sabato 29 settembre 2012

Chimici rinnovo contratto di lavoro 180 euro in più in busta paga


Federchimica e Farmindustria, insieme a tutte le componenti sindacali di settore - Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uilcem-Uil le altre sigle sindacali settoriali - hanno siglato il rinnovo del contratto  collettivo nazionale di lavoro per gli addetti all'industria chimica, chimico-farmaceutica, delle fibre chimiche e dei settori abrasivi, lubrificanti e Gpl. Il contratto siglato riguarda oltre 180mila lavoratori e circa 3mila imprese.

Rinnovo che avviene in un contesto difficile per la pesante situazione economica e di mercato con la quale l'industria è costretta a agire. Questo è uno dei motivi che, l'ipotesi di accordo, raggiunta in tempi contenuti e senza ricorso a passaggi conflittuali assume alla luce di tutti questi fattori una valenza importante, resa ancor più significativa dai contenuti. L'incremento economico è in linea con la richiesta salariale della piattaforma. Ma i miglioramenti ottenuti vanno oltre l'aspetto salariale e comprendono il welfare contrattuale (fondi pensione e fondi di assistenza sanitaria), il rafforzamento delle relazioni industriali.

Numerosi i punti chiave del nuovo CCNL dei lavoratori chimici: per quanto concerne l'aspetto salariale, è previsto un aumento medio di 148 euro lordi mensili in busta paga - importo che tuttavia sarà erogato in quattro tranches differenti - mentre una novità assoluta è rappresentata dall'introduzione del Progetto Ponte, vale a dire una sorta di patto di solidarietà generazionale al fine di favorire l'occupazione giovanile nel settore. Non solo le aziende sono chiamate ad assumere forza lavoro giovanile in cambio della trasformazione del contratto dei lavoratori "senior" prossimi alla pensione da tempo pieno a tempo parziale, ma questi ultimi ricoprono il ruolo di tutor nei confronti dei nuovi ingressi. Il progetto permette di ridurre gli orari di lavoro di coloro che sono prossimi alla pensione in concomitanza con l'inserimento di giovani nelle medesime realtà lavorative.

I temi significativi del nuovo contratto sono: esigibilità, flessibilità, occupabilità e produttività.

L'esigibilità, che crea condizioni di certezza delle regole e delle loro applicazioni e la coerenza di comportamenti che ne consegue, è stata considerata indispensabile in uno scenario generalmente instabile.
La flessibilità è un aspetto trasversale importante, che parte dal riconoscimento della formazione come strumento essenziale per la qualità delle risorse umane.
Sul fronte dell'occupabilità prende vita il Progetto Ponte, che ha l'obiettivo di aumentare e favorire l'occupazione giovanile, creando un vero e proprio ponte generazionale: il lavoratore senior, che si avvia all'uscita dall'azienda, riducendo il proprio carico di lavoro, consente il subentro di una risorsa junior.
Per quanto riguarda la produttività sarà possibile, previo accordo delle parti in ambito aziendale, posticipare l'erogazione delle tranche di aumento dei minimi contrattuali prevista dal contratto collettivo nazionale fino a 6 mesi. Ciò rappresenta una novità nel panorama delle relazioni industriali.

L' avvio di nuovi modelli di partecipazione rappresenta una nuova sfida per il sindacato e le Rsu che devono acquisire un nuovo livello di preparazione e conoscenza per svolgere in maniera adeguata il ruolo di tutela e rappresentanza. È un passo significativo verso una maggiore definizione della posizione del lavoratore dentro la fabbrica e l'avvio di un processo che può permettere al sindacato di svolgere un ruolo più incisivo anche in quei processi, quali ad esempio le delocalizzazioni, che spesso ci hanno costretto in funzioni di meri attori burocratici di processi già definiti.

Lavoro e imprese under 35 che succede?


L'indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane a settembre è crollato a 75,5 da 79,0. Lo ha rilevato l'Istat. Si tratta del livello più basso dal marzo del 2009, quando si registrò un minimo storico. La caduta è esclusivamente dovuta alla caduta per le imprese dei servizi di mercato. Si registrano invece miglioramenti negli altri tre settori (industria manifatturiera, costruzioni, commercio al dettaglio).

La crisi ha provocato in Italia una strage in un solo anno di 26.000 imprese condotte da giovani under 35 anni in tutti i settori produttivi. E' quanto emerge da un'analisi Coldiretti-Swg.
Sono quasi 697.000 le imprese giovanili che hanno resistito alle difficoltà economiche, la maggioranza delle quali - sottolinea Coldiretti - opera nel commercio e nei servizi di alloggio e ristorazione (251.000), nel manifatturiero e nelle costruzioni (182.000) e nell'agricoltura (62.000).

L'agricoltura, si colloca sul podio delle attività di impresa preferite dai giovani e mostra anche - precisa la Coldiretti - un segnale incoraggiante di inversione di tendenza con un aumento del 4,3 nel numero di imprese individuali nel secondo trimestre del 2012.

