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domenica 29 maggio 2016

Pensioni novità: quando andare in pensione? Le proposte




Sono previsti dei percorsi alternativi, anche se non sempre facilmente attuabili, alla pensione di vecchiaia ordinaria, i cui requisiti anagrafici per il 2016 sono di 66 anni e 7 mesi per gli uomini indipendentemente dal settore lavorativo e per le donne dipendenti della pubblica amministrazione, di 65 anni e 7 mesi per le dipendenti del settore privato e di 66 anni e 1 mese per le autonome e le iscritte alla gestione separata dell'Inps. La riforma previdenziale di fine 2011 oltre alla vecchiaia ha regolato la pensione anticipata, che si raggiunge quest'anno con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) indipendentemente dall'età. Garantisce un vantaggio, rispetto alla “vecchiaia” a chi ha iniziato a lavorare non troppo dopo i venti anni di età e non ha buchi contributivi.

Sempre legata all'ultima riforma c'è la pensione anticipata con il sistema contributivo, a cui può accedere solo chi ha iniziato a versare dal 1996 e quindi è soggetto al calcolo della pensione interamente con il sistema contributivo. Sono necessari 20 anni di contributi (quindi proprio quest'anno diventa effettivamente fruibile), 63 anni e 7 mesi di età e l'importo dell'assegno previdenziale deve essere almeno 2,8 volte il valore di quello sociale, quindi deve essere pari almeno a 1.254,60 euro lordi.

Sono ancora in vigore le agevolazioni per i lavoratori soggetti ad attività usuranti o svolte di notte, a cui si applica ancora il sistema delle “quote” (somma di età e anni di contributi) ma aggiornato all'aspettativa di vita. I requisiti minimi per i dipendenti sono quota 97,6 con un minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi e, per gli autonomi, quota 98,6 con un minimo di 62 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi (per i notturnisti si possono aggiungere 1-2 anni in relazione al numero di notti lavorate).

Per le donne dipendenti che hanno maturato 57 anni e 3 mesi di età e 35 di contributi (58 anni e 3 mesi per le autonome) entro il 2015, è ancora aperta l'opzione donna, cioè la possibilità di andare in pensione trascorsi la finestra mobile o anche successivamente a fronte però del calcolo dell'assegno con il metodo contributivo che comporta in media una penalizzazione del 25-30% rispetto al sistema misto a cui avrebbero diritto.

Ci sono poi delle alternative che prevedono il coinvolgimento del datore di lavoro e non si basano quindi sulla sola scelta del lavoratore. Sempre con la riforma del 2011 è stata introdotta la possibilità di gestire i dipendenti in esubero a cui manchino non più di 4 anni alla pensione erogando una sorta di pre pensione interamente a carico dell'azienda. Una volta raggiunti i requisiti minimi, scatterà la pensione vera e propria.

Fa convivere la pensione con il lavoro il part time introdotto con la legge di Stabilità 2016, destinato a chi, dipendente a tempo indeterminato, ha già almeno 20 anni di contributi ed entro il 2018 raggiungerà i requisiti per la pensione di vecchiaia. In accordo con l'azienda possono ridurre l'orario dal 40 al 60% e incassare oltre a quanto dovuto, la parte di contributi a carico dell'azienda per le ore non lavorate.

Infine c'è il mix di part time e pensione di più complessa attuazione. Previsto dal Jobs act attende ancora le indicazioni operative, ma può scattare solo nell'ambito di contratti di solidarietà espansivi (riduzione generalizzata di orario a fronte di nuove assunzioni): in questa situazione i dipendenti a cui mancano non più di 2 anni alla pensione si possono ridurre l'orario almeno per oltre la metà e percepire in anticipo una parte della pensione fino a incassare complessivamente quanto avrebbero preso continuando a lavorare a tempo pieno. Ulteriori misure ad hoc sono riservate ai lavoratori coinvolti nelle bonifiche dell'amianto e per i nati nel 1952.

La proposta di Damiano per la flessibilità delle pensioni prevede un pensionamento flessibile a partire dai 62 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi con una penalità del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età di 66 anni e 7 mesi, mentre per i lavoratori precoci si garantirebbe un’uscita unica a 41 anni di contributi. Nella petizione, inoltre, c’è la volontà di ulteriori interventi per rendere più equa la previdenza italiana con:

1) l’ottava e ultima salvaguardia degli esodati;

2) il monitoraggio di opzione donna per l’inclusione di altre lavoratrici;

3) un meccanismo adeguato di indicizzazione per le pensioni medio basse. Intanto, i lavoratori precoci sono tornati a chiedere con forza l’introduzione di quota 41 senza penalizzazioni sia sui palchi delle organizzazioni sindacali che negli studi di programma che da sempre si occupano di pensionati e della flessibilità in uscita.


venerdì 9 ottobre 2015

Esodati: istruzioni INPS per l’accesso alla procedura di esodo


L'Inps ritorna sulla questione esodati con i messaggio n.5804 del 18 settembre 2015, in cui illustra le modalità di accesso alla denuncia della contribuzione correlata per i lavoratori in esodo a partire dal 1° maggio 2015, data in cui è entrata in vigore la Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego, la NASpI, fornendo indicazioni per i lavoratori iscritti alla gestione ex Enpals e alle gestioni pensionistiche dei dipendenti pubblici.

Nel documento l'INPS ricorda che "con circolari n. 90 del 2014 e n. 63 del 2014 (disciplinanti rispettivamente le prestazioni a favore dei lavoratori iscritti alla gestione ex Enpals ed alle gestioni pubbliche ex Inpdap, al fine di incentivarne l’esodo ex art. 4, commi da 1 a 7-ter) l’Istituto aveva reso noto che la quantificazione della contribuzione correlata avviene in analogia con quanto previsto per le ipotesi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro dall’articolo 2, commi 6 e 10, della legge n. 92/2012 in materia di ASpI."

Dopo aver descritto l'ambito di applicazione della nuova prestazione di sostegno al reddito, vengono fornite le indicazioni operative per la "composizione del flusso Uniemens in presenza di lavoratori dello spettacolo e dello sport professionistico e dei lavoratori iscritti ad una delle gestione pensionistiche dei dipendenti pubblici (CPDEL, CPI, CPS, CPUG, CTPS)  per i quali i datori di lavoro abbiano presentato domanda per la procedura di esodo ex art. 4, Legge n. 92/2012 a far data dal 1° maggio 2015 e per quelli che presentano nuovi programmi di esodo annuali con la medesima decorrenza".

L'Inps precisa, inoltre, che per quei lavoratori le cui imprese esodanti abbiano già presentato domanda di accesso alla procedura di esodo in data anteriore al 1° maggio 2015, continueranno ad essere applicate le disposizioni fino al termine del programma di esodo.

In conclusione ai datori di lavoro che abbiano presentato domanda per la procedura di esodo a far data dal 1° maggio 2015 e per quelli che presentano nuovi programmi di esodo annuali con la medesima decorrenza.

In particolare:
- per i lavoratori iscritti alla gestione ex Enpals, all’interno dell’elemento <Qualifica1> nel flusso Uniemens, i datori di lavoro di cui si tratta dovranno valorizzare il valore “V” avente il significato di “Lavoratori in esodo ex art. 4 legge n. 92/2012. Domanda presentata a decorrere dal 1° maggio 2015”. Inoltre, dovrà essere valorizzato l’elemento <Qualifica2>, ed anche il <TipoLavoratore> mentre, continuerà a non dover essere valorizzato l’elemento <Qualifica3>.

Per ciascuno dei suddetti lavoratori, all’interno dell’elemento <Dati Retributivi>, dovrà essere valorizzato l’elemento <Imponibile>, indicando l’imponibile sul quale è calcolata la contribuzione correlata e l’elemento <Contributo> in corrispondenza del quale sarà indicato l’importo della contribuzione figurativa correlata da versare. I dati esposti nell’Uniemens saranno riportati, nel DM2013 virtuale ricostruito, nella colonna “somma a debito” con il codice “M161”.

- per i lavoratori iscritti alle gestioni pubbliche ex Inpdap, per ciascun lavoratore ammesso alla procedura di esodo, all’interno dell’elemento<InquadramentoLavPA>,deve essere valorizzato l’elemento <TipoImpiego> con il codice 39 ”Lavoratore in esodo ex art.4 legge n.92/2012” e gli elementi <contratto> e <qualifica> con i valori dichiarati nell’ultimo periodo utile.

L’elemento <TipoServizio> da utilizzare durante il periodo di erogazione della prestazione deve essere valorizzato con il codice 81 ”Lavoratore inesodo ex art.4 legge n.92/2012 - Domanda presentata a decorrere dal 1° maggio 2015”. All’interno dell’elemento <GestPensionistica> non devono essere valorizzati gli elementi <StipendioTabellare> e <RetribIndivAnzianita>. L’elemento <Imponibile> deve essere valorizzato indicando il valore di riferimento sul quale è calcolata la contribuzione correlata, l’elemento <Contributo> con l’importo della contribuzione da versare.

venerdì 2 ottobre 2015

Esodati, pensioni flessibili e opzione donna: ecco le possibili soluzioni


I tecnici dell'INPS e del governo (Ministero del Lavoro e Ministero dell'Economia) continuano la fase di studio e confronto su ciò che si potrà fare o meno per le problematiche più urgenti riconducibili al gran calderone della riforma pensioni 2015/16.

Tenuto conto che la cifra massima di un miliardo di euro è quella si cui si fanno i calcoli (oltre al mezzo già stanziato per rimborsi e rivalutazione dovuti alla famosa sentenza della Corte Costituzionale sul blocco della rivalutazione), torna in auge la pensione anticipata a 63 anni di età con almeno 35 anni di contributi: per puntare al fatidico costo zero per lo Stato, ci dovrebbe essere una penalizzazione del 4% sull'assegno mensile. Con questa soluzione si pensa anche di risolvere il problema dei futuri esodati visto che i 35 anni di contributi appaiono una soglia adeguata a tutelare da fuoriuscite dal lavoro a pochi anni dalla pensione.

Il sistema previdenziale italiano è caratterizzato da disparità di trattamenti pensionistici. Le pensioni degli uomini sono più alte del 40% rispetto a quelle delle donne poiché le retribuzioni e le norme sulla pensione anticipata li avvantaggiano, con il risultato che le pensionate sono sì più numerose (53%) ma con assegni meno sostanziosi: a fine 2014, la spesa per le pensioni femminili è rimasta ferma al 44,2% del costo previdenziale complessivo.

Per ridurre il divario la ricetta di Tito Boeri, presidente dell'Inps, è quella di agire sul fronte normativo, con adeguate ricette in tema di flessibilità in uscita. Come è noto, il Governo sta mettendo a punto una riforma delle pensioni, che almeno in parte andrà in Legge di Stabilità, su cui il dibattito è ancora molto aperto.

Secondo Boeri (che propone una delle diverse opzioni sul tavolo, ossia la possibilità di pensione anticipata con una decurtazione dell’assegno del 3-3,5%). «Dobbiamo porre requisiti di natura anagrafica e non contributiva: l’età deve essere il fattore che decide e non l’anzianità contributiva».

