lunedì 15 settembre 2014

Lavoratrice in maternità ed interdizione dal lavoro (Ispettorato del lavoro)




Interdizione anticipata.La Direzione provinciale del lavoro sezione Ispettorato può disporre , sulla base di accertamento medico, l'inizio anticipato dell'interdizione obbligatoria all’80% della retribuzione quando:

la gestazione sia caratterizzata da gravi complicanze o possa aggravare preesistenti forme morbose; lettera a ( "nel caso di gravi complicanze della gravidanza e di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza”, riguardano esclusivamente le condizioni fisiche riferite alla gravidanza, condizioni fisiche che impedirebbero lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa, anche di quella che potrebbe essere nuovamente intrapresa dalla lavoratrice);

le condizioni di lavoro o ambientali appaiano pregiudizievoli alla salute della gestante o della creatura; lettera b (“quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino” sono strettamente connesse al tipo di attività lavorativa svolta al momento della richiesta)

la gestante sia addetta al trasporto e al sollevamento di pesi o a lavori pericolosi, faticosi e insalubri e non possa essere spostata ad altre mansioni lettera c (“quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli artt. 7 e 12”), del comma 2 dell’art. 17 del T.U., nonché le interdizioni prorogate ai sensi dell’art. 6 dello stesso decreto, sono strettamente connesse al tipo di attività lavorativa svolta al momento della richiesta.

Interdizione posticipata. La Direzione provinciale del lavoro sezione Ispettorato può disporre , sulla base di accertamento medico, il posticipo dell'astensione per il periodo compreso tra la fine del terzo e la fine del settimo mese dopo il parto.

Ai fini del riconoscimento del diritto alla prestazione economica di maternità, non dovranno essere indennizzati dopo la cessazione del rapporto di lavoro i periodi di interdizione (anticipata e/o prorogata) riconosciuti dalle Direzioni provinciali del lavoro ai sensi delle lett. b e c dell’art. 17 del D. Lgs. 151/2001 , senza che le Direzioni stesse fossero a conoscenza di una successiva cessazione del rapporto di lavoro, richiedendo quindi, se del caso, alle Direzioni suddette la rettifica dei provvedimenti emessi prima di conoscere la cessazione del contratto.

 Se l’interdizione anticipata di cui alla lettera a), comma 2, dell’art. 17 del D.Lgs. 151/2001 viene concessa con vari provvedimenti e con soluzione di continuità tra l’uno e l’altro, l’indennità di maternità non è erogabile qualora siano trascorsi più di 60 giorni tra la sospensione o cessazione del rapporto di lavoro e i provvedimenti stessi.


Congedo per maternità alle lavoratrici dipendenti



Spetta alla seguenti tipologie, lavoratrici/lavoratori dipendenti (occupate, disoccupate, sospese, agricole, non agricole, a domicilio, colf o badanti), in possesso dei requisiti richiesti maturano il diritto a una indennità di maternità, sostitutiva della retribuzione al verificarsi dell'evento maternità anche se non in possesso della cittadinanza italiana.

Categorie:

lavoratrici dipendenti da datori di lavoro privati, lavoratori con contratto di somministrazione di lavoro, lavoratori dipendenti dell'appaltatore, lavoratori distaccati, lavoratori con contratto di lavoro intermittente, lavoratori con contratti di lavoro ripartito, lavoratori a tempo parziale, lavoratore apprendista, lavoratori con contratto di inserimento, purché abbiano effettivamente iniziato l'attività lavorativa;

lavoratrici dipendenti dalle imprese dello Stato, degli Enti Pubblici e degli Enti locali privatizzate per i periodi dal 1° gennaio 2009;

lavoratrici disoccupate o sospese da meno di 60 giorni;

lavoratrici disoccupate da oltre 60 giorni con diritto all’indennità di disoccupazione con requisiti normali;

lavoratrici disoccupate da oltre 60 giorni con diritto all’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti

