mercoledì 16 ottobre 2013
Legge stabilità 2013 tanto lavoro per un aumento in busta paga 14 euro al mese
Aumento non per tutti. Il taglio del cuneo fiscale introdotto dalla legge di stabilità potrebbe garantire ai lavoratori dipendenti una busta paga più "pesante" fino a 14 euro netti al mese. Cgia: "Dal cuneo fiscale in busta paga 14 euro al mese" - Il taglio del cuneo fiscale potrebbe garantire ai lavoratori dipendenti una busta paga più 'pesante' fino a 14 euro netti al mese: a sostenerlo la Cgia di Mestre, che ha elaborato alcuni calcoli sui risparmi sulla base dei dati circolanti. A trarre maggior vantaggio, i lavoratori con redditi tra i 15mila e i 20mila euro, pari a un netto mensile compreso tra i 950 e i 1.250 euro.
Non piacciono per nulla ai sindacati le misure contenute nella Legge di stabilità circa il pubblico impiego. In particolare il segretario della Uil, Luigi Angeletti, si dice pronto a proteste "molto forti", compreso lo sciopero. In particolare le critiche si rivolgono al blocco dei contratti e del turn-over, al taglio degli straordinari e alle misure sulla liquidazione.
Giorgio Squinzi: direzione giusta ma poco coraggio. Se dai sindacati non arrivano segnali positivi, l'insoddisfazione è evidente anche tra gli industriali, con il presidente Squinzi che commenta così il provvedimento: "I passi andrebbero anche nella direzione giusta ma ancora una volta non sono sufficienti per farci ritrovare la crescita".
Quella legge, continua Squinzi, "non incide realmente sul costo del lavoro. Noi avevamo indicato come priorità assoluta il cuneo fiscale. Cosa fare? Non sono il primo ministro di questo Paese ma vorrei dire che ci vuole più coraggio". Non basta, secondo il numero uno di Viale dell'Astronomia, mantenere "lo status quo. Anche se ci sono passi nella direzione giusta che possiamo valutare positivamente non cambiano l'andamento economico né la visione del futuro del Paese".
"Sì alla mobilitazione, ma dialoghiamo con il governo" - Mobilitazione da una parte, dialogo con il governo dall'altra: questa la strategia messa in campo dal leader della Cgil Susanna Camusso, che spiega: "Noi abbiamo già una piattaforma aperta con Cisl e Uil e valuteremo come trasformarla in mobilitazione nei prossimi giorni. Credo che prevedremo e penseremo a tutte le forme utili per determinare un percorso che da un lato accompagni la discussione in Parlamento e dall'altro continui a tenere aperto il dialogo con il governo". Il segretario Cgil aggiunge che quella legge va cambiata e "decideremo tutte le cose utili per questo fine".
"Sulla riduzione delle tasse il segnale è ancora troppo debole. Alla fine ha vinto il partito della spesa pubblica improduttiva e intoccabile". Così il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, ha commentato la Legge di stabilità. "Veniamo da anni in cui ci hanno caricato di tasse e balzelli - ha aggiunto -. Nella manovra del governo c'è ora una inversione di tendenza sul fisco. Ma è ancora un segnale troppo debole. I lavoratori e i pensionati giustamente vogliono di più".
I calcoli sono stati realizzati dall'Ufficio studi della Cgia. I vantaggi economici più "tangibili" sarebbero per i dipendenti con un reddito imponibile Irpef che oscilla tra i 15.000 ai 20.000 euro all'anno, che corrisponde ad un stipendio mensile netto compreso tra i 950 e i 1.250 euro.
Nel dettaglio i lavoratori dipendenti più "fortunati" sono quelli con un reddito imponibile Irpef annuo di 15.000 euro, pari ad uno stipendio mensile netto di 971 euro, il vantaggio sarebbe di 172 euro all'anno, che si tradurrebbe in 14 euro mensili in più in busta paga. Invece, per un dipendente con un reddito annuo di 20.000 euro, equivalente a uno stipendio mensile netto di 1.233 euro, il vantaggio fiscale annuo sarebbe di 151 euro (13 euro al mese); Per i redditi piu' elevati, sino ad arrivare alla soglia limite dei 55.000 euro, i vantaggi fiscali si dovrebbero progressivamente ridurre fino ad arrivare a importi mensili pressoché inconsistenti.
"Comprendo che il momento è difficile e risorse in cassa ce ne sono poche - dichiara il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - Tuttavia, ritenere che con queste cifre mensili nette si possa dare un po' di serenità alle famiglie e' una chimera. Certo, e' meglio riceverli anziché doverli pagare: stiamo però parlando di cifre irrisorie che non permetterebbero ad una persona di concedersi neanche una birra e una pizza".
