Innanzitutto il congedo parentale viene completato con la normativa e le modalità di fruizione anche su base oraria, durata di astensione per dipendenti e autonomi, diritto all'indennità economica.
Come è noto, l’articolo 1, comma 339 della Legge 24 dicembre 2012, n. 228 ha apportato rilevanti modifiche alla disciplina del congedo parentale.
In particolare, è stabilito che il congedo parentale possa essere fruito dal genitore lavoratore avente titolo anche su base oraria, a condizione che la ‘contrattazione collettiva di settore’ [nazionale o di secondo livello abbia provveduto a definire:
le modalità di fruizione del congedo su base oraria;
i criteri di calcolo della base oraria e dell’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa.
Pertanto, in carenza di una disciplina appositamente dettata dal contratto collettivo di lavoro applicato, non può essere ammessa la fruizione su base oraria del congedo parentale.
Ai fini dell’esercizio del diritto al periodo di congedo, il lavoratore deve, in osservanza delle modalità e criteri definiti dai contratti collettivi e fatti salvi casi di oggettiva impossibilità, garantire un preavviso non inferiore a 15 giorni, comunicando espressamente al datore di lavoro la data di inizio e conclusione del periodo di congedo parentale.
Infine, è stabilito che, tenuto conto di quanto eventualmente previsto dal contratto collettivo di lavoro, il lavoratore e il datore di lavoro possano, ove necessario, concordare durante il periodo di congedo parentale adeguate misure per la ripresa dell’attività lavorativa.
Nonostante la norma sulla conciliazione lavoro e famiglia sia in vigore, l’applicazione del congedo parentale a ore in Italia è in stallo, ma per legge: “la contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalità di fruizione del congedo di cui al comma 1 su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa”.
Spetta dunque alle associazioni di categoria portare a termine la concertazione per applicare l’opzione, ma il confronto si è arenato sull’interpretazione dell’espressione “contrattazione collettiva di settore”: il settore inteso dal Legislatore si riferisce a quello specifico produttivo o a quello generico del lavoro pubblico e privato? Il Ministero del Lavoro (rispondendo all’interpello di Cgil, Cisl e Uil n. 25 del 22 luglio 2013) ha chiarito che possono essere i contratti collettivi di 2° livello a stabilire modalità di fruizione del congedo parentale a ore, i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa.
Per i dipendenti pubblici, invece, l’applicazione del congedo parentale a ore sembra lontana a causa del blocco della contrattazione collettiva nazionale, a cui tocca l’onere di stabilire le modalità di applicazione della nuova formula di congedo. Con il comunicato dell’11 ottobre 2013, la Flc Cgil ha criticato il Dipartimento della Funzione Pubblica che, contraddicendo quanto espresso dal Ministero con il citato interpello, ha negato l’applicazione del congedo a ore spiegando che per la sua applicazione “l’amministrazione dovrà attendere il recepimento attraverso il contratto collettivo di comparto o la contrattazione quadro”, negando di fatto la possibilità offerta alla contrattazione collettiva secondaria dallo stesso ministero.
In base alla norma generale di cui sopra, i genitori lavoratori dipendenti possono assentarsi dal lavoro anche contemporaneamente se hanno un figlio fino a 8 anni (anche in affido o adottivo, e comunque fino al diciottesimo anno d’età). La madre fino a 6 mesi continuati o frazionati, il padre fino a 7 mesi. Per astensioni contemporanee, l’assenza complessiva non può superare gli 11 mesi, diversamente per ogni singolo genitore si può arrivare a 10 mesi, continuati o frazionati. Per i lavoratori dipendenti, è necessario avvisare il datore di lavoro 15 giorni prima del giorno in cui si richiede il congedo, precisandone la data di inizio e fine. Le lavoratrici autonome artigiane, commercianti, coltivatrici dirette, mezzadre, colone e imprenditrici agricole a titolo principale che siano anche madri naturali, possono astenersi dal lavoro per 3 mesi durante il primo anno di vita del figlio (art. 66 e ss. del D.Lgs. 151/2001). Parimenti lavoratrici e lavoratori parasubordinati, a patto che non siano titolari di pensione o iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.
L’indennità percepita durante il periodo di congedo è pari al 30% della retribuzione. I dipendenti possono ottenerla fino ai 3 anni del figlio e per un massimo di 6 mesi l’anno, complessivi per entrambi i genitori. Oltre i 6 mesi e fino agli 8 anni del figlio, si ha diritto all’indennità sono se il reddito annuo del genitore non sia per due volte e mezzo superiore al trattamento minimo di pensione nell’anno. Le lavoratrici autonome possono beneficiare di un’indennità pari al 30% della retribuzione convenzionale giornaliera fissata dalla legge. Le lavoratrici parasubordinate percepiscono una indennità pari al 30% del reddito percepito nei 12 mesi precedenti al congedo.