lavoratrici disoccupate da oltre 60 giorni e meno di 180, non assicurate contro la disoccupazione, in possesso del requisito di 26 contributi settimanali nel biennio precedente l’inizio della maternità;

lavoratrici sospese da oltre 60 giorni con diritto alla cassa integrazione guadagni;

lavoratrici agricole a tempo determinato (OTD) con almeno 51 giornate di lavoro prestato nell'anno precedente ovvero nell'anno in corso prima dell'inizio della maternità;

lavoratrici agricole (dirigenti e impiegate) a tempo indeterminato (OTI);

collaboratrici domestiche e familiari (COLF e BADANTI) in possesso del requisito di 52 settimane di lavoro nei due anni precedenti ovvero 26 settimane nell'anno precedente l'inizio del congedo di maternità (settimana utile = almeno 24 ore lavorate);

lavoratrici dipendenti di cooperative (operaie e impiegate socie o non socie);

dipendenti (operaie e impiegate) da aziende esercenti pubblici servizi di trasporto;
lavoratrici a domicilio;

lavoratrici in distacco sindacale

lavoratrici dello spettacolo;

lavoratrici impegnate in attività socialmente utili (A.S.U.) o di pubblica utilità (A.P.U.);

padri lavoratori (solo nei casi di morte, grave infermità o malattia della madre, abbandono del bambino da parte della stessa, affidamento esclusivo al padre) in possesso dei requisiti indicati per le lavoratrici madri;

genitori adottanti o affidatari (padri e madri lavoratori dipendenti) in possesso dei requisiti indicati per le lavoratrici madri (il padre adottivo o affidatario può esercitare il diritto al beneficio in alternativa a quello della madre che vi abbia rinunciato;

ai genitori (padri e madri lavoratori dipendenti) in possesso dei requisiti indicati per le lavoratrici madri, in caso di collocamento temporaneo del minore in famiglia ( è da escludersi, invece, la concessione del beneficio, qualora il collocamento avvenga presso una comunità del tipo familiare)

Ai padri lavoratori il congedo per maternità post-partum spetta solo nei casi di morte, grave infermità o malattia della madre, abbandono del bambino da parte della stessa, affidamento esclusivo al padre se in possesso dei requisiti indicati per le lavoratrici madri.

Al lavoratore padre sono riconosciuti anche i periodi di astensione obbligatoria post-partum di maggiore durata conseguenti al parto prematuro.

Al lavoratore padre nei casi di morte, grave infermità o malattia della madre, abbandono del bambino da parte della stessa, sono riconosciuti anche i periodi di astensione obbligatoria post-partum di maggiore durata conseguenti alla richiesta di flessibilità da parte della madre.

Alle lavoratrici non di ruolo del settore pubblico. Tale trattamento economico viene corrisposto direttamente dalle amministrazioni o enti di appartenenza.

Alle lavoratrici del Fondo Volo in quanto gli iscritti al fondo volo sono affidati alla gestione previdenziale della Cassa Marittima Tirrena che provvede, per conto dell’Inps, all’accertamento e alla riscossione dei contributi sociali di malattia e di maternità nonché al pagamento delle relative prestazioni economiche.

Si prescrive dopo un anno dalla fine dell’evento, in caso di pagamento diretto dopo un anno dal giorno successivo all’ultimo indennizzabile ovvero dalla scadenza di ogni singolo periodo di paga (quadrimestrale o mensile) in cui il lavoratore avrebbe dovuto ricevere, da parte del datore di lavoro, l’indennità in caso di pagamento a conguaglio.

Il procedimento in sede amministrativa ha effetto sospensivo (rinvia l’inizio della decorrenza della prescrizione o la sospende se la prescrizione ha già iniziato il suo corso) dei termini di prescrizione conseguentemente la presentazione della domanda di maternità sospende la prescrizione fino all’esaurimento della fase amministrativa.

Il procedimento amministrativo può estrinsecarsi in diverse ipotesi applicative quindi il periodo di sospensione della prescrizione cambierà a seconda delle situazioni.

