Il consiglio anche informale del professionista richiede un compenso, anche senza esplicito incarico, il parere fornito per email è comunque una prestazione come è stato deciso dalla Corte di Cassazione. Importante novità per i professionisti che forniscono pareri e indicazioni: la consulenza fornita via mail, anche per posta elettronica tradizionale e non certificata, va retribuita
Se un a professionista fornisce – anche in via informale - un parere su richiesta di un cliente o potenziale tale, tale prestazione richiede comunque un retribuzione anche se fornita per email, tramite Internet, o senza appuntamento presso lo studio. Anche senza un esplicito accordo preventivo sul compenso. Queste situazioni, infatti, non rappresentano una presunzione di gratuità alla prestazione, anzi: ad esempio l’email è una prova scritta di incarico professionale che, come tale, deve essere retribuito salvo diverso accordo tra le parti.
A chiarirlo è stata la Corte di Cassazione con sentenza n. 1792/2017 specificando che, in assenza di mandato scritto, l’affidamento è dimostrabile con qualsiasi mezzo anche per email. In generale, spiegano i giudici, secondo consolidato orientamento della Corte:
“il rapporto di prestazione d’opera professionale, la cui esecuzione sia dedotta dal professionista come titolo del diritto al compenso, postula l’avvenuto conferimento del relativo incarico in qualsiasi forma idonea a manifestare inequivocabilmente la volontà di avvalersi della sua attività e della sua opera da parte del cliente convenuto per il pagamento di detto compenso”.
Caso tipico è quello di un cittadino che chiede un consiglio a un avvocato inviando una semplice email.
Per quanto in molti casi il privato intenda semplicemente ricevere n parere a titolo gratuito, per poi magari decidere sul da farsi in un secondo momento, una mail del genere conferisce a tutti gli effetti un incarico all'avvocato. Incarico che, se accettato dal professionista, va retribuito.
In molti casi una semplice mail di risposta, nel quale l’avvocato fornisce il parere richiesto, è sufficiente a far considerare concluso l’incarico così assegnato.
L’email è prova del conferimento dell’incarico
Nel caso in esame, il professionista aveva prodotto come dimostrazione dell’avvenuto conferimento dell’incarico, presupposto del diritto al compenso, due comunicazioni fax ed una comunicazione email, ritenute dalla Corte prove valide.
La logica da cui muove la sentenza in commento si poggia sui seguenti passaggi logici:
un incarico conferito a un professionista si considera sempre a pagamento, salvo diverso accordo tra le parti;
l’email con la richiesta di un parere o con qualsiasi altro incarico instaura un rapporto contrattuale, a pagamento, con il professionista;
l’email può essere considerata una prova e dimostrare, appunto, il conferimento dell’incarico;
il professionista che abbia eseguito l’incarico richiestogli con l’email ha diritto ad essere pagato.
Il contratto d’opera professionale è sempre a pagamento
Secondo la giurisprudenza, le norme sui contratti d’opera professionale – ossia sugli incarichi conferiti a professionisti – si poggiano su quella che viene chiamata «presunzione di onerosità»: in buona sostanza, l’incarico si considera sempre «a pagamento», salvo diverso accordo delle parti. Il professionista e il cliente sono certamente liberi di stabilire la gratuità dell’opera, ma se nulla viene previsto nel contratto – come spesso avviene negli incarichi conferiti a voce – l’attività svolta dal professionista va sempre retribuita. Dunque il compenso è un elemento essenziale del contratto, che può essere “derogato”, ma è necessario un esplicito accordo in tal senso.
In sintesi, il conferimento dell’incarico può avvenire in qualsiasi forma idonea a manifestare inequivocabilmente la volontà del cliente di avvalersi della attività e dell’opera del professionista.
L’email è prova di incarico professionale
Ma l’email – ed è questo un punto cruciale – può essere usata in una causa, dopo essere stata debitamente stampata, per provare il credito del professionista? La risposta fornita dalla Cassazione è sì: l’avvocato, l’ingegnere, l’architetto, il consulente del lavoro, il medico, il commercialista può dimostrare in qualsiasi modo di aver ricevuto l’incarico, quindi anche con una semplice email. E posto che la richiesta di parere scritto o verbale può considerarsi al pari di un normale incarico professionale, la domanda inviata tramite email instaura una proposta di contratto, cui il professionista può decidere di aderire, rispondendo, o meno.
Ciò detto, da oggi chi richiede un parere via email è obbligato a pagare il professionista perché la posta elettronica tradizionale – anche quella non certificata – può costituire prova di un incarico.