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domenica 13 ottobre 2013
Esodati: i contributi volontari da versare. E chi sono?
Gli esodati, infatti, sono tutti quei lavoratori che, prossimi alla pensione hanno deciso di lasciare il lavoro dietro corresponsione da parte della propria azienda di una buonuscita, firmando il licenziamento o accettando di essere messi in mobilità. ecco i soggetti interessati:
Lavoratori in mobilità ordinaria (art. 2 a):
cessati dal lavoro alla data del 4 dicembre 2011
perfezionamento dei requisiti entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità
Lavoratori in mobilità lunga (art. 2 b):
cessati dal lavoro alla data del 4 dicembre 2011
Lavoratori "bancari e assicurativi" titolari di VOCred (art. 2 c):
titolari di VO Cred anche in data successiva al 4 dicembre 2011 purché autorizzati dall'INPS;
questi lavoratori restano a carico dei Fondi fino a 62 anni (art. 4)
Lavoratori autorizzati ai versamenti volontari in data antecedente il 4 dicembre 2011 (art. 2 d):
che perfezionino tutti i requisiti (età, contributi e finestra) richiesti prima della riforma entro il 6 dicembre 2013 (praticamente : età e contributi entro il novembre 2012 se dipendenti)
almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile prima del 6 dicembre 2011
non devono aver ripreso l'attività lavorativa successivamente all'autorizzazione alla prosecuzione volontaria
Lavoratori pubblici dipendenti esonerati dal servizio (art. 2 e):
esonero avvenuto entro il 4 dicembre 2011
Lavoratori in congedo straordinario per assistenza ai figli gravemente disabili (art. 2 f):
essere in congedo alla data del 31 ottobre 2011
perfezionamento requisito dei 40 anni di contributi entro 24 mesi dall'inizio del congedo stesso
Lavoratori esodati in forza di accordi individuali (art. 2 g):
cessazione rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011
non più rioccupati
accordi depositati e certificati
requisiti per il pensionamento (età, contribuiti e finestra) entro il 6 dicembre 2013) (praticamente : età e contributi entro il novembre 2012 se dipendenti, maggio 2012 se "misti")
Lavoratori esodati in forza di accordi collettivi (art. 2 h):
cessazione rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011
non più rioccupati
accordi depositati e certificati
requisiti per il pensionamento (età, contribuiti e finestra) entro il 6 dicembre 2013) (praticamente : età e contributi entro il novembre 2012 se dipendenti, maggio 2012 se "misti")
Gli Esodati prosecutori volontari della prima salvaguardia con versamenti sufficienti per il diritto alla pensione possono scegliere se continuare a pagare per aumentare l’assegno previdenziale, ma senza obbligo: circolare INPS.
Nuove precisazioni per i prosecutori volontari interessati alla salvaguardia prevista dal primo Decreto Esodati effettuando da sé i versamenti: con il Messaggio 10406 del 27 giugno 2013 l’INPS sottolinea che è il lavoratore a scegliere se pagare l’intero periodo indicato nei bollettini o solo la parte necessaria a perfezionare il diritto a pensione.
I requisiti per maturare la pensione con le regole pre-riforma Fornero sono:
che risulti accreditato o accreditabile almeno 1 contributo volontario al 6 dicembre 2011
che risulti versata tutta la contribuzione volontaria (di cui siano scaduti i termini di versamento), necessaria al raggiungimento del requisito contributivo sulla base delle norme ante legge 214/2011 (di conversione del Salva Italia).
Le norme che regolano la prosecuzione volontaria sono cogenti: il prosecutore volontario deve perfezionare il pagamento nel trimestre successivo a quello cui si riferisce. Nel caso di ritardato versamento, il bollettino viene posto a rimborso (art. 8 D.Lgs. 184/97).Chi non effettua il pagamento entro il termine stabilito non potrà essere ammesso nella platea dei Salvaguardati.
E’ possibile non pagare l’intero periodo di contributi volontari, ma i soli versamenti necessari per il diritto alla pensione.
Se il prosecutore verserà contributi relativi a periodi precedenti alla data di accesso al pensionamento, questi saranno utili al calcolo della pensione aumentandone l’importo e non potranno dare luogo a rimborso.
Se invece il lavoratore verserà contribuzione volontaria relativa a periodi successivi alla decorrenza della pensione, l’Istituto procederà d’ufficio al rimborso della contribuzione.
Per i lavoratori che scelgono questa strada, infatti, l’INPS provvede alla rideterminazione dell’onere di prosecuzione volontaria emettendo nuovi bollettini.