In caso di mancata presentazione della domanda la prescrizione decorre dal giorno successivo alla cessazione del periodo indennizzabile, la presentazione del “certificato di assistenza al parto” o autocertificazione attestante il rapporto di parentale madre/figlio, ai fini della prescrizione produce gli stessi effetti della domanda di congedo di maternità , se accompagnato dalla richiesta scritta della lavoratrice madre di voler fruire della prestazione di maternità.

La prescrizione può essere interrotta con richieste scritte ( istanze, sollecitazioni, intimazioni ecc.) presentate dal lavoratore da un ente di Patronato o dal legale rappresentante del lavoratore stesso, con la conseguenza che il termine annuale ricomincia a decorrere dalla data di presentazione della richiesta o, se la stessa viene inviata, dalla data di ricezione all’Istituto.

Può essere interrotta, altresì, dal riconoscimento del debito da parte dell’Istituto.

La lavoratrice dipendente (occupata, disoccupata, sospesa, agricola, non agricola, a domicilio, colf o badante) ha diritto alla indennità come di seguito indicato, sostitutiva della retribuzione, per ante partum.

per i 2 mesi precedenti la data presunta del parto;

per l’eventuale periodo intercorrente tra data presunta e data effettiva del parto;

per i periodi di astensione obbligatoria ante-partum anticipati, disposti dalla direzione provinciale del lavoro, servizio ispezione del lavoro;

N.B.: I due mesi precedenti la data presunta del parto, sulla base dell'interpretazione fornita dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 1401/2001, si calcolano, come su detto, senza includere la data presunta del parto esempio: se la data presunta del parto è fissata al 15 agosto, la lavoratrice ha diritto ad assentarsi dal lavoro ed a percepire la relativa indennità dal giorno 15 giugno al 14 agosto.

La lavoratrice dipendente (occupata, disoccupata, sospesa, agricola, non agricola, a domicilio, colf o badante) ha diritto alla indennità come di seguito indicato, sostitutiva della retribuzione, per post partum:

per i 3 mesi successivi al parto decorrenti dal giorno successivo alla data stessa;

per i periodi di astensione obbligatoria post-partum prolungati fino a 7 mesi dopo il parto dalla direzione provinciale del lavoro, servizio ispezione del lavoro.

La lavoratrice ha diritto all'indennità post-partum anche nei casi in cui:

il bambino sia nato morto;

il bambino sia deceduto successivamente al parto;

ci sia stata una interruzione di gravidanza dopo il 180° giorno di gestazione.
Si ha diritto al post partum anche in caso di adozione, affidamento o di collocamento del minore in famiglia.

Il congedo di maternità post partum spetta anche ai padri solo nei casi di morte, grave infermità o malattia della madre, abbandono del bambino da parte della stessa, affidamento esclusivo al padre se in possesso dei requisiti indicati per le lavoratrici madri. La morte dell'altro genitore va certificata con il certificato di morte o può essere sottoscritta dichiarazione sostitutiva. La grave infermità non prevede la  necessaria ospedalizzazione della madre inferma, il padre richiedente è tenuto a fornire specifica certificazione medica, tale certificazione sarà posta all'esame del medico di sede per la valutazione della compatibilità della infermità in rapporto all'assolvimento dei compiti di cura ed assistenza del neonato. L'abbandono del figlio da parte dell'altro genitore va documentato con le dovute modalità. Al lavoratore padre di cui sopra sono riconosciuti anche i periodi di astensione obbligatoria post-partum di maggiore durata conseguenti al parto prematuro.

Al lavoratore padre nei casi di morte, grave infermità o malattia della madre, abbandono del bambino da parte della stessa, sono riconosciuti anche i periodi di astensione obbligatoria post-partum di maggiore durata conseguenti alla richiesta di flessibilità da parte della madre.

N.B.:
Nel caso di abbandono del figlio durante i tre mesi successivi al parto, alla madre non spetta più l'indennità dal momento dell'abbandono.

