sabato 27 aprile 2013
Pensioni 2013 contributi INPS non versati. Una guida
Innanzitutto diciamo che esistono contributi previdenziali non versati e sono contributi che vengono accreditati a seguito della facoltà concessa al lavoratore o al pensionato di coprire periodi, altrimenti privi di contribuzione, per i quali:
vi è stata omissione nel versamento all’Inps dei contributi obbligatori che non possono essere, altrimenti, recuperati essendo intervenuta la prescrizione di legge;
non vi era l’obbligo del versamento contributivo;
sono state introdotte particolari disposizioni legislative.
Ricordiamo che l’omesso versamento di contributi previdenziali (INPS) è il reato previsto da legge speciale che punisce il datore di lavoro che non abbia adempiuto l’obbligo di pagamento all’Inps dei contributi dovuti con riferimento alla retribuzione dei propri dipendenti.
È possibile comunque un recupero di tali contributi, segnalando i mancati versamenti all'Inps dopo aver controllato il proprio Estratto Contributivo.
È consentito riscattare i periodi di lavoro non coperti da contribuzione e per i quali non sussiste più l’obbligo assicurativo, se i contributi risultano non versati:
dal datore di lavoro per attività lavorativa subordinata;
dal titolare di impresa artigiana o commerciale per i coadiuvanti;
dal titolare del nucleo coltivatore diretto, colono e mezzadro in favore dei familiari coadiuvanti.
dagli iscritti alla gestione separata che non siano titolari all’obbligo contributivo.(circolare 101/2010).
A differenza dei contributi figurativi, il cui accredito è gratuito, il riscatto è sempre a titolo oneroso e si perfeziona con il pagamento di un onere di riscatto. Ed è consentito riscattare i periodi non coperti da contribuzione corrispondenti a:
corso legale di laurea, le lauree brevi e i titoli di studio ad esse equiparati;
attività lavorativa svolta all’estero in Paesi non convenzionati;
astensione facoltativa per maternità che si colloca al di fuori del rapporto di lavoro;
gli anni di praticantato effettuati dai Promotori finanziari;
attività svolta con contratto di collaborazione coordinata e continuativa per periodi antecedenti il 1.4.1996;
i periodi non lavorati e privi di contribuzione previsti da specifiche disposizioni di legge e comunque successivi al 31.12.1996;
periodi di lavoro svolto con contratto a tempo parziale;
i periodi di lavoro socialmente utili per la copertura delle settimane utili per il calcolo della misura delle pensioni ulteriori periodi di riscatto previsti da specifiche disposizioni di legge.
Il recupero dei contributi prevede inoltre il versamento di una somma di denaro all'Inps calcolata in base:
all'età del lavoratore,
al guadagno,
al periodo di contributi omessi e già versati.
L’importo da pagare (onere di riscatto) viene notificato dall’Inps con il provvedimento di accoglimento della domanda di riscatto.
Il pagamento può essere effettuato:
in unica soluzione, entro 60 giorni dalla data di ricezione del provvedimento;
in forma rateale.
Il mancato pagamento dell’importo in unica soluzione o del versamento della prima rata è considerato come rinuncia alla domanda che viene archiviata dall’Inps senza ulteriori adempimenti.
Il mancato versamento dell’importo in unica soluzione o della prima rata sarà considerato come rinuncia alla domanda.
Il tardivo versamento dell’importo in unica soluzione o della prima rata sarà considerato, a richiesta e ove consentito dalla normativa, come nuova domanda, presentata il giorno del versamento tardivo.
Il tardivo versamento delle rate successive potrà anch’esso essere considerato, a richiesta e ove consentito dalla normativa, come nuova domanda, con le suddette conseguenze sull’onere.
Tuttavia, per non più di cinque volte, il ritardato versamento verrà ritenuto valido, con l’addebito degli interessi di dilazione, se effettuato entro trenta giorni dalla data di scadenza del bollettino.
Il recupero contributi può essere richiesto anche per lavori in altri paesi e può avvenire solo nei casi in cui non ci sia stata la prescrizione che varia a seconda di chi la richiede; è di 5 anni se la denuncia del mancato versamento è opera del datore di lavoro, di 10 anno se sono i lavoratori.
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domenica 21 aprile 2013
Guida ai falsi annunci di lavoro. Come muoversi
Se ne leggono di annunci di lavoro, la maggior parte sul web: centinaia di pagine e bacheche visitate con i clic per cercare lavoro. Si legge, ci si candida, si aspettano risposte. Poi un giorno arriva una mail: un’offerta condizionata all’invio di denaro, in certi casi. Un’offerta che non esiste veramente, in altri. L’affare dei falsi annunci di lavoro è un affare che si sta infiltrando velocemente sul web, sulla Rete.
A volte la troppa esperienza del mondo degli annunci di lavoro possono giocare brutti scherzi a chi è in cerca in modo spasmodico una occupazione. Come se non bastasse la scarsezza di offerte con contratto e retribuzione dignitose, spesso infatti bisogna anche fare i conti con aziende poco serie o finte, che pubblicano proposte da cui è meglio stare alla larga per non rischiare di perdere soldi.
