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mercoledì 4 luglio 2012
Fornero resta ministro del lavoro non è stata esodata dalla Camera dei deputati
Respinte le mozioni presentate da Idv e Lega. L'Aula della Camera ha confermato la fiducia al ministro del Lavoro Elsa Fornero bocciando le mozioni. I voti a favore sono stati 88, 435 i contrari, 18 gli astenuti.
Nonostante il balletto dei numeri e le danze delle cifre il ministro Fornero non è stata esodata dalla Camera dei deputati.
«Mi ha creato sofferenza, però lo abbiamo superato e ora continuerò a lavorare come prima»: così il ministro del Lavoro risponde, al termine del voto della Camera che le ha confermato la fiducia, ai cronisti. Il ministro del Lavoro uscendo dall'Aula di Montecitorio si intrattiene brevemente prima con alcuni deputati e poi con i cronisti. A chi le chiede se si sia sentita «infastidita» dalla richiesta di mozione di sfiducia replica come questo «non sia il termine adatto» e spiega infatti di aver piuttosto provato «sofferenza». «A chi mi accusa voglio dire che non ho mai mentito. Non è mia abitudine»: al termine del voto della Camera che le ha confermato la fiducia.
"Sarò sobrio nella mia dichiarazione di voto sulla sfiducia al ministro Fornero, e lo farò mordendomi la lingua perché ho rispetto sia del suo ruolo sia del fatto che sia una donna": così Antonio Di Pietro apre il suo intervento nell'Aula della Camera sulla sfiducia a Elsa Fornero che è dovuta "a ragioni di merito e di metodo". "Il ministro ha commesso un imbroglio gravissimo affermando il falso mentendo sapendo di mentire", ha detto l'ex pm. "Il ministro - spiega - ha mentito sul numero degli esodati: sapeva che il dato da lei riferito era falso e lo ha fornito comunque". Di Pietro ha poi contestato "l'arroganza del ministro nel violare l'articolo 1 della Costituzione: è gravemente offensivo per gli italiani". "Con arroganza e supponenza ha violato la Costituzione. Chiediamo la sfiducia per i suoi atti e comportamenti individuali che non meritano di essere rappresentati in questa Aula. Come fa un ministro in carica a dire che il sommerso, ovvero una illegalità, è un rischio che la sua riforma può determinare ricorda quel ministro della prima repubblica che diceva che la mafia era un rischio con cui bisognava convivere", prosegue Di Pietro, sostenendo che "il fatto che Monti dica di condividerne le scelte è un'aggravante e non un'attenuante".
"In quest'aula il ministro Fornero non gode di alcuna stima, considerazione e fiducia. Non è il ministro del Lavoro ma della disoccupazione. Lei non può fare a meno della propria sedia, ma il Paese può fare benissimo a meno di lei", afferma in Aula il capogruppo della Lega Giampaolo Dozzo.
"Voteremo contro la mozione di sfiducia al ministro Fornero. Lo facciamo con un voto che non è solo del gruppo parlamentare ma impegna l'intera forza politica che non cede ai populismi", ha annunciato nell'Aula della Camera Luigi Muro di Fli.
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mercoledì 27 giugno 2012
Riforma del lavoro 2012 è legge
La riforma del lavoro è legge. Il testo è stato approvato dalla Camera con 393 sì, 74 no e 46 astenuti.
"Questa riforma non è perfetta – ha affermato il ministro del lavoro, Elsa Fornero, in un'intervista al Wall Street Journal- ma è buona, soprattutto per quelli che entrano nel mercato del lavoro. E' un tentativo per far "cambiare agli italiani il loro atteggiamento in molti sensi" sul fronte del mercato del lavoro. "Stiamo cercando - spiega il ministro - di proteggere le persone, e non il loro posto di lavoro. Deve cambiare l'atteggiamento delle persone. Il posto di lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso sacrifici".