Nel caso di parto prematuro l’indennità spetta per il periodo ante-partum non goduto sommato alla fine del periodo post-partum fino a un massimo di 5 mesi, purché la lavoratrice non abbia ripreso l'attività lavorativa.

Per il Parto prematuro avvenuto quindi prima dei previsti due mesi di astensione ante partum dovrà essere riconosciuto un periodo di astensione obbligatoria dopo il parto pari a tre mesi, più i due mesi di astensione obbligatoria non goduti prima del parto, secondo quanto previsto.

Non sono riconoscibili i giorni precedenti i due mesi suddetti.

Parto prematuro e interdizione anticipata dall'Ispettorato del lavoro. Quanto detto nel paragrafo precedente vale anche se il parto prematuro si verifica durante il periodo di interdizione anticipata disposta dall'Ispettorato del Lavoro. Dovranno quindi anche in questo caso essere aggiunti ai tre mesi dopo il parto, i soli "normali" due mesi di astensione obbligatoria prima del parto, escludendo, cioè i giorni non fruiti a titolo di interdizione anticipata.

Parto prematuro e interdizione prorogata dopo il parto dall'Ispettorato del Lavoro. I giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto devono essere aggiunti al termine dei mesi di proroga dell'astensione dopo il parto disposta, anche preventivamente, dall'Ispettorato ai sensi dell'art. 3 della citata legge,con conseguente riconoscimento di un periodo di congedo post partum di maggiore durata .

Anche al lavoratore padre nei casi di morte, grave infermità o malattia della madre, abbandono del bambino da parte della stessa, sono riconosciuti i periodi di astensione obbligatoria post-partum di maggiore durata conseguenti al parto prematuro.

Per poter fruire del prolungamento dell’astensione post-partum, la legge stabilisce un limite di 30 giorni per la presentazione della certificazione (o dichiarazione sostitutiva) relativa alla data del parto,

N.B.: Il periodo di 5 mesi è riconosciuto anche se il parto prematuro è avvenuto prima dei 2 mesi dalla data presunta del parto.

Nel caso in cui la lavoratrice chieda di fruire della flessibilità, l’indennità è riconosciuta anche soltanto per il mese precedente la data presunta del parto, anziché i 2 mesi precedenti, con spostamento del periodo di astensione non fruito prima del parto al periodo successivo al parto, fino al prolungamento di 4 mesi di congedo.

L'esercizio di tale facoltà,  è subordinato alla attestazione sanitaria del ginecologo del SSN o con esso convenzionato nonché a quella del medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, ove la legislazione vigente preveda un obbligo di sorveglianza sanitaria.

La domanda di flessibilità del congedo di maternità deve necessariamente essere presentata all'Inps in data antecedente alla fruizione del congedo. La domanda di flessibilità può essere accolta anche se presentata oltre il 7° mese di gravidanza, purché le previste attestazioni del medico specialista siano state acquisite dalla lavoratrice nel corso del 7° mese di gravidanza.

Quanto precede nel presupposto che la lavoratrice abbia continuato a lavorare nel periodo in questione.

Possono essere accolte le sole domande di flessibilità a corredo delle quali siano allegate certificazioni sanitarie aventi data non successiva alla fine del 7° mese. Le domande di flessibilità cui siano allegate certificazioni sanitarie con data successiva a quella della fine del 7° mese, dovranno essere integralmente respinte.

Al lavoratore padre nei casi:
di morte,

grave infermità o malattia della madre,

abbandono del bambino da parte della stessa
sono riconosciuti i periodi di astensione obbligatoria post-partum di maggiore durata conseguenti alla richiesta di flessibilità da parte della madre.

