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sabato 19 gennaio 2013

Ilva: l'azienda deve assicurare il pagamento delle retribuzioni


Il Governo punta a un provvedimento che permetta di sbloccare la situazione che si è venuta a creare nello stabilimento Ilva di Taranto. Forse nei prossimi giorni verrà presentato un decreto ad hoc. Questo la prospettiva annunciata dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Antonio Catricalà, al tavolo tra Governo e parti sociali a Palazzo Chigi.


Alla fine del vertice è stata diffusa un documento congiunto di tutte le parti presenti al tavolo di Palazzo. Governo, enti locali, azienda, Confindustria e sindacati ritengono che in attesa della Consulta - si legge - debba applicarsi "integralmente e immediatamente la legge da parte di tutti i soggetti interessati" per innescare il "circolo virtuoso risanamento ambientale/tutela della salute/tutela dell'occupazione".

L'Ilva "conferma il proprio impegno al rispetto delle prescrizioni dell'Aia e alla tutela dell'occupazione, sotto la vigilanza del Garante nominato dal Consiglio dei Ministri l'11 gennaio 2013, assicurando il regolare pagamento delle retribuzioni a tutti i lavoratori", si legge nella dichiarazione unitaria diffusa al termine della riunione a Palazzo Chigi. La legge 'salva Ilva – ha asserito il premier Mario Monti - "pur in pendenza del giudizio della Corte Costituzionale, deve essere applicata dalle istituzioni e dall'azienda" che conferma il proprio impegno al rispetto delle prescrizioni Aia e alla tutela dell'occupazione", "assicurando il regolare pagamento delle retribuzioni a tutti i lavoratori".Così il presidente del Consiglio al termine del vertice di Palazzo Chigi.

Per Confindustria, il direttore generale Marcella Panucci ha sottolineato come il blocco dell'Ilva «comporta conseguenze devastanti per l'intera industria italiana e danni irreversibili al comparto siderurgico e al suo indotto», chiedendo al Governo «di intervenire con forza». La legge salva-Ilva deve essere applicata da tutte le parti "integralmente e immediatamente pur in pendenza del giudizio della Corte Costituzionale e l'azienda pagherà le retribuzioni". Queste le conclusioni del vertice d'urgenza a Palazzo Chigi. Possibile un provvedimento nel Cdm di martedì prossimo. Il governo intervenga con forza, chiede Confindustria

"La piena applicazione della legge prevede che l'azienda rientri nella disponibilità dei prodotti finiti per la loro commercializzazione. Questo è quello previsto dalla legge e questo è ciò che noi abbiamo ribadito", ha detto il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, al termine della riunione.
In gioco non solo il futuro della Ilva ma anche la affidabilità dell'Italia per chi vuole investire nel nostro Paese». Lo ha affermato il ministro dell'Ambiente Corrado Clini che ricorda come «l'Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata alla Ilva di Taranto, e recepita da una legge votata dalla stragrande maggioranza del Parlamento italiano, attua in modo completo e rigoroso le direttive europee e le leggi nazionali in materia di esercizio degli impianti industriali nel rispetto della salute e della ambiente». Intanto il ministro dell'Ambiente sferra l'attacco contro il sequestro degli impianti: «Nel caso di Taranto - ha detto Clini - ci troviamo di fronte alla situazione inedita della contestazione da parte della magistratura delle leggi e delle direttive».

Il provvedimento varato dal Governo e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 4 gennaio "è la chiave per risanare la città di Taranto, la fabbrica e per garantire il lavoro a 20mila persone", ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, al termine del tavolo sull'Ilva. "Ciò che abbiamo detto è che con tutto il rispetto del procedimento della Corte Costituzionale la prassi normale del nostro Paese è che le leggi rimangono in vigore in attesa di quel giudizio. Quindi anche a Taranto si deve procedere all'applicazione della legge".

Il fermo dello stabilimento Ilva di Taranto sta avendo pesanti ripercussioni anche sui conti dell'azienda: il blocco dei flussi finanziari in entrata sta mettendo in crisi di liquidità l'azienda, come illustrato in un'analisi del bilancio dell'Ilva.

domenica 29 luglio 2012


Secondo il dossier della Cgil, salgono a 131 i tavoli di crisi aziendale aperti al Ministero dello Sviluppo dove sono coinvolti 163.152 lavoratori, e «gli ammortizzatori non bastano».

A luglio è salito a 131 il numero delle vertenze che vengono discusse con maggiore frequenza al Ministero dello Sviluppo economico (erano 109 a gennaio 2011) per un totale di 163.152 lavoratori coinvolti (135.839 a gennaio 2011), secondo i dati riportati dallo stesso Mise.

Questo quanto emerge dal dossier.
''Cifre - ha spiegato la Cgil - che stanno crescendo vertiginosamente, se si considerano gli innumerevoli altri casi di crisi aziendali non ancora giunte al Ministero, ma già avviate a livello territoriale che contribuiscono a mettere in ginocchio il tessuto industriale ed occupazionale di intere Regioni''.
Per la Cgil ''occorre risolvere, al più presto i singoli casi di crisi presenti a partire dai tavoli aperti al Ministero dello sviluppo economico, che non possono concludersi con il solo intervento degli ammortizzatori sociali''.
Quindi non solo grandi crisi e grossi nomi come Alcoa, Eurallumina, Fiat, Ilva: a luglio è salito a 131 il numero delle vertenze che vengono discusse con maggiore frequenza al ministero dello Sviluppo economico.

Numeri «che stanno crescendo vertiginosamente, se si considerano gli innumerevoli altri casi di crisi aziendali non ancora giunte al Ministero - si legge nel dossier - ma già avviate a livello territoriale che contribuiscono a mettere in ginocchio il tessuto industriale ed occupazionale di intere Regioni». Per la Cgil «occorre risolvere, al più presto i singoli casi di crisi presenti a partire dai tavoli aperti al Ministero dello sviluppo economico, che non possono concludersi con il solo intervento degli ammortizzatori sociali».

Sono oltre 30mila le imprese che hanno chiuso i cancelli dal 2009. «Siamo ormai al quarto anno di Cassa integrazione, un ammortizzatore sociale del quale ad oggi usufruiscono circa 500mila lavoratori che, in media, hanno visto diminuire il proprio reddito di circa 4mila euro». Si tratta, afferma la Cgil, di «un quadro decisamente preoccupante sotto tutti i punti di vista e che rende necessario e urgente un disegno di politica industriale con al centro gli investimenti e l'innovazione» senza il quale «c'è solo il perdurare della recessione».


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