Una misura nella legge di Stabilità per chiudere strutturalmente le vicissitudini degli esodati e aprire, con tutte le cautele del caso, una formula di maggiore flessibilità in uscita con penalizzazioni. La misura allo studio parte dallo schema base delle penalizzazioni le più corrette possibili sotto il profilo dell’applicazione (si dice 4% sulla quota retributiva dell'assegno) con età minima per l'anticipo fissata a 63 anni e qualche mese, ovvero non più di tre anni dall'età di vecchiaia valida dal 2016. Gli anni di contributi minimi restano 35, soglia che consentirebbe di non esporre i lavoratori al rischio di un uscita (magari indotta da piani di ristrutturazione aziendali) con assegni troppo bassi. Ma c'è anche consapevolezza che con 35 anni minimi la flessibilità nuova sarebbe soprattutto appannaggio degli uomini, vista la difficoltà per le donne di avere carriere continue. E sul punto una soluzione alternativa è ancora allo studio. Il confronto è aperto anche sull'«Opzione donna»: riconoscere alle dipendenti di 58 anni e 35 di contributi, con maturazione del requisito entro l'anno, un ritiro anticipato con penalizzazione del 3% l'anno per massimi tre anni in luogo del ricalcolo contributivo.

Misura che potrebbe riguardare circa 30mila donne con un costo basso iniziale che poi cresce negli anni futuri quando le scattano le finestre della decorrenza (fino a 2 miliardi entro il 2020).

Il presidente dell'Inps ha reso noto, inoltre, che tra 2003 e 2014 oltre 36mila persone hanno deciso di passare la vecchiaia all'estero. I loro assegni costano alle casse dell'istituto oltre 1 miliardo ogni anno. A riequilibrare i conti sono i contributi previdenziali dei quasi 200mila immigrati che hanno lavorato nel nostro Paese ma non ricevono la pensione.

Si tratta di circa 200.000 stranieri sui 927.448 provenienti da paesi convenzionati che hanno superato i 66 anni e tre mesi (il 21%): non hanno alcuna prestazione dall'Inps per un totale di versamenti capitalizzati con il criterio contributivo di circa 3 miliardi. «Perché non usare quelle risorse per finanziare politiche di integrazione?» ha proposto Boeri. Sul fronte degli italiani pensionati che si trasferiscono all'estero, invece, è stata segnalata una crescita dei flussi, con il raddoppio tra il 2010 e il 2014 dei beneficiari di una rendita che decidono di vivere oltre confine. Nel 2014 Inps erogava 400mila trattamenti all'estero per una spesa di oltre un miliardo in 154 paesi. In questo caso la proposta è stata valutare di pagare in futuro per l'estero solo le prestazioni contributive e non quelle assistenziali.

Le lavoratrici che maturano il requisito di prepensionamento con Opzione Donna possono scegliere di andare in pensione anche dopo il 2015: chiarimenti INPS.

Le lavoratrici che maturano la pensione anticipata utilizzando l’Opzione Donna possono esercitarne il diritto anche dopo al 31 dicembre 2015: lo precisa l’INPS, con la nota 145.949 del 14 settembre, rispondendo a specifico quesito dei Patronati. Attenzione: non vuol dire che l’Opzione viene estesa oltre l’anno, che richiede eventuale apposito provvedimento normativo, allo studio del Governo (potrebbe essere inserito in Legge di Stabilità).

La possibilità di chiedere dal 2016 la pensione anticipata utilizzando l’Opzione Donna è riservata alle aventi diritto in base alle attuali regole: devono aver maturato nel 2014 il diritto alla pensione (in base al meccanismo delle finestre mobili, ricordiamo che passano 12 o 18 mesi dalla maturazione del requisito alla decorrenza della pensione). Per loro, non solo i termini per l’adesione sono ancora aperti fino al 31 dicembre ma lo resteranno anche successivamente.

L’Opzione Donna, lo ricordiamo, è una forma di prepensionamento riservata alle donne di 57,3 anni se dipendenti e 58,3 se autonome, con 35 anni di contributi. In base all’interpretazione INPS, spetta alle lavoratrici che hanno smesso di lavorare entro novembre 2014, se dipendenti, dicembre 2014 se dipendenti del pubblico impiego, fine maggio 2014 se autonome. In base alle regole appena esposte, al momento l’Opzione Donna è riservata alle autonome nate entro il 28 febbraio 1956, dipendenti del privato nate entro agosto 1957, dipendenti pubbliche nate entro settembre 1957. Tutte queste lavoratrici, se hanno 35 anni di contributi, in base agli ultimi chiarimenti INPS possono accedere all’Opzione Donna in qualsiasi momento, anche successivamente al 2015.

Per le altre lavoratrici non cambia nulla. Non si tratta dunque di una marcia indietro INPS rispetto all’interpretazione restrittiva fin qui portata avanti (fissando le regole per l’opzione con le circolari 35 e 37 del 2012): questa forma di prepensionamento al momento è riservata alle lavoratrici che hanno maturato la decorrenza della pensione al 31 dicembre 2015 e non il diritto alla stessa. Tutte le altre restano in attesa di provvedimenti del Governo: oltre alla possibile estensione di meccanismi simili anche oltre il 2015, si attende un provvedimento specifico per considerare il 31 dicembre la data di maturazione del diritto alla pensione, allargando quindi la platea delle aventi diritto.

lunedì 8 dicembre 2014

Esodati - salvaguardati: chi e come fare domanda entro il 5 gennaio 2015



Secondo l’esecutivo la vicenda esplosa dopo la riforma Fornero, quando l’Inps quantificò in 328.650 i lavoratori che rischiavano di restare senza lavoro e senza pensione per effetto dell’improvviso aumento dei requisiti, si è chiusa con i sei «decreti di salvaguardia» approvati finora, che consentono a 170mila lavoratori di andare in pensione con le regole vigenti prima della riforma.

Secondo i comitati degli esodati ci sarebbero invece almeno altre 50 mila posizioni da sanare. Al di là di questo braccio di ferro, che riguarda comunque persone che hanno perso il lavoro prima della riforma Fornero, va affrontato il tema dei lavoratori anziani che stanno perdendo o perderanno il lavoro senza essere coperti dagli ammortizzatori sociali fino al raggiungimento della pensione. Di qui il tema della flessibilità in uscita: stabilire cioè regole che consentano, in determinati casi, di andare in pensione prima. Oltre alla minipensione anticipata sotto forma di prestito a se stessi, altre ipotesi prevedono la possibilità di lasciare il lavoro qualche anno prima ma con una pensione più bassa o attraverso penalizzazioni per ogni anno di anticipo o con il calcolo dell’assegno col metodo contributivo, cioè sulla base dei versamenti effettuati durante tutta la vita lavorativa.

Le istruzioni INPS per gli esodati della sesta salvaguardia: ecco chi deve fare domanda alla DTL entro il 5 gennaio, i moduli e le modalità di presentazione.

Con il Messaggio n. 9305/2014 l’INPS ha chiarito le modalità con le quali i lavoratori esodati - salvaguardati possono presentare domanda di accesso alla sesta salvaguardia dalla Riforma delle Pensioni Fornero (D.L. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011).

Chi non deve fare domanda
Più in particolare l’Istituto precisa che gli esodati esclusi dalla quarta salvaguardia (art 11 bis della legge n. 124 del 2013) per esaurimento del plafond sono esonerati dal dover ripresentare la domanda di accesso entro il 5 gennaio 2015. Si tratta dei lavoratori che sono in possesso di un provvedimento di accoglimento della Direzione Territoriale per il Lavoro, ma non hanno ricevuto la certificazione del diritto alla salvaguardia perché esclusi dal contingente numerico.

Chi deve fare domanda
La scadenza del 5 gennaio riguarda invece i lavoratori che non hanno presentato alla DTL competente la domanda di accesso alla quarta salvaguardia, o l’hanno presentata ma non hanno ricevuto alcun provvedimento di accoglimento da parte della DTL stessa.

Come fare domanda
L’istanza va presentata utilizzando moduli e istruzioni forniti dal Ministero e contenuti nella Circolare 27/2014. Ricordiamo che le modalità di presentazione delle istanze cambiano per le diverse categorie di salvaguardati:

i lavoratori cessati in base ad accordi devono presentare l’istanza presso la DTL davanti alla quale sono stati sottoscritti gli accordi;

in tutti gli altri casi, la domanda va presentata alla DTL competente in base alla residenza del lavoratore.

Le istanze possono essere trasmesse:

agli indirizzi PEC (Posta Elettronica Certificata) della DTL;

alla email dedicata;

via raccomandata A/R.

Dopo 30 giorni dalla presentazione delle domande, la DTL ne decide l’ammissibilità  motivando un eventuale parere contrario. Il lavoratore esodato ha altri 30 giorni per presentare ricorso. Nel proprio Messaggio l’Istituto precisa, inoltre, che nella lettera di certificazione viene indicata anche la data di apertura della cosiddetta “finestra di accesso” e, quindi, la prima data utile dalla quale l’assicurato può ottenere la pensione. La domanda di pensione in salvaguardia potrà poi essere presentata in qualsiasi momento successivo all’apertura della finestra al pari di tutti gli altri assicurati.



domenica 6 luglio 2014

Pensioni per la scuola si avvicina la quota 96


Quota 96 con almeno 60 anni di età. Ovvero ci vogliono 60 anni di età e 36 di contributi ma salgono a 61 se gli anni di contributi sono solo 35. Una volta raggiunti i requisiti per avere l'assegno bisogna aspettare ancora 12 mesi previsti dalla nuova finestra mobile arrivando quindi almeno a 61 anni.

I lavoratori autonomi andranno in pensione di anzianità con quota 97 e almeno 61 anni di età.  A questi requisiti va aggiunta un'attesa di 18 mesi previsti dalla finestra mobile prevista dalla manovra di luglio. Quindi per i lavoratori autonomi sono necessari almeno 62 anni e mezzo (regola che vale anche per i collaboratori a progetto).

Sale il numero degli esodati, salvaguardati e si prospettano soluzioni anche i Quota 96 della scuola: novità approvate e cosa potrebbe arrivare nei prossimi giorni.

Anche se non si può parlare di una riforma delle pensioni Renzi in senso strutturale, gli interventi in materia previdenziale sono stati parecchi, dall'abolizione del trattenimento in servizio alla sesta salvaguardia per gli esodati. E il caso delle pensioni Quota 96 scuola? In effetti sembra essere l'ultimo tema "caldo" lasciato completamente senza soluzione ma la notizia è che sembra che il governo abbia intenzione di discutere in tempi brevi e probabilmente risolvere anche la loro vertenza. Buone notizie? Forse è ancora presto per dirlo, ma analizziamo quali sono state le dichiarazioni.

Ad intervenire sul caso delle pensioni Quota 96 scuola è stato Francesco Boccia del PD che ha dichiarato di avere l'intenzione di inserire come emendamento al DL sulla Pubblica Amministrazione alcuni elementi del disegno di legge Ghizzoni/Marzana, fermo da mesi in Parlamento per mancanza di copertura economica.

Nell'ambito di quella che possiamo definire riforma delle pensioni Renzi, un primo tentativo di inserire un emendamento a favore delle pensioni Quota 96 scuola c'era stato nella discussione parlamentare sulla misura per gli esodati. In quel caso era arrivata la bocciatura da parte della maggioranza parlamentare, la motivazione era l'estraneità della materia.

Come ben sapranno tutti i docenti e il personale ATA coinvolto nel caso delle pensioni Quota 96 scuola, la Marzana del M5S è stata una delle più attive in Parlamento in vista della risoluzione. In un intervento di questi ultimi giorni, i deputati M5S, dopo che l'emendamento è stato ammesso alla discussione, hanno dichiarato: 'Grazie a un ordine del giorno della deputata Maria Marzana il tema dei Quota 96, e la risoluzione di questa travagliata vicenda, verrà affrontato nel decreto Pa, prossimo ad arrivare alla Camera. Siamo soddisfatti ed ora aspettiamo il governo alla prova dei fatti'.

