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domenica 6 ottobre 2013

Assistenti sociali le competenze con il decreto n. 106 del 2 agosto 2013



Gli ordini professionali sono "al servizio dei cittadini" e di questo va tenuto conto nell'affrontare la riforma delle professioni. Lo ha detto  a Labitalia, Edda Samory, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali. "Come ordine degli assistenti sociali -spiega la presidente- aderiamo ormai da molti anni al Cup e sul riordino abbiamo condiviso e condividiamo la proposta del Cup, soprattutto sugli obiettivi generali e sul fatto che nel progetto si inseriscano le specificità di ogni ordine professionale".

“Finalmente una legge dello Stato recepisce le prestazioni specifiche della Professione di Assistente Sociale”. Esprime soddisfazione Edda Samory, presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali – Consiglio Nazionale, per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Decreto 2 agosto 2013, n. 106, denominato "Regolamento recante integrazioni e modificazioni al decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27..

Il Regolamento si applica per le prestazioni rese dagli iscritti all'Ordine degli Assistenti Sociali, sarà utilizzato in caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale in assenza di accordo scritto tra le parti. Per la prima volta, sono elencate nello specifico le tipologie di lavoro svolto dall’Assistente Sociale, relativamente alle diverse aree di intervento.

Viene scritto nero su bianco su quali sono le competenze tipiche dell'assistente sociale. A entrare nel merito delle attività caratteristiche di questa professione il decreto 106 che stabilisce i parametri per la liquidazione, da parte di un organo giurisdizionale, dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal ministero della Giustizia.

Dei 40mila assistenti sociali iscritti all'albo solo 6/7mila svolgono la libera professione, e sono quindi interessati direttamente ai parametri. Ma il decreto è molto importante per l'intera categoria. "Il suo valore aggiunto – spiega Edda Samory, presidente dell'Ordine – è che la nostra professione, istituita nel 1993, ora viene codificata nelle sue attività. Il parametro rappresenta soprattutto un indicatore delle prestazioni a supporto generale della professione – prosegue Samory - serve ai professionisti per dirimere le questioni giuridiche, però rappresenta anche un indicatore delle questioni professionali cui si può fare riferimento per comprendere le competenze dell'assistente sociale".

L'elenco delle mansioni è stato stilato coinvolgendo direttamente gli organi di rappresentanza della categoria, grazie al dialogo che è aperto tra il ministero della Giustizia e l'Ordine degli assistenti sociali, che da tempo stanno lavorando a un testo di riordino della professione, soprattutto sul fronte della formazione. L'organo di rappresentanza degli assistenti sociali chiede, infatti, una laurea magistrale di 5 anni, e a questo proposito sia alla Camera che al Senato sono state presentate due proposte di legge.

Ma, avverte Samory, nelle proposte governative sembra che il concetto di 'ordine professionale' non sia sempre chiaro. "Quello che ci lascia perplessi -aggiunge la presidente- è questa situazione dubitativa sulla validità degli ordini, che si è avvertita nel contesto sia nella riforma del precedente governo (il decreto addirittura ne vedeva prima l'abolizione poi il recupero) sia in questa situazione molto interrogativa del governo Monti".

Anche adesso, aggiunge Samory, "in effetti non si capisce bene se c'è una volontà di potenziare l'aspetto che gli ordini devono avere, cioè di essere al servizio dei cittadini e di essere un organo dello Stato o quella di affermare un concetto che almeno per la nostra professione non è mai comparso all'orizzonte: cioè di essere soggetti d'impresa, di un'attività commerciale, cosa che non sta assolutamente all'interno dell'ordine. E se si prevede un'eventuale cancellazione dell'ordine, questo ci fa pensare che non c'è una conoscenza chiara della materia".

Rispetto ai 7 punti indicati dal governo come cardine attorno a cui deve ruotare l'adeguamento degli ordini, Samory dice che per quanto riguarda gli assistenti sociali "molti trovano un riscontro già oggi nell'organizzazione dell'attività ordinistica"."Mi riferisco in particolare alla formazione continua -spiega- che per noi è già obbligatoria secondo le norme deontologiche e che certamente è gradito che diventi obbligatoria anche secondo la legge di Stato. Questo faciliterà la sua applicazione".

"Per il tirocinio professionale abbiamo già delle convenzioni tra ordine e università -sostiene Samory- ed è bene che anche questo diventi obbligatorio: ci garantisce di più la tutela dell'esercizio di questa attività didattica". Quello sui cui gli assistenti sociali si sono dovuti preparare invece "riguarda il fatto di vedere la commissione disciplina non più all'interno dei consigli nazionali e regionali dell'ordine, ma a fianco di essi. Ma pensiamo che questo -sottolinea Samory- sia uno spazio che è opportuno gestire così per assicurare una maggiore autonomia rispetto alla parte amministrativa dell'ordine".

giovedì 15 agosto 2013

Assicurazioni professionali obbligatorie dal 15 agosto 2013





"Chiunque esercita un'attività in regime libero-professionale è soggetto all'obbligo dell'assicurazione privata per la responsabilità civile derivante dall'esercizio di tale attività". Così recita l'articolo 1 della proposta di legge, assegnata il 9 gennaio 2013 in sede referente, alle Commissioni riunite Giustizia e Attività produttive di Montecitorio recante "Disposizioni in materia di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile per coloro che esercitano libere professioni".

L'obbligo non scatta per tutte le categorie e in ogni caso i controlli da parte degli Consigli nazionali non si avvieranno prima di settembre.