"Questa riforma non risponde a quello che si era detto dall'inizio, e cioè che da queste norme ci sarebbero stati più posti di lavoro". Così il leader della Cisl Raffaele Bonanni, commenta l'approvazione definitiva della riforma del lavoro alla Camera, ai microfoni del Gr Rai. "C'é stato un approccio ideologico da parte del governo, come se agire su questo ambito potesse creare le condizioni di una nuova economia, di un rilancio". E sulle modifiche alla riforma, "Solo sul tema degli ammortizzatori sociali bisognerebbe allungare i tempi per utilizzare il nuovo criterio dell'Aspi, proprio per non creare difficoltà ai lavoratori. Sul resto, meno si tocca e meglio è; d'altronde il ministro Fornero vuol toccare solo per peggiorare".
Vediamo alcune novità
I collaboratori a progetto avranno un minimo contrattuale. A seguito di una modifica apportata al Senato, la legge Fornero interviene sulla disciplina del corrispettivo collaboratori a progetto.
Viene infatti modificato l'articolo 63 del decreto legislativo n.276 del 2003 «Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto»). Si prevede che il corrispettivo non possa essere inferiore ai minimi stabiliti per ciascun settore di attività dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati.
In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell'attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto.
La riforma del lavoro 2012 Fornero prevede che gravidanza, malattia ed infortunio non comportano estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo. In caso di gravidanza, inoltre, la durata del rapporto è prorogata di 180 giorni, salvo previsione contrattuale più favorevole. In caso di infortunio o malattia, salva diversa previsione contrattuale, la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza.
Novità in vista anche per il contratto a tempo determinato per il quale la riforma del lavoro apporta modifiche importanti all'impianto normativo attualmente in vigore. Da un lato, per favorire le esigenze di flessibilità delle imprese, viene eliminato il cosiddetto causalone nell'ipotesi del primo rapporto a tempo determinato presso il singolo datore di lavoro, nel caso di prima missione nell'ambito della somministrazione. Il contratto a tempo determinato potrà così essere stipulato, per una durata massima di 12 mesi, senza che venga apposta la causale all'atto della stipula. Più tutele invece per i lavoratori, date dal computo anche dei periodi prestati in somministrazione ai fini del tetto massimo di 36 mesi, effettuabili in veste di lavoratore a termine presso lo stesso datore di lavoro nonché dall'aumento delle pause obbligatorie tra un contratto e l'altro che sale da 10 a 60 giorni per i contratti inferiori a sei mesi e da 20 a 90 per quelli di durata superiore.
Con la nuova legge si procede con una ridistribuzione delle tutele dell'impiego, da un lato contrastando l'uso improprio degli elementi di flessibilità relativi a talune tipologie contrattuali dall'altro adeguando la disciplina dei licenziamenti,collettivi ed individuali. Con riferimento ai licenziamenti individuali, in particolare, si interviene operando importanti modifiche all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (che reca la cd. tutela reale, consistente nella reintegrazione nel posto di lavoro. E' stata lasciata inalterata la disciplina dei licenziamenti discriminatori (ove si applica sempre la reintegrazione), si modifica il regime dei licenziamenti disciplinari (mancanza di giustificato motivo soggettivo) e dei licenziamenti economici (mancanza di giustificato motivo oggettivo): queste ultime due fattispecie presentano un regime sanzionatorio differenziato a seconda della gravità dei casi in cui sia accertata l'illegittimità del licenziamento, il quale si concretizza nella reintegrazione (casi più gravi) o nel pagamento di un'indennità risarcitoria (casi meno gravi). Infine, si introduce uno specifico rito per le controversie giudiziali aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti.
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lunedì 30 gennaio 2012
Costi politica e lavoro: taglio stipendi parlamentari
Via libera dall'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati ai tagli per gli stipendi, maggiorati di un 10% per quanto riguarda le figure apicali. "Si tratta di decisioni definitive e ad effetto immediato" ha spiegato il vicepresidente Rocco Buttiglione al termine della riunione.
L'Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato definitivamente il regolamento applicativo del nuovo sistema previdenziale dei deputati e dei dipendenti della Camera.
Il taglio degli stipendi sarà i 1.300 euro lordi il taglio alle indennità dei parlamentari mentre il netto dovrebbe essere intorno ai 700 euro netti. Stabilito inoltre che per i vitalizi si passa al sistema contributivo, che varrà anche per i dipendenti. In realtà, il taglio è stato deciso per evitare che, nel passaggio al nuovo sistema previdenziale, l’indennità dei parlamentari potesse subire un aumento a causa di un diverso trattamento fiscale
"Il trattamento economico complessivo del primo Presidente della C. di Cassazione diventa il parametro di riferimento per tutti i manager delle P.A. In nessun caso l'ammontare complessivo delle somme loro erogate da pubbliche amministrazioni potrà superare questo limite". E' quanto si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.