Insomma, si respira un'aria di cauto ottimismo per una vicenda, quella dei Quota 96, che assomiglia sempre di più ad un paradosso tutto italiano. E intanto sembra sempre di più che si stia formando un cantiere per una riforma delle pensioni Renzi complessiva e strutturale.

E’ salito a 170.230 unità, dal 160mila, il numero degli esodati salvaguardati grazie all’approvazione del nuovo emendamento nato dall’accordo tra Cesare Damiano e ministro del Lavoro Poletti. In tutto sono 32mila lavoratori esodati: 24 mila posizioni sono state recuperate dai provvedimenti precedenti e 8 mila sono del tutto nuove.

Il nuovo emendamento propone una soluzione, più contenuta nei numeri rispetto alla proposta della Commissione Lavoro, che permette di allungare di un anno, cioè al 6 gennaio 2016, la tutela pensionistico per accedere alle regole vigenti prima dell’arrivo della legge Fornero. A questa nuova platea di lavoratori si aggiunge anche quella dei ‘cessati’, coloro che sono stati i licenziati da un lavoro a tempo determinato.

Per definire questa salvaguardia è stata utilizzata una parte dei risparmi, avanzati, della seconda e della quarta salvaguardia, cui saranno aggiunte altre risorse che deriveranno dal Fondo per l’occupazione. In tutto le risorse ammontano ad 11 miliardi di euro. E si tratta di soldi che dovranno essere utilizzati esclusivamente per i lavoratori rimasti senza reddito dopo l’entrata in vigore della legge Fornero che ha decisamente commesso gravi errori.

Una soluzione dovrebbe arrivare presto anche per i quota 96 della scuola, visto che il presidente della commissione Bilancio della Camera Boccia ha annunciato parla di un emendamento già pronto al dl sulla Pa, che riporta anche le necessarie coperture, novità che consentirebbe di risolvere la situazione per 4 mila insegnanti in attesa della pensione.

mercoledì 1 gennaio 2014

Lavoro le novità per il 2014: Aspi over 55, ammortizzatori in deroga e contributo solidarietà



Riduzione delle pressione fiscale sul lavoro dipendente, stretta sulla cassa integrazione in deroga e fine del blocco per le pensioni superiori a tre volte il minimo, prelievo di solidarietà sulle prestazioni più alte: sono alcune delle novità principali sul fronte del lavoro che arriveranno nel 2014.

Proviamo a fare una sintesi su cosa cambierà da gennaio 2014.

Esodati. Grazie a 950 milioni di euro verranno salvaguardati altri 23.000 esodati;

Assunzioni è prevista la possibilità di dedurre l’IRAP ai neoassunti: fino a 15.000 euro annui per ogni dipendente.

Detrazione lavoro dipendente. Sono state previste nuove modalità di calcolo per la detrazione d'imposta IRPEF: per redditi fino a 8.000 euro lordi l’anno, la detrazione sarà pari a 1.880 euro (rispetto ai 1840 precedenti), per i redditi da 8.000 a 28.000 euro la detrazione sarà di 978 euro a cui si aggiunge una quota di 902 euro.

Borse di studio. Il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie viene incrementato di 50 milioni di euro.

La legge di stabilità istituisce il Fondo per la riduzione della pressione fiscale utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica e per il biennio 2014-2015,e dalle risorse che si stima di incassare come maggiori entrate rispetto alle previsioni di bilancio grazie alla lotta all’evasione fiscale. Per i redditi tra gli 8mila e i 55mila aumentano le detrazioni per i lavoratori dipendenti. La modulazione dei benefici farà sì che le detrazioni saranno maggiori per i redditi più bassi per scendere gradualmente fino ad azzerarsi a 55mila euro annui.

Con il nuovo anno ci sarà una stretta sulla durata degli ammortizzatori in deroga, ovvero la cassa integrazione in deroga (che si esauriranno a fine 2016). La cig in deroga potrà essere concessa per un periodo non superiore a 8 mesi nell'arco di un anno. Dal 2015 e fino a fine 2016 il sussidio potrà essere concesso fino a 6 mesi nell'arco di un anno e a 12 mesi nell'arco di un biennio mobile. Per il 2014 la mobilità in deroga potrà essere concessa per un massimo di 7 mesi (10 al Sud) per chi ha beneficiato di meno di 3 anni del sussidio e per un massimo di 5 mesi (8 al Sud) per chi ha già usufruito del sussidio per tre anni o più. Le aziende con più di 15 dipendenti che non hanno cigo e cigs (e che quindi non versano contributi per questi ammortizzatori sociali) e che non abbiano per il loro settore costituito un fondo di solidarietà dovranno dal 2014 versare lo 0,5% delle retribuzioni a un fondo di solidarietà residuale presso l'Inps.

Rivalutazione pensione: dopo i due anni di blocco per le prestazioni superiori a tre volte il minimo (circa 1.500 euro di reddito da pensione mensile) prevista dal Governo Monti torna la rivalutazione anche se differenziata. Per i trattamenti pensionistici tra 3 e 4 volte il minimo la rivalutazione sarà al 95% dell'inflazione; tra 4 e 5 volte il minimo la rivalutazione sarà al 75%; per quelli tra 5 e 6 volte il minimo la rivalutazione sarà del 50%; per quanto riguarda i trattamenti pensionistici superiori a 6 volte il trattamento minimo per il 2014 ci sarà una rivalutazione del 40%.

Contributo solidarietà pensioni alte: La legge di stabilità introduce un contributo di solidarietà, per il triennio 2014-2016, sui trattamenti pensionistici obbligatori eccedenti le 14 volte il minimo (circa 7.000 euro al mese).

L'Aspi, assicurazione per l'impiego introdotta dalla riforma del lavoro Fornero a partire dal 2013 prevede un aumento della durata del sussidio per gli over 55. Dal 2014 passa da 12 a 14 mesi. Resta invariata l'indennità normale (8 mesi) e quella per i disoccupati tra i 50 e i 55 anni (12 mesi). Nel 2015 l'Aspi passa a 10 mesi per gli under 50, 12 mesi per coloro che hanno tra i 50 e i 55 anni e a 16 mesi per gli over 55.

Dal 2014 cambiano le regole sull'Isee, l'indicatore della situazione economica da produrre per avere accesso a prestazioni legate al reddito (rette per l'università, mense ecc) per evitare che siano favoriti gli evasori. Il nuovo indicatore considera tutte le forme di reddito, comprese quelle fiscalmente esenti. Aumenta il peso della componente patrimoniale considerando il valore degli immobili rivalutati ai fini Imu. Si tiene conto delle famiglie numerose e della presenza nel nucleo di disabili.

lunedì 23 dicembre 2013

Legge stabilita 2014: pensioni, rivalutazione ed esodati




Vediamo cosa accadrà innanzitutto per la previdenza e per le pensioni nel 2014, anno che si sta preparando ad iniziare.

Nuove rivalutazioni delle rendite, con un leggero vantaggio per chi guadagna attorno a 1.500-2mila euro lordi al mese (cioè tra 3 e 4 volte il trattamento minimo).

E' stato mantenuto l’impegno di garantire nel 2014 un recupero pieno o quasi dell’inflazione (comunque bassa lo scorso anno, 1,2 per cento) ai trattamenti bassi e medio-bassi, fino a circa 2.000 euro lordi al mese. Ma se l’assegno risulta essere più alto, ad esempio 2.500 euro, la rivalutazione è solo a metà: su base annua si perde quindi un importo lordo di quasi 200 euro, che si riduce però in termini netti a poco più della metà visto che in conseguenza diminuisce anche la quota aggiuntiva di imposta sul reddito.

Molto più importante la differenza  per le pensioni d’oro, per l’introduzione di un contributo di solidarietà crescente fino al 18 per cento: chi percepisce 200 mila euro l’anno se ne vede togliere oltre 11 mila lorde, equivalenti ad una decurtazione netta di poco più di 6 mila euro.

Oltre mille euro in meno all’anno per chi ha una pensione di poco superiore a tre volte il minimo. Anche se dal 2014 riparte l’indicizzazione dell’assegno previdenziale, nei prossimi tre anni gli importi saranno comunque più leggeri rispetto alla normativa in vigore prima del blocco temporaneo introdotto dal decreto salva Italia di fine 2011.

L’indicizzazione piena dell’1,2% si applica agli 11,5 milioni di pensionati che incassano un assegno di importo fino a tre volte il minimo. Per quelli nella fascia tra tre e quattro volte il minimo (altri 2,5 milioni di persone), la rivalutazione effettiva sarà dell’1,14 per cento; tra quattro e cinque volte il minimo si scende allo 0,9 per cento; tra cinque e sei volte non si va oltre lo 0,6 per cento.

Per esempio, che chi ora incassa un assegno di 1.600 euro lordi 8mensili, nel 2014 riceverà 1.618,24 euro, cioè 237,12 euro in più in un anno per tredici mensilità. Chi, con un assegno attuale di 1.486,29 euro beneficia di una rivalutazione piena, l’anno prossimo avrà un aumento complessivo di 231,92 euro.

Ben più significativi i tagli che subiranno le pensioni redditi più elevati attraverso l'indicizzazione all'inflazione, per cui saranno riviste al 95% gli assegni pari a 4 volte il minimo, del 50% le pensioni superiori a 5 volte il minimo e pari o inferiori a 6 volte il minimo e del 40% nel 2014 per i trattamenti 6 volte sopra il minimo e al 45% per gli anni 2015-2016.

La platea degli esodati salvaguardati aumenta di altre 17.000 unità, che però dovranno perfezionare i requisiti pensionistici entro 36 mesi dall'entrata in vigore della riforma Fornero (entro il 7 dicembre 2014). La copertura, pari a 199 mln nel 2014, arriva attraverso l'aumento dell'aliquota contributiva per gli autonomi e la riduzione di diversi fondi. E previsto lo stanziamento di 950 milioni dal prossimo anno fino al 2020 per sei diverse categorie. Altra novità approvata dopo giorni e giorni di dibattito è lo stop al cumulo di pensioni e stipendi da incarichi pubblici fino a un massimo di 303.000 euro l'anno. Per quanto riguarda gli statali, confermato il blocco della contrattazione oltre il 2014.

Mentre i disoccupati riceveranno un sussidio e un accompagnamento finalizzato all'inclusione nel mondo del lavoro. La maggior parte del finanziamento necessario pari a 40 milioni per 3 anni, arriva grazie al contributo di solidarietà ovvero al prelievo aggiuntivo dagli assegni pensionistici più pesanti. Saranno infatti trattenuti il 6%, 12% e 18% da chi incassa oltre 90.000, 128.000 e 193.000 euro. A proposito di previdenza, la rivalutazione delle pensioni sarà al 100% per gli assegni fino a tre volte il minimo (1.486,29 euro), al 90% fino a 4 volte, al 75% fino a 5 volte, al 50% fino a sei volte.

Via libera anche al contributo di solidarietà per le pensioni di importi elevati. Il contributo sarà del 6% per parte eccedente l’importo superiore a quattordici volte il trattamento minimo I.N.P.S; del 12% per la parte eccedente venti volte il trattamento stesso e del 18% per la parte eccedente l’importo di trenta volte il medesimo.

