I dati Unioncamere e del Ministero del Lavoro sull’occupazione nel 2012 anticipano che entro marzo sono previste 152mila nuove assunzioni in oltre 170 mila imprese dell’industria e dei servizi (7% sul totale in Italia) e riguarderanno in particolare giovani sotto i 30 anni di età.
Il 34% delle nuove assunzioni (51.700 unità) è stato programmato da imprese attive nel settore industria e il 66% (100.400 unità) da quelle dei servizi.
Le professioni che sembrano affrontare meglio il difficile momento del lavoro, secondo la multinazionale olandese Randstad Holding , sono le figure contabili (specialisti in contabilità, credito, Risk Management) , amministrativi (gestione del personale e gestione della contabilità del personale), giuristi d’impresa (scienze economiche), ingegneri ed esperti di social media (esperti informatici e web).
Anche a fronte della riforma del mercato del lavoro, in molti stanno cercando di delineare una sorta di strada maestra per le professioni più richieste dal mercato nel 2012.
Secondo l’ultima ricerca condotta dalla Randstad Holding – azienda specializzata nella ricerca, selezione, formazione di Risorse Umane nel 2012 le richieste di laureati in Economia e Commercio e Ingegneria resteranno alte
Tra i più richiesti secondo l’Amministratore delegato Marco Ceresa, spiccano gli specialisti nel credito-contabilità e nel risk management, in crescita il bisogno delle imprese di giuristi d’impresa e di buoni commerciali.
Infine la ricerca Randstad rivela come le difficoltà economiche impongano alle imprese una maggiore attenzione alle risorse umane ed una più attenta valutazione degli inserimenti, focalizzandosi sui talenti. E se da un lato le aziende saranno più esigenti in termini di competenze e performance, dall’altro avranno bisogno di maggiore flessibilità: per questo auspichiamo una semplificazione della contrattualistica giuslavoristica e un aumento degli stipendi per i più meritevoli.
venerdì 3 febbraio 2012
Mercato del lavoro ed occupazione: le professioni del 2012
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Rapporto CENSIS 2011: imprese, internet, lavoro e scuola
Nel 45mo Rapporto sulla situazione sociale del Paese il Censis ha scattato una fotografia all'Italia. E noi evidenziamo l’aspetto delle imprese, il valore di internet, la difficoltà del mercato del lavoro, e le difficoltà della scuola. Dall'indagine esce il ritratto di un Paese dove la crisi non ha soltanto inciso sui fondamenti economici, ma anche sulla consapevolezza e sulle aspettative verso il proprio futuro.
Imprese
Economia in bilico tra creazione e distruzione di valore. Le forti tensioni sul mercato del debito pubblico pongono ormai da mesi il Paese lungo un sentiero ambiguo caratterizzato non solo dalla mancata crescita dei fondamentali, ma anche da uno scontro tra finanza ed economia reale. Nel primo semestre del 2011 le esportazioni italiane sono aumentate del 16%. Il saldo con l’estero del manifatturiero è in attivo per più di 34 miliardi di euro, mostrando una discreta capacità competitiva. Sebbene la quota italiana del commercio mondiale sia scesa nell’ultimo anno dal 3% al 2,9%, nei primi due trimestri del 2011 l’indice del fatturato dell’industria è aumentato del 7% trainato soprattutto dalle vendite all’estero.
Il fenomeno reti d’impresa: modello aperto e polifunzionale. Il 2011 si chiude con quasi 150 Contratti di rete attivi. Si tratta di uno dei pochi strumenti di innovazione nel campo delle politiche a sostegno del tessuto produttivo. Tra la fine del 2010 e il settembre del 2011 sono stati stipulanti, in media, 12 contratti al mese. Complessivamente, la parte più consistente (il 48%) riguarda aziende localizzate al Nord, ma anche al Sud esistono casi interessanti di collaborazione. L’elemento di maggiore rilievo è il carattere polifunzionale degli accordi e la molteplicità dei settori produttivi coinvolti. La maggior parte delle aziende opera nel manifatturiero (il 46%), ma le imprese dei servizi sono comunque più di un quarto, seguite dall’edilizia (il 14% delle imprese partecipanti).
Internet
Oltre la metà degli italiani naviga su Internet, 9 giovani su 10 sono collegati.
L`utenza del web in Italia nel 2011 ha superato la fatidica soglia del 50% della popolazione, attestandosi al 53,1%. Il dato complessivo si fraziona tra l`87,4% dei giovani e il 15,1% degli delle persone adulte (65-80 anni), tra il 72,2% dei soggetti più istruiti e il 37,7% di quelli meno scolarizzati. E’ quanto ha sostenuto il Censis nel 45mo Rapporto annuale (http://www.censis.it/22) sulla situazione sociale del Paese.