Dall'indagine Coldiretti-Swg svolta su giovani agricoltori con meno di 30 anni di età emerge che il 36,5 per cento ha una scolarità alta (specializzato, laureato, laureando), il 56 per cento media (scuole superiori) e il 6,5 per cento bassa (scuole medie).

"In un momento in cui il mercato del lavoro è in crisi ed è venuta meno la stessa idea che l'industria possa dare a tutti un posto - sottolinea il delegato nazionale di Coldiretti Giovani Impresa, Vittorio Sangiorgio - l'agricoltura moderna e multifunzionale consente oggi ai giovani di avviare un'attività imprenditoriale nella quale esprimere le proprie idee e il proprio vissuto di esperienza e cultura".

"L'inversione di tendenza - afferma il presidente di Coldiretti Sergio Marini - e' la dimostrazione che il settore agricolo si e' rigenerato con una classe di giovani di imprenditori impegnata con successo nel capire e soddisfare i nuovi bisogni dei consumatori".

venerdì 28 settembre 2012

Lavoro a chiamata si ferma il 18 luglio 2013


Il lavoro a chiamata che starà in vita per altri 10 mesi è il contratto con il quale il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro che ricorre alla sua prestazione soltanto quando ne abbia effettivamente bisogno. Ed è entrato nel mondo del lavoro in quella fattispecie di nuovi contratti di lavoro che sono stati introdotti dalla riforma Biagi con il preciso obiettivo di regolarizzare la prassi diffusa del cosiddetto lavoro a fattura, utilizzato per lo svolgimento di lavori autonomi non occasionali ma caratterizzati da una certa continuità e al tempo stesso a cadenza intermittente.

Con la riforma del lavoro voluta dal ministro Fornero ai contratti flessibili toccano anche il lavoro a chiamata. Le novità apportate si muovono lungo due linee guida: in primo luogo sono state riscritte le regole che consentono il ricorso a questa fattispecie contrattuale, poi sono state disciplinate - con carattere innovativo - particolari modalità sull'uso di questa prestazione lavorativa, con l'intento di arginare i possibili abusi.

Le ipotesi soggettive secondo cui è possibile instaurare contratti di lavoro a chiamata o job-on-call, senza limitazioni sulle attività di impiego, sono state individuate in capo a due tipologie di soggetti.

La prima riguarda i giovani di età inferiore a 24 anni: in questa ipotesi, dall'entrata in vigore della riforma (18 luglio 2012) è - di fatto - possibile dar corso solo a rapporti di lavoro a termine, poiché la prestazione si deve esaurire entro il venticinquesimo anno di età.

Il contratto di lavoro a chiamata si può stipulare poi con soggetti di età superiore a cinquantacinque anni, anche pensionati. Rimangono in vita le ipotesi oggettive: per le prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze determinate dai contratti collettivi nazionali di lavoro.

La riforma del lavoro ha abrogato la possibilità di utilizzo del lavoro a chiamata per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno: nella precedente disciplina era infatti possibile il ricorso nei periodi del fine settimana, delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali indipendentemente dal tipo di attività, da lavoratori con meno di 25 anni di età o di più di 45.

Con le norme attuali, l'uso di questo istituto nei periodi "predeterminati" è possibile solo laddove questi siano stati individuati dai Ccnl (e pertanto dal 18 luglio questa declinazione non è più stipulabile se non espressamente prevista nei contratti collettivi).
I contratti di lavoro a chiamata in corso all'entrata in vigore della legge 92/2012 che non siano conformi alle nuove disposizioni (si pensi a un contratto stipulato con un soggetto quarantacinquenne, prima ammesso), sia a tempo determinato che indeterminato, si dovranno concludere il 18 luglio 2013, altrimenti cesseranno per forza maggiore.
Secondo le indicazioni del Ministero del Lavoro (circolare n. 18 del 2012), l'eventuale prosecuzione della prestazione sarà considerata "in nero", poiché vietata: le conseguenze possono essere pesanti perché farebbero scattare le sanzioni previste per questa condotta. I contratti attivati in assenza delle condizioni legittimanti la stipulazione saranno considerati a tempo pieno e tempo indeterminato: in questa ipotesi, in sede di accertamento da parte dell'Inps, si potrebbe profilare la pretesa contributiva con riferimento al minimale giornaliero, anche per i periodi non lavorati.

La riforma Fornero si occupa delle modalità di svolgimento della prestazione: dal 18 luglio scorso, i datori di lavoro sono obbligati a comunicare preventivamente l'inizio della prestazione o di un ciclo integrato di prestazioni non superiore a trenta giorni.

È bene ricordare che il ricorso al contratto intermittente è vietato per sostituire i lavoratori in sciopero, in unità produttive nelle quali si sia proceduto a licenziamenti collettivi o a sospensioni/riduzione dell'attività con ricorso a integrazioni salariali (per lavoratori adibiti alle medesime mansioni), o nel caso di aziende non in regola con la valutazione dei rischi.

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