In sintesi la legge di stabilità ha posto queste novità che saranno introdotte a partire dal 2014:

Pensioni: per le pensioni fino a tre volte il minimo viene garantita la rivalutazione del 100%; fino a quattro volte il minimo sono rivalutate al 95%; l’indicizzazione scende col salire dell’assegno.

Esodati: vengono stanziati 950 milioni dal 2014 al 2020 per altri 17.000 esodati di sei diverse categorie.

Pensioni d’oro: contributo di solidarietà per le pensioni elevate: 6% per la parte eccedente i 90.168,26 euro annui; il 12% oltre i 128.811,80 euro; il 18% per la parte eccedente i 193.217,70 euro annui.

Contributo solidarietà redditi elevati: per i redditi superiori ai 300.000 euro l’anno viene confermato il contributo di solidarietà del 3% per il triennio 2014-2016.


mercoledì 11 dicembre 2013

Legge di stabilita 2014: esodati e pensioni



Potrebbe essere vicino a una soluzione il problema dei cosiddetti esodati. "C'è una novità sui lavoratori esodati, ci sarà un intervento importante, stanziando risorse cospicue, sui lavoratori esodati che altrimenti nel 2014 rimarrebbero senza nulla". Lo ha comunicato il viceministro all' Economia, Stefano Fassina, sulle novità del governo sulla Legge di Stabilità.

Così il viceministro all’Economia, Stefano Fassina, risponde a chi gli chiedeva di novità a firma del governo sulla Legge di Stabilità. La Legge è ancora in discussione alla Camera e se per la richiesta degli interventi sulle pensioni tutto ancora tace, ecco invece che si intravede qualche possibilità per gli esodati.

Sulla questione era intervenuto nei giorni scorsi anche il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, che ha detto: «Ci aspettiamo sul tema degli esodati un rapporto trimestrale sul sito dell’Inps per sapere quanti soggetti sono stati trattati, quante persone hanno ricevuto la lettera e quante pensioni sono state liquidate».

Torna l’adeguamento al costo della vita per le pensioni superiori a 1.486 euro lordi al mese (3 volte il minimo), ma in forma limitata e comunque non oltre i 2.972 euro lordi. Ma torna anche il contributo di solidarietà sulle cosiddette pensioni d’oro che solo lo scorso giugno la Corte costituzionale aveva cancellato. Questa volta sarà del 6-12 per cento sugli importi superiori a 6.936 euro lordi al mese (90.168 euro all’anno). Sono le principali novità in materia previdenziale contenute nel disegno di legge di Stabilità, come modificato dal maxi emendamento del governo approvato al Senato. Ora passa tutto all’esame della Camera.

La legge Finanziaria 1995 ha disposto che il primo gennaio di ogni anno le pensioni vengano adeguate in base alla variazione del costo della vita accertata dall’Istat, l’Istituto nazionale di statistica. L’adeguamento è fissato con un decreto del ministero dell’Economia alla fine di ogni anno per l’anno successivo. Per il 2014 l’aumento dovrebbe aggirarsi intorno all’1,5%, stima di aumento dei prezzi nel 2013 fatta dall’Istat e dal governo nella nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza). Fin dall’inizio l’adeguamento non è stato riconosciuto al 100% per le pensioni di importo elevato, con soglie che sono cambiate di anno in anno.

La legge di Stabilità 2014 ordina per il triennio 2014-2016 di una perequazione limitata anche sulle pensioni di importo fra 3 e 6 volte il minimo, negandola per quelle superiori a sei volte. L’adeguamento al costo della vita sarà quindi del 100% per i trattamenti fino a tre volte il minimo (1.486,29 euro lordi al mese). Per quelle fra 3 e 4 volte il minimo (1.486,29—1.981,72 euro) la rivalutazione sarà del 90% «con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi». Sempre sull’intero importo, l’aumento sarà del 75% per le pensioni fra 4 e 5 volte il minimo (1.981,72—2.477,15 euro lordi) e del 50% su quelle fra 5 e 6 volte il minimo (2.477,15—2.972,58 euro lordi) mentre sulla parte eccedente 6 volte non ci sarà alcun aumento.

Il decreto Salva Italia del governo Monti rafforzò il contributo di solidarietà già introdotto dall’esecutivo Berlusconi, stabilendo, dal 2012, un prelievo del 5% sugli importi di pensione compresi fra 90mila e 150 mila euro lordi, che saliva al 10% sulla fascia 150-200mila e al 15% sulla parte eccedente i 200 mila euro lordi. Tale contributo è stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta lo scorso giugno, perché discriminatorio in quanto applicato a una sola categoria di contribuenti, i pensionati, e non anche ad altri cittadini con lo stesso reddito. È ancora in vigore, invece, il contributo di solidarietà fissato da Monti per i pensionati dei fondi speciali: Trasporti, Elettrici, Telefonici, Volo, ex Inpdai. Il prelievo oscilla tra lo 0,3% e l’1% della pensione in base agli anni di contribuzione versati prima del 1996. Sono escluse dal contributo le pensioni fino a 5 volte il minimo.

Il contributo di solidarietà sulle cosiddette pensioni d’oro viene riproposto nel maxiemendamento del governo per finanziare un sussidio a favore dei più poveri, motivazione che dovrebbe consentire, secondo il governo, di superare eventuali nuovi giudizi di costituzionalità. Il contributo è fissato nel 6% per la parte di pensione compresa fra 14 e 20 volte il minimo (90.168—128.811 euro lordi annui), che sale al 12% sugli importi fra 20 e 30 volte il minimo (128.811—193.217 euro lordi annui) e al 18% sulle quote oltre 30 volte.

In tutto, le pensioni colpite dal nuovo contributo di solidarietà sono, secondo i dati Inps, 29.554. Si tratta di assegni superiori a 6.936 euro lordi al mese. Di questi, 6.805 sono maggiori di 9.908 euro lordi al mese (20 volte il minimo) e appena 1.344 superano i 14.863 euro lordi al mese (30 volte il minimo).



domenica 13 ottobre 2013

Esodati: i contributi volontari da versare. E chi sono?




Gli esodati, infatti, sono tutti quei lavoratori che, prossimi alla pensione hanno deciso di lasciare il lavoro dietro corresponsione da parte della propria azienda di una buonuscita, firmando il licenziamento o accettando di essere messi in mobilità. ecco i soggetti interessati:

Lavoratori in mobilità ordinaria (art. 2 a):
cessati dal lavoro alla data del 4 dicembre 2011
perfezionamento dei requisiti entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità
Lavoratori in mobilità lunga (art. 2 b):
cessati dal lavoro alla data del 4 dicembre 2011

Lavoratori "bancari e assicurativi" titolari di VOCred (art. 2 c):
titolari di VO Cred anche in data successiva al 4 dicembre 2011 purché autorizzati dall'INPS;
questi lavoratori restano a carico dei Fondi fino a 62 anni (art. 4)

Lavoratori autorizzati ai versamenti volontari in data antecedente il 4 dicembre 2011 (art. 2 d):
che perfezionino tutti i requisiti (età, contributi e finestra) richiesti prima della riforma entro il 6 dicembre 2013 (praticamente : età e contributi entro il novembre 2012 se dipendenti)
almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile prima del 6 dicembre 2011
non devono aver ripreso l'attività lavorativa successivamente all'autorizzazione alla prosecuzione volontaria

Lavoratori pubblici dipendenti esonerati dal servizio (art. 2 e):
esonero avvenuto entro il 4 dicembre 2011

Lavoratori in congedo straordinario per assistenza ai figli gravemente disabili (art. 2 f):
essere in congedo alla data del 31 ottobre 2011
perfezionamento requisito dei 40 anni di contributi entro 24 mesi dall'inizio del congedo stesso

Lavoratori esodati in forza di accordi individuali (art. 2 g):
cessazione rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011
non più rioccupati
accordi depositati e certificati
requisiti per il pensionamento (età, contribuiti e finestra) entro il 6 dicembre 2013) (praticamente : età e contributi entro il novembre 2012 se dipendenti, maggio 2012 se "misti")

Lavoratori esodati in forza di accordi collettivi (art. 2 h):
cessazione rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011
non più rioccupati
accordi depositati e certificati
requisiti per il pensionamento (età, contribuiti e finestra) entro il 6 dicembre 2013) (praticamente : età e contributi entro il novembre 2012 se dipendenti, maggio 2012 se "misti")

Gli Esodati prosecutori volontari della prima salvaguardia con versamenti sufficienti per il diritto alla pensione possono scegliere se continuare a pagare per aumentare l’assegno previdenziale, ma senza obbligo: circolare INPS.

Nuove precisazioni per i prosecutori volontari interessati alla salvaguardia prevista dal primo Decreto Esodati effettuando da sé i versamenti: con il Messaggio 10406 del 27 giugno 2013 l’INPS sottolinea che è il lavoratore a scegliere se pagare l’intero periodo indicato nei bollettini o solo la parte necessaria a perfezionare il diritto a pensione.

I requisiti per maturare la pensione con le regole pre-riforma Fornero sono:
che risulti accreditato o accreditabile almeno 1 contributo volontario al 6 dicembre 2011
che risulti versata tutta la contribuzione volontaria (di cui siano scaduti i termini  di versamento), necessaria al raggiungimento del requisito contributivo sulla base delle norme ante legge 214/2011 (di conversione del Salva Italia).

Le norme che regolano la prosecuzione volontaria sono cogenti: il prosecutore volontario deve perfezionare il pagamento nel trimestre successivo a quello cui si riferisce. Nel caso di ritardato versamento, il bollettino viene posto a rimborso (art. 8 D.Lgs. 184/97).Chi non effettua il pagamento entro il termine stabilito non potrà essere ammesso nella platea dei Salvaguardati.

E’ possibile non pagare l’intero periodo di contributi volontari, ma i soli versamenti necessari per il diritto alla pensione.

Se il prosecutore verserà contributi relativi a periodi precedenti alla data di accesso al pensionamento, questi saranno utili al calcolo della pensione aumentandone l’importo e non potranno dare luogo a rimborso.

Se invece il lavoratore verserà contribuzione volontaria relativa a periodi successivi alla decorrenza della pensione, l’Istituto procederà d’ufficio al rimborso della contribuzione.
Per i lavoratori che scelgono questa strada, infatti, l’INPS provvede alla rideterminazione dell’onere di prosecuzione volontaria emettendo nuovi bollettini.

Gli interessati a calcolare la sola quota necessaria al raggiungimento del requisito pensionistico possono rivolgersi per consulenze alle sedi INPS o Patronati.

Chi è in grado di calcolare da sè l’ammontare, può procedere autonomamente al pagamento del solo periodo necessario al perfezionamento del requisito pensionistico (anche se inferiore a quello indicato nei bollettini inviati), modificando e stampando i bollettini MAV frazionati direttamente dal sito INPS, seguendo il percorso servizi on line – Portale dei pagamenti – Versamenti Volontari.

I contributi volontari sono servono solo a perfezionare i requisiti per la pensione ma anche a incrementare l’importo del trattamento previdenziale, se sono già stati perfezionati i requisiti contributivi richiesti.

Resta salva la facoltà dei lavoratori cessati a seguito di accordi individuali o collettivi, di versare la contribuzione volontaria al fine di essere valutati all’interno del plafond dei prosecutori volontari, fermo restando la sussistenza di tutte le condizioni di legge previste per quest’ultima categoria.