Gli interessati a calcolare la sola quota necessaria al raggiungimento del requisito pensionistico possono rivolgersi per consulenze alle sedi INPS o Patronati.
Chi è in grado di calcolare da sè l’ammontare, può procedere autonomamente al pagamento del solo periodo necessario al perfezionamento del requisito pensionistico (anche se inferiore a quello indicato nei bollettini inviati), modificando e stampando i bollettini MAV frazionati direttamente dal sito INPS, seguendo il percorso servizi on line – Portale dei pagamenti – Versamenti Volontari.
I contributi volontari sono servono solo a perfezionare i requisiti per la pensione ma anche a incrementare l’importo del trattamento previdenziale, se sono già stati perfezionati i requisiti contributivi richiesti.
Resta salva la facoltà dei lavoratori cessati a seguito di accordi individuali o collettivi, di versare la contribuzione volontaria al fine di essere valutati all’interno del plafond dei prosecutori volontari, fermo restando la sussistenza di tutte le condizioni di legge previste per quest’ultima categoria.
Chi deve presentare istanza e dove
I lavoratori pubblici esonerati dal servizio
alle direzioni territoriali del lavoro competenti per residenza degli stessi
corredata di una certificazione sostitutiva relativa al provvedimento di esonero con indicazione degli estremi
Lavoratori in congedo straordinario
alle direzioni territoriali del lavoro competenti per residenza degli stessi
corredata di una certificazione sostitutiva relativa al provvedimento di congedo con indicazione degli estremi dello stesso
Lavoratori esodati in forza di accordi individuali (art. 2 g):
alle direzioni territoriali del lavoro innanzi alla quale è stato sottoscritto l'accordo
corredata dall'accordo che ha dato luogo alla cessazione del rapporto di lavoro
Lavoratori esodati in forza di accordi collettivi (art. 2 h):
alle direzioni territoriali del lavoro competenti per residenza degli stessi
Esito istanze. Le decisioni saranno comunicate tempestivamente dall'INPS anche per via telematica. Possibilità di presentare riesame avverso provvedimento negativo entro 30 giorni dalla data di ricevimento dello stesso innanzi le direzioni territoriali del lavoro.
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Il contratto di lavoro intermittente o a chiamata dopo il Decreto Lavoro”9 agosto 2013
Il lavoro a chiamata costituisce una particolare tipologia di rapporto di lavoro subordinato, caratterizzata dall'espletamento di prestazioni di carattere «discontinuo o intermittente». La prestazione può essere considerata discontinua anche se sia resa per periodi di durata significativa, purché intervallati da una o più interruzioni, in modo tale che non vi sia una esatta coincidenza tra la durata del contratto e la durata della prestazione.
Rispetto alla disciplina del 2003 la riforma Fornero, ovvero la legge n. 92/2012 ha limitato i casi di ricorso a tale tipologia contrattuale.
E’ stato eliminato il lavoro intermittente per i c.d. periodi predeterminati (ovvero le vacanze pasquali o natalizie, le ferie estive) nell’arco dell’anno, del mese o della settimana.
La tipologia contrattuale in esame rimane possibile nelle situazioni determinate dalla stessa contrattazione collettiva nazionale (territoriale e/o aziendale) e nelle ipotesi di soggetti di età inferiore a 24 anni (le prestazioni devono concludersi entro il 25esimo anno di età) oppure di età superiore ai 55 anni.
E’ prevista una indennità di disponibilità nella ipotesi in cui nel contratto di lavoro il prestatore si obbliga a rispondere alla chiamata.
La riforma del 2012 ha stabilito che il datore effettui, oltre alla comunicazione obbligatoria pre – assuntiva, anche una comunicazione amministrativa prima di ogni chiamata dello stesso lavoratore, anche se all’interno di un ciclo mensile che sia stato già comunicato.
Tale comunicazione dovrà essere fatta alla Direzione territoriale del lavoro (Dtl) attraverso mezzi telematici. Le citate modalità operative (per la comunicazione) sono state definite dal decreto interministeriale del 27 marzo 2013 nonché dalla Circolare ministeriale del 27 giugno 2013 n. 27.
A partire dalla data del 3 luglio 2013 i datori di lavoro, con alle proprie dipendenze lavoratori a chiamata, dovranno provvedere all’obbligo di comunicazione di chiamata del lavoratore, tramite il nuovo sistema previsto dal DM del 27 marzo 2013.