L'Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato definitivamente il regolamento applicativo del nuovo sistema previdenziale dei deputati e dei dipendenti della Camera. Sul nuovo regolamento, che segna il passaggio dai vitalizi al calcolo contributivo per l'ottenimento dell'assegno pensionistico, c'è stato il parere contrario dell'Idv e della Lega Nord.
Obbligo di rendicontare il 50% delle spese per i portaborse.
Dovrà essere rendicontato il 50% dei rimborsi a titolo di contributo delle spese per l'esercizio del mandato. Lo ha deciso l'Ufficio di Presidenza della Camera che ha così modificato i rimborsi ora spettanti ai deputati per i cosiddetti portaborse. La misura modifica quello che è attualmente definito il contributo eletto-elettori.
Allo studio c'è una proposta di per uniformare i contratti dei collaboratori e farli durare al massimo per il tempo di una legislatura. A prima vista sembra una misura a favore dei precari "portaborse", ma c'è chi sostiene sia una misura di tutela nei confronti dei parlamentari: una durata certa del contratto (coincidente con la legislatura) renderebbe impossibile il ricorso al giudice del lavoro da parte del dipendente in caso di mancata rielezione del parlamentare.
Anche il Senato procederà con una taglio ai costi della politica, intervenendo, tra le altre cose, sul taglio dei vitalizi con il passaggio al sistema contributivo.
Il taglio degli stipendi dei parlamentari sembra che sia stata decisa per evitare che, nel passaggio al nuovo sistema previdenziale, l’indennità dei parlamentari potesse subire un aumento a causa di un diverso trattamento fiscale. Il passaggio dal vitalizio al contributivo comporta l’emersione di una quota di reddito, in quanto i versamenti previdenziali non sono tassati mentre lo erano le trattenute per i vitalizi.
Attendiamo se è vero il taglio degli stipendi o un modo per evitare i veri costi per i parlamentari.
L'Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato definitivamente il regolamento applicativo del nuovo sistema previdenziale dei deputati e dei dipendenti della Camera.
Il taglio degli stipendi sarà i 1.300 euro lordi il taglio alle indennità dei parlamentari mentre il netto dovrebbe essere intorno ai 700 euro netti. Stabilito inoltre che per i vitalizi si passa al sistema contributivo, che varrà anche per i dipendenti. In realtà, il taglio è stato deciso per evitare che, nel passaggio al nuovo sistema previdenziale, l’indennità dei parlamentari potesse subire un aumento a causa di un diverso trattamento fiscale
"Il trattamento economico complessivo del primo Presidente della C. di Cassazione diventa il parametro di riferimento per tutti i manager delle P.A. In nessun caso l'ammontare complessivo delle somme loro erogate da pubbliche amministrazioni potrà superare questo limite". E' quanto si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.
L'Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato definitivamente il regolamento applicativo del nuovo sistema previdenziale dei deputati e dei dipendenti della Camera. Sul nuovo regolamento, che segna il passaggio dai vitalizi al calcolo contributivo per l'ottenimento dell'assegno pensionistico, c'è stato il parere contrario dell'Idv e della Lega Nord.
Obbligo di rendicontare il 50% delle spese per i portaborse.
Dovrà essere rendicontato il 50% dei rimborsi a titolo di contributo delle spese per l'esercizio del mandato. Lo ha deciso l'Ufficio di Presidenza della Camera che ha così modificato i rimborsi ora spettanti ai deputati per i cosiddetti portaborse. La misura modifica quello che è attualmente definito il contributo eletto-elettori.
Allo studio c'è una proposta di per uniformare i contratti dei collaboratori e farli durare al massimo per il tempo di una legislatura. A prima vista sembra una misura a favore dei precari "portaborse", ma c'è chi sostiene sia una misura di tutela nei confronti dei parlamentari: una durata certa del contratto (coincidente con la legislatura) renderebbe impossibile il ricorso al giudice del lavoro da parte del dipendente in caso di mancata rielezione del parlamentare.