Chi deve presentare istanza e dove
I lavoratori pubblici esonerati dal servizio
alle direzioni territoriali del lavoro competenti per residenza degli stessi
corredata di una certificazione sostitutiva relativa al provvedimento di esonero con indicazione degli estremi

Lavoratori in congedo straordinario
alle direzioni territoriali del lavoro competenti per residenza degli stessi
corredata di una certificazione sostitutiva relativa al provvedimento di congedo con indicazione degli estremi dello stesso

Lavoratori esodati in forza di accordi individuali (art. 2 g):
alle direzioni territoriali del lavoro innanzi alla quale è stato sottoscritto l'accordo
corredata dall'accordo che ha dato luogo alla cessazione del rapporto di lavoro

Lavoratori esodati in forza di accordi collettivi (art. 2 h):
alle direzioni territoriali del lavoro competenti per residenza degli stessi

Esito istanze. Le decisioni saranno comunicate tempestivamente dall'INPS anche per via telematica. Possibilità di presentare riesame avverso provvedimento negativo entro 30 giorni dalla data di ricevimento dello stesso innanzi le direzioni territoriali del lavoro.


Inps: i versamenti volontari autorizzati



Gli Esodati prosecutori volontari della prima salvaguardia con versamenti sufficienti per il diritto alla pensione possono scegliere se continuare a pagare per aumentare l'assegno previdenziale, ma senza obbligo: circolare INPS.

I versamenti volontari sono uno speciale tipo di contribuzione, sostitutiva di quella obbligatoria, che gli assicurati all’Inps possono chiedere di poter pagare, per raggiungere il minimo necessario per il diritto alla pensione o per aumentarne l’importo.

I requisiti per maturare la pensione con le regole pre-riforma Fornero sono:
•    che risulti accreditato o accreditabile almeno 1 contributo volontario al 6 dicembre 2011
•    che risulti versata tutta la contribuzione volontaria (di cui siano scaduti i termini  di versamento), necessaria al raggiungimento del requisito contributivo sulla base delle norme ante legge 214/2011 (di conversione del Salva Italia).

L’autorizzazione al proseguimento dei versamenti può essere data dall’Inps sia ai lavoratori dipendenti sia agli autonomi che interrompono o sospendono l’attività. Possono essere autorizzati alla prosecuzione volontaria anche coloro che sono titolari dell’assegno di invalidità e coloro che sono iscritti ai regimi assicurativi esteri (Paesi dell’Unione Europea e Paesi convenzionati).

I versamenti volontari possono essere autorizzati in caso di:
interruzioni o sospensioni dell’attività lavorativa, previste da specifiche disposizioni di legge o contrattuali. Ad esempio, possono chiedere l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria i lavoratori che sospendono l’attività e si avvalgono di aspettativa non retribuita per motivi privati o per malattia.
Periodi di congedo parentale se i genitori, lavoratori dipendenti, chiedono:
- l’astensione facoltativa;
- i permessi per allattamento;
- i giorni di assenza previsti per malattia del bambino di età compresa tra i tre e gli otto anni

Tali periodi di assenza dal lavoro danno diritto all’accredito gratuito di contributi figurativi calcolati in base a una retribuzione convenzionale stabilita dalla legge. Per integrare l’importo dei contributi figurativi, i lavoratori possono chiedere di versare, a proprie spese, quelli volontari. In alternativa possono anche chiedere il riscatto dei periodi di sospensione o interruzione del lavoro, per la durata massima di tre anni.

L’autorizzazione non può essere concessa a chi, alla data della domanda:
svolge attività come lavoratore dipendente, iscritto all’Inps o ad altre forme di previdenza obbligatoria (Inpdap, Enpals e altri) o è titolare di pensione diretta (vecchiaia, anzianità, inabilità) a carico del Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti o delle altre forme di previdenza;
svolge attività come lavoratore autonomo (artigiano, commerciante, coltivatore diretto, colono, mezzadro) iscritto all’Inps o libero professionista iscritto all’apposita Cassa di previdenza (ingegneri, avvocati, medici, ragionieri ecc.) oppure è titolare di pensione diretta (vecchiaia, anzianità, inabilità) a carico delle predette gestioni o Casse di previdenza. Nelle attività di lavoro autonomo rientrano anche quelle che comportano l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata (ex collaboratori coordinati e continuativi, lavoratori a progetto, venditori porta a porta, liberi professionisti senza Cassa di categoria, ecc.).

I lavoratori dipendenti, compresi i lavoratori domestici, possono essere autorizzati a proseguire volontariamente il versamento dei contributi in presenza di una delle seguenti condizioni:
cinque anni di contributi effettivi riferiti a qualsiasi epoca;
tre anni di contributi nei cinque anni precedenti la domanda di autorizzazione (per gli operai agricoli sono necessari 279 contributi giornalieri per gli uomini, 186 contributi giornalieri per le donne e i giovani sotto i 21 anni, mentre sono richiesti 65 contributi settimanali per i lavoratori occupati soltanto per determinati periodi dell’anno di durata inferiore ai sei mesi);
un anno di contributi nel quinquennio precedente la domanda per coloro che svolgono un lavoro a tempo parziale. Si può presentare la domanda allo scopo di coprire con la contribuzione volontaria le settimane che risultano scoperte (part-time verticale o ciclico) o per integrare quelle interessate dal part-time orizzontale; l’autorizzazione può essere rilasciata soltanto in costanza di rapporto di lavoro part-time e solo per periodi dal 1997 in poi;
un anno di contributi nel quinquennio precedente la domanda per coloro che svolgono un’attività di lavoro dipendente in forma stagionale, temporanea e discontinua, per i periodi successivi al 31 dicembre 1996, non coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa.

I lavoratori autonomi possono essere autorizzati alla prosecuzione volontaria se hanno versato cinque anni di contributi effettivi riferiti a qualunque epoca, oppure – se artigiani o commercianti – tre anni di contributi nei cinque anni precedenti la domanda.
I coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni devono aver versato, in alternativa ai cinque anni di contributi effettivi riferiti a qualunque epoca, 156 settimane (pari a 468 contributi giornalieri) nei cinque anni precedenti la domanda di autorizzazione. Per gli iscritti alla Gestione Separata (ex collaboratori coordinati e continuativi, lavoratori a progetto, venditori porta a porta, liberi professionisti senza Cassa di categoria ecc.) è invece sufficiente un anno di contributi nel quinquennio precedente la domanda.

Per stabilire la misura del contributo volontario, occorre fare riferimento alla decorrenza dell’autorizzazione:
se l’autorizzazione è avvenuta entro il 31 dicembre 1995 si applica l’aliquota del 27,57% sulla retribuzione media settimanale imponibile;
se è avvenuta dal 1° gennaio 1996 in poi si applicano aliquote cre s c e n t i (0,50% in più ogni due anni) sulla retribuzione media settimanale imponibile dell’ultimo anno di contribuzione.
Le aliquote per l’anno in corso sono riportate nell’allegato alla guida, insieme ad un esempio di calcolo del contributo volontario.

Gli iscritti alla Gestione Separata versano un contributo volontario calcolato su base mensile. I pagamenti devono avvenire per trimestri solari, alle scadenze previste per la generalità degli autorizzati.

L’importo del contributo volontario dovuto è determinato applicando all’importo medio dei compensi percepiti – nell’anno di contribuzione precedente la data della domanda – l’aliquota vigente per i soggetti privi di tutela previdenziale (non assicurati e non titolari di pensione).
Le aliquote per l’anno in corso sono riportate nell’allegato alla guida.

I lavoratori iscritti alla Gestione Separata non possono versare contributi volontari presso altre forme di previdenza obbligatoria, a meno che non siano stati autorizzati prima del 1996.
Esempio: un lavoratore dipendente di 54 anni con 32 anni di contributi perde il posto di lavoro e inizia un’attività di consulenza inquadrata come collaborazione a progetto con conseguente obbligo di iscrizione alla Gestione Separata. Egli non potrà effettuare contemporaneamente i versamenti volontari per incrementare la posizione assicurativa precedente e raggiungere così i 35 anni di contributi necessari per ottenere la pensione di anzianità come lavoratore dipendente.

domenica 8 settembre 2013

L'esodo incentivato sì ai prepensionamenti

Ancora nessuna novità per quanto riguarda i Quota 96 del comparto scuola, mentre arriva il si definitivo per i pensionamenti statali anticipati dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

È previsto, secondo quanto contenuto nel decreto legge 101 del 31 agosto 2013 che detta le disposizioni urgenti per il proseguimento degli obiettivi di razionalizzazione nella pubblica amministrazione, l'allungamento per i dipendenti pubblici, dei requisiti in vigore prima dell'approvazione della Riforma Fornero fino al 2015.

Il recente decreto sui precari della pubblica amministrazione ha diramato alcune istruzioni chiave per favorire l’uscita dal lavoro di quei dipendenti prossimi alla pensione e, insieme, raggiungere le quote di esuberi introdotte con le leggi recenti, su tutte la spending review 2012 di montiana memoria.

Ha trovato quindi tutte le regole applicative la procedura di esodo incentivato di lavoratori dipendenti prevista dalla legge 92/2012, che può essere usata da qualsiasi datore di lavoro con più di 15 dipendenti. Il ministero del Lavoro ha diffuso infatti le circolari 24/2013 e 33/2013, alle quali l'Inps ha fatto seguire la circolare 119 del 1° agosto 2013. A questo punto, le imprese hanno la concreta possibilità di valutare se sia conveniente sostenere il costo di un sostanziale pensionamento anticipato dei lavoratori più anziani, dirigenti compresi.

L'esodo incentivato può essere utilizzato nel quadro di una ristrutturazione aziendale coerente con l'obiettivo di concentrare l'attività in particolari settori. O ancora, nel medio termine, può rendere possibile, attraverso un ricambio generazionale, un più efficace utilizzo del personale.

Una serie di accordi collettivi tra le parti produce la cessazione del rapporto per i lavoratori che matureranno i requisiti minimi di pensione entro 48 mesi. Questi lavoratori, a partire dal mese successivo all'ultima retribuzione e fino alla data della pensione, riceveranno dall'Inps, ma con onere a carico del datore di lavoro, una indennità mensile e l'accredito della contribuzione figurativa fino alla data della pensione. Al maturare della pensione, la persona interessata incasserà una rata di pensione che rispetto alla prestazione prima a carico del datore di lavoro, risulterà più alta, per i contributi figurativi accreditati nel frattempo.

Il primo passo da fare, per le aziende, è la stesura degli accordi. Questi possono essere di tre tipi.

Il datore di lavoro può trovare un'intesa preliminare con le maggiori sigle sindacali aziendali per operai, impiegati e quadri, ovvero per il personale dirigente, con uno dei sindacati che hanno firmato il Ccnl. Questi due tipi di accordi sulla riduzione del personale sono la premessa dell'accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, con cui si ha la risoluzione consensuale del contratto di lavoro e l'esodo volontario del lavoratore dipendente. Se un lavoratore decide di non firmare o non ha i requisiti di pensionabilità, l'accordo collettivo è senza effetto nei suoi confronti, ma resta valido per i lavoratori aderenti.