Il “Decreto Lavoro” convertito dalla legge 99 del 9 agosto 2013, apporta alcune modifiche alla disciplina del lavoro intermittente che riepiloghiamo anche alla luce dei chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro (circ. n. 35/2003). Innanzitutto ricordiamo che il lavoro a chiamata è caratterizzato dall’espletamento di mansioni di carattere discontinuo e intermittente, tuttavia, poiché la prestazione può anche essere resa per periodi di durata significativa, il Ministero chiarisce che detti periodi dovranno essere intervallati da interruzioni in modo tale che non vi sia coincidenza tra la durata del contratto e la durata della prestazione.
Il lavoro intermittente è ammesso:
- per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente in base a quanto stabilito dai CCNL, che fisseranno sia le esigenze, sia i periodi predeterminati;
- per lo svolgimento delle attività che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia indicate nella tabella allegata al RD del 1923 n. 2657 (in assenza di una regolamentazione da parte dei CCNL), quali, ad esempio, commessi di negozio, barbieri, parrucchieri, camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, ecc.;
- per prestazioni rese da soggetti con meno di 24 anni di età, indipendentemente dal tipo di attività svolta anche al di fuori delle ipotesi previste dai CCNL e fino al compimento del 25mo anno di età del soggetto;
- per prestazioni rese da soggetti con più di 55 anni di età, anche pensionati, indipendentemente dal tipo di attività svolta anche al di fuori delle ipotesi previste dai CCNL.
Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato anche a tempo determinato:
- senza obbligo delle ragioni di carattere sostitutivo, produttivo e organizzativo;
- senza il rispetto degli intervalli di 10 o 20 giorni, fra un contratto e l’altro, in caso di riassunzione dello stesso lavoratore;
- senza il vincolo di un solo rinnovo.
Il “Decreto Lavoro“ limitata ulteriormente la possibilità di utilizzo del lavoro intermittente, in quanto, per ciascun lavoratore, è ammesso per un periodo non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di un triennio solare pena, in caso di superamento, della trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Per triennio si deve intendere:
- un intervallo di tempo mobile della durata di tre anni;
- calcolato a ritroso, a partire dal giorno in cui si chiede la prestazione;
- tenendo conto delle giornate prestate successivamente al 28 giugno 2013 (data di entrata in vigore), indipendentemente dall’orario svolto.
Pertanto, il primo triennio solare per la verifica dell’eventuale raggiungimento della soglia delle 400 giornate, andrà a scadere il 27 giugno 2016.
Il vincolo temporale delle 400 giornate non opera nei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
E’ confermato l’obbligo della comunicazione preventiva alla Direzione Territoriale del Lavoro competente della prestazione di lavoro intermittente, pena l’applicazione di una sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 per ogni lavoratore interessato.
Il “Decreto Lavoro” ha prorogato al 31 dicembre 2013 la validità dei contatti di lavoro intermittenti stipulati prima del 18 luglio 2012, sottoscritti in forza di precedenti requisiti soggettivi o oggettivi, e incompatibili con la nuova disciplina.
Il Ministero precisa che a partire dal 1° gennaio 2014 i contratti di lavoro a chiamata non compatibili con le nuove disposizioni cesseranno di produrre effetti, prescindendo dalla volontà del datore di lavoro, in quanto si configura un vero e proprio obbligo di legge.
Ciò comporta:
- il riconoscimento di un “normale” rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato;
- l’applicazione del regime sanzionatorio in materia di lavoro “nero” in assenza di una “tracciabilità” della prestazione.
L’utilizzo del lavoro intermittente è vietato:
- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- per la sostituzione di lavoratori posti in mobilità, cassa integrazione o destinatari di contratti di solidarietà;
- da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.
Numero massimo di giornate di lavoro
Il legislatore non aveva mai posto un limite al numero di prestazioni eseguibili dal prestatore di lavoro intermittente nel periodo contrattuale.
Il decreto n. 76/2013 ha introdotto il limite complessivo di 400 giorni nell’arco di tre anni solari, a superamento dei quali il rapporto si trasforma a tempo pieno ed indeterminato[1].
Regime sanzionatorio
Il datore che non provvede all’inoltro della comunicazione di chiamata entro il termine previsto, è passibile di una sanzione pecuniaria.
L’articolo 7, comma 2, lettera c) del decreto legge n. 76/2013 prevede che tale sanzione non trova applicazione qualora il datore abbia assolto gli obblighi contributivi riferiti al periodo oggetto della chiamata non comunicata.
Contratti di lavoro sottoscritti per le ipotesi previste dalla vecchia normativa: proroga della scadenza
La legge n. 92/2012 aveva già stabilito la cessazione dei contratti sottoscritti in virtù di tale disposizione a partire dalla data del 17 luglio 2013. Il decreto legge n. 76/2013 ha esteso tale termine fino alla data del 1 gennaio 2014.
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