Vediamo i principali utilizzi di Internet.
Secondo l'indagine del Centro Studi Investimenti Sociali, nel 2011 i principali utilizzi di Internet in ordine di utilizzo sono trovare una strada o una località, ascoltare musica, svolgere operazioni bancarie, fare acquisti, prenotare un viaggio.
I giovani sottovalutano i tg, meglio Internet ed i Social Network (Facebook) Dal dossier del Censis emerge che gli italiani usano molte fonti informative, ma alcuni non si informano per niente (10,2%), ricorrono solo ai telegiornali (4,7%) o a un mix di media tutto affidato alla ricezione audiovisiva passiva (telegiornale, giornale radio, televideo: 10,1%).
Lavoro
Il futuro incerto della ripresa occupazionale e del tentativo di riforma del mercato del lavoro. La frenata della crisi nel 2010 (dissipati 153.000 posti di lavoro, contro i 380.000 del 2009) e i dati positivi per il 2011 (+0,4% gli occupati nel primo semestre) fanno sperare in una chiusura d’anno con segno positivo. Viene meno la capacità di tenuta dell’occupazione a tempo indeterminato. Dopo due anni di tendenziale stabilità, si riduce dell’1,3% nel 2010 e dello 0,1% nel primo semestre del 2011. Si segnala però una crescita significativa del lavoro a termine (+1,4% nel 2010 e +5,5% nei primi sei mesi del 2011) e del lavoro autonomo (dopo cinque anni di contrazione, nel 2010 c’è una prima tiepida crescita: +0,2%). Quindi la crisi ha colpito il mercato del lavoro, ma in modo molto diversificato. Tra il 2007 e il 2010 è aumentata l’occupazione straniera (quasi 580.000 lavoratori in più, di cui circa 200.000 nell’ultimo anno, con un incremento complessivo del 38,5%), mentre quella italiana ha registrato la perdita di 928.000 posti di lavoro (-4,3%), di cui 335.000 nell’ultimo anno.
I giovani al centro della crisi. In Italia l’11,2% dei giovani di 15-24 anni, e addirittura il 16,7% di quelli tra 25 e 29 anni, non è interessato né a lavorare né a studiare, mentre la media europea è pari rispettivamente al 3,4% e all’8,5%. Di contro, da noi risulta decisamente più bassa la percentuale di quanti lavorano: il 20,5% tra i 15-24enni (la media Ue è del 34,1%) e il 58,8% tra i 25-29enni (la media Ue è del 72,2%). A ciò si aggiunga che tra le nuove generazioni sta progressivamente perdendo appeal una delle figure centrali del nostro tessuto economico, quella dell’imprenditore. Solo il 32,5% dei giovani di 15-35 anni dichiara di voler mettere su un’attività in proprio, meno che in Spagna (56,3%), Francia (48,4%), Regno Unito (46,5%) e Germania (35,2%).
La mobilità che non c’è, questione di cultura e non di regole. I giovani sono oggi i lavoratori su cui grava di più il costo della mobilità in uscita. Nel 2010, su 100 licenziamenti che hanno determinato una condizione di inoccupazione, 38 hanno riguardato giovani con meno di 35 anni e 30 soggetti con 35-44 anni. Solo in 32 casi si è trattato di persone con 45 anni o più. L’Italia presenta un tasso di anzianità aziendale ben superiore a quello dei principali Paesi europei. Lavora nella stessa azienda da più di dieci anni il 50,7% dei lavoratori italiani, il 44,6% dei tedeschi, il 43,3% dei francesi, il 34,5% degli spagnoli e il 32,3% degli inglesi. Tuttavia, solo il 23,4% dei giovani risulta disponibile a trasferirsi in altre regioni o all’estero per trovare lavoro.
Scuola
Per la scuola siamo ancora lontani dall'obiettivo europeo di giungere entro il 2020 a una media del 10% degli abbandoni prematuri da scuola. Ma nel 2010 si è registrato un nuovo calo. La quota di giovani 18-24enni in possesso della sola licenza media e non più inseriti in percorsi formativi è scesa dal 19,2% del 2009 al 18,8 per cento. Il calo è stato in tutt'Italia, a eccezione del Centro che rimane l'area dove tale rilevatore ha registrato un aumento (14,8%, contro il 13,5% del 2009).