Il terzo tipo di accordo, che dà luogo a un esodo obbligatorio, è inserito nella procedura di licenziamento collettivo con le regole della mobilità, in base agli articoli 4 e 24 della legge 223/91. Questa procedura seguirà il suo iter naturale, con l'unica differenza che il licenziamento non darà luogo alla mobilità, ma alla corresponsione della prestazione di importo pari al trattamento di pensione maturato fino a quel momento. Va segnalato, tra l'altro, che se il singolo lavoratore non ha i requisiti di pensionabilità, l'accordo ex mobilità, che in teoria dovrebbe decadere, resta in vita per quanti sono in possesso dei requisiti (si esprime in questo senso la circolare del ministero del Lavoro 33/2013). L'incentivo all'esodo risulta alternativo anche all' Aspi e il datore di lavoro, già soggetto all'onere dell'esodo, non deve versare all'Inps il contributo di licenziamento.

L'incentivo è composto da due parti. La prima è quella che la legge e le circolari chiamano «prestazione»: sul piano fiscale, è una indennità sostitutiva della retribuzione che viene meno per la cessazione del rapporto di lavoro. Come tale, questa prestazione ha natura retributiva ed è soggetta a tassazione ordinaria (in base all'articolo 2, comma 6 del Tuir); non è reversibile, ma genera una pensione indiretta per i superstiti. Di fatto, invece, la «prestazione» è una pensione anticipata, perché il suo ammontare è pari al trattamento di pensione che sarebbe maturato alla data di cessazione del rapporto di lavoro. La seconda componente dell'incentivo all'esodo è la contribuzione figurativa che il datore di lavoro, mese per mese e fino alla data in cui l'esodato consegue i requisiti minimi di pensione, versa all'Inps o al Fondo previdenziale di appartenenza. La base imponibile sulla quale sono calcolati i contributi, in base all'aliquota contributiva prevista (il 33%), è la media delle retribuzioni mensili degli ultimi due anni prima della cessazione del rapporto di lavoro: il calcolo considera gli elementi continuativi e non continuativi e le mensilità aggiuntive.

Le indicazioni della spending review sul personale in sovrannumero negli enti pubblici specificavano che il 20% dei dirigenti e il 10% del personale andasse inserito nelle liste in eccesso, alle quali potevano essere riconosciuti i vecchi requisiti in termini di età pensionabile.
La data limite di questo adempimento, era fissata, per tutti coloro che rientrassero nel computo del personale in oggetto, al 31 dicembre 2014. C’è, però, un aspetto da tenere in considerazione: quello della finestra di 12 mesi, che rende possibile il rinvio alla fine del 2014.
Secondo il decreto precari nella pubblica amministrazione, dunque, l’obbligo per gli enti in grado di dare vita ai piani di allontanamento dei lavoratori più longevi, è quello del licenziamento dei diretti interessati che siano in possesso dei requisiti ante riforma Fornero entro la fine, appunto, del 2014.

Un altro aspetto innovativo del decreto precari, in riferimento ai prepensionamenti, riguarda l’applicazione dei minimi per accedere alla pensione – sempre pre riforma – a coloro che avessero le credenziali in regola al 31 dicembre 2011.

giovedì 29 agosto 2013

Politica del lavoro: esodati, e cassa integrazione cosa cambia da agosto 2013




Il governo guidato da Enrico Letta ha poi stabilito lo stanziamento di 10 miliardi di rimborso crediti alla Pubblica amministrazione, un piano casa da 4,4 miliardi di euro e il rifinanziamento della cassa integrazione per 500 milioni di euro. Tra i punti essenziali presentati dal governo anche una della categoria “licenziati individuali”, misura che prevede fondi per 700 milioni di euro destinati a garantire una risposta a 6500 esodati.

Per quest'ultyimi si tratta dei lavoratori che sono stati oggetto di una risoluzione unilaterale tra l’1 gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011, ovvero che hanno interrotto il proprio rapporto prima dell’applicazione della riforma sulle pensioni e che sarebbero dovuti andate in pensione tra 2011 e 2014.

Decisioni del governo: "Cassa integrazione: abbiamo rifinanziato la Cig per mezzo miliardo di euro, rendendo possibile nei prossimi mesi dare risposte alla crisi sul lavoro che il nostro Paese sta vivendo: l'emergenza lavoro ci pare significativa".

"Abbiamo individuato la categoria più disagiata dei cosiddetti 'esodati': i licenziati individuali prima dell'applicazione della riforma della legge sulle pensioni. Si tratta di 6500 persone alle quali diamo oggi una risposta strutturale. E' il quarto intervento svolto per cercare di chiudere la vicenda esodati"

Quindi è arrivata per 6500 lavoratori esodati una risposta strutturale dal Consiglio dei Ministri che ha cancellato le rate IMU 2013 su prime case e agricoltura e ha rifinanziato la Cassa Integrazione Guadagni (CIG) per 500 milioni di euro. Gli esodati oggetto delle decisioni del CdM sono i licenziati individuali, ovvero la «categoria più disagiata» tra gli esodati, ha sottolineato il premier Enrico Letta durante la conferenza stampa a margine del CdM.

Ma veniamo alle misure che ha preso il governo Letta. Rifinanziamento della cassa in deroga era atteso, ma per settembre: con questi 500 milioni il governo arriva a 2,5 miliardi per il 2013, la stessa cifra stanziata già nel 2012. «Non è detto che questo esaurisca le necessità», ha ammesso il ministro Enrico Giovannini, ma un prossimo monitoraggio dovrebbe chiarire la situazione: nonostante una leggera contrazione delle ore di cassa integrazione in deroga negli ultimi mesi, le stime dei sindacati parlano di fondi necessari per 1,5 miliardi per coprire tutte le richieste delle imprese.

Il governo, ha detto Giovannini, ha anche «messo a punto con un decreto interministeriale» i criteri per l'uso della cassa integrazione in deroga per il 2014, anche alla luce del fatto che l'anno prossimo dovranno partire i fondi di solidarietà tra sindacati e imprese per accollarsi in parte l'onere degli ammortizzatori sociali, attualmente totalmente a carico dello Stato.

Rispetto a quello che era stato annunciato, e cioè una soluzione entro l'autunno del 2013, è stata anticipata poi la quarta salvaguardia per una fascia di esodati, dopo le tre varate dal governo precedente. Chi è stato soggetto alla risoluzione di un contratto di lavoro tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011 e che sarebbe dovuto andare in pensione con le vecchie regole, tra dicembre 2011 e dicembre 2014, potrà finalmente farlo, grazie a 700 milioni messi in campo dal governo, al ritmo di 150 milioni all'anno finanziati dal 2013 al 2017.

mercoledì 29 maggio 2013

Esodati: pubblicato il decreto del 22 aprile 2013


E' stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (28 maggio 2013, n. 123) il decreto interministeriale 22 aprile 2013 che disciplina le modalità di attuazione dell'art. 1, co. 231 e 233, della L. 24  dicembre  2012,  n. 228 (cd. Legge di stabilità 2013), individuando il limite massimo di lavoratori e la ripartizione dei soggetti interessati alla concessione dei benefici. Comunque resta fermo il possesso dei requisiti utili al trattamento pensionistico.

Il contingente numerico di 10.130 lavoratori concernente la terza salvaguardia in materia pensionistica trova tra le categorie interessate, i lavoratori cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e collocati in mobilità ordinaria o in deroga a seguito di accordi governativi o non governativi, registrati entro il 31 dicembre 2011, che abbiano perfezionato i requisiti utili al trattamento pensionistico entro il periodo di godimento dell’indennità (in ogni caso entro il 31 dicembre 2014) sono tenuti,  entro 120 giorni, e cioè entro il 25 settembre, a presentare un’istanza alla Direzione territoriale del lavoro competente territorialmente, per poter acquisire la pensione secondo le direttive ante-riforma Monti-Fornero.

I lavoratori salvaguardati da questo decreto possono andare in pensione con le regole precedenti alla Riforma delle Pensioni (contenuta nel Salva Italia, Dl 201/2011).

Adesso vediamo chi sono e cosa devono fare:

numero 2.560 lavoratori cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e collocati in mobilità ordinaria o in  deroga a seguito di accordi, governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, e che abbiano perfezionato i requisiti per il pensionamento entro la fine della mobilità, e comunque entro il 31 dicembre 2014: questi lavoratori devono presentare istanza alla DTL (direzione territoriale del lavoro) competente per territorio, corredata dell’accordo di mobilità, entro il 25 settembre 2013, indicando la data di cessazione del rapporto di lavoro. Se il lavoratore non è in grado di produrre l’accordo di mobilità, la Dtl lo acquisirà presso il datore di lavoro o la competente Pubblica Amministrazione. La Dtl trasmette l’istanza all’Inps entro 45 giorni dal ricevimento;

numero 1.590 lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011, con almeno  un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data di entrata in vigore della riforma delle pensioni, ossia il 6 dicembre 2011. Questo lavoratori possono aver svolto, dopo il 4 dicembre 2011, qualsiasi attività, ma non riconducibile a un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, e a condizione che il reddito annuo lordo conseguito dopo il 4 dicembre 2011 sia al massimo pari a 7mila 500 euro. Questi lavoratori devono aver conseguito il diritto alla pensione entro il dicembre 2014 (lettera b, comma 231: presentano domanda all’Inps entro il 25 settembre 2013;

numero 5.130 lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012, in ragione di accordi individuali o collettivi di incentivo all’esodo stipulati dalle organizzazioni più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011. Possono avere svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attività non  riconducibile a rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a condizione che il reddito annuo lordo conseguito dopo il 30 giugno 2012 sia al massimo pari a  7.500 euro. Anche qui, il perfezionamento dei requisiti per la pensione deve essere conseguito entro il dicembre 2014 (lettera c, comma 231): questi lavoratori devono presentare domanda alla DTL davanti alla quale sono stati sottoscritti gli accordi di incentivo all’esodo o a quella competente per territorio, entro il 25 settembre 2013. E' obbligo che alla domanda va allegato l’accordo.

numero 850 lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011 e collocati  in mobilità ordinaria alla predetta data, che devono attendere il termine della mobilità per poter effettuare  il versamento volontario. Devono perfezionare i requisiti pensionistico entro il dicembre 2014 (lettera d, comma 231): presentano domanda all’Inps entro il 25 settembre 2013.

Riassumendo la salvaguardia vale per i lavoratori che hanno risolto il rapporto lavorativo entro il 30 giugno 2012 per effetto di accordi individuali o collettivi di incentivo all’esodo stipulati entro il 31 dicembre 2011, a condizione che non siano stati riassunti a tempo indeterminato, che abbiano guadagnato un reddito annuo lordo complessivo non superiore a 7.500 euro e che giungano a perfezionare i requisiti necessari all’accesso pensionistico entro dicembre 2014.

Sono ammessi alla salvaguardia anche i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria dei contributi entro il 4 dicembre 2011 e con un contributo accreditato o accreditabile entro il 6 dicembre  2011 benché abbiano svolto, dopo il 4 dicembre 2011, ogni tipo di attività riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato a seguito dell’ottenuta autorizzazione. Anche in questo caso l’ammissione è valida a patto che i suddetti lavoratori abbiamo conseguito un reddito annuo lordo non superiore a 7.500 euro e maturino i requisiti che consentono l’accesso al pensionamento entro il mese di dicembre 2014. In questo caso, l’istanza dovrà essere presentata direttamente all’Inps.

Beneficiati dalla salvaguardia sono infine anche i prosecutori volontari collocati in mobilità ordinaria, i quali rientrano nella manovra di ‘tutela’ soltanto avendo però perfezionato i requisiti di accesso entro il termine precedentemente indicato. L’ente preposto al vaglio ed al controllo delle singole domande è l’Inps.




domenica 26 maggio 2013

Ministro del lavoro Enrico Giovannini e il capitolo pensioni


Per le pensioni c’è l’ipotesi uscite flessibili per risolvere il duro nodo sugli esodati.
Infatti, con le penalizzazioni il governo Letta punta a svuotare la platea dei senza tutele. Ma c’è il nodo del livello dei disincentivi: il 2% l’anno potrebbe non bastare.

