasmissione radiofonica "radio anch'io" dedicata proprio alla riforma che porta il suo nome. Al senato, spiega, «è stato fatto un buon lavoro», «realizzando un buon equilibrio» tra le varie esigenze in campo.

Sulla riforma del lavoro "il governo ha avuto un dialogo di circa 3 mesi con le parti sociali per arrivare ad un documento condiviso, che è stato approvato da tutte le parti sociali tranne la Cgil". E' quanto ha affermato il ministro del Lavoro, alla trasmissione di Radio Uno Rai 'Radio anch'iò. Stamani il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni aveva affermato che, a parte gli ammortizzatori sociali, meno si tocca e meglio perché d'altronde il ministro Fornero vuol toccare solo per peggiorare. "Cambiare idea è lecito ma l'approvazione c'era e il testo portato in parlamento rifletteva quell'accordo che non era un compromesso ma un equilibrio", ha detto ancora il ministro, precisando che le modifiche apportate in parlamento erano modifiche chieste da parlamentari, durante l'iter del ddl.

martedì 26 giugno 2012

Squinzi: per la crescita e l'occupazione. Cambiare fisco e credito, sono «mannaie che bloccano la crescita»


Fisco e credito sono «le due mannaie che ci impediscono di crescere come vorremmo». Il giudizio arriva dal neo presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, che lo ha espresso intervenendo all'assemblea di Sistema Moda Italia. Se vogliamo ritrovare la via della crescita, spiega, «è assolutamente necessaria una riduzione della pressione fiscale su lavoro e imprese, e soprattutto abbiamo bisogno di stabilità e certezza su tutto il complesso delle norme tributarie recuperando anche un rapporto equilibrato tra amministrazione finanziaria e contribuenti».
Sulla delega fiscale, Squinzi ha ricordato la priorità assegnata dalla confederazione all'attuazione della delega in materia fiscale. In questo momento, precisa Squinzi, «stiamo monitorando che nella delega venga chiarito come la condotta del contribuente sia da considerarsi abusiva solo quando faccia un uso distorto delle norme fiscali». La scelta del contribuente per la norma fiscalmente meno onerosa, poi, non dovrebbe «essere censurabile se giustificata da ragioni extra fiscali non marginali».

Nel suo discorso, Squinzi ha quindi sollecitato una revisione del sistema sanzionatorio fiscale «con senso di proporzionalità». L'economia italiana, ha concluso, «ha bisogno di certezze, semplicità e stabilità su tutto il complesso delle norme tributarie».
«Le imprese stanno soffrendo, non so quanto potremo resistere e i dati sul Pil che pubblicheremo a breve sono al di sotto di tutte le previsioni». Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi lancia al Governo l'ennesimo segnale di allarme e chiede interventi urgenti per arginare al crisi. È seduto di fianco a Corrado Passera, all'assemblea degli industriali di Como, in un dibattito in cui la prospettiva comune è quella di ritrovare la strada dello sviluppo. Prospettiva non facile, tuttavia, perché come ricorda Passera «non ci sono soldi per macroincentivi sul mercato interno».
Niente scorciatoie, dunque, nessuna deviazione dalla linea del rigore che «ci consente ora di poter battere i pugni in Europa e chiedere ad altri Paesi più impegno sulla crescita».
La strada del rigore è condivisa da Squinzi che tuttavia osserva le difficoltà del Paese, con l'edilizia in calo del 30%, il credito che non arriva alle imprese, i consumi interni bloccati. «E sul fisco – prosegue – siamo stati più rigorosi di altri, forse con uno sforzo al di là delle nostre capacità reali».
Passera difende l'azione del Governo, la spending review, i primi passi per incentivare la ricerca attraverso assunzioni agevolate da sgravi contributivi e ricorda i tempi limitati per agire. «Il vertice a quattro della scorsa settimana a Roma – osserva – sarebbe stato impensabile solo pochi mesi fa, il Paese stava per essere commissariato e non è avvenuto. E anche sulla spending review abbiamo messo a posto il capitolo principale, cioè le pensioni.
Il dialogo è sereno, senza tensioni e Squinzi elogia Passera: «Sono un suo tifoso - spiega - è il primo ministro dello Sviluppo che si concentra sui problemi veri. Certo, vedremo l'applicazione concreta dei provvedimenti, visti i condizionamenti che ha». «Il Governo tecnico va bene – prosegue – ma nel medio termine ci serve la buona politica, la politica vera che guardi al bene comune».
In vista del vertice gli imprenditori alzano il pressing sui politici e Squinzi ha anticipato una lettera che mercoledì verrà pubblicata sui maggiori quotidiani dal Cefic, l'associaizone dei chimici europei. «Le maggiori 20 aziende, e 7-8 di queste sono tedesche – ha ricordato Squinzi – lanciano un appello alla politica europea. Tra noi imprenditori c'è grande condivisione su questi temi».
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