Documentazione da allegare alla domanda di congedo di maternità in caso di flessibilità:

richiesta di avvalersi della facoltà di usufruire della flessibilità del congedo di maternità. Tale richiesta può essere espressa compilando il campo predisposto del modello di domanda di congedo per maternità (Mod. Mat.) ;

attestazione del ginecologo del SSN o con esso convenzionato rilasciata nel corso del 7° mese di gravidanza

certificazione medica rilasciata dal medico aziendale responsabile della sorveglianza sanitaria, rilasciata nel corso del 7° mese di gravidanza,  in cui sono riportate:

le generalità dell’interessata;

le indicazioni sul datore di lavoro;

la sede dove l’interessata presta il proprio lavoro;

le mansioni alle quali l’interessata è addetta;

in mancanza del medico aziendale dichiarazione del datore di lavoro da cui risulta che in azienda o per le attività svolte dalla lavoratrice interessata non esiste l'obbligo di sorveglianza sanitaria sul lavoro 

La flessibilità può essere interrotta su istanza della lavoratrice o per malattia.

Il periodo di flessibilità  anche se già accordato, si interrompe con l'insorgere di un periodo di malattia in quanto ogni malattia intervenuta in quel periodo comporta un rischio per la salute della lavoratrice e del nascituro.

Il differimento successivo al parto consisterà nelle giornate di astensione obbligatoria ante partum non godute che sono state oggetto di flessibilità (cioè quelle di effettiva prestazione di attività lavorativa comprese le festività)

E’ il caso di precisare, che la domanda della lavoratrice che, pur essendo stata autorizzata alla flessibilità, e, quindi, allo svolgimento di attività lavorativa durante l’ottavo mese di gravidanza, chiede di fruire in questo stesso mese del congedo parentale per un altro figlio, può essere accolta. Può essere accolta anche la richiesta di ferie. In ogni caso, il congedo di maternità spetterà alla suddetta lavoratrice per tutta la sua prevista durata complessiva.

Calcolo indennità di maternità che spetta alla madre dipendente



Il calcolo dell'indennità di maternità spettante alla lavoratrice dipende dal tipo di astensione, obbligatoria o facoltativa e dalla retribuzione di fatto percepita nel mese precedente la data di astensione dal lavoro.

La normativa di riferimento è il Decreto Legislativo n. 151 del 26 marzo 2001, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità.

Durante il periodo di astensione dal lavoro per maternità e nei sette mesi di età del figlio, alla lavoratrice non possono essere assegnate determinate tipologie di lavori, considerati come pericolosi, faticosi ed insalubri.

Le lavoratrici con un bebè in arrivo attesa hanno il diritto a permessi retribuiti per effettuare esami prenatali, accertamenti clinici e visite mediche specialistiche.

Il Decreto legislativo stabilisce il divieto, per i datori di lavoro, di adibire al lavoro le donne nel periodo intercorrente tra i 2 mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi alla data effettiva del parto.

Se la data effettiva è superiore alla data presunta, come può accadere nella maggior parte dei casi, è incluso naturalmente anche l'intervallo di tempo tra la data presunta e quella effettiva (se invece la data effettiva è anteriore a quella presunta, i 5 mesi non saranno più 5 mesi, ma un periodo inferiore!)

Prima dell'inizio del periodo di astensione per maternità la lavoratrice deve consegnare al datore di lavoro e all'INPS la domanda di congedo per maternità redatta su appositi moduli, unitamente al certificato medico indicante la data presunta del parto.

Il congedo per la maternità può essere anticipato rispetto al minimo obbligatorio previsto (5 mesi) in determinati casi che dovranno essere accertare dalla Direzione provinciale del lavoro, come ad esempio la presenza di condizioni di lavoro potenzialmente pregiudizievoli, l' impossibilità di spostare la lavoratrice ad altre mansioni o altri rischi per la salute e la sicurezza della lavoratrice e del nascituro.

Divieto di licenziamento, sospensione dal lavoro, dimissioni in caso di maternità

Durante il periodo di maternità la lavoratrice non può essere licenziata. La lavoratrice madre non può essere licenziata o sospesa dall'inizio della gestazione fino al termine del periodo di astensione obbligatoria e in ogni caso fino al compimento del primo anno di età del bambino.