Sempre più spesso, quando si naviga in siti creati appositamente per la pubblicazione di annunci di lavoro, capita d'imbattersi in inserzioni poco chiare, su alcuni punti di vista o, troppo espliciti su altri, dalla quale è sempre meglio stare lontano.
Ecco allora una guida su come muoversi verso gli annunci di lavoro falsi.
Come primo aspetto è bene avere un grande attenzione, buonsenso e una dose di diffidenza sono i tre pilastri fondamentali che chi cerca lavoro non dovrebbe mai dimenticare. Tuttavia, in tempo di crisi e quando il mercato del lavoro sembra non offrire alcuna opportunità, anche la persona più navigata rischia di cadere in offerte che non hanno nulla di serio.
Un primo consiglio è non considerare le offerte di lavoro in cui non è indicato il nome dell'azienda e non è presente neppure una presentazione in forma anonima del settore in cui opera e dell'attività che svolge. Diffidate da questi annunci anche nel caso ci sia indicato un numero di telefono o una email con nome e cognome, non sono per niente una garanzia.
E' meglio stare alla larga dalle offerte che cercano profili generici e che propongono attività poco chiare, così come da quelle che promettono facili guadagni. Le aziende serie sono sempre molto attente ai requisiti professionali e personali delle persone da inserire e in tempi di crisi diventano ancora più esigenti: gli annunci che promettono lavori facili e alte remunerazioni nella quasi totalità dei casi nascondono una truffa.
Bisogna diffidare dalle offerte di lavoro che richiedono l'invio di dati personali riservati, del codice fiscale, del numero della carta di credito o del conto corrente per le ragioni più svariate e spesso (purtroppo) apparentemente legittime e del tutto motivate: nessuno assume sulla base dell'anagrafica e/o del conto in banca. Anzi, gli annunci che non prevedono neppure un colloquio telefonico o via Skype sono da considerare finti e potenzialmente pericolosi.
Diffidare gli annunci di lavoro in cui sono prospettati facili guadagni. Infatti, niente è facile, neanche trovare un lavoro, figurasi un guadagno.
Per quanto perfetti possano essere, tali annunci, per questioni inderogabili, presentano delle falle, che è possibile individuare magari rileggendo più volte, nel caso il nostro intuito, trovi qualcosa di poco convincente in quelle righe. In genere le caratteristiche che segnalano un falso annuncio, sono le seguenti:
Attenzione anche ai colloqui di lavoro da svolgere via telefono o tramite Skype, è una questione di buon senso in questo caso. E' consigliabile quindi e, in tutti i casi, svolgere un approfondita e accurata ricerca sull'azienda in questione, prima di recarsi di persona al colloquio.
Comunque per difendersi dalle truffe e segnalare quella in cui si è eventualmente finiti, evitando ad altri la stessa spiacevole esperienza, il consiglio è allora di visitare il sito Bob Spammit, sempre aggiornatissimo e agguerrito contro chi vuole fare della sfortuna degli altri la propria fortuna.
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sabato 20 aprile 2013
I contributi Inps non versati crescono di oltre il 20% in due anni
I numeri danno concretezza a una sensazione diffusa nel mondo produttivo. La difficoltà delle imprese è cresciuta al punto tale che molte non riescono nemmeno più a far fronte agli obblighi contributivi. Secondo i dati forniti dall'Inps gli importi dovuti e non versati in due anni sono cresciuti di oltre il 21 per cento.
Secondo i dati forniti dallo INPS, sono aumentati del 21,4% i contributi annuali non versati all'ente di previdenza da parte dei datori di lavoro e degli iscritti. Secondo i dati forniti dallo stesso Inps, dai 4,59 miliardi di euro del 2010 si è passati ai 5,57 miliardi del 2012.
Si evidenzia un andamento diverso tra il 2011 e l'anno scorso (il cui bilancio consuntivo non è stato ancora approvato ma si può contare su dati contabili reali). Tra il 2010 e il 2011, i contributi non versati sono cresciuti del 3,1%, mentre tra il 2011 e il 2012 il salto è stato del 17,8% segno, di un grave e brusco peggioramento della situazione delle imprese, che, alle prese con difficoltà economiche, rinunciano a rispettare gli obblighi di contribuzione.
Un quadro che è emerso a seguito del decreto legge messo a punto per sbloccare i pagamenti arretrati della Pubblica amministrazione. Tale provvedimento prevede quale condizione per accedere ai pagamenti, la regolarità contributiva da parte delle aziende. Ma proprio per la difficoltà delle imprese a far fronte agli obblighi, in questi giorni si sta lavorando per escludere il possesso del Durc dai requisiti previsti, tanto più che spesso sono proprio i mancati pagamenti della Pubblica amministrazione ad aver contribuito all'irregolarità contributiva delle imprese.