Il rapporto del Censis mostra poi come siano, ancora, discontinui gli interventi di prevenzione e contrasto al fenomeno della dispersione scolastica. Sono soprattutto gli studenti delle isole maggiori a distinguersi per una profonda trascuratezza ai percorsi scolastici e formativi.
Secondo gli oltre mille dirigenti scolastici di scuola secondaria di primo e secondo grado intervistati dal Censis infine l'apporto fornito da alcuni soggetti esterni al mondo della scuola appare molto differenziato. Il 57,4% dei dirigenti dichiara di contare molto o abbastanza sul supporto degli enti locali e un analogo 57% sul contributo delle famiglie. Seguono gli organismi del terzo settore (56%) e le parrocchie (54,1 per cento).
Imprese
Economia in bilico tra creazione e distruzione di valore. Le forti tensioni sul mercato del debito pubblico pongono ormai da mesi il Paese lungo un sentiero ambiguo caratterizzato non solo dalla mancata crescita dei fondamentali, ma anche da uno scontro tra finanza ed economia reale. Nel primo semestre del 2011 le esportazioni italiane sono aumentate del 16%. Il saldo con l’estero del manifatturiero è in attivo per più di 34 miliardi di euro, mostrando una discreta capacità competitiva. Sebbene la quota italiana del commercio mondiale sia scesa nell’ultimo anno dal 3% al 2,9%, nei primi due trimestri del 2011 l’indice del fatturato dell’industria è aumentato del 7% trainato soprattutto dalle vendite all’estero.
Il fenomeno reti d’impresa: modello aperto e polifunzionale. Il 2011 si chiude con quasi 150 Contratti di rete attivi. Si tratta di uno dei pochi strumenti di innovazione nel campo delle politiche a sostegno del tessuto produttivo. Tra la fine del 2010 e il settembre del 2011 sono stati stipulanti, in media, 12 contratti al mese. Complessivamente, la parte più consistente (il 48%) riguarda aziende localizzate al Nord, ma anche al Sud esistono casi interessanti di collaborazione. L’elemento di maggiore rilievo è il carattere polifunzionale degli accordi e la molteplicità dei settori produttivi coinvolti. La maggior parte delle aziende opera nel manifatturiero (il 46%), ma le imprese dei servizi sono comunque più di un quarto, seguite dall’edilizia (il 14% delle imprese partecipanti).
Internet
Oltre la metà degli italiani naviga su Internet, 9 giovani su 10 sono collegati.
L`utenza del web in Italia nel 2011 ha superato la fatidica soglia del 50% della popolazione, attestandosi al 53,1%. Il dato complessivo si fraziona tra l`87,4% dei giovani e il 15,1% degli delle persone adulte (65-80 anni), tra il 72,2% dei soggetti più istruiti e il 37,7% di quelli meno scolarizzati. E’ quanto ha sostenuto il Censis nel 45mo Rapporto annuale (http://www.censis.it/22) sulla situazione sociale del Paese.
Vediamo i principali utilizzi di Internet.
Secondo l'indagine del Centro Studi Investimenti Sociali, nel 2011 i principali utilizzi di Internet in ordine di utilizzo sono trovare una strada o una località, ascoltare musica, svolgere operazioni bancarie, fare acquisti, prenotare un viaggio.
I giovani sottovalutano i tg, meglio Internet ed i Social Network (Facebook) Dal dossier del Censis emerge che gli italiani usano molte fonti informative, ma alcuni non si informano per niente (10,2%), ricorrono solo ai telegiornali (4,7%) o a un mix di media tutto affidato alla ricezione audiovisiva passiva (telegiornale, giornale radio, televideo: 10,1%).
Lavoro
Il futuro incerto della ripresa occupazionale e del tentativo di riforma del mercato del lavoro. La frenata della crisi nel 2010 (dissipati 153.000 posti di lavoro, contro i 380.000 del 2009) e i dati positivi per il 2011 (+0,4% gli occupati nel primo semestre) fanno sperare in una chiusura d’anno con segno positivo. Viene meno la capacità di tenuta dell’occupazione a tempo indeterminato. Dopo due anni di tendenziale stabilità, si riduce dell’1,3% nel 2010 e dello 0,1% nel primo semestre del 2011. Si segnala però una crescita significativa del lavoro a termine (+1,4% nel 2010 e +5,5% nei primi sei mesi del 2011) e del lavoro autonomo (dopo cinque anni di contrazione, nel 2010 c’è una prima tiepida crescita: +0,2%). Quindi la crisi ha colpito il mercato del lavoro, ma in modo molto diversificato. Tra il 2007 e il 2010 è aumentata l’occupazione straniera (quasi 580.000 lavoratori in più, di cui circa 200.000 nell’ultimo anno, con un incremento complessivo del 38,5%), mentre quella italiana ha registrato la perdita di 928.000 posti di lavoro (-4,3%), di cui 335.000 nell’ultimo anno.