Un modello di pensionamento flessibile ancora da definire nei suoi contorni esatti, ma che in prospettiva potrebbe anche disinnescare la mina degli esodati, i lavoratori da salvaguardare rispetto alle conseguenze della riforma Fornero. Al ministero del lavoro i dossier aperti sono tanti, da quello relativo agli sgravi per l’assunzione di giovani agli aggiustamenti alle norme sul mercato del lavoro.

Sul fronte della previdenza si sta lavorando soprattutto a due progetti: da una parte la cosiddetta staffetta
generazionale tra giovani e anziani, dall’altra il possibile abbassamento, con penalizzazione, dell’età minima di uscita. Progetti entrambi non semplici e potenzialmente costosi per il bilancio dello Stato; ma in grado di ammorbidire le conseguenze delle regole pensionistiche introdotte a fine 2011 sull’onda dell’emergenza finanziaria.

La legge Fornero-Monti sulle pensioni ha di fatto spostato in avanti la data dell’uscita del lavoro, anche di molti anni, creando come effetto parallelo una considerevole porzione di lavoratori che si ritrovano o si ritroveranno senza stipendio ma anche senza pensione: perché l’azienda li ha messi fuori, o loro stessi si sono dimessi, in previsione di un’andata a riposo che poi si è rivelata un traguardo lontano o lontanissimo. Finora per tutelare queste persone si è scelta la strada dell’eccezione rispetto ai vincoli stringenti della riforma: in più riprese 130 mila persone sono state ammesse a usufruire delle vecchie regole.

Si sta lavorando per estendere la platea, probabilmente non in modo particolarmente incisivo visto anche l’esiguità delle risorse a disposizione; ma il problema verrà affrontato anche da un altro lato proprio attraverso il pensionamento flessibile. 62 anni erano l’età richiesta per l’uscita, insieme a 35 di contributi, con le norme precedenti alla riforma Fornero: la famosa “quota 97” che sarebbe dovuta scattare nel 2013.

Quindi lasciare il lavoro con questi requisiti, seppur con una penalizzazione economica, la gran parte dei lavoratori coinvolti ritroverebbe il percorso segnato negli anni passati.

I tempi saranno forse un po’ più ravvicinati per il progetto della staffetta generazionale, ossia la possibilità per i lavoratori più anziani di svolgere a tempo parziale gli ultimi anni di lavoro, in cambio dell’assunzione di giovani. C’è però un problema di costi: anche escludendo specifici incentivi retributivi, il solo costo della contribuzione figurativa a carico dello Stato si aggira sugli 8 mila euro l’anno per ciascun interessato, nell’ipotesi di un reddito medio basso. Se i lavoratori coinvolti fossero centomila la spesa sarebbe di 800 milioni il primo anno, indirizzata poi a crescere negli anni successivi.

Vediamo le ipotesi della flessibilità in uscita. La riforma Dini (1995) prevedeva una flessibilità in uscita tra i 57 e i 65 anni, misurata su un sistema di penalizzazioni o premi per indurre al posticipo basata sui coefficienti di trasformazione del montante contributivo in pensioni. Visse per poco tempo quel sistema, messo a punto dal ministro del Lavoro, Tiziano Treu. In pochissimi lo utilizzarono davvero per scegliere il momento del pensionamento. Appena entrata in vigore la riforma che ci avrebbe proiettato nel sistema contributivo puro, arrivarono nuovi Governi con nuove soluzioni: Antonio Bassolino e Cesare Salvi con i decreti per le pensioni anticipate dei lavoratori impegnati in attività usuranti spostarono l'attenzione su platee particolari di beneficiari. E poi arrivò Roberto Maroni, che quasi accantonò la flessibilità e reintrodusse elementi retributivi con i nuovi requisiti per l'anzianità incrementati (il famoso scalone), successivamente mitigati ma non cancellati dalle "quote" di Cesare Damiano. Ci siamo affrontati con un susseguirsi di interventi, proseguito con le "finestre mobili" di Maurizio Sacconi e che si sarebbe concluso con la riforma Fornero dell'autunno 2011.

L'attuale sistema, che il Governo Letta intende correggere, prevede il superamento delle anzianità e il pensionamento di vecchiaia a 66 anni con 20 anni minimi di contributi. Il nuovo requisito viene innalzato gradualmente per le lavoratrici private ma entro il 2021 per tutti varrà il requisito dei 67 anni, raggiunto con l'aggancio del pensionamento effettivo alle aspettative di vita. La flessibilità in uscita c'è ma prevede delle penalizzazione: fino al 2014 gli uomini con 42 anni e tre mesi di versamenti (41 e tre mesi per le donne) possono andare in pensione anche prima del 62 anni, ma perdono l'1% della pensione per ogni anno di anticipo (entro un massimo di due anni) e del 2% per ogni anno ulteriore rispetto ai primi due. Per esempio se un lavoratore con 42 anni e 2 mesi decidesse quest'anno di andare in pensione a 58 anni perde il 6% della pensione.

martedì 21 maggio 2013

Governo e la politica del lavoro 2013: esodati, pensione anticipata e staffetta generazionale


Come già scritto su queste pagine con la riforma del lavoro dal 2013 si potrà andare in pensione di vecchiaia con almeno 62 anni e tre mesi se donne (63 anni e 9 mesi se lavoratrici autonome) e con 66 anni e tre mesi se uomini. Si potrà andare in pensione anticipata solo se si sono maturati almeno 42 anni e 5 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 5 mesi se donne.

In vista nuove tutele per gli esodati (salvaguardati) e le possibili modificazioni alla riforma delle pensioni che privilegino le staffetta generazionale e sconfortino la pensione anticipata: vediamo i piani del Governo per il 2013.

Per tutelare gli esodati il Governo ragiona su nuove misure per limitare il numero dei salvaguardati si pone come obiettivo di scoraggiare la pensione anticipata, introducendo nella Riforma Fornero elementi di flessibilità sull’età pensionabile e meccanismi del tipo staffetta generazionale.

Queste sono le linee guida illustrate a più riprese dal ministero del Lavoro, Enrico Giovannini.

Il problema riguarda in modo particolare chi è vicino all’età pensionabile (ma che per effetto della Riforma Fornero, non l’ha raggiunta) e chi rischia di trovarsi in analoga situazione nei prossimi anni. Innanzitutto bisogna «migliorare il sistema informativo»: davanti a stime più esatte attese dall’INPS, il governo prenderà le sue disposizioni.

Il punto, ha spiegato Giovannini, non è soltanto «la tutela degli esodati, ma la transizione a un sistema pensionistico che, a causa della riforma, ha subito un brusco cambiamento». Su 130mila lavoratori tutelati, ad oggi sono solo 7mila gli esodati che hanno ottenuto la pensione. Giovannini ha quindi fornito indicazioni sul completamento delle salvaguardie previste.

Per il primo decreto, a fronte dei 65mila soggetti che dovevano essere salvaguardati, ne sono stati salvaguardati 62mila». Ma «non significa che le risorse relative a questi ulteriori 3mila soggetti verranno perdute, perché i decreti successivi indicano chiaramente che le eventuali economie possono essere impiegate in essi».

Per il secondo decreto, «le imprese avrebbero dovuto comunicare entro il 31 marzo le liste dei soggetti che si prevede verranno licenziati (quindi perderanno il posto di lavoro) entro il 31 dicembre, ma in realtà non l’hanno fatto. Perché? Perché non c’è incertezza, anche dal punto di vista delle imprese, se questi soggetti effettivamente verranno espulsi dal sistema produttivo entro quest’anno, o se invece si andrà all’anno prossimo».

Il governo sta considerando di rendere più flessibili le misure che consentono la pensione anticipata, continuando a consentirla ma sempre con decurtazione dell’assegno, e magari incentivare chi invece rimane al lavoro più a lungo.

La legge attualmente prevede per le donne con 35 anni di contributi e 57 anni di età la possibilità di ritirarsi ma calcolando la pensione con metodo contributivo (significa un assegno più basso di almeno il 30% rispetto al retributivo o misto). La riforma Fornero prevede anche un ritiro anticipato per uomini e donne prima dei 62 anni, ma con un prelievo dell’1-2% per ogni anno in meno rispetto all’età pensionabile. Per la pensione anticipata senza decurtazioni bisogna avere 42 anni e 5 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e cinque mesi per le donne).

Infatti, la staffetta generazionale che il ministro del Lavoro sta portando avanti conferma che questo provvedimento sia un punto centrale nel suo progetto. C’è da mettere in evidenza che ci sono diversi modi per realizzare il graduale passaggio di consegne tra i lavoratori anziani e quelli giovani. Un a prima l’idea è quella di un part-time per i lavoratori vicini all’età pensionabile, che manterrebbero la contribuzione piena (a carico dell’ente previdenziale) mantenendo i requisiti pensionistici. Le aziende risparmierebbero ma dovrebbero in cambio assumere un giovane per ogni part-time di un lavoratore anziano, per esempio in apprendistato o a tempo indeterminato.

La seconda idea prevede che il lavoratore anziano non vada in part time ma in pensione prima della scadenza naturale. E in questo caso bisogna intervenire sull'altra riforma Fornero, proprio quella che ha alzato l'età pensionabile.

mercoledì 15 maggio 2013

Lavoro, entro giugno 2013 pacchetto occupazione per i giovani

Il neo ministro del lavoro Enrico Giovannini ha citato le «due emergenze» cassa in deroga e gli esodati su cui il ministero è impegnato nella loro «quantificazione precisa, di cose stiamo parlando», cosa che «nel caso dei salvaguardati non è semplice». Si lavora ad un «superamento del precariato nella PA, ad un fisco amico nell'ambito dei contributi del lavoro e pensionistici, ad una revisione del welfare, alla staffetta generazionale e a politiche contro la povertà».

La rilevazione Isfol sul quarto trimestre del 2012 indica una forte riduzione dei contratti di collaborazione (-25% rispetto allo stesso periodo del 2011), ma un aumento (+3,7%) delle assunzioni a termine. In calo i contratti a tempo indeterminato (-3,3%). Per monitorare meglio gli effetti della riforma - annuncia il ministro - «è in arrivo un comitato scientifico».Modifiche in vista anche per la riforma della previdenza. Aver allungato l’età pensionabile, infatti, mette in sicurezza maggiore i conti del sistema, ma non aiuta a fare spazio ai giovani. Ed ecco che Giovannini ha rivelato che il governo stia pensando ad una «flessibilizzazione» delle possibilità di uscita dal lavoro «in cambio di penalizzazioni». Ossia chi vuole andare in pensione prima potrà farlo, ma perderà una porzione della pensione. È in questo quadro che potrebbe inserirsi anche la norma sulla staffetta generazionale. «Un intervento che ha evidenti vantaggi ma è costoso» spiega il ministro. Inoltre c’è da considerare il fatto che «la condizione sociale delle persone a reddito fisso, in alcuni settori, non è proprio favolosa, per cui potrebbe non incontrare un grande successo».