Per lo stesso periodo non può essere sospesa dal lavoro a meno che non si tratti di sospensione dell'intera azienda o reparto.

In caso di congedo di paternità, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino/a.

La normativa si applica anche in caso di adozione e di affidamento.

Nel caso in cui la lavoratrice madre presenti le dimissioni dal posto di lavoro durante lo stesso periodo è necessario comunicare le dimissioni alla Direzione provinciale del Lavoro, che dovrà controllarne la regolarità e provvedere alla loro convalida.

In ogni caso permane il diritto al TFR oltre, ovviamente, l'indennità sostitutiva di preavviso.

Il divieto non si applica:

1) nel caso di licenziamento per giusta causa dovuto a colpa grave della lavoratrice;
2) nel caso di cessazione dell'attività dell'azienda;
3) nel caso di ultimazione della prestazione per cui la lavoratrice era stata assunta;
4) in caso di esito negativo della prova.

Il licenziamento intimato alla lavoratrice in stato di gravidanza al di fuori dei precedenti casi è nullo.

La lavoratrice madre ha diritto di conservare il proprio posto di lavoro e, salvo che vi rinunci, di rientrare nella stessa unità produttiva ove era occupata all'inizio del periodo di gravidanza o in altra situata nello stesso comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino.

Ha anche il diritto di essere assegnata alle mansioni svolte prima di entrare in maternità o a mansioni analoghe.

Il congedo di maternità può essere anticipato, su richiesta della lavoratrice e a seguito dell'approvazione della Direzione provinciale del lavoro, sulla base di accertamento medico, quando sussistono le seguenti circostanze:

a) vi sono gravi complicanze della gestazione o preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;

b) le condizioni ambientali o di lavoro sono ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino/a;

c) la lavoratrice addetta a lavorazioni pesanti pericolose o insalubri non può essere spostata ad altre mansioni.

L'indennità giornaliera, a carico dell'INPS, è pari all'80% della retribuzione media percepita nel periodo di paga mensile immediatamente precedente l'inizio dell'astensione.

Il datore di lavoro è tenuto ad integrare fino al 100% se il contratto collettivo applicato dall'azienda lo prevede.

L'indennità di maternità a carico dell'INPS è anticipata in busta paga dal datore di lavoro e deve essere calcolata con riferimento alla retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo di maternità.

E’ possibile il pagamento diretto da parte dell'INPS in alcuni particolari casi come: le lavoratrici agricole, le collaboratrici domestiche, le lavoratrici a tempo determinato per lavori stagionali, le lavoratrici sospese senza trattamento di Cassa Integrazione e le lavoratici in CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) a zero ore con pagamento diretto da parte dell'INPS.

Il congedo di maternità è computabile ai fini della maturazione del TFR (Trattamento di Fine Rapporto), delle mensilità aggiuntive (tredicesima, quattordicesima) e delle ferie.

Anche al padre spetta il congedo obbligatorio in tre determinati casi: qualora la madre sia defunta o gravemente inferma, qualora la madre abbandonasse il bambino o, infine, qualora il bambino fosse affidato esclusivamente al padre.

Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro per un periodo non superiore a dieci mesi.

Con questo articolo si rinnova il vecchio istituto dell'astensione facoltativa ed emerge una nuova nozione di lavoro di cura.


Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha il diritto di astenersi dal lavoro facoltativamente per un massimo di sei mesi (anche contemporaneamente).

Il congedo parentale dà diritto ad una indennità a carico INPS del 30% della retribuzione media globale giornaliera.

Nella maggior parte dei casi non è prevista una integrazione a carico del datore di lavoro, ma occorre verificare il CCNL applicabile.

Il datore di lavoro è comunque tenuto a conservare il posto di lavoro e a riconoscere la maturazione della sola anzianità di servizio utile ai fini del TFR, ma non è tenuto a garantire la maturazione dei ratei relativi agli altri elementi retributivi differiti, come ferie, permessi e mensilità aggiuntive.


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