Anche il Senato procederà con una taglio ai costi della politica, intervenendo, tra le altre cose, sul taglio dei vitalizi con il passaggio al sistema contributivo.
Il taglio degli stipendi dei parlamentari sembra che sia stata decisa per evitare che, nel passaggio al nuovo sistema previdenziale, l’indennità dei parlamentari potesse subire un aumento a causa di un diverso trattamento fiscale. Il passaggio dal vitalizio al contributivo comporta l’emersione di una quota di reddito, in quanto i versamenti previdenziali non sono tassati mentre lo erano le trattenute per i vitalizi.
Attendiamo se è vero il taglio degli stipendi o un modo per evitare i veri costi per i parlamentari.
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mercoledì 29 giugno 2011
Finalmente le quote rosa nei CdA.
Sì definitivo e bipartisan del Parlamento alla legge che introduce le quote rosa nei Consigli di Amministrazione delle aziende quotate in Borsa e delle società a partecipazione pubblica. Dopo questa approvazione i CdA dovranno essere composti da un quinto di donne a partire 2012 (20% nel primo mandato) ed un terzo dal 2015 (il 33% nel secondo mandato). Le nuove regole entreranno a pieno regime nel triennio 2015 2018.
Vediamo i punti salienti del testo normativo, che è stato particolarmente atteso dall'universo femminile, le nuove norme consentono alle donne di entrare in uno dei punti centrali più esclusivi del potere maschile, i consigli di amministrazione delle grandi società.
I Consigli di Amministrazione e gli organi di controllo delle società quotate e delle controllate pubbliche non quotate dovranno essere composti da un quinto di donne a partire dal 2012 e da un terzo dal 2015.
Vediamo le sanzioni previste: in caso di inadempienza ci sarà una diffida da parte della Consob a reintegrare il CdA o i collegi entro quattro mesi; in caso di ulteriore inadempienza scatteranno un'ulteriore diffida di tre mesi e le sanzioni pecuniarie: da 100 mila a 1 milione di euro per i CdA e da 20 mila a 200 mila per i collegi sindacali. Qualora le società non si dovessero adeguare entro i sette mesi concessi dalle due diffide scatterà la decadenza del Consiglio di Amministrazione o degli organi di controllo.
L'entrata in vigore della legge avverrà a 12 mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, quindi la prossima tornata di assemblee della primavera 2012 non è interessata dalla nuova normativa, ma sarà già un'occasione per le aziende per andare verso il cambiamento che porterà alla fine dei 9 anni, come previsto della legge, ad avere 700 donne in più nei CdA rispetto ai numeri attuali e 200 nei collegi sindacali.
Vediamo i punti salienti del testo normativo, che è stato particolarmente atteso dall'universo femminile, le nuove norme consentono alle donne di entrare in uno dei punti centrali più esclusivi del potere maschile, i consigli di amministrazione delle grandi società.
I Consigli di Amministrazione e gli organi di controllo delle società quotate e delle controllate pubbliche non quotate dovranno essere composti da un quinto di donne a partire dal 2012 e da un terzo dal 2015.
Vediamo le sanzioni previste: in caso di inadempienza ci sarà una diffida da parte della Consob a reintegrare il CdA o i collegi entro quattro mesi; in caso di ulteriore inadempienza scatteranno un'ulteriore diffida di tre mesi e le sanzioni pecuniarie: da 100 mila a 1 milione di euro per i CdA e da 20 mila a 200 mila per i collegi sindacali. Qualora le società non si dovessero adeguare entro i sette mesi concessi dalle due diffide scatterà la decadenza del Consiglio di Amministrazione o degli organi di controllo.
L'entrata in vigore della legge avverrà a 12 mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, quindi la prossima tornata di assemblee della primavera 2012 non è interessata dalla nuova normativa, ma sarà già un'occasione per le aziende per andare verso il cambiamento che porterà alla fine dei 9 anni, come previsto della legge, ad avere 700 donne in più nei CdA rispetto ai numeri attuali e 200 nei collegi sindacali.
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