Quindi, «Entro giugno verrà approvato un pacchetto articolato di misure per l'occupazione giovanile» che poggia su un mix di «politiche europee e nazionali». E’ quanto ha annunciato Giovannini, spiegando che il Governo punta ad agire su più livelli, utilizzando anzitutto le risorse comunitarie, i 6 miliardi che il piano europeo Garanzia giovani (400 milioni circa per l'Italia) destina all'offerta di un posto di lavoro o di un percorso formativo.

“Stiamo lavorando con l'Ocse sulle buone pratiche internazionali per costruire un pacchetto di misure – ha
detto il ministro–. In ambito europeo si sta ragionando sull'esclusione delle spese per l'occupazione dal rispetto dei parametri del Patto di stabilità su deficit e Pil o, almeno, di tenerle in considerazione in sede di interpretazione dei risultati, trattandosi di un problema comune». Giovannini ha fatto chiarezza sui numeri:

«Abbiamo 2,1 milioni di "neet", giovani che non ricevono un'istruzione né hanno un lavoro, mentre i giovani disoccupati sono 650mila, pari ad un tasso del 38,4% calcolato sui soli giovani che stanno cercando attivamente un lavoro, che equivale a circa il 10,6% dei giovani». Nel complesso «con 3 milioni di disoccupati e 3 milioni di scoraggiati o posti ai margini del mercato del lavoro», il problema occupazionale «è talmente ampio che non si può affrontare solo con interventi sul piano legislativo», il «riassorbimento di una così ampia platea può avvenire solo attraverso una crescita economica che sia inclusiva».

mercoledì 23 gennaio 2013

Esodati 2013 continua la polemica e la guerra dei dati per i salvaguardati

Il lavoratori  italiani sono rassegnati a lavorare più a lungo e sembrano molto preoccupati per la propria vecchiaia sul fronte economico. E' il quadro che emerge da uno studio del Censis commissionato dalla Covip presentato oggi secondo il quale circa un lavoratore su tre vorrebbe andare in pensione prima dei 60 anni, a fronte di appena il 3,7% che ritiene che sia possibile un'uscita così precoce dal lavoro.

Il 24,7%  dei lavoratori paventa che dovrà aspettare di compiere 70 anni prima di andare in pensione (oltre l'80% ritiene che dovrà aspettare almeno di avere 64 anni) a fronte di oltre il 72% degli intervistati che vorrebbe andare entro i 60. L'84% degli intervistati è convinto che le regole sulla previdenza cambieranno ancora mentre appena l'8,1% pensa che "finalmente" ci siano regole stabili. Quasi la metà dei lavoratori (il 46%) prevede una vecchiaia di ristrettezze con assegni pensionistici di poco superiori alla metà dello stipendio e "senza grandi risorse da spendere". mentre solo l'8,2% pensa che potrà avere una vecchiaia serena dal punto di vista economico grazie a buoni redditi. il 24,5% pensa che non potrà vivere nell'agiatezza, anche se qualche sfizio potrà toglierselo mentre il 21,5% afferma che la situazione è molto incerta e non riesce a immaginare come sarà la propria vecchiaia.

Gli assegni previdenziali sono bassi con oltre il 35% dei pensionati di vecchiaia con importi inferiori a 1.000 euro (quattro milioni di persone). I lavoratori italiani considerano che quando andranno in pensione riceveranno un assegno pari in media al 55% del proprio reddito attuale. I giovani (18-34 anni) si aspettano un importo pari al 53,6% del proprio reddito mentre coloro che ora hanno tra i 55 e i 64 anni si aspettano che l'assegno pensionistico arrivi al 60,1% del loro reddito da lavoro. I dipendenti pubblici sono chiaramente più ottimisti rispetto al proprio reddito da pensione e si aspettano un assegno pari al 62% del loro reddito a fronte del 55% atteso dai dipendenti privati e il 51% dagli autonomi. L'insicurezza, sottolinea il Censis, riguarda anche il percorso previdenziale personale: il 34% dei lavoratori (percentuale che sale al 41% tra i dipendenti privati) teme di perdere il lavoro e di rimanere senza contribuzione, il 25% di dover affrontare una fase di precarietà con una contribuzione intermittente, il 19% di avere difficoltà a costruirsi, oltre la pensione pubblica, fonti integrative di reddito, come ad esempio la previdenza complementare.

La paura di perdere il lavoro si estende anche ai lavoratori pubblici (il 21,4% degli intervistati). Nella crisi la previdenza, come sistema e come percorso personale, catalizza paure e incertezze, creando ansia piuttosto che sicurezza. Come fonte di reddito per integrare la pensione pubblica,sottolinea ancora il Censis, il 70% dei lavoratori indica forme di risparmio diverse dalla previdenza complementare (acquisto diretto di strumenti finanziari, investimenti immobiliari, polizze assicurative) mentre solo il 16,5% dichiara di preferire una forma di previdenza complementare. La previdenza complementare, poco conosciuta, non suscita tra i lavoratori la fiducia necessaria a far sì che vi investano i loro risparmi. Tra i motivi della scelta di non aderire alla previdenza complementare, si legge nella ricerca, al primo posto emergono quelli economici: il 41% dichiara di non poterselo permettere, il 28% non si fida degli strumenti di previdenza complementare, il 19% si ritiene troppo giovane per pensare alla pensione, il 9% preferisce lasciare il Tfr in azienda.

Mentre sul problema degli esodati. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, "non è stato informato" su eventuali nuovi esodati, così come pubblicato dal quotidiano  Il Messaggero. Il quale ha sostenuto che, secondo alcuni calcoli dell'Inps, oltre ai 140 mila salvaguardati dal governo rispetto alle nuove regole della riforma Fornero, ci sarebbero altri 150 mila esodati per i quali cercare una soluzione. "E' una fonte Inps, dovete chiedere all'Inps - ha detto Fornero - visto che ci sono conti dei quali il ministro ancora una volta non viene informato". A maggio l'Inps aveva inviato una lettera al ministero nella quale si calcolava in 390 mila il totale dei lavoratori che, avendo perso o lasciato il lavoro, con la riforma Fornero si sarebbe potuto trovare per un periodo senza stipendio e senza pensione. "Per conto mio - ha detto Fornero - abbiamo salvaguardato 140 mila persone". L'Inps dovrebbe mandare nei prossimi giorni le prime lettere di salvaguardia alle persone che rientrano nel decreto sui primi 65 mila salvaguardati. Dopo questi, è previsto che si lavorino le domande per il decreto appena pubblicato in Gazzetta ufficiale, che prevede altri 55 mila salvaguardati. Oltre questi, ci sono 10 mila posti per gli esodati della riforma Sacconi e 10 mila per i quali sono stati inseriti fondi nella legge di stabilità. Per questi 140 mila esodati da salvaguardare sono previsti nel complesso 9,3 miliardi.

La vicenda inizia nel dicembre del 2011. Approvando una drastica riforma delle pensioni, che per molti lavoratori spostava in avanti il traguardo anche di 4-5 anni, l’esecutivo tecnico si era posto il problema di tutelare coloro che avevano lasciato il lavoro facendo conto sui requisiti precedentemente in vigore e che si trovavano in mobilità oppure versavano contributi volontari. Non si fissava un numero ma venivano stanziate risorse finanziarie per 5,1 miliardi complessivi, tra il 2013 e il 2019, sufficienti a salvare 65 mila persone.

Poco tempo dopo i criteri erano stati poi allargati, senza però modificare la copertura. Quindi in luglio, con la cosiddetta “spending review”, la platea è stata decisamente allargata - in particolare a coloro che a dicembre 2011 non avevano ancora lasciato il lavoro - e di conseguenza sono stati resi disponibili altri 4,1 miliardi tra 2014 e 2020. Venivano quindi aggiunte, in modo esplicito, altre 55 mila persone.

L'Inps dovrebbe mandare nei prossimi giorni le prime lettere di salvaguardia alle persone che rientrano nel decreto sui primi 65 mila salvaguardati. Dopo questi, è previsto che si lavorino le domande per il decreto appena pubblicato in Gazzetta ufficiale, che prevede altri 55 mila salvaguardati. Oltre questi, ci sono 10 mila posti per gli esodati della riforma Sacconi e 10 mila per i quali sono stati inseriti fondi nella legge di stabilità.
Per questi 140 mila esodati da salvaguardare sono previsti nel complesso 9,3 miliardi.

Ricordiamo che il nodo degli esodati si era riaperto con nella legge di Stabilità, che grazie alla legge venivano stabilite tutele per ulteriori 10 mila soggetti. Alla relativa spesa si sarà fronte con 100 milioni più se necessario i risparmi derivanti dal mancato adeguamento all’inflazione, dal 2014, delle pensioni al di sopra dei 3.000 euro al mese circa (già attualmente deindicizzate). Aggiungendo al conto altri 10 mila lavoratori già tutelati rispetto alla meno dirompente riforma del 2010, quella che introduceva le cosiddette finestre di uscita di un anno, si arriva ad un totale di 140 mila salvaguardati.

domenica 11 novembre 2012

Esodati: per la Ragioneria copertura carente



Si riapre il nodo degli esodati nella legge di Stabilità . La Ragioneria avrebbe evidenziato una estensione della platea nell'emendamento dei relatori che renderebbe carente la copertura. Sul tavolo del confronto ci sarebbe quindi un sub emendamento del governo che proporrebbe l'utilizzo della stretta sulle pensioni più alte non più come clausola di salvaguardia,ma come copertura tout court da subito. Su questo tema il confronto sarebbe però ancora aperto anche se l'obiettivo è quello di arrivare concretamente ad una soluzione il prima possibile.

Tra le ipotesi una maggiore stretta sull'indice di rivalutazione di pensioni ricche. Attualmente sono disponibili 100 milioni già stanziati nella versione iniziale della legge di stabilità. Poi ci sarebbero gli eventuali risparmi che si potranno ricavare «dai 9 miliardi già stanziati per la platea dei primi 120mila salvaguardati», ha spiegato il relatore Pier Paolo Baretta (Pd). Le disposizioni della norma dovranno essere definite con decreto del ministero del Lavoro, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di stabilità

L'accordo raggiunto con fatica offre un paracadute a chi ha cessato il lavoro entro il 30 settembre 2012 e si trova in mobilità in forza di un accordo stipulato entro fine 2011. Persone che avrebbero maturato il diritto alla pensione entro il 31 dicembre 2014. L'ampliamento riguarda, sempre con la scadenza 2014, anche chi versa contributi volontari e ha svolto una attività, ma con un reddito non superiore a 7.500 euro. Tutelati anche i lavoratori licenziati entro dicembre 2011 a seguito di fallimento o di altre procedure concorsuali a patto che maturino il diritto alla pensione con le vecchie regole entro i due anni successivi.

L'emendamento stabilisce inoltre che l'Inps dovrà provvedere al monitoraggio delle domande di pensionamento inoltrate dagli interessati. Entro il 30 settembre del 2013 il governo, sulla base dei dati forniti dall'Inps, «provvede a monitorare gli esiti dell'attuazione, anche in termini di finanziamenti».

Se le risorse non saranno sufficienti entro i successivi 30 giorni, con un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro del Lavoro e con il ministro dell'Economia, «si provvede a individuare le necessarie risorse aggiuntive, a tal fine rimodulando nella misura necessaria l'indice di rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici di importo più elevato», indicati nello stesso decreto.

Ogni sei mesi il governo dovrà verificare con le parti sociali la situazione degli esodati o salvaguardati, al fine di »individuare idonee misure di tutela, ivi compresi gli strumenti delle politiche attive del lavoro utilizzate in applicazione» della norme vigenti in materia di salvaguardia.
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