I giovani al centro della crisi. In Italia l’11,2% dei giovani di 15-24 anni, e addirittura il 16,7% di quelli tra 25 e 29 anni, non è interessato né a lavorare né a studiare, mentre la media europea è pari rispettivamente al 3,4% e all’8,5%. Di contro, da noi risulta decisamente più bassa la percentuale di quanti lavorano: il 20,5% tra i 15-24enni (la media Ue è del 34,1%) e il 58,8% tra i 25-29enni (la media Ue è del 72,2%). A ciò si aggiunga che tra le nuove generazioni sta progressivamente perdendo appeal una delle figure centrali del nostro tessuto economico, quella dell’imprenditore. Solo il 32,5% dei giovani di 15-35 anni dichiara di voler mettere su un’attività in proprio, meno che in Spagna (56,3%), Francia (48,4%), Regno Unito (46,5%) e Germania (35,2%).
La mobilità che non c’è, questione di cultura e non di regole. I giovani sono oggi i lavoratori su cui grava di più il costo della mobilità in uscita. Nel 2010, su 100 licenziamenti che hanno determinato una condizione di inoccupazione, 38 hanno riguardato giovani con meno di 35 anni e 30 soggetti con 35-44 anni. Solo in 32 casi si è trattato di persone con 45 anni o più. L’Italia presenta un tasso di anzianità aziendale ben superiore a quello dei principali Paesi europei. Lavora nella stessa azienda da più di dieci anni il 50,7% dei lavoratori italiani, il 44,6% dei tedeschi, il 43,3% dei francesi, il 34,5% degli spagnoli e il 32,3% degli inglesi. Tuttavia, solo il 23,4% dei giovani risulta disponibile a trasferirsi in altre regioni o all’estero per trovare lavoro.
Scuola
Per la scuola siamo ancora lontani dall'obiettivo europeo di giungere entro il 2020 a una media del 10% degli abbandoni prematuri da scuola. Ma nel 2010 si è registrato un nuovo calo. La quota di giovani 18-24enni in possesso della sola licenza media e non più inseriti in percorsi formativi è scesa dal 19,2% del 2009 al 18,8 per cento. Il calo è stato in tutt'Italia, a eccezione del Centro che rimane l'area dove tale rilevatore ha registrato un aumento (14,8%, contro il 13,5% del 2009).
Il rapporto del Censis mostra poi come siano, ancora, discontinui gli interventi di prevenzione e contrasto al fenomeno della dispersione scolastica. Sono soprattutto gli studenti delle isole maggiori a distinguersi per una profonda trascuratezza ai percorsi scolastici e formativi.
Secondo gli oltre mille dirigenti scolastici di scuola secondaria di primo e secondo grado intervistati dal Censis infine l'apporto fornito da alcuni soggetti esterni al mondo della scuola appare molto differenziato. Il 57,4% dei dirigenti dichiara di contare molto o abbastanza sul supporto degli enti locali e un analogo 57% sul contributo delle famiglie. Seguono gli organismi del terzo settore (56%) e le parrocchie (54,1 per cento).
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lunedì 30 gennaio 2012
Costi politica e lavoro: taglio stipendi parlamentari
Via libera dall'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati ai tagli per gli stipendi, maggiorati di un 10% per quanto riguarda le figure apicali. "Si tratta di decisioni definitive e ad effetto immediato" ha spiegato il vicepresidente Rocco Buttiglione al termine della riunione.
L'Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato definitivamente il regolamento applicativo del nuovo sistema previdenziale dei deputati e dei dipendenti della Camera.
Il taglio degli stipendi sarà i 1.300 euro lordi il taglio alle indennità dei parlamentari mentre il netto dovrebbe essere intorno ai 700 euro netti. Stabilito inoltre che per i vitalizi si passa al sistema contributivo, che varrà anche per i dipendenti. In realtà, il taglio è stato deciso per evitare che, nel passaggio al nuovo sistema previdenziale, l’indennità dei parlamentari potesse subire un aumento a causa di un diverso trattamento fiscale
"Il trattamento economico complessivo del primo Presidente della C. di Cassazione diventa il parametro di riferimento per tutti i manager delle P.A. In nessun caso l'ammontare complessivo delle somme loro erogate da pubbliche amministrazioni potrà superare questo limite". E' quanto si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.