L'obbligo di munirsi di un'assicurazione contro i danni provocati ai clienti è stato introdotto dalla L. 148/2011, poi precisato dal Dpr 137/2012 che ne ha fatto slittare l'entrata in vigore di un anno (in origine l'obbligo sarebbe dovuto partire da agosto 2012). Non tutti i professionisti sono però interessati dalla norma: i notai ad esempio hanno l'obbligo di assicurarsi già dal 2006, gli avvocati invece seguono la disciplina dettata dalla riforma forense (L. 247/2012) secondo cui le polizze devono essere stipulate in base a delle condizioni che il ministero della Giustizia deve ancora stabilire. Per i medici è stata concessa una proroga di un anno, approvata nel corso della conversione in legge del decreto del fare (L. 69/2013). Per tutti gli altri iscritti ad Albi, che svolgono un'attività di libero professionista, da giovedì 15 agosto scatta l'obbligo di dotarsi di un'adeguata copertura per garantire il proprio patrimonio e il soddisfacimento risarcitorio dei clienti. Chi non si assicura commette un illecito disciplinare, sanzionato dai Consigli nazionali, i quali però avvieranno i controlli non prima di settembre.

Come previsto dal Decreto Sviluppo Bis, dal 15 agosto commercialisti, avvocati, notai, medici, psicologi, ingegneri, architetti, geometri e, in generale, tutti i professionisti iscritti ad un Albo, dovranno dotarsi di una polizza che li tuteli in caso di danni a terzi provocati durante l'esercizio dell'attività lavorativa.

Nell'ultimo anno, si è assistito alla corsa delle categorie per trovare, come accade col preventivo assicurazione auto, le soluzioni meno onerose. Per questo motivo, si è pensato anche alla stipula collettiva con l'intermediazione del proprio Ordine di appartenenza, ma la questione non è andata oltre l'intesa su semplici convenzioni e sconti minimi.

Il premio della polizza, infatti, non può che essere calibrato sulle esigenze del libero professionista. Il rischio è ovviamente diverso a seconda che l'assicurazione si estenda anche ai collaboratori dello studio, che si scelga una formula retroattiva, che ci siano precedenti di danni nei confronti della clientela, e anche in base al tipo di lavoro svolto (solo per questo motivo, la compagnia potrebbe anche rifiutarsi di emettere la polizza).

Proprio questo groviglio ha portato gli Ordini a chiedere a più riprese una proroga, in attesa che fossero definite in modo più chiare le linee guida. L'ultima in ordine di tempo era stata anche inserita nel Decreto del Fare. Al momento l'unica categoria esclusa dall'obbligo è quella delle professioni sanitarie, per le quali l'ex ministro della Salute Balduzzi aveva previsto una normativa a parte non ancora creata.

domenica 5 agosto 2012

Ordini professionali: la formazione continua

È stato fissato il principio della separazione tra gli organi disciplinari e gli organi amministrativi nell'autogoverno degli ordini professionali.

La formazione continua era la richiesta più condivisa da tutte le categorie: più qualità e quindi più formazione professionale anche per chi professionista lo è già. La formazione continua è obbligatoria e sarà sotto il controllo degli Ordini, che potranno predisporne i regolamenti e autorizzare anche enti o soggetti esterni.

La formazione continua per i professionisti diventa obbligatoria e si apre al libero mercato. Assume un ruolo centrale il ministero delegato alla vigilanza. Sull'accreditamento di chi svolge attività di formazione vengono esautorati gli ordini territoriali e l'autorizzazione compete ai consigli nazionali.

Sono queste le principali novità in materia di formazione contenute nell'articolo 7 del regolamento sulla riforma degli ordinamenti professionali.

La formazione obbligatoria continua dei professionisti iscritti negli ordini o collegi, assume un ruolo di garanzia per la collettività poiché in una società in evoluzione l'aggiornamento delle proprie competenze professionali è inevitabile.

Il decreto che introduce la riforma è molto forte stabilendo che la violazione all'obbligo della formazione costituisce illecito disciplinare mentre finora i singoli Ordini si limitavano a sanzioni indirette.

I corsi di formazione possono essere organizzati da tre categorie di soggetti:
da ordini e collegi;
dalle associazioni di iscritti agli albi: in questa categoria rientrano sia le associazioni (anche sotto forma di cooperativa) costituite all'interno di ciascun ordine territoriale aventi come oggetto principale proprio la formazione continua e i sindacati dei professionisti;
altri soggetti e imprese che operano sul libero mercato proponendo attività di formazione a tutti i livelli.

Mentre gli ordini e le associazioni fra professionisti iscritti non necessitano di alcuna autorizzazione, i soggetti terzi devono ottenere l'autorizzazione dai rispettivi Consigli nazionali. Quindi le società di formazione dovranno presentare una sola istanza al Consiglio nazionale che, se accolta, avrà effetto su tutto il territorio nazionale. I Consigli nazionali trasmetteranno al ministro vigilante la proposta di delibera per acquisire il parere vincolante. Al riguardo la relazione di accompagnamento ricorda che questa procedura è necessaria anche in caso di diniego per tutelare il diritto della libera concorrenza. I Consigli nazionali devono, quindi, disciplinare l'attività di formazione continua che sarà inevitabilmente svolta da ordini e collegi territoriali.

La norma non parla di esenzioni che finora venivano qualche volta applicate ai professionisti che hanno raggiunto un certo limite di età, ma questo potrebbe essere previsto nell'ambito dei requisiti minimi. La disposizione legislativa prevede che i Consigli nazionali e le Università possano stipulare convenzioni per il riconoscimento reciproco di crediti formativi.

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