L'analisi per settori ha messo in evidenza come sia in particolare l'industria ad aver peggiorato i valori. Da 2,02 miliardi di euro di contributi non versati nel 2010 si è passati a 2,91 miliardi nel 2012, con un incremento del 44,1%, mentre per commercio, servizi e artigianato l'aumento è stato del 10% circa. Non si rilevano sensibili differenze a livello territoriale, dato che Nord, Centro, Sud e Isole oscillano tra un incremento del 21,2 e il 21,4 per cento.
A fronte di entrate contributive per 154 miliardi stimate nel 2012 (esclusa la gestione ex Inpdap), i 5,5 miliardi mancanti rappresentano il 3,6%, una dimensione che non costituisce un elemento di criticità per i bilanci dell'Inps. Però allargando l'orizzonte si nota che nel corso degli anni il totale dei contributi mancanti all'appello è andato crescendo.
Secondo quanto riportato nei rendiconti generali, a fine 2003 i crediti per contributi non versati ammontavano a 33,3 miliardi di euro (rettificati in 14,1 miliardi nel fondo svalutazione crediti contributivi). A fine 2011 l'importo era salito a 66,3 miliardi (30,5 miliardi postati nel fondo dedicato). In otto anni il debito complessivamente accumulato dalle imprese è raddoppiato.
Questa situazione rischia di trasformarsi come un boomerang, dato che spesso sono i ritardati pagamenti della Pa una delle ragioni che determinano una situazione di anomalia contributiva, la quale, impedisce all'operazione di pagamento delle somme arretrate dovute dal committente pubblico. I dati affermano che già nel 2007 i contributi non versati nell'anno ammontavano a 4,5 miliardi. Poi, nel pieno della crisi, dal 2008 al 2011 il dato è rimasto stabile, segno che finché hanno potuto gli imprenditori hanno rispettato gli obblighi.
Secondo i dati forniti dallo INPS, sono aumentati del 21,4% i contributi annuali non versati all'ente di previdenza da parte dei datori di lavoro e degli iscritti. Secondo i dati forniti dallo stesso Inps, dai 4,59 miliardi di euro del 2010 si è passati ai 5,57 miliardi del 2012.
Si evidenzia un andamento diverso tra il 2011 e l'anno scorso (il cui bilancio consuntivo non è stato ancora approvato ma si può contare su dati contabili reali). Tra il 2010 e il 2011, i contributi non versati sono cresciuti del 3,1%, mentre tra il 2011 e il 2012 il salto è stato del 17,8% segno, di un grave e brusco peggioramento della situazione delle imprese, che, alle prese con difficoltà economiche, rinunciano a rispettare gli obblighi di contribuzione.
Un quadro che è emerso a seguito del decreto legge messo a punto per sbloccare i pagamenti arretrati della Pubblica amministrazione. Tale provvedimento prevede quale condizione per accedere ai pagamenti, la regolarità contributiva da parte delle aziende. Ma proprio per la difficoltà delle imprese a far fronte agli obblighi, in questi giorni si sta lavorando per escludere il possesso del Durc dai requisiti previsti, tanto più che spesso sono proprio i mancati pagamenti della Pubblica amministrazione ad aver contribuito all'irregolarità contributiva delle imprese.
L'analisi per settori ha messo in evidenza come sia in particolare l'industria ad aver peggiorato i valori. Da 2,02 miliardi di euro di contributi non versati nel 2010 si è passati a 2,91 miliardi nel 2012, con un incremento del 44,1%, mentre per commercio, servizi e artigianato l'aumento è stato del 10% circa. Non si rilevano sensibili differenze a livello territoriale, dato che Nord, Centro, Sud e Isole oscillano tra un incremento del 21,2 e il 21,4 per cento.
A fronte di entrate contributive per 154 miliardi stimate nel 2012 (esclusa la gestione ex Inpdap), i 5,5 miliardi mancanti rappresentano il 3,6%, una dimensione che non costituisce un elemento di criticità per i bilanci dell'Inps. Però allargando l'orizzonte si nota che nel corso degli anni il totale dei contributi mancanti all'appello è andato crescendo.
Secondo quanto riportato nei rendiconti generali, a fine 2003 i crediti per contributi non versati ammontavano a 33,3 miliardi di euro (rettificati in 14,1 miliardi nel fondo svalutazione crediti contributivi). A fine 2011 l'importo era salito a 66,3 miliardi (30,5 miliardi postati nel fondo dedicato). In otto anni il debito complessivamente accumulato dalle imprese è raddoppiato.
Questa situazione rischia di trasformarsi come un boomerang, dato che spesso sono i ritardati pagamenti della Pa una delle ragioni che determinano una situazione di anomalia contributiva, la quale, impedisce all'operazione di pagamento delle somme arretrate dovute dal committente pubblico. I dati affermano che già nel 2007 i contributi non versati nell'anno ammontavano a 4,5 miliardi. Poi, nel pieno della crisi, dal 2008 al 2011 il dato è rimasto stabile, segno che finché hanno potuto gli imprenditori hanno rispettato gli obblighi.
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