Visualizzazione post con etichetta vitalizi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta vitalizi. Mostra tutti i post

lunedì 6 febbraio 2017

Parlamentari: pensione e vitalizi cosa può spettare se si vota nel 2018



E' il gruppo parlamentare di maggiore consistenza, in assoluto. Trasversale, sconosciuto agli atti e agli uffici di Camera e Senato, costituito nonostante il distacco formale dei suoi stessi componenti. Però sono 402 i deputati e 193 i senatori che ancora non hanno maturato la pensione da parlamentare.

Un tesoretto da quasi 20  milioni di euro. Sono i soldi che finirebbero a sorpresa nelle casse del Parlamento nel caso le Camere venissero sciolte prima del 15 settembre 2017. Fondi accantonati dai parlamentari al primo mandato, che potrebbero ritrovarsi presto senza poltrona e senza contributi versati.

Per molti il vitalizio per gli ex parlamentari, nato per garantire a chiunque l'ingresso in politica, anche ai meno abbienti, è sinonimo di rendita a vita, uno dei temi più controversi del nostro confronto politico. Come confermano le cronache, ogni volta che torna alla ribalta, le polemiche sono assicurate. L'ultima in ordine di tempo le l'ha scatenata un sms dell'ex premier Matteo Renzi inviato il 31 gennaio scorso a Giovanni Floris nel corso del programma Di Martedì: «Per me votare nel 2017 o nel 2018 è lo stesso. L'unica cosa è evitare che scattino i vitalizi perché sarebbe molto ingiusto verso i cittadini. Sarebbe assurdo».

Un affondo dal sapore populista e “grillino”, che non è piaciuto a molti parlamentari, anche del Pd, compatti nel respingere il pressing del segretario dem per le elezioni anticipate. E se l'ex segretario dem Pierluigi Bersani sottolinea che «i vitalizi non ci sono più, esiste un regime Inps integrativo, punto e basta», Andrea Mazziotti (Civici e Innovatori) ricorda a Renzi che «se vuole colpire le pensioni dei parlamentari in carica», allora «basta un atto dell'ufficio di presidenza della Camera, nel quale il Pd ha la maggioranza».

Ma come stanno davvero le cose? Per capire se effettivamente la “guerra del vitalizio” rischia di determinare la durata della legislatura occorre chiarire alcuni aspetti. Innanzitutto, il termine “vitalizio” è scorretto: a partire dal 2012, la rendita vitalizia concessa agli onorevoli al termine del mandato parlamentare e dopo il superamento di una certa soglia d'età è stata abolita e sostituita da una pensione calcolata con il metodo contributivo, basata cioè esclusivamente sui contributi versati (mediamente molto inferiore agli assegni pre-riforma). Per questo, ogni parlamentare versa mensilmente al Fondo pensioni di Camera e Senato un contributo pari all'8,8% della propria indennità parlamentare lorda (poco meno di 800 euro), che si sommano a quanto versano le Camere per ciascun eletto (poco meno di 1.500 euro mensili).

I requisiti per l’accesso
Il diritto alla pensione dell'ex parlamentare scatta però non al termine della legislatura ma al compimento dei 65 anni di età e a condizione che abbia alle spalle almeno cinque anni di mandato parlamentare effettivo. In realtà, il minimo sono 4 anni sei mesi e un giorno da parlamentare, per evitare che la pensione salti in caso di “scioglimento tecnico” dei due rami prima dei 5 anni. Per ogni mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno fino al minimo inderogabile di 60 anni. Se si considera che la XVII legislatura è iniziata il 15 marzo 2013, la data da tener d'occhio è quindi quella del 15 settembre 2017. Uno scioglimento prima di questa data farebbe perdere infatti ai parlamentari il diritto alla pensione e tutti i contributi versati in questi anni (un tesoretto stimabile intorno ai 20 milioni di euro).

Per questo, l'appuntamento del 15 settembre dovrebbe interessare in particolare i parlamentari alla prima esperienza, che potrebbero essere tentati di “fare melina” sulle elezioni, cercando di far coincidere il voto con la scadenza naturale delle legislatura nel 2018. Anche perché, allo stato attuale, le loro possibilità di rielezione sono legate al “gradimento” del leader. I parlamentari al primo mandato sono molti: 438 su 630 deputati (69,5%) e 191 su 315 senatori (60,6%). Dunque una larga maggioranza trasversale, che pesca soprattutto tra i due partiti maggiori. L'incidenza dei “nuovi” sugli eletti passa infatti dal 100% del Movimento 5 Stelle, sia alla Camera che al Senato, al 69,44% (Camera) e 62,83% (Senato) degli onorevoli dem. Da un lato, questi numeri confermano la presenza di una “maggioranza silenziosa” in Parlamento potenzialmente favorevole alle elezioni nel 2018. Dall'altro, la sostituzione del vitalizio con una pensione e il fatto che per molti parlamentari questa si concretizzerà solo tra molti anni conferma che quella di Renzi era una provocazione (o una bufala). Tutto, pur di andare alle urne entro l'estate.

Non ci stanno, i 'pensionandi' di Camera e Senato, a passare per quelli che vogliono tirare per le lunghe la legislatura pur di incassare l'assegno a tempo debito. Assegno che, hanno sottolineato tutti, è su base contributiva come quello di tutti gli italiani. Con le nuove regole, che tra l'altro hanno abolito il vitalizio per i nuovi eletti, deputati e senatori riceveranno la pensione parlamentare al 65esimo anno di età solo se hanno completato i 5 anni di mandato.