L'Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato definitivamente il regolamento applicativo del nuovo sistema previdenziale dei deputati e dei dipendenti della Camera. Sul nuovo regolamento, che segna il passaggio dai vitalizi al calcolo contributivo per l'ottenimento dell'assegno pensionistico, c'è stato il parere contrario dell'Idv e della Lega Nord.
Obbligo di rendicontare il 50% delle spese per i portaborse.
Dovrà essere rendicontato il 50% dei rimborsi a titolo di contributo delle spese per l'esercizio del mandato. Lo ha deciso l'Ufficio di Presidenza della Camera che ha così modificato i rimborsi ora spettanti ai deputati per i cosiddetti portaborse. La misura modifica quello che è attualmente definito il contributo eletto-elettori.
Allo studio c'è una proposta di per uniformare i contratti dei collaboratori e farli durare al massimo per il tempo di una legislatura. A prima vista sembra una misura a favore dei precari "portaborse", ma c'è chi sostiene sia una misura di tutela nei confronti dei parlamentari: una durata certa del contratto (coincidente con la legislatura) renderebbe impossibile il ricorso al giudice del lavoro da parte del dipendente in caso di mancata rielezione del parlamentare.
Anche il Senato procederà con una taglio ai costi della politica, intervenendo, tra le altre cose, sul taglio dei vitalizi con il passaggio al sistema contributivo.
Il taglio degli stipendi dei parlamentari sembra che sia stata decisa per evitare che, nel passaggio al nuovo sistema previdenziale, l’indennità dei parlamentari potesse subire un aumento a causa di un diverso trattamento fiscale. Il passaggio dal vitalizio al contributivo comporta l’emersione di una quota di reddito, in quanto i versamenti previdenziali non sono tassati mentre lo erano le trattenute per i vitalizi.
Attendiamo se è vero il taglio degli stipendi o un modo per evitare i veri costi per i parlamentari.
L'Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato definitivamente il regolamento applicativo del nuovo sistema previdenziale dei deputati e dei dipendenti della Camera.
Il taglio degli stipendi sarà i 1.300 euro lordi il taglio alle indennità dei parlamentari mentre il netto dovrebbe essere intorno ai 700 euro netti. Stabilito inoltre che per i vitalizi si passa al sistema contributivo, che varrà anche per i dipendenti. In realtà, il taglio è stato deciso per evitare che, nel passaggio al nuovo sistema previdenziale, l’indennità dei parlamentari potesse subire un aumento a causa di un diverso trattamento fiscale
"Il trattamento economico complessivo del primo Presidente della C. di Cassazione diventa il parametro di riferimento per tutti i manager delle P.A. In nessun caso l'ammontare complessivo delle somme loro erogate da pubbliche amministrazioni potrà superare questo limite". E' quanto si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.
L'Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato definitivamente il regolamento applicativo del nuovo sistema previdenziale dei deputati e dei dipendenti della Camera. Sul nuovo regolamento, che segna il passaggio dai vitalizi al calcolo contributivo per l'ottenimento dell'assegno pensionistico, c'è stato il parere contrario dell'Idv e della Lega Nord.
Obbligo di rendicontare il 50% delle spese per i portaborse.
Dovrà essere rendicontato il 50% dei rimborsi a titolo di contributo delle spese per l'esercizio del mandato. Lo ha deciso l'Ufficio di Presidenza della Camera che ha così modificato i rimborsi ora spettanti ai deputati per i cosiddetti portaborse. La misura modifica quello che è attualmente definito il contributo eletto-elettori.
Allo studio c'è una proposta di per uniformare i contratti dei collaboratori e farli durare al massimo per il tempo di una legislatura. A prima vista sembra una misura a favore dei precari "portaborse", ma c'è chi sostiene sia una misura di tutela nei confronti dei parlamentari: una durata certa del contratto (coincidente con la legislatura) renderebbe impossibile il ricorso al giudice del lavoro da parte del dipendente in caso di mancata rielezione del parlamentare.
Anche il Senato procederà con una taglio ai costi della politica, intervenendo, tra le altre cose, sul taglio dei vitalizi con il passaggio al sistema contributivo.
Il taglio degli stipendi dei parlamentari sembra che sia stata decisa per evitare che, nel passaggio al nuovo sistema previdenziale, l’indennità dei parlamentari potesse subire un aumento a causa di un diverso trattamento fiscale. Il passaggio dal vitalizio al contributivo comporta l’emersione di una quota di reddito, in quanto i versamenti previdenziali non sono tassati mentre lo erano le trattenute per i vitalizi.
Attendiamo se è vero il taglio degli stipendi o un modo per evitare i veri costi per i parlamentari.
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