domenica 10 novembre 2013

Pubblica amministrazione, assunzioni vincolate con la legge n. 125 del 2013



Entra in vigore la legge 30 ottobre 2013, n. 125. Con l'approvazione definitiva si ampliano gli strumenti di gestione del personale precario e si aprono nuove possibilità di assunzione. Ogni amministrazione, per l'utilizzo delle nuove regole deve tener conto dei vincoli alle assunzioni e alla spesa di personale, che non vengono derogate dal decreto e anzi sono in via di rafforzamento con il disegno di legge di stabilità.

Lo stesso ministro della Pubblica amministrazione Giampiero D'Alia, ha chiarito che non tutti gli 80mila precari in scadenza (su 122mila che ne conta il pubblico impiego, scuola esclusa) potranno salire sulle scialuppe previste dal decreto appena convertito in legge: «Quelli interessati dalle nuove procedure saranno prorogati mentre per gli altri i contratti scadranno secondo il singolo rapporto contrattuale, perché non ci possono essere ulteriori proroghe».

Lo strumento principe per gli "interessati" è la nuova stagione triennale di concorsi, dal 2014 al 2016, con una riserva al 50% per i precari che abbiano totalizzato almeno tre anni di contratti negli ultimi cinque; per accompagnare la struttura del personale verso la stabilizzazione, il provvedimento permette di prorogare i contratti a termine in corso e la validità delle graduatorie dei concorsi già effettuati. Nel tentativo di frenare il diffondersi di nuovo precariato, infine, viene rafforzato il principio in base al quale le assunzioni flessibili possono essere effettuate solo per soddisfare «esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale» (con una modifica all'articolo 36, comma 2 del Dlgs 165/2001, che finora parlava di «esigenze temporanee ed eccezionali» e non ha funzionato troppo come argine).

La strategia, evidente, è quella di coordinare due esigenze contrapposte: la volontà di non lasciare per strada i lavoratori che hanno passato anni negli uffici pubblici senza posto fisso, e la tutela di chi ha vinto un concorso pubblico ma non ha mai ottenuto un posto di lavoro, e teme di vedersi passare davanti uno "stabilizzato". Nasce da qui la regola del 50%, che in pratica impone di bandire concorsi per un numero di posti doppio rispetto a quello dei precari che si intendono stabilizzare: un principio, però, che in ogni amministrazione deve fare i conti con i vincoli alle assunzioni e alla spesa di personale.

La maggioranza dei 122mila precari (scuola esclusa) oggi impiegati nella pubblica amministrazione si concentra negli enti territoriali: nel caso dei Comuni, la legge di stabilità conferma il tetto al turn over, che permette di dedicare a nuove assunzioni il 40% dei risparmi ottenuti con le cessazioni dell'anno precedente. Non solo: negli enti (soprattutto del Sud) in cui la spesa di personale di Comune e società controllate supera il 50% delle uscite correnti, qualsiasi assunzione è bloccata, e anche chi si attesta in prossimità del limite non può superarlo in virtù dei nuovi bandi. Il blocco totale delle assunzioni riguarda anche gli enti che non rispettano il Patto di stabilità.

Per le Regioni la regola chiave resta l'obbligo di riduzione delle spese di personale rispetto all'anno precedente (articolo 1, comma 557 della legge 296/2006), ma vincoli decisamente più stringenti sono previsti nelle amministrazioni impegnate nei piani di rientro dai deficit sanitari.

I bandi per le assunzioni. Il meccanismo sarà "di norma" quello di adottare bandi per assunzioni a tempo indeterminato con contratti di lavoro a tempo parziale, salvo diversa motivazione, tenuto conto dell'effettivo fabbisogno di personale e delle risorse finanziarie dedicate e si terrà in considerazione l'anzianità anagrafica, di servizio e i carichi familiari. Ovviamente è previsto il rispetto dei limiti di spesa.




Assunzioni scuola in tre anni 2014- 2016 69mila docenti



Il decreto scuola è legge. Via libera tra gli altri provvedimenti all’assunzione di 69mila docenti, 27mila dei quali di sostegno. Le assunzioni saranno spalmate su tre anni, tra il 2014 e il 2016.

Oltre ai professori il decreto prevede anche l’assunzione di 16mila unità di personale Ata: ovvero amministrativi, tecnici e ausiliari. Il decreto prevede l’abrogazione della normativa del 2012 che declassava a personale Ata i docenti inidonei per motivi di salute.