Ecco, quindi, costituito il gruppo parlamentare dei 'pensionandi'. Quello che l'sms di Renzi ha implicitamente messo sotto accusa. Ma come è formato questo gruppo? A ricostruirlo è un dossier di 'Openpolis', che traccia un mappa di deputati e senatori che, sulla carta, dovrebbero avere interesse a far durare questa legislatura il più a lungo possibile.

Ogni mese deputati e senatori versano un contributo pari all’8,80 per cento dell’indennità parlamentare lorda, più o meno 750 euro. Soldi che vengono messi dal Parlamento in un fondo, in cui ovviamente confluiscono anche i contributi pagati da Camera e Senato (circa 1.400 euro al mese per ogni rappresentante). Ma se l’onorevole non dovesse arrivare ai fatidici 54 mesi e un giorno di mandato non avrebbe diritto a prendere un euro. Del resto funziona così anche per tutti gli altri lavoratori che, però, devono avere un minimo di 20 anni di contributi.

Le norme sono chiare. L’articolo 2 del regolamento per il trattamento previdenziale dei deputati, al comma 5, prevede che «per i contributi versati a decorrere dal 1° gennaio 2012 non è ammessa la restituzione». Dunque o i parlamentari al primo mandato saranno ancora in carica il 15 settembre del prossimo anno, oppure perderanno il diritto alla pensione da onorevoli e tutti i contributi versati.

Molti parlamentari sono in fibrillazione anche perché tra i 591 che rischiano di perdere i contributi versati ce ne sono parecchi che non verranno ricandidati. Dunque perderebbero l’occasione di avere una pensione da ex parlamentare. Non ricca come un tempo, in cui per un mandato si conquistavano tremila euro al mese, ma pur sempre una somma dignitosa (mille euro al mese). Alcuni deputati e senatori stanno ipotizzando, nel caso, di fare ricorso per chiedere la restituzione dei contributi ma sembra che i margini siano piuttosto ristretti.


lunedì 30 gennaio 2012

Costi politica e lavoro: taglio stipendi parlamentari

Via libera dall'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati ai tagli per gli stipendi, maggiorati di un 10% per quanto riguarda le figure apicali. "Si tratta di decisioni definitive e ad effetto immediato" ha spiegato il vicepresidente Rocco Buttiglione al termine della riunione.
L'Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato definitivamente il regolamento applicativo del nuovo sistema previdenziale dei deputati e dei dipendenti della Camera.
Il taglio degli stipendi sarà i 1.300 euro lordi il taglio alle indennità dei parlamentari mentre il netto dovrebbe essere intorno ai 700 euro netti. Stabilito inoltre che per i vitalizi si passa al sistema contributivo, che varrà anche per i dipendenti. In realtà, il taglio è stato deciso per evitare che, nel passaggio al nuovo sistema previdenziale, l’indennità dei parlamentari potesse subire un aumento a causa di un diverso trattamento fiscale
"Il trattamento economico complessivo del primo Presidente della C. di Cassazione diventa il parametro di riferimento per tutti i manager delle P.A. In nessun caso l'ammontare complessivo delle somme loro erogate da pubbliche amministrazioni potrà superare questo limite". E' quanto si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.
L'Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato definitivamente il regolamento applicativo del nuovo sistema previdenziale dei deputati e dei dipendenti della Camera. Sul nuovo regolamento, che segna il passaggio dai vitalizi al calcolo contributivo per l'ottenimento dell'assegno pensionistico, c'è stato il parere contrario dell'Idv e della Lega Nord.
Obbligo di rendicontare il 50% delle spese per i portaborse.
Dovrà essere rendicontato il 50% dei rimborsi a titolo di contributo delle spese per l'esercizio del mandato. Lo ha deciso l'Ufficio di Presidenza della Camera che ha così modificato i rimborsi ora spettanti ai deputati per i cosiddetti portaborse. La misura modifica quello che è attualmente definito il contributo eletto-elettori.
Allo studio c'è una proposta di per uniformare i contratti dei collaboratori e farli durare al massimo per il tempo di una legislatura. A prima vista sembra una misura a favore dei precari "portaborse", ma c'è chi sostiene sia una misura di tutela nei confronti dei parlamentari: una durata certa del contratto (coincidente con la legislatura) renderebbe impossibile il ricorso al giudice del lavoro da parte del dipendente in caso di mancata rielezione del parlamentare.
Anche il Senato procederà con una taglio ai costi della politica, intervenendo, tra le altre cose, sul taglio dei vitalizi con il passaggio al sistema contributivo.
Il taglio degli stipendi dei parlamentari sembra che sia stata decisa per evitare che, nel passaggio al nuovo sistema previdenziale, l’indennità dei parlamentari potesse subire un aumento a causa di un diverso trattamento fiscale. Il passaggio dal vitalizio al contributivo comporta l’emersione di una quota di reddito, in quanto i versamenti previdenziali non sono tassati mentre lo erano le trattenute per i vitalizi.
Attendiamo se è vero il taglio degli stipendi o un modo per evitare i veri costi per i parlamentari.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
BlogItalia - La directory italiana dei blog