La metà dei nuovi docenti verrà scelta fra i vincitori dell’ormai famoso concorsone e dei concorsi precedenti e l'altra metà fra i precari presenti nelle graduatorie a esaurimento.

Il piano triennale rappresenta il proseguimento di un analogo intervento disposto per il 2011-2013 con il decreto legge 70/2011. Tra i quasi 70mila nuovi docenti ci saranno anche 26mila insegnanti di sostegno (12mila nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria e 14mila in quella secondaria di I e II grado). E proprio a proposito del sostegno, per l'anno scolastico 013/2014 la dotazione organica di diritto relativa ai docenti deve essere pari al 75% (prima era al 70%) del numero dei posti di sostegno attivati nel 2006/2007. Nel prossimo anno scolastico la percentuale salirà al 90% e arriverà al 100% a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016. Dal prossimo anno scolastico il riparto dei docenti di sostegno sarà distribuito in maniera equa a livello regionale. Con l'assunzione dei 26mila docenti di sostegno si darà una risposta stabile a più di 52mila alunni oggi assistiti da insegnanti che cambiavano da un anno all'altro.

Un'altra misura introdotta dal decreto scuola e che riguarda gli insegnanti di sostegno è quella relativa all'unificazione delle quattro aree disciplinari delle attività di sostegno nella scuola secondaria di secondo grado (area scientifica, area umanistica, area psicomotoria ed area tecnica, professionale e artistica).

Per gli insegnanti arriva anche un'altra importante novità: il periodo di servizio necessario per la richiesta di trasferimento in un'altra provincia si riduce da cinque a tre anni: in questo modo sarà più veloce riavvicinarsi alla propria provincia per chi, pur di ottenere una cattedra, ha accettato trasferimenti in altre città. Prima delle modifiche apportate dall'articolo 9 del Dl 70/2011 – che aveva innalzato il periodo minimo a cinque anni – i docenti di ruolo non potevano chiedere il trasferimento ad altra sede nella stessa provincia prima di due anni e in altra provincia prima di tre.

Cambia anche la procedura per il reclutamento dei dirigenti scolastici: d'ora in poi sarà effettuato attraverso un corso-concorso selettivo di formazione bandito annualmente dalla Scuola nazionale dell'amministrazione. Le graduatorie del concorso bandito nel 2011 resteranno valide fino all'assunzione di tutti i vincitori e idonei, che dovrà avvenire prima dell'indizione del nuovo corso-concorso.

Il piano terrà conto dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno e dei pensionamenti. Nella nuova legge sono previsti anche borse per il trasporto studentesco, fondi per il wireless in aula e il comodato d'uso di libri e strumenti digitali per la didattica, finanziamenti per potenziare l'orientamento in uscita dalla scuola secondaria e per la lotta alla dispersione, innovazioni nell'ambito dell'alternanza scuola-lavoro.


sabato 9 novembre 2013

Giovani e lavoro e l’ormai famoso flop del bonus assunzioni



Vediamo cosa era il bonus assunzioni a giugno del 2013. Erano previste assunzioni di giovani a tempo indeterminato con la defiscalizzazione per le imprese, anche contributiva in forma di crediti di imposta e di sgravi contributivi. Il Piano Lavoro era così articolato incentivi all'assunzione stabile di giovani tra i 18 ed i 29 anni. E' confermato il tetto di 650 euro al mese: gli sgravi saranno di 18 mesi per le nuove assunzioni e di 12 per le trasformazioni con contratto a tempo indeterminato.

Il bonus viene creato, si legge, "al fine di promuovere forme di occupazione stabile di giovani" e "in attesa dell'adozione di ulteriori misure da realizzare anche attraverso il ricorso alle risorse della nuova programmazione comunitaria 2014-2020".

“Contiamo di attivare potenzialmente 200 mila soggetti, 100 mila con la decontribuzione e 100 mila con tutte le altre misure». Con questa previsione il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, presentò alla stampa il 26 giugno il decreto legge sul bonus assunzione giovani.

Il bonus assunzione giovani doveva creare 100mila posti di lavoro in tre anni ma al 31 ottobre le richieste delle aziende erano ferme e 13.770. Dopo l’entusiasmo dei primissimi giorni, il ritmo si è rallentato drasticamente, quelle confermate sono ancora meno: 9.284.

Fulcro del provvedimento era lo stanziamento di 794 milioni di euro nel quadriennio 2013-2016 per incentivare l’assunzione di giovani tra i 18 e i 29 anni “svantaggiati”, cioè con almeno una di queste condizioni: privi di impiego da almeno sei mesi; senza un diploma di scuola media superiore o professionale; single con una o più persone a carico.

In fin dei conti l’intervento era indirizzato a chi ha più bisogno di lavorare e anche le risorse erano territorialmente ripartire a favore del Mezzogiorno (500 dei 794 milioni) dove maggiore è l’emergenza occupazionale. L’incentivo per l’azienda che avesse assunto non era trascurabile: un bonus contributivo fino a 650 euro per 18 mesi (11.700 euro in tutto) per ogni giovane preso con contratto a tempo indeterminato, oppure fino a 12 mesi (7.800) in caso di stabilizzazione di un contratto a termine.

Non basta un bonus a convincere un imprenditore ad assumere, tanto più a tempo indeterminato, infatti, è normale che un imprenditore assume un giovane se gli serve, cioè se ha lavoro, ma se per fare questo supera la soglia dei 15 dipendenti e finisce sotto i vincoli dello Statuto dei lavoratori in materia di rapporti sindacali e licenziamenti ci pensa su due volte.

La delusione è palpabile anche al ministero del Lavoro, dove il sottosegretario Carlo Dell’Aringa, con un’intervista al quotidiano «Avvenire» ha ammesso: «I primi incentivi stanziati a giugno sono stati poco utilizzati e sulle assunzioni dei giovani le imprese vanno con i piedi di piombo. Senza una ripresa dei consumi, le aziende non investono. Per questo dobbiamo cercare di dare alle famiglie qualche soldo di più da spendere». Insomma: creare domanda, consumi, cioè lavoro per le imprese che, a quel punto, assumeranno anche senza incentivi.

La crisi è talmente nera che Dell’Aringa ha rivelato: «Abbiamo segnali sul fatto che, nel Mezzogiorno, è in crisi anche il sommerso. E se il “nero” manda a casa i lavoratori non c’è deregolamentazione o incentivo che tenga. Come dire: il rubinetto è aperto, ma il cavallo non beve». Più chiaro di così... Lo ha riscontrato anche la Fondazione studi dei consulenti del lavoro che, dopo un’indagine sul campo, ha concluso: «In assenza di nuovo lavoro risulta assolutamente privo di efficacia qualsiasi provvedimento che incentiva nuove assunzioni».

Più promettente sembra la strada delle cosiddette politiche attive del lavoro. Significa: formazione e apprendistato; una via che si trova tra scuola e lavoro anche attraverso tirocini e stage; collocamento e ricollocamento al lavoro con percorsi individuali di assistenza e con il potenziamento e l’interconnessione delle banche dati di domanda e offerta di lavoro. In questo campo la maggiore opportunità è offerta dal programma europeo Youth Guarantee, «Garanzia Giovani», che metterà a disposizione dell’Italia 1,5 miliardi da spendere tra il 2014 e il 2015 per assicurare ai giovani fra 15 e 24 anni un’offerta di lavoro, apprendistato o tirocinio entro 4 mesi dalla fine del percorso scolastico o dalla perdita di una precedente occupazione.

Il rischio è che le risorse vengano disperse in una filiera di iniziative più simboliche che reali, tanto per dire: il colloquio personale è stato fatto, l’opportunità di formazione è stata offerta, e così via. Con un beneficio più per le strutture di gestione del programma che per i destinatari, i giovani. Un po’ come accade per la formazione, fatta più per i formatori che per chi cerca lavoro.

Il 2014 andrà poco meglio del 2013: diminuirà infatti la percentuale delle piccole e medie imprese  che programmeranno licenziamenti, ma la ripresa dell’occupazione resta lontana. E’ il dato che emerge da un’indagine AdnKronos sul lavoro nelle piccole e medie imprese, che conferma quanto la crisi stia avendo il peggiore impatto sui giovani.

Secondo i consulenti del lavoro, l’inefficacia del provvedimento si riferisce alla sua formulazione (limite di età di 29 anni troppo basso, scarsa risonanza per le imprese del Mezzogiorno che hanno a disposizione altre agevolazioni) ma è anche strutturale: «le imprese gradirebbero una riduzione del cuneo fiscale e contributivo anziché incentivi a termine» (e qui almeno in parte risponde la Legge di Stabilità, che però prevede un taglio di entità largamente inferiore alle richieste delle imprese). Inoltre, «il problema attuale non è come assumere con incentivi, ma tornare a produrre e a creare sviluppo. In assenza di nuovo lavoro risulta infatti assolutamente privo di efficacia qualsiasi provvedimento che incentiva